Piccola luce. Vuoto totale.

Per coni-san. \(u.u)/

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    Solo un suono scandì gli istanti che le ci vollero per attraversare il lungo portale verso il pianeta Terra, un suono che seppur venisse da una vocina flebile risuonò forte e chiaro nelle varie dimensioni. Esso citava più o meno così...

    << Y-Y-Y-Y-Y-Y-Y-Yaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaadaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah....!!!! >>

    Era più forte di lei, da quando aveva preso a ''spiare'' i vari ragazzini giapponesi alle prese con manga e anime, ogni tanto qualche parola in giapponese le sfuggiva, e senza neppure accorgersene si ritrovava persino a imitare l'accento giapponese. Ci pensò proprio mentre attraversava il lungo ''tunnel'' la cui entrata, una volta concluso di leggere la lettera, le si era praticamente aperta sotto i piedi. Un portale che ''i vecchi'' avevano creato per spedirla sulla Terra il prima possibile. Maledetti vecchiacci! Seppur non l'avesse pronunciato a voce, immediatamente le sue piccole mani andarono a coprirle la bocca, e fu lì, a quasi un metro dalla fine del tunnel (che a lei pareva ancora infinito) che tra un pensiero sul suo modo di parlare e l'altro, notò finalmente il drastico cambiamento avvenuto nel suo corpo (soprattutto se le si andava a guardare il petto). << Che diam... AUCH! >> non fece in tempo a parlare che il suo minutissimo sedere stava già rimbalzando a terra, il portale aperto a nemmeno un metro dal suolo. << Itta-ta-ta-tai... >> furono le sillabe a scandire il numeri di rimbalzi e subito una mano, anch'essa estremamente piccola rispetto a solo qualche istante prima (la caduta era durata neppure 3 minuti), andò a massaggiare il sopracitato deretano.
    Fu solo quando il didietro smise di farle male che realizzò finalmente cosa avessero voluto dire ''i maledetti vecchiacci'' con ''perdita del suo stato angelico''. Era umana, una piccolissima umana...ma del resto si sentì piuttosto a suo agio quando alzandosi in un piccolo e agile saltello, si ritrovò faccia a faccia con la sua immagine riflessa. Una minuta figura che presentava i suoi stessi occhi cangianti e lo stesso color oro nei capelli, sorrise, le sembrava quasi fosse sempre stata la sua vera forma. Guardandosi intorno poté notare che era circondata da specchi, infiniti specchi, e tante immagini di lei si susseguivano, alcune con la faccia ''grassa'', altre con le gambe più lunghe, quali persino ''cicciotte''. Una risatina colma di felicità sgorgò dalle piccole labbra: il suo atterraggio era avvenuto, che fosse per caso (e certamente lo era) o per opera divina, nella stanza degli specchi di un Luna Park, e quando si mise a correre per quella stanza imitando un areoplano fu certo, almeno per lei, che la ricerca del ''suo umano'', di colui che avrebbe dovuto seguire per tutto il tempo dell'esame, non sarebbe certo avvenuta quel giorno.

    Non troppo tempo dopo...



    Era ingrassata. Neppure un mese dal suo arrivo sulla terra e metà del budget donatagli dai vecchi per sopravvivere, era stato speso in cibo (schifezze per lo più) e dolciumi vari. Era passato del tempo dal suo atterraggio, e ''Yuzuki Yukari'' (il nuovo nome che aveva scelto per la sua nuova passione per i coniglietti di peluche) aveva ormai realizzato che nonostante la fortuna di essere ''caduta'' proprio all'interno di un meraviglioso Luna Park, non si trovava in Giappone. All'inizio era stato terribile scoprirlo, aveva tentato di parlare con qualche umano appena uscita da quella ''stanza dalle immagini buffe'', rivolgendoglisi in giapponese e le risposte che aveva ottenuto andavano dal ''Aò ragazzì ma che sta' a dì?'' al ''Guarda che stamo' a Roma, nun te capisco mica'' sino al ben peggiore ''Me devi pagà er biglietto''. Certo era che, probabilmente, avrebbe fatto meglio a rivolgersi a individui dall'apparenza meno...''rozza'', ma del resto cosa poteva saperne un nuovo angelo come lei della varietà di individui che compongono la popolazione umana? Ad ogni modo, si era ormai fatta una ragione del fatto che non avrebbe avuto la possibilità di far pratica col Giapponese, né leggere un manga in lingua originale, né tanto meno entrare mai in una sala giochi colma di ''giapponesate'', e ciò era certamente terribile, ma in quel momento risultava essere il minore dei suoi problemi. Il vero problema in quel momento era che, seppur fosse lì da almeno 2 settimane, non era ancora riuscita a trovare un umano da seguire. Il fatto era, più che altro, che ogni umano che aveva incontrato si era rivelato essere piuttosto... Una pizza. ecco appunto. La nuova abilità donatagli (le cui istruzioni allegate alla lettera di ''condanna'' erano risultate semplici da imparare persino per lei) le aveva rivelato che dentro la testa di ognuno di essi c'era tanto...non sapeva neppure lei cosa, ma c'era chi era troppo felice, chi ragionava in modo troppo contorto, chi aveva pensieri troppo impuri, chi era troppo buono, troppo generoso o, al contrario, troppo malvagio. Nessun'anima che potesse o valesse la pena ''salvare'' insomma. Inoltre lei non era certo lì per ''salvare'' qualcuno, ovviamente. A lei bastava qualcuno interessante con cui potesse ingannare i ''vecchi'' e soprattutto, il tempo. Voleva tanto tempo, voleva restare lì e girare l'intero mondo umano, ma non voleva rischiare di diventare un demone (perché in fondo è questo che sarebbe diventata se osava peccare) né però voleva tornare angelo. A lei bastava passare il più tempo possibile lì a dormire, giocare, mangiare, senza tutte le responsabilità che un angelo aveva, senza la noiosa vita monotona, i noiosissimi compiti ''buoni'', insomma, senza ''il pizzosissimo Paradiso''. E per farlo gli serviva qualcuno.... qualcuno ...

