Capitolo 28

Appena messo piede a Hogsmeade i ragazzi vengono accolti da un urlo simile a quello sentito da Harry nella sua testa quando ha “visto” Voldemort scoprire che la coppa era stata rubata.
E’ una specie di sistema di allarme. E infatti dai tre manici di scopa escono diversi mangiamorte con le peggiori intenzioni.
Le cose peggiorano ulteriormente quando Harry è costretto ad evocare un patronus per difendersi dai dissennatori. I mangiamorte caricano, hanno visto il cervo d’argento, sanno che la loro preda è lì.

Poi una porta si apre e una voce li chiama dentro. E’ il barista della Testa di Porco, che riesce a convincere i mangiamorte che è stato lui ad evocare il Patronus, facendoli allontanare, prima di tornare dentro e parlare ai ragazzi.

E’ Aberforth Dumbledore, fratello di Albus, e li rimprovera per essere usciti così allo scoperto.
Harry riconosce nel barista gli stessi occhi del fratello e capisce che era suo l’occhio nello specchietto (si saprà poi che lo ha comprato da Mundungus circa un anno prima). E’ stato lui a mandare Dobby in loro aiuto a Malfoy Manor. Harry deve informarlo della morte dell’elfo.

Aberforth non ha comunque niente a che fare con la cerbiatta argentata, questo mistero per ora rimane irrisolto.

Il barista inizia a pensare a come far uscire i ragazzi da lì per metterli al sicuro. Ma Harry è deciso ad arrivare a Hogwarts, Aberforth lo ritiene troppo rischioso, ma loro gli rispondono che sono in missione per conto di Albus.
“Mio fratello Albus voleva molte cose e le persone generalmente si fanno male cercando di portare avanti i suoi grandi piani.[…] Dimenticate mio fratello e i suoi progetti intelligenti, non gli dovete niente.”

Ma Harry non è d’accordo “Anche tu combatti, sei nell’Ordine della Fenice!”

“C’ero, l’Ordine ha chiuso.Voi-sapete-chi ha vinto. E chi finge che le cose stiano diversamente si prende solo in giro.”

“Ho un lavoro! Devo farlo io, è a me che Dumbledore ha spiegato tutto…”

“Oh l’ha fatto? Ti ha detto tutto? È stato onesto con te?”

Harry vorrebbe rispondere di si ma non può.

“Conoscevo mio fratello. Ha imparato ha tenere segreti e mentire fin da bambino. Gli veniva naturale”.

Poi racconta la storia della sorella Ariana. Attaccata da bambina da tre ragazzi gabbani, un trauma che l’ha portata, da quel momento, a non usare più la magia, facendola infine impazzire. Di solito era calma, ma poteva diventare molto pericolosa. I Dumbledore cambiarono casa per tenere la ragazza lontana dal San Mungo.

Proprio Ariana uccise la madre in uno dei suoi scatti d’ira “Se ci fossi stato avrei potuto calmarla”.

Albus, nuovo capofamiglia, decise di far continuare gli studi ad Aberforth, occupandosi della sorella, ma con l’arrivo di Grindelwald il compito di star dietro ad Ariana non fu più in cima ai suoi pensieri. Voleva portarsela dietro nei suoi viaggi alla ricerca degli Hallows, ma Aberforth si oppose, visto lo stato di salute della ragazza.
Grindelwald, sentendosi intralciato, si scagliò contro Aberforth lanciandogli una Cruciatus. Albus lo pregò di fermarsi e finirono tutti e tre a duellare tra loro. Un colpo raggiunse la povera Ariana che morì. “Mio fratello finalmente era libero di diventare il più grande mago di…”

“Non è mai stato libero” Harry capisce che le parole dette da Dumbledore nella grotta, la sera della sua morte, erano proprio un ricordo del momento appena raccontato da Aberforth e glielo riferisce.

“Dobbiamo andare a Hogwarts. Non si può pensare solo alla propria sicurezza. So cosa rischio. Lo so da anni”. Dice Harry.

Finalmente il barista accetta di aiutarli, manda il ritratto di sua sorella a chiamare qualcuno che appare poco dopo, insieme a lei, ed esce dal dipinto come se si trattasse di una porta. E’ Neville Longbottom “Sapevo che saresti venuto! Lo sapevo Harry!”.