DOUbLe SHOt

UN UOMO, UN MITO...

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porcoilclero
view post Posted on 1/8/2007, 11:42




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CORRIERE
CITAZIONE
La notte in un hotel a Roma con una squillo che si è poi sentita male Festino hard, Mele: sono io il parlamentare Il deputato dell'Udc: «Ma niente droga». E annuncia le sue dimissioni dal partito: «Voglio evitare indebite speculazioni» STRUMENTIVERSIONE STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO

Il deputato centrista Cosimo Mele (Ansa)
ROMA - «Quel parlamentare sono io, ma droga non ne ho vista e la signora mi era stata presentata quella sera a cena da amici». Cosimo Mele, 50 anni, una moglie e tre figli, nato in provincia di Brindisi e in quel collegio eletto nelle liste dell'Udc, esce allo scoperto «per evitare speculazioni politiche a danno del partito». Mele, per sua stessa ammissione, è dunque il parlamentare che ha trascorso la notte tra venerdì e sabato in una suite dell'hotel Flora in via Veneto a Roma con una signora, o forse due, poi ricoverata in ospedale per un malore, da attribuire, sembra, all'uso di cocaina e alcol. A conclusione della vicenda la polizia non ha riscontrato alcun reato, né denunciato, quindi, alcuno. Dopo essere uscito allo scoperto Mele ha poi rassegnato le proprie dimissioni dal partito.

AL PRIMO MANDATO - Al suo primo mandato, negli archivi dell'informazione politica Mele è ricordato per dichiarazioni sulla necessità di difendere «la nostra identità cristiana». È anche cofirmatario della proposta di legge per la pubblicità sull'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope da parte dei parlamentari. Alle agenzie ha poi ricostruito la notte del festino.

«NON SAPEVO FOSSE UNA SQUILLO» - «La signora l'ho conosciuta a cena, al ristorante Camponeschi, presentata da amici», dice Mele nella sua ricostruzione della serata allegra che rischia di cambiargli la vita. «No, non sapevo fosse una prostituta», ribadisce più volte, poi ammette di averlo capito «ad un certo punto» e di averle fatto «un regalino» (sulla cifra preferisce sorvolare). L'ha portata in una suite all'hotel Flora, «anche se ho casa a Roma, ho preferito». Hanno passato la serata, sempre secondo il racconto del parlamentare, poi ognuno a nanna in una stanza diversa della suite. Di cocaina l'onorevole dice non solo di non aver fatto uso, ma nemmeno di averla vista. «Forse ha preso pasticche. Che ne so, io dormivo!». L'on. Mele insiste anche sul fatto che lui era in compagnia di una sola ragazza, la seconda, dice, l'ha chiamata l'altra «a un certo punto», «poi se n'è andata». Non è chiaro a che punto è arrivata e a che punto se n'è andata. Nemmeno se c'era ancora o no quando la prima si è sentita male. «Non è proprio che stava male - dice Mele -, straparlava...». Tanto che lui ha chiamato la reception chiedendo un medico, poi ha detto che non serviva, poi ha chiamato di nuovo. Fino a che, alle otto di mattina, l'ambulanza ha raccolto la ragazza e l'ha portata al San Giacomo. Qui lei ha raccontato di pasticche che qualcuno le avrebbe fatto prendere. Così è partito l'accertamento di polizia ed è venuto fuori il coinvolgimento del parlamentare, la presenza di un'altra ragazza. Quando si è ripresa, ai poliziotti della questura ha detto che nessuno l'aveva costretta a fare niente e che anzi, «quel signore» le aveva anche pagato il dovuto per la prestazione.

30 luglio 2007

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STAMPA:
CITAZIONE
Sesso e droga, Mele lascia l'Udc

Un primo piano di Cosimo Mele
+ Catania affonda nel mare di debiti
+ L'onorevole? E' fuori stanza
+ "Ho avuto la droga dall’onorevole"



L’onorevole "pizzicato" rimane parlamentare. Cesa lo perdona: i deputati soffrono la solitudine
ROMA
Il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, ha accettato le dimissioni dal gruppo parlamentare dell’Udc di Cosimo Mele, il parlamentare trovato in compagnia di una ragazza squillo all’Hotel Flora, a Roma. L’onorevole Mele rimane parlamentare. «È stato un comportamento non consono con un partito come l’Udc che fa della difesa della vita e della famiglia la sua battaglia fondamentale», ha detto il leader centrista in una conferenza stampa che si è svolta a Montecitorio. «Noi continueremo a fare le nostre battaglie a testa alta come abbiamo fatto in questi anni», ha aggiunto.