    Occhioni cangianti vennero strabuzzati, bava cominciò a colare da labbra spalancate e deformi, uno sguardo affamato le si dipinse in faccia e ogni pensiero ''serio'', fin troppo serio per lei, venne messo da parte. Stava camminando al centro commerciale di Roma da un po' e ora, proprio davanti ai suoi occhi, con tanto di colonna lucente dal cielo e canti gloriosi al seguito, una visione divina le si era presentata davanti. Non poté fare a meno di attaccarsi con mani e viso alla vetrina dove essa era esposta e sbavare il vetro senza ritegno come volesse fonderlo con la salive stessa per poi infilarcisi dentro (alla torta ovviamente, era così grande che lei ci starebbe stata quasi tutta!). Rimase così per minuti, una scena che fece storcere il naso a molti passanti. Quel giorno in centro commerciale era piuttosto affollato, decorazioni festive ornavano ogni vetrina o corridoio e la gente aveva l'aspetto felice e spensierato mentre pacchi e pacchetti venivano trasportati qua e là. Inutile dire che a lei piaceva un sacco. Ad un tratto però qualcosa là fece distrarre. Il proprietario del locale uscì proprio in quel momento con l'intento probabile di sgridarla. << Ehi mocciosa mi fai scappare i clienti! E guarda che hai fatto al mio vetro! Santi numi! >> ma lei poté solo vedere di sfuggita le labbra del vecchio signore che si muovevano e la sua espressione irritata. Si era voltata. Improvvisamente il suo viso si era fatto serio e sorpreso e la torta era stata dimenticata velocemente quanto poco prima erano stati dimenticati i ''problemi seri'' per la torta stessa. Era così per lei, lunatica come ogni essere infantile le bastava un nonnulla per distrarsi dall'oggetto delle sue attenzioni e passare ad altro, ma stavolta no. Stavolta rimase imbambolata per un tempo indefinito. L'aveva visto dalla vetrina. Aveva scorto il riflesso di quella figura dal vetro lucido (o almeno lo era stato prima che la sa bava lo impiastricciasse) e pulito e qualcosa aveva fatto sì che la sua curiosità venisse totalmente catturata. Proprio come un bambino che vedeva per la prima volta qualcosa di nuovo. Quella ''o'' formata dalla piccola bocca, gli occhi strabuzzati ma non così tanto da sembrare usciti da un cartone, l'espressione che solo un bambino sorpreso può fare. Forse erano stati gli occhi, occhi freddi e glaciali persi chissà dove, totalmente inconsci di tutta la folla intorno, o forse era stata la solitudine che lo circondava? Perché è così che appariva: solo in mezzo ai suoi simili. Mentre la gente passava spensierata e felice, mentre bimbi molto simili alla sua attuale forma correvano da una parte all'altra trascinando i genitori con l'intento probabile di avere un nuovo giocattolo, mentre coppiette felici si scambiavano parole d'amore, un ragazzo contemplava chissà quale arcano pensiero, chissà quale arcano segreto. E lei decise, per capriccio o meno che fosse, che voleva sapere cosa nascondessero quegli occhi persi. Chiuse gli occhi. Li strinse così forte seppur non ne aveva motivo, forse perché il suo piccolo cuore era così carico di trepidante d'attesa...e quando lì riaprì niente era più come prima. Non c'erano torte o vetrine, non c'erano volti o parole pronunciate, c'era solo tanto rumore, rumore formato da tante voci, tanti pensieri susseguiti, l'uno dopo l'altro, accavallati. Doveva concentrarsi se voleva captarli.
    ''Forse domani dovrei comprarle un regalo, è così bella, non le regalo mai-'' Non quello. ''E se scoprisse di noi? Cosa potremmo fare se venisse a saperlo...se sapesse che l'ho tradito, oh, guardalo, come mi guarda. Che faccia da-'' Neppure quello. ''Quella brutta troia, mi chiedo come-'' No. ''E dai, guardami, ehi, sono qui WOF? Mi vedi WOF-WOF? Guarda come salto..ehi ehi, qualcuno mi da mangiar-'' No. ''Sul serio dovrei-'' Argh.
    ''E se le comprassi-'' No. ''Forse potrei andare da l-'' No. ''Cosa cucinerò stas-'' Nemmeno. ''Oh, spero che mamma faccia-'' No. ''Andiamo, e guardam-'' No!''Chissà se qualcuno si accorgereb-'' No. ''Ma era davvero un uomo? Non posso cre-'' No. ''E se-'' No. ''Ma-'' No. ''For-'' ''Come-'' ''Ascol-'' ''Che-'' ''Caz-'' ''Merd-'' ''Oh an-'' ''Vogl-''''

    YAMETEEE! Silenzio. Troppe ombre, troppi colori, troppo rumore. Aveva usato quell'abilità poche volte da quando era ''caduta'' e ogni volta le risultava davvero difficile sopportarlo, ma quella curiosità... quella maledetta curiosità...

    Gli occhi si strabuzzarono per l'ennesima volta quando, riuscita a concentrarsi sul singolo individuo, finalmente qualcosa venne alla luce. C'era tanta solitudine, proprio come aveva letto in quello sguardo ma soprattutto, c'era il colore neutrale della sua sagoma tra tutte e c'era...gelo, pensieri meccanici e privi di emozione alcuna. ''Yuzu-chan'' rimase sbalordita, sbalordita perché quello era proprio un umano, eppure...
    Curiosa com'era in quel momento avrebbe voluto scavare più in fondo, avrebbe voluto scoprire di più...ma qualcosa la bloccò. Forse paura, forse semplice rispetto? Sta' di fatto che nessun ricordo venne ''rubato'', i suoi occhioni tornarono normali e un piccolo piedino si mosse seguito ben presto dall'altro, ancora e ancora e ancora, finché... << Ciao, come ti chiami? >>

    Sappi che il suo modo di parlare e domandare sarà volutamente ingenuo e stupido. :asd: Se non va bene qualcosa... u.u skype.
    Si accettano correzioni sul romano improvvisato. :asd:
     
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    Dolore. Bruciante, estremo, distruttore.
    Fuoco gli scorreva nelle viscere, acido gli colava negli occhi, migliaia di aghi gli trafiggevano la carne, rompendo, dilaniando, squarciando. Voleva urlare, ma non aveva bocca.
    Piangere? Implorare pietà?
    Mai. Mai.
    Fuoco. Acido. Aghi. Acciaio. Sangue.
    Domande. Un uomo gli parlava, la bocca che si muoveva veloce.
    Un colpo. Dolore. Fuoco.
    Sputare? Urlare?
    Sempre. Sempre.
    Spaccare. Rompere. Sangue. Urla. Dolore.
    Gli uomini possono diventare qualsiasi cosa, ma tu...
    Urla spente. Niente più corpo. Niente più mente. Oblio.
    Ma tu...


    Sousuke riaprì gli occhi di scatto. Le immagini del sogno indugiarono ancora per un istante nella sua mente, prima di svanire una dopo l'altra come echi terminati. Si ritrovò ad osservare il soffitto scolorito della sua piccola stanza, la testa vuota, il respiro calmo.
    Lentamente, si sollevò dalla branda, mettendosi a sedere. I ricordi andavano a tornavano come giri di giostra.
    Non provava niente, nulla.
    Sollevò un braccio e si osservò il palmo, nel punto in cui una lunga cicatrice biancastra lo attraversava in diagonale.
    "Perchè continuo a sognare quei momenti?" si chiese per la millesima volta, senza risposta.
    Non provava nulla. I rimasugli del sogno ricomparvero, sfiorandolo ancora con le lor immagini e suoni. Le scacciò via. Sentiva una pietra arida come il vuoto battergli nel petto. Nulla poteva toccarlo, neanche quei momenti.
    "Ma allora perchè continuo a sognarli? Perchè?"
    Gli uomini possono diventare qualsiasi cosa, ma tu...
    Affondò il viso nella cicatrice, mentre la voce gli riecheggiava nelle orecchie.
    Un rumore sordo riecheggiò oltre le pareti della stanza. Sousuke rizzò le orecchie. Sentì cocci che si infrangevano e qualcosa di viscido che strisciava.
    "Il numero 56...deve aver rotto il cilindro di contenimento..." pensò, alzandosi dalla branda. Appoggiata in un angolo, la Mietimorte riluceva lievemente nella penombra. L'energia che la percorreva sembrò sussultare quando la afferrò.
    Sousuke rimase ad osservare il bastone. Dentro di lui, Void sorgeva dalla sua tana per sintonizzarsi con l'arma. Come sassolini in un greto, gli ultimi dubbi scomparvero assieme ai ricordi del sogno.
    Sousuke si alzò in piedi, la Mietimorte in mano ed uscì. Solo il Vuoto rimase ad aleggiare.

    Camminava rapido. La folla lo attorniava, ma non ci faceva caso e la fendeva velocemente. C'era una festa?
    Doveva essere cosi a giudicare da come tutti sembravano allegri. Correvano quà e là come formiche: una visione assolutamente patetica. Celebrare un giorno significava sprecarlo, credere che fosse speciale significava stoltezza. La pateticità di quella massa di persone felici andava oltre l'aspetto bello o i suoni delle musiche, era nel fatto stesso che fosse lì, in quel momento, in quella situaizone. Era tutto cpmpletamente sbagliato.
    Il tempo di un pensiero. Sousuke spostò la sua attenzione da ciò che lo circondava a ben altri problemi, problemi riguardanti la necessità di attrezzature nuove per il laboratorio, componenti da riparare, calcoli da fare.
    Tutti correvano attorno a lui, ma nessuno di essi gli poneva attenzione nè lui lo faceva. Veloci, i suoi pensieri si susseguivano, ordinati, perfetti, meccanici. Il tubo di contenimento numero 5 era andato distrutto, occorreva immediatamente cambiarlo con un altro più robusto.
    L'esperimento era stato soppresso, ma la sua materia era riciclabile. Come poteva utilizzarla?
    Sicuramente per portare avanti esperimenti su altri soggetti, ma in quale modo? Su quali? Quando?
    Non c'era fretta, su ciò avrebbe pensato al suo ritorno. Ciò che importava era le nuove attrzzature da acquistare, quantità, qualità, particolari, resistenza, utilizzo.
    Con questi pensieri, camminava tra la gente, solo. Una bolla impenetrabile, che lui stesso aveva innalzato, lo separava dal mondo. Nessuno gli era vicino nei sentimenti. Ma perchè ciò avrebbe dovuto importare?
    Ben diverso era il suo destino, ben diversa la sua vita rispetto a tutti gli altri, un meccanismo perfetto senza emozioni inutili e senza difetti.
    Ad un tratto, però, qualcosa penetrò nella bolla.
    << Ciao, come ti chiami? >> Una voce piccola e dolce, una goccia nel mare del fragore della folla. Solamente che era rivolta verso di lui, mentr eil resto dele gocce gli scivolavano addosso. Questo lo spinse a calare il suo sguardo freddo sulla figura che lo aveva apostrofato. Una bambina, con la più innocente delle domande e il più innocente degli sguardi e sorrisi gli si parava di fronte.
    Stupore? No. I bambini sono incapaci di capire i limiti imposti dalla logica. Solo per curiosità ignorante quella piccoletta gli si era avvicinata e l'ignoranza non poteva sfiorarlo in alcun modo.
    La guardò freddo per un istante, poi distolse lo sguardo e passò oltre, continuando nella sua strada. La velocità di un pensiero, questo aveva dedicato a quell'esserina insignificante che si sarebbe presto lasciato alle spalle.
     
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    Cosa c'è di peggiore di rubare a un bambino il giocattolo che possiede già? Negargliene uno che non possiede. Yuzu-chan rimase per un secondo ferma a osservare la schiena dell'uomo che l'aveva degnata di appena uno sguardo e man mano che l'osservava allontanarsi sul suo viso si dipinse un'espressione via via più corrucciata: guance rosate per la rabbia che prendono a gonfiarsi, labbra arricciate, sopracciglia abbassate e mentre quest'espressione sostituiva il sorriso che poco prima aveva rivolto all'uomo, pensieri capricciosi si affacciavano alla sua piccola mente. Quell'uomo non l'aveva degnata di un singolo sguardo per il semplice motivo che...non gli interessava. Non aveva bisogno di alcun potere per capirlo...era sempre stata piuttosto brava a capire le persone, ed era piuttosto sicura di sé quando concluse, sempre nella sua piccola testa, che quell'uomo non l'avrebbe degnata di uno sguardo a meno che non fosse riuscita a incuriosirlo, a lasciare il segno. Per farlo le serviva un piccolo trucco...
    << Gomen Nasai.... >> sussurrò, per poi concludere tra sé ''ma se non vuoi dirmelo tu, me lo cercherò da sola.'', mentre il tempo di un battito di ciglia i suoi occhi erano cambiati. Solo un nome, gli avrebbe sottratto solo un nome...o almeno così aveva pensato, in realtà sottrasse qualcosa in più di questo, tanto che quando i suoi occhi tornarono normali la sua testardaggine infantile mossa da curiosità immensa, aveva preso ancora più piede: doveva assolutamente parlarci. << SOUSUKE SAKATA...ti ordino di fermarti! >> il fatto che avesse gridato a pieni polmoni era il peggiore dei mali, visto che con quella vocina la folla l'avrebbe appena notata, ma si sarebbe potuto dir lo stesso dell'uomo che aveva appena ''derubato''?