«Sono profondamente amareggiato per quel che è accaduto», ha detto il leader Udc. Quello di Cosimo Mele «è stato un comportamento sbagliato e l’unica cosa positiva è stata rassegnare le dimissioni, che io ho immediatamente accettato». C’è molta polemica sugli stipendi dei parlamentari - ha peraltro affermato, en passant, il segretario dell’Udc - e invece andrebbero sostenuti perché conducano una vita serena. La vita del parlamentare è dura, comporta molti impegni, parlamentari ed esterni». Riferendo di un colloquio con un funzionario del Parlamento, Cesa ha menzionato l’ipotesi del «ricongiungimento familiare» per i deputati che, altrimenti, soffrono di «solitudine». Quanto all’incarico di parlamentare mantenuto da Mele, il leader centrista ha sottolineato che «è una questione che attiene alla persona decidere se restare o meno», ma ha anche ricordato che «l’articolo 66 della Costituzione prevede che il vincolo di mandato non è legato al partito».

Test anti-droga ai parlamentari
Il segretario dell’Udc ha poi rilanciato lo screening tossicologico dei parlamentari che verrà eseguito mercoledì prossimo. «Chiederò ai parlamentari dell’Udc di rendere pubblico l’esito del test», ha detto Cesa. La tossicodipendenza, ha precisato, «è un fenomeno che contrastiamo con forza, e i parlamentari devono dare il buon esempio». «Il ricongiungimento familiare per i parlamentari il segretario dell’Udc se lo poteva proprio risparmiare, perché francamente è una cosa che fa ridere». Lo dichiara Silvana Mura esponente di Idv.

Mele: "Non ho tradito nessuno"
Cosimo Mele è il parlamentare del partito di Pier Ferdinando Casini, sposato due volte e padre di tre figli, che è fra i firmatari della legge per il test anti-droga ai parlamentari, che venerdì notte, mentre la Camera era impegnata nella maratona notturna sulla giustizia, ospitava in albergo una prostituta finita sabato mattina all’alba in crisi eccitatoria da overdose all’ospedale San Giacomo.

Io non mi sento di avere tradito nessuno,se non la mia famiglia. A loro - ha detto in interviste pubblicate oggi su diversi quotidiani - non so davvero come spiegarlo. Ho deciso comunque di dare le dimissioni dall’Udc: sulla mia carriera politica deciderà l’Udc. Ma non vedo perchè dovrei dimettermi da deputato: anche io sono un uomo con le mie virtù e debolezze».

Ronconi: Mele ha leso l'immagine del partito
Non la pensano così tutti all’interno del suo partito. «Mele ha determinato un gravissimo danno di immagine e di credibilità al al partito e al gruppo dell’Udc e politicamente non ha scusanti», ha osservato Maurizio Ronconi, vicepresidente dei deputati Udc, convinto che il parlamentare protagonista della notte brava con la squillo finita in ospedale debba dimettersi anche dalla Camera.

Severo anche il suo collega di partito Carlo Giovanardi: «È tempo che nell’Udc si apra una riflessione molto seria, al centro ed in periferia, sui metodi di selezione della classe dirigente e su comportamenti troppo spesso in conflitto con i valori che il partito pubblicamente promuove e difende».

Diliberto: voglio vedere come voterà
«Non si può autoproclamarsi primi della classe - ammonisce Giovanardi - e non essere poi in grado di dimostrarlo, esponendosi oltre tutto alle facili ironie di alleati e avversari. Ironie che puntualmente sono arrivate a iosa. Tra le altre quella di un icastico Diliberto: «È il trionfo della doppia morale, dell’ipocrisia e dei bacchettoni. Non se ne può più». «Ora voglio proprio vedere come voterà uno beccato a un festino hard, il giorno che voteremo in Parlamento sulla sacralità della famiglia».