    Sintetico ed essenziale, ma spero ci sia tutto. >w<
     
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    Normalmente sarebbe passato oltre e tutto sarebbe stato dimenticato nel tempo necessario per fare un battito di ciglia. Avrebbe superato quella bambina, senza degnarle più di un pensiero rapido e fuggevole come un fulmine, e sarebbe tornato ad immergersi nei suoi calcoli. Tutto sarebbe continuato a scorrere come aveva sempre fatto.
    Sousuke non detestava l'infantilità di un bambino, quella ingenuità che portava a chiedere il nome ad un perfetto socnosciuto, cosi, senza motivo e senza ragione, non la trovava irritante, non la trovava divertente, non ne rimaneva felicemente sorpreso. Semplicemente, non riusciva a comprenderla.
    Il suo modo di percepire la realtà era agli antipodi di quel sistema di pensiero cosi semplice e privo di orpelli. Non poteva esserci legame tra lui e qualcuno che ragionava in un modo cosi diverso da lui, solo un contatto insignificante e subito dimenticato.
    Normalmente sarebbe stato cosi.
    Solo che quella volta non fu affatto "normale".
    Appena volte le spalle, Sousuke sentì qualcosa sfiorare la palla d'acciaio che era la sua coscienza, qualcosa di curioso e rabbioso come un ragnetto scacciato. Svanì un istante dopo che aveva cominciato a percepirlo, ma non senza lasciarsi dietro uno strano senso di oltraggio, quasi fosse stato un intruso entrato di soppiatto in un luogo proibito.
    Sousuke non comprendeva da cosa provenisse quella sensazione, e la cosa fu sufficente per suscitare la sua attenzione. O perlomeno, l'avrebbe fatto se un altro evento, molto più inatteso e molto più degno di nota, non fosse occorso immediatamente dopo.
    Il suo nome, invocato dalla stessa vocina infantile che gliel'aveva chiesto.
    Sousuke si voltò verso la bambina che lo guardava furente, i lpiccol opetto che si alzava ed abbassava con la velocità di chi ha subito un torto e si è appena sfogato ocn tutte le proprie forze contro chi glielo aveva inflitto. La guardò, la sorpresa che intaccava la sua espressione solitamente imperturbabile.
    Ma fu un istante, la maschera tornò al suo posto subito dopo. Sousuke tornò sui suoi passi, a causa, cosa inaudita, di un'insignificante bambinetta. Che un esserino del genere potesse attirarlo in quel modo era un qualcosa che afferrò a stento, un pensiero che gli sgusciò tra le mani prima che potesse afferrarlo e renderlo chiaro, qualcosa che sfiorava l'inconcepibile.
    Le si fermò di fronte, osservandola dall'alto in basso, l'incredulità che lasciava il posto a una sorda irritazione. La folla che scorreva intorno come un fiume non contava più niente, solo quella piccoletta teneva un ruolo di rilievo nella scena e fu a lei che Sousuke si rivolse.
    "Chi sei tu?"
    Una domanda che conteneva in sè le numerose che voleva porre.
     
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    Era dannatamente ora. u.u Io creo un pg apposta per iniziare questa cosa con te e tu me lo lasci fermo? Non si fa coniglio, non si fa. >_>===@ Te la farò pagare.


    C'era riuscita, aveva destato la sua curiosità. Lo capì nell'istante stesso in cui si fermò, ancor prima che si voltasse...e non aveva bisogno di alcun potere. Istintivamente sorrise felice, la lingua d'un lato e in un gesto di spontanea esultanza piegò le braccia, strinse le manine in due piccoli pugni e con gesto fulmineo le portò verso l'interno esclamando tra sé Yatta! prima di tossicchiare e ricomporsi velocemente per evitare che Sousuke la vedesse. Quando lui si voltò, effettivamente era ferma e composta, ma la sua espressione era come...pensierosa, si. Guardandolo avvicinarlesi quell'espressione pensierosa divenne per un secondo impaurita e lei prese a fissarlo là dove la sua statura minuta le permetteva di arrivare, senza osare alzare lo sguardo. Tuttavia, dopo breve tempo i suoi occhioni dolci si puntarono su quelli di ghiaccio del suo interlocutore, la paura sembrava non esserci mai stata, anzi, erano occhi determinati. Prese un profondo respiro, il piccolo petto si gonfiò, gli occhioni si chiusero per un istante e quando li riaprì, iniziò: << Potrei dirti il mio nome...ma sarebbe finto e se dicessi una bugia diventerei davvero...brutta. >> Lo sguardo tornò in basso, pensieroso. Come poteva dirlo? Cosa, poteva dirgli per alimentare la sua curiosità? Se gli avesse detto di essere un angelo e di averlo ''scelto'' (più lo guardava, più n'era convinta) cosa avrebbe risposto? Bé, non restava che provare...
    << I-io sono... bé ecco...io sarò... >> (si schiarì la voce) << ...il tuo angelo custode! >> e nonostante la titubanza iniziale, pronunciando quelle due parole lo guardò totalmente seria, negli occhioni una promessa: Che tu lo voglia o meno, lo sarò.

    Argh, di nuovo essenziale...è che essendo una nanerottola/bimba/non so ché mi viene da scrivere poco... Bah, se non va bene modificherò, nel frattempo... >w>====@ SUPER PUNCH!
     
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    Inclinò leggermente la testa di lato, quasi cercasse di fissarla in modo migliore.
    Potrei dirti il mio nome...ma sarebbe finto e se dicessi una bugia diventerei davvero...brutta.
    Parole di cu non afferrò il senso esatto, ma che risvegliarono in lui l'eco di un intuizione remota, un pensiero che non era ancora pensiero.
    Ma di sicuro una cosa era certa: quella ragazzina aveva qualcosa di strano. Non nei modi, quelli erano congeniali all'età che dimostrava, quanto in quello che diceva e sopratutto nel suo sguardo. Uno sguardo deciso, determinato, con una consapevolezza e una chiarezza d'intenti che non appartenevano a una bambina normale cosi piccola.
    Peccato solo che a un sentimento del genere non corrispondesse un 'adeguata capacità d'espressione. La sentì balbettare, indecisa, e quando la parola "angelo custode" gli sfiorò le orecchie ebbe la netta sensazione che avrebbe potuto mettersi a ridere se fosse stato in grado di farlo ancora.
    Invece, la sua unica reazione fu di sollevare un sopracciglio.
    La situazione stava diventando paradossale. Una bambina che gli si presentava di fronte e diceva di essere il suo angelo custode?
    Teoricamente, la reazione più adeguata sarebbe stata darle le spalle e chiudere la faccenda lì, però...
    Come faceva a conoscere il suo nome?
    Non era normale e le cose non normali meritavano attenzione.
    "Sei ambiziosa, bambina" disse, con la imperturbabilità di chi constata qualcosa di ovvio.
    Si piegò sulle ginocchia, ponendo i loro sguardi allo stesso piano.
    "Non sono una persona che può meritarsi un angelo custode. E mi chiedo se a farlo possa essere una bambina che non ha nemmeno un nome vero".
    Le pose dei dubbi con calma glaciale e senza nessuna gentilezza, fissandola dritta negli occhi.
    Stava saggiandola, come un pescatore che trova qualcosa che assomiglia a un diamante in uno stagno e lo saggia da lontano con un bastone per assicurarsene.
     
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    ''Yuzuki'' cominciò ad avere una pessima sensazione su quell'uomo...ma testarda, proprio come si presume dovesse essere una creatura simile, piazzò i piedi per terra e, nonostante il brivido di timore istintivo che le aveva attraversato la schiena minuta all'avvicinarsi di Sousuke, la sua determinazione si rafforzò.
    Non sono una persona che può meritarsi un angelo custode. Già, probabilmente non lo era. Riusciva a percepirlo persino lei nella sua ingenuità...ma dopotutto l'era stato dato libero arbitrio per quel che riguardava la scelta dell'umano da seguire: crudele o meno che fosse...e lei sentiva ancora l'impulso, nonostante tutto, di avvicinarsi all'uomo dagli occhi glaciali che aveva davanti. Le poche informazioni che aveva rubato poco prima per errore non avevano fatto altro che rafforzare la sua convinzione.
    La sua risposta alla constatazione di Sousuke fu quella di chiudere gli occhi. Riaprendoli lui avrebbe potuto vedere da vicino il profondo cambiamento subito: gli occhioni prima innocenti e dolci, adesso non avevano più niente di umano, sembravano...appartenere ad un altro mondo. Senza più guardare verso di lui, Yuzu-chan si voltò e con la piccola mano indicò una figura alla sua destra: era una donna sulla cinquantina e li aveva appena superati fulminando Sousuke con lo sguardo. Lui avrebbe tranquillamente potuto notare il particolare, se solo ci avesse fatto caso, ma non la bambina che al momento del fatto era occupata a guardare negli occhi lui, nonostante ciò, con estrema sicurezza gli disse: << Quella donna pensa che tu possa essere un... >> Le piccole guance tondeggianti arrossirono per quella parole di cui non riusciva a comprendere il significato, temeva che lui lo capisse se solo l'avesse pronunciata...tuttavia doveva farlo se voleva ottenere ciò che voleva, quindi proseguì << ...pe-do-fi-lo? >> ed effettivamente suonò come non l'avesse mai pronunciata prima. << Sta anche meditando sul chiamare o meno la polizia e...ora si girerà a guardarci. >> Al ché si voltò svelta verso di lui e senza alcun preavviso fece per abbracciarlo, proprio il millesimo di secondo prima che la donna si girasse verso di loro. Qualunque cosa decidesse di far Sousuke con quell'abbraccio: sottrarsi o stare fermo, conclusa l'azione la bambina avrebbe concluso (sussurrando al suo orecchio in un caso, parlando semplicemente nell'altro): << Ora si è tranquillizzata...pensa che tu possa essere un mio parente e che stiamo semplicemente avendo una discussione. >> Dopo la piccola dimostrazione l'avrebbe guardato, salvo poi sbattere immediatamente le ciglia facendo tornare i suoi occhi alla normalità. << E tu...bé... >> si grattò la testa, improvvisamente agitata per le possibili reazioni dell'uomo. << ... p-penso che tu non voglia che io ficchi il naso nel tuo cervello, per questo non so esattamente a cosa stai pensando...posso solo intuire che stia cercando di capire se sono...degna della tua attenzione, ma... >> ed eccolo tornare...quel piccolo lampo di determinazione nei suoi occhi. << Se decido che voglio entrarti nella testa, bé, posso farlo. >> Le guance che si gonfiarono per un sbuffo finale sembrano dire, in modo piuttosto buffo, che improvvisamente un pensiero scomodo (dovuto probabilmente a un semplice capriccio) l'aveva fatta arrabbiare.

    Edited by =^Midori_no_Neko^= - 23/2/2013, 13:42
     
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    La vide tentennare per un istante, prima di chiudere gli occhi e riaprirli. Riservò a quel fatto l'attenzione analitica di uno scienziato.
    Ormai la sua attenzione era stata colta ed ora stava ben attento ad osservare ogni particolare dello strano esserino che aveva incrociato la sua strada.
    Rimase livemente incuriosito dal vedere gli occhi della bambina brillare di colori diversi quando li riaprì. La osservò meglio. Più che i colori, era qualcos'altro ad essere cambiato, qualcosa alla base. Non erano più le pupille di un umano che potevano essere castane, nere, verdi, azzurre, no. Il cambiamento non toccava semplicemente qualcosa di cosi ordinario come il semplice colore. Era la stessa umanità a mettersi in forse in quelle iridi che esprimevano...cosa?
    Qualcosa di alieno, qualcosa di Altro, che non aveva mai visto prima.
    Lei indicò alle sue spalle. Seguendo la mano puntata, notò la donna a cui si riferiva, una quarantenne a una prima occhiata.
    Lettura del pensiero? pensò, poi afferrò ciò che la bambina intendeva e una lieve punta di ironia gli sbocciò nella mente pur senza affiorare sui lineamenti. Le opinioni di una donna qualsiasi su ciò che faceva non erano in cima alla sua lista di priorità.
    Quando poi lei si prodigò per tirarlo fuori da quella che credeva essere una situaizone imbarazzante abbracciandolo, non potè fare a meno che incurvare le labbra in un lieve sorriso.
    Non si oppose nè la respinse, lasciandola fare, solo gli occhi continuavano a guardarla, baluginanti di ironia.
    "Capisco" rispose con lo stesso tono sottovoce, quasi fossero due bambini impegnati a nascondere un segreto. Anche se nella sua di voce non c'era calore.
    Quando poi si allontanò, Sousuke la guardò, leggermente meglio bendisposto nei confronti di quella bambina cosi intraprendente. Non aveva cercato di ammnsirlo con le parole, nè propinargli qualche sciocchezza, gli aveva mostrato con i fatti come poteva tener fede alle sue parole e lo aveva fatto in fretta ed efficacemente.
    "Hai un dono interessante" commentò, quando lei fece svanire i suoi strani occhi. Nel momento in cui era successo, le sembrava essere tornata di colpo ad essere una normalissima bambina, tanto che avrebbe potuto giurare che non fosse successo nulla.
    Ma era successo. Quella bambina aveva il potere di vedere nelle menti delle persone attorno a lei.
    Peccato disse che avrebbe potuto farlo anche con lui.
    Nel sentirlo, sul volto di Sousuke apparve un sorriso gentile, un evento cosi raro da essere un presagio funesto.
    Coon due dita, le prese delicatamente il piccolo mento, facendole sollevare lo sguardo verso di lui. "Se lo fai, ti ucciderò". disse, con la stessa tranquillità con cui si annuncia che il tempo è sereno.
    Si rimise in piedi, in un turbinio di stoffa. "Ma sarebbe uno spreco, immagino. Sei un fenomeno degno d'attenzione". Aveva parlato di "fenomeno", non persona, cosa che indicava chiaramente come ormai la bambina fosse entrata nella sfera dei suoi possibili soggetti di ricerca, un gruppo in cui non l'umanità e la pietà non veniva calcolata. Nè Sousuke accennò alla faccenda dell'angelo custode. La trovava ancora una cosa ridicola, ma valeva la pena restare al gioco per ora. Le tese una mano, sorridendole. "Vieni, camminiamo." Parlò con dolcezza, ma non era una richiesta.
    Implicitamente, la stava cortesemente invitando a spiegarsi.
     