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diflot
view post Posted on 1/8/2007, 11:49




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CITAZIONE
Ritiro delle dimissioni presentate dal senatore Gustavo Selva (ore 16,49)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la votazione sulle dimissioni presentate dal senatore Gustavo Selva con lettera in data 11 giugno 2007.

Il senatore Selva ha chiesto di intervenire. Ne ha facoltà. SELVA (AN). Signor Presidente, onorevoli senatori, ringrazio anzitutto il presidente Altero Matteoli e l’onorevole Francesco Giro di Forza Italia, gli unici che si sono espressi pubblicamente sul mio caso dopo avere capito il significato politico delle mie dimissioni. In queste settimane, alcuni amici hanno giudicato che con le mie dimissioni io prendevo troppo sul serio l’"affare autoambulanza" (è vero che, nella storia di questa città, un’altra autoambulanza ha fatto - appunto - storia, 64 anni fa, in questo stesso mese; mi auguro almeno di non fare la fine dell’ospite di allora) o mi credevo io stesso troppo importante come bersaglio politico e massmediatico. Sarebbe così, onorevoli colleghi, se a scatenare la bufera non fossero stati tre aggettivi squalificanti con cui il ministro della salute, Livia Turco, senatrice, ha politicamente marchiato a fuoco il mio comportamento; i tre aggettivi squalificanti sono: "vergognoso", "irresponsabile", "indegno". Lasciamo stare i primi due, se vogliamo essere generosi; ma "indegno" vuol dire indegno di restare qui in mezzo a voi.

Prese in assoluta solitudine, le mie dimissioni messe nelle sue mani, onorevole Presidente, erano la risposta che ho sentito il dovere di dare. Nella professione di giornalista, e nella vita politica (mi scuso se la prendo in po’ alla lontana, permettendomi di chiedere la vostra attenzione), al Parlamento europeo, alla Camera dei deputati (dove ho assunto importanti ruoli istituzionali) e ora qui, al Senato della Repubblica, io ho fatto esclusivamente esercizio di parole scritte o radioteletrasmesse, cioè di idee; per cui davvero, con Carlo Levi, penso che anche stavolta le parole di una senatrice siano state pietre, che dovevano avere il loro seguito in quest’Aula, cosa che mi ci accingo a fare da parte mia.

Anzitutto, i tre aggettivi hanno orientato i titoli e i commenti apparsi su tutti i quotidiani italiani e, nei giorni successivi, anche su gran parte della stampa e delle emittenti televisive internazionali. «Le Monde», con la penna di Robert Solé, ex corrispondente da Roma, ha scritto: «Perdere il posto per così poco è desolante. Se si pensa a tutte le ruberie, grandi o piccole, che permettono di accedere alle poltrone e di mantenerle, io mi rifiuto di gridare con il coro "commediante"». E, ironicamente, conclude con il detto italiano: «Non si spara sulla Croce rossa».

C’era una soluzione immediata, onorevoli senatori, che avrebbe portato al ritiro altrettanto immediato delle dimissioni: era nelle mani del Ministro della salute per l’improvvida dichiarazione contro di me; l’avesse annullata quella dichiarazione, anche magari senza scusarsi, io avrei ritirato le dimissioni.

Penso che la senatrice Turco non l’abbia fatto perché il Ministro della salute credeva forse di riequilibrare, con la sua accusa di indegnità, la bufera massmediatica che in quei giorni coinvolgeva - e per motivi ben diversi - i nomi di Fassino, D’Alema, Visco, i quali, giustamente, non hanno pensato neppure per un attimo a dimettersi, perché si trattava di materia su cui dovevano parlare per primi i giudici. Ma per loro nessuno, della destra o della sinistra, ha pronunciato la sentenza di indegnità di restare in Parlamento, come la senatrice Livia Turco ha fatto invece per me.

Vediamo allora, se consentite, i fatti veri.

Ho cercato per mezz’ora, con l’aiuto di un gentile funzionario di Polizia, di fare arrivare un taxi almeno a ponte Cavour (lo sottolineo, almeno a ponte Cavour). La stessa cosa ha fatto una segretaria de "La7". Invano. Il blocco era ferreo. Era tanto ferreo che anche un collega mi ha detto di non essere potuto entrare nella sua abitazione e questo sarà pronto a testimoniare.

Le concitate telefonate mi hanno provocato fibrillazioni cardiache (non voglio la vostra indulgenza, ma