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    La sua determinazione vacillò appena quando Sousuke le sorrise e fu probabilmente per istinto di sopravvivenza che sentì il forte impulso di ritrarsi dal suo tocco, tuttavia, rimase come paralizzata e la sua piccola bocca formò una ''o'' alle parole udite...''o'' che perdurò sin quando il ragazzo si rimise in piedi. Era chiaro che ormai era riuscita nell'intento di accendere la curiosità dell'uomo, ma in qualche modo non riuscì a essere felice quanto avrebbe dovuto. Se anche non poteva vederlo, sentirlo chiaramente, poteva certamente percepire come la vedeva in quel momento Sousuke: un oggetto da studiare. Non aveva probabilmente creduto al fatto che fosse un angelo, né al motivo per cui era lì. Guardò dubbiosa la mano che le venne porta, poi guardò lui e sul suo visino si dipinse un cipiglio dubbioso. Sorrise poi, un sorriso che pareva di scuse per quel momento di incertezza e nonostante la paura, strinse forse la mano che nonostante la freddezza del proprietario era calda e accogliente. Non capì cosa volesse esattamente sapere, cos'era stato lasciato in sospeso...così decise di dire ciò che voleva dire al di là di tutto, spiegando meglio la situazione: << So che probabilmente non credi al fatto che sono un angelo... >> abbassò lo sguardo, pensierosa, poi lo guardò << So anche che, come anche tu hai detto, non sei una persona che potrebbe meritarlo però...vedi, sono qui per una specie di ''esame''... (al ché, sbuffò) << ...mi è stato detto di scegliere un umano da seguire...dovrei ''vegliare'' su di te a tempo indeterminato...il fatto è...che... (se avesse potuto avrebbe sbattuto forte i piedi a terra) << Io non voglio davvero tornare in quel posto! E' così noioso! E anche gli umani sono noiosi visti da vicino...perlomeno, in questi mesi non ne ho trovato nemmeno uno che mi attirasse..i cui pensieri fossero diversi...ma...bé..ettoo...q-quando ho visto te io..bé, ho pensato fossi...interessante. >> Ed in fine eccola guardarlo, mentre camminavano fianco a fianco. Quale sarebbe stata la sua reazione? L'avrebbe considerata sciocca e stupida? Probabilmente...ma del resto non poteva dire una bugia.
     
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    Paura.
    Poteva quasi riuscire a sentirla: un vago sentore di gelo invernale mischiato a sangue rappreso. L'aveva sentito innumerevoli volte quell'odore, l'aveva fiutato fino a riconoscerne l'essenza e il tremolio che lasciava negli occhi delle persone. Per un attimo, lo sentì aleggiare su quella piccola figura verco, cui, sorridente, stava tendendo la mano.
    Aveva paura?
    Nulla che non fosse normale in una situazione come quella.
    Sousuke sentiva il proprio sorriso come qualcosa di alieno, una maschera che si è tenuta troppo tempo nel ripostiglio e che adesso si ha disagio ad indossare. Sapeva come usarlo e per cosa usarlo, come qualsiasi altro utile strumento e per un attimo lo vide completare il suo compito.
    Poi, inaspettatamente, quello stesso strumento comparve sul viso della ragazza, sotto forma di un segno di scusa imbarazzata.
    Sousuke ne rimase, nascostamente, piacevolmente colpito. Per quanto potesse considerare le persone semplici oggetti, non rimaneva incurante di ciò che riteneva essere notevole carattere.
    Le strinse appena la piccola mano quando lei la posò nella sua e insieme si incamminarono lungo la via.
    "Solo i pazzi non conoscono la paura. Per essere coraggiosi bisogna aver paura" disse, pe rpoi puntare il suo sguardo verso di lei. "Tu sei coraggiosa, bambina...oppure semplicemente incosciente" aggiunse poi. E nessuna delle due cose la pronunciò come fosse stata un male.
    Poi rimase in silenzio, lasciandole la parola. La lasciò parlare senza mai interromperla, limitandosi ad annuire di tanto in tanto. Non si volse mai verso di lei, nemmeno quando la bambina cercò il suo sguardo.
    Quando la piccola terminò il suo racconto, rimase in silenzio per lunghi istanti, riflettendo. Si trattava di una storia assurda, al limite del fantasioso, chiunque l'avrebbe semplicemente liquidata come la fantasia di una ragazzina, però Sousuke ne fu solo molto interessato. Lui era uno scienziato e gli scienziati si basano solo sui fatti; e il fatto, quella capacità di leggere nella mente, c'era. Poteva non essere di origine angelica, forse si trattava di un potere di orgine telepatica e il resto della storia era soltanto una sogno infantile, ma cosa poteva mai importare?
    Mille esperimenti, mille fenomeni da studiare: aggiungerne uno in più significava solo riempire ulteriormente la vita dello scienziato.
    "Capisco" si limitò a dire, asciutto, quando lei accennò alla noia che provava. "Riguardo la noia, mi trovi in disaccordo. Gli esseri umani sono esseri estremamente affascinanti dal mio punto di vista". Le gettò un'occhiata significatica, come dire "e tu fai parte della stessa categoria".
    Fece cenno verso destra, verso una piccola panchina libera ai margini della strada. "Vieni, sediamo".
    Sousuke si sedette composto con un lieve sospiro. Con un gesto del braccio si tolse il cappuccio, lasciando che i folti capelli bianco cenere venissero sfiorati dal vento leggero che andava alzandosi.
    Agli occhi di uno sconosciuto sarebbero potuti benissimo passare per un ragazzo e sua sorella minore che si riposavano dopo una passeggiata.
    "A tempo indeterminato..." Benchè avesse parlato all'improvviso, mantenne un tono tranquillo, lo sguardo fisso al cielo sgombro di nuvole. "Una punizione?" chiese poi, quasi parlando a sè stesso. Non ci teneva poi molto ad ascoltare la risposta. Su quel punto di vista, quella piccoletta avrebe anche potuto tenersi i suoi segreti. Lui non se ne sarebbe impicciato.
    "Vegliare su di me..." ripetè, sorridendo. Trovava la cosa estremamente ironica. "Non penso di poter pensare a un compito più ingrato di questo...sei una bambina...anzi, scusami" Si volse a guardarla. "Un Angelo a cui piacciono gli esami difficili. Nemmeno un demone potrebbe farmi da custode.".
    Detto ciò, rimase in siolenzio, osservando il flusso di persone che scorreva lungo la strada.
     
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    A cosa stava pensando? Chiederselo senza poterlo scoprire poco dopo, come si stava ormai abituando a fare, la rendeva irrequieta e seccata. Lo osservò attentamente per tutto il tempo, mentre lui non la degnò di uno sguardo, probabilmente perso in uno di quei pensieri freddi e incolore che aveva scorto quando l'aveva notato in mezzo a tutta quella gente. Forse pensava a che contenitore utilizzare per lei? Ricordando i pensieri che gli aveva rubato al primo sguardo rabbrividì. Brivido che non fece altro che aumentare all'occhiata significativa che Sousuke le lanciò. Sarebbe diventata anche lei una delle cavie che aveva scorto in quei pensieri? Non poteva domandarlo o certamente l'avrebbe fatto adirare però...
    << Io non sono umana. >> si affrettò a esplicitare al quello sguardo allusivo, prima di annuire e sedersi sulla panchina che lui aveva indicato. Poi lo osservò mentre si levava il cappuccio, e una piccola mano si protese istintivamente verso quella chioma dal colore così inconsueto per prenderne una ciocca in mano e sfiorarla, delicata. << Perché sono così? >> Il tempo di un battito di ciglia e le paure erano momentaneamente svanite per venir sostituite da innocenti domande. Come ha vissuto finora? Che tipo di persona è...dentro? Cosa fa nella vita? Cosa vuole? Cosa pensa? domande innocenti ma curiose e insistenti, domande per le quali una creatura come lei non avrebbe rinunciato a cercare risposta. A questi propositi stava per parlare di nuovo, quando lui interruppe il filo dei suoi pensieri per far tornare le paure ma anche qualcos'altro, qualcosa che aveva sentito appena l'aveva scorto e che aveva messo da parte sino a quel momento: l'alone di solitudine che lo circondava. Traspariva persino dalle sue parole.
    Lo stava fissando, l'aveva fatto tutto il tempo, ma per qualche sciocco motivo quando lui si volse a guardarla lei arrossì per essere stata colta in flagrante. In fondo stava cercando di fare ciò che lui gli aveva intimato di evitare: entrare nella sua testa...seppur ci provasse senza usare i mezzi in suo possesso, totalmente determinata a mantenere la tacita promessa fatta. Storcendosi le dita in un gesto di nervosismo e senza guardalo, disse, nel modo più innocente del mondo: << No, un demone non potrebbe, ma io...io bé...finché non mi metti dentro una di quei contenitori a cui pensavi prima...p-penso di poterlo fare. >> concluse balbettando ricordandosi che avrebbe dovuto probabilmente tenersi quel piccolo particolare per sé, così si affrettò a guardarlo, di nuovo innocenti scuse nei suoi nuovi occhioni. << M-mi dispiace. I-io...n-non avevo...n-non sapevo ancora... >> iniziò a gesticolare mentre parlava, agitata, sudando persino...tuttavia si bloccò di colpo e strinse i piccoli pugni sulle ginocchia. Le sue mani tremavano, ma lei era tornata determinata nel giro di un secondo. << Non lo faccio più...senza permesso. >> Era una promessa.

    Nyargh, se fa schifo è per colpa dell'ora. :ahse: Parlane con lei e gestitevela tra voi. :zizi:
     
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    "Mh" Gli occhi chiusi a godersi la brezza, Sousuke annuì appena alla precisazione della bambina sulla propria razza, considerandola un particolare irrilevante. Non fu lo stesso quel tocco leggero come una piuma che sentì sfiorargli i capelli.
    Schiuse un occhio, osservandola di sottecchi. Non amava essere toccato e probabilmente avrebbe reagito violentemente se fosse stata la stessa persona che era anni prima, però non lo era più e la lasciò fare.
    Lo stesso non successe quando lei si lasciò sfuggire di aver usato ancora i suoi poteri per sbirciare nella sua mente.
    Sousuke continuò a fissarla, ora gelidamente, una profonda collera che bruciava nei suoi occhi. Per un lungo, infinito, istante, dovette combattere con la tentazione di tagliare il collo a quella piccola intrigante e porre fine una volta e per tutte alla sua curiosità. Non avrebbe mai permesso a nessuno di intrufolarsi tra i suoi pensieri, nemmeno a una cavia promettente, chiunque l'avesse mai fatto, chiunque ci avesse anche solo provato l'avrebbe schiacciato ed ucciso senza nessuna pietà.
    Soppesò le possibilità ancora per un attimo prima di prendere una decisione. Fu dura, molto dura, non assecondare il proprio impulso, ma si costrinse a ricacciare indietro la rabbia montante, richiudendola nel vuoto gelido dove tutte le emozioni erano state esiliate.
    Distolse lo sguardo e con quel semplice gesto tutta la tensione accumulata si dissipò all'istante.
    "Perchè un uomo ha due braccia e due gambe?" domandò, rispondendo alla domanda che la bambina gli aveva posto. Sperava fosse abbastanza sveglia da intuire che riallacciandosi a qualcosa successo prima che sapesse del tentativo di intrufolarsi nei suoi pensieri significava che quella piccola parentesi inopportuna mai avvenuta e che avrebbe fatto meglio a dimenticarsene anche lei.
    "Perchè cosi è stato forgiato dalla natura e dal destino". Si rispose da solo, chiudendo la questione e lasciandola poi a fare le sue considerazioni.
    Per quanto quella ragazzina stesse continuando a guadagnare punti ai suoi occhi, avrebbe fatto meglio a comprendere che c'erano dei limti che non poteva permettersi di superare.
    Continuava a non considerare affatto i suoi avvertimenti di come quel compito che diceva di voler portare avanti sarebbe stato impossibile per chiunque e questo, doveva ammetterlo, era un punto a suo favore. Coraggio, ma anche tanta tanta temeriarietà, quasi quanto uno scienziato doveva essere. Forse avrebbe potuto provare per lei anche un po' di simpatia se non fosse stata una cavia e se i suoi sentimenti non fossero già bruciati da tempo.
    Si alzò e, facendole un cenno di seguirlo, si incamminò attraverso la folla ancora una volta.
    "Direi che possiamo trovare un accordo" disse, mentre camminava. Tanto valeva mettere le cose subio in chiaro. La guardò, ora senza più neanche l'ombra di un sorriso. "Tu dici di essere un angelo custode, cosa che appurerò, e io devo confessarti di trovare interessante la tua capacità. Quindi..." Parlava tranquillo, quasi stesse chiedendo se voleva un gelato all'amarena o alla fragola. "Vuoi diventare una mia cavia?".
     
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    Ringraziò il cielo che gli sguardi non potessero uccidere, perché se solo avessero potuto lei sarebbe certamente caduta a terra esanime. Aveva pensato di morire. Si vide già con le mani di Sousuke strette al delicato collo e istintivamente, mentre lui la guardava con quell'intento omicida stampato negli occhi, le sue mani andarono a protezione dello stesso. I suoi occhi spalancati lo fissarono, incapaci di farlo altro.
    Poi, il sollievo.
    Sospirò sonoramente quando lui si voltò per parlare, la freddezza tornata al suo posto. La sua coscienza si insinuò nella sua testa, redarguendola sull'evitare in futuro di esternare particolari simili. Omettere in fondo non era mentire. Avrebbe usato questo cavillo a suo vantaggio. O forse corrispondeva secondo il conta azioni che aveva in tasca a bugia? Sperava vivamente di no.
    Ascoltando e comprendendo ciò che le disse poi, tornò a guardalo. L'aveva scampata, almeno stavolta. Non domandò altro, troppo impaurita di ricordargli in qualche modo la collera che per un attimo l'aveva colto e si incamminò con lui verso meta imprecisata. Che gli piacesse camminare? A lei, pigra com'era, non piaceva affatto. Trattenne lo sbuffò prima di alzarsi e lo guardò attentamente quando parlò. Ennesimo brivido della giornata, ennesimo sguardo sorpreso, come del resto, ennesimo sguardo determinato a conclusione del tutto. Fece per porgli la mano minuta, ma per un attimo ci ripensò e disse: << In cosa consiste esattamente l'essere una tua... ''cavia''? >>
    Poteva sembrare una domanda innocente quanto stupida, in realtà però, cosa fosse una cavia lei lo sapeva. L'aveva visto nei suoi stessi pensieri e non voleva certo permettergli di renderla così. Non stava chiedendo cosa fosse una ''cavia'', stava chiedendo cosa avrebbe comportato il diventarlo per lei. Una domanda al di là di ogni aspettativa per una creatura così innocente. Evidentemente, quando voleva, sapeva imparare in fretta.
     
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    La bambina si era fatta improvvisamente silenziosa. Sousuke non dovette neanche cercare di indovinare se avesse imparato la lezione. Quegli occhioni infantili erano uno specchio libero di impurità che rifletteva le emozioni più intime, tanto che la paura vi affiorava come una macchia di fango su uno stagno.
    Sousuke ne fu intimamente soddisfatto. Suscitare paura in una bambina era nulla, nè lo toccava il fatto che fosse giusto o sbagliato. Semplicemente la capacità di comprendere velocemente era una dote importante per le poche, molto poche, persone che era tenuto, per un motivo o per l'altro, ad avere attorno. La maggior parte delle sue cavie non erano in grado di parlare, vuoi per incapacità innata o indotta, però ritrovarsi a dover trattare con esseri capaci di parola era inevitabile.
    A quel punto la sua piccola interlocutrice gli pose una domanda arguta. Inevitabile, giudicò, ormai aveva costatato di non avere a che fare con una completa sciocca. La fantasia fanciullesca non rientrava nella sfera delle cose che riteneva deleterie per una mente arguta.
    "Non occorre che ti allarmi" rispose tranquillo, lo sguardo fisso di fronte a sè. "Una cavia può essere catalogata sotto moltissime tipologie diverse, dalla materia più delicata, che richiede una certa dose di cautela per non rovinarsi e perdere il proprio valore" Le gettò uno sguardo con la coda dell'occhio, sottolineando che la poneva in quella categoria. "Ad altre, invece, che per manifestare il proprio interesse richiedono metodi meno...delicati...".
    Si fermò. "Ad ogni modo..." Si volse verso di lei, sorridendole dolcemente. allungò una mano verso di lei. "Tutte, nessuna esclusa, sono importanti nel loro modo e meritano tutta...la cura necessaria". Le sfiorò una ciocca di capelli, facendoli scorrere sulle dita. Ne osservò il colore per un'istante, prima di lasciarsi ricadere e riprendere di colpo a camminare rapidamente.
    Aveva già cominciato ad esaminare.
    "Per te non sarà necessario un corso di esami particolari. Dimostrazione, osservazione e esami neurologici e dei lobi dovrebbero..." Aveva parlato già immerso nell'atteggiamento da studioso, quando si ricordò che effettivamente stava parlando con una bambina. "Comunque non sarà nulla di violento" riprese, assumendo un tono più tranquillo e rallentando la sua andatura. "Non di certo qualsiasi cosa tu possa aver dedotto dai miei pensieri". aggiunse, gettandole uno sguardo severo. Poi, per non farle pesare quell'ultimo rimprovero: "Da parte mia, ti prometto un trattamento impeccabile. Sia per tutto ciò che mangerai che per dove abiterai farò in modo che tu non abbia da lamentarti di nulla".
    Fare delle promesse del genere era una bazzecola. I beni materiali erano nulla di fronte alla prospettiva di avere una cavia ben disposta a collaborare e sicuramente lo preferiva a dover adottare provvedimenti più drastici. Quel piccolo cervellino gli serviva vivo, vegeto e non sotto pressione per svelare i suoi misteri, nè possedeva ancora i mezzi necessari per adottare strumenti per strapparli rapidamente.
    Gli serviva che lei collaborasse.
    Sollevò un sopracciglio: "Quindi? Cosa ne pensi?"
    Non aveva accennato a quella faccenda dell'angelo custode, considerandola ancora una sciocchezza infantile. Riteneva che tirare in ballo la possibilità di avere leccornie e comodità a volontà fosse sufficiente a convincerla.
     
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    Quindi la catalogava tra ''la materia più delicata, che richiedeva una certa dose di cautela per non rovinarsi e perdere il proprio valore''...suppose che, se ricevuto da uno scienziato, potesse persino passare come un complimento...o più probabilmente no. La piccola ''Yuzu'' sospirò sonoramente alle constatazioni del suo interlocutore: era ormai chiaro persino a lei, che si fosse scelta come incarico una grossa gatta da pelare. Gettò la testolina da un lato, osservandolo curiosa mentre si apprestava a prendere i mano i suoi capelli proprio come lei stessa aveva fatto poco prima con lui, sebbene per motivi molto diversi: lui la stava studiando. Le fu chiaro quando pronunciò quella mole di parole incomprensibili per poi ricordarsi che si trovava davanti ad un'apparente ragazzina e non a uno dei suoi ''colleghi''. Quel pensiero la incupì, arrivati a quel punto avrebbe forse potuto pensare di prendere in considerazione l'idea di lasciar perdere quell'uomo e continuare la sua ricerca, ma c'era quella maledetta solitudine...probabilmente non aveva neppure dei colleghi, probabilmente era un intellettuale solitario che non aveva nessuno e forse si illudeva persino che andasse bene così. Chiuse gli occhi. Che si stesse solo immaginando tutto, prendendo un bel granchio? C'era solo un modo per scoprirlo in fondo, e la sua determinazione le imponeva di ricorrervi. Quando venne nominato vitto e alloggio poi, un luccichio si accese nei suoi occhioni sin quasi raggiungere le labbra per farle schiudere in sorriso...poi svanì. Non era solo quello il motivo che la muoveva. Per una volta aveva trovato qualcosa che l'attirasse più...o forse ugualmente, insomma, non esageriamo...dei giocattoli, del cibo e del dolce dormire. Afferrò il suo mantello e si bloccò di scatto, come impedirgli di continuare il cammino. Solo a quel punto lo guardò, lo sguardo era quello di una creatura decisa a perseguire parecchi obbiettivi, in netto contrasto con la sua figura minuta. A quel punto, avrebbe aperto la mano dinanzi a lui come sapeva si facesse tra uomini per concludere un affare. << Purché non mi dica nessuna bugia, accetto. >> E nonostante i tempi verbali, parlava sia del presente che del futuro.
    Decise di tenere per sé la vocina che dentro di lei gridava ''Ma voglio tante caramelle!'', decisamente sarebbe stato fuori luogo.
     
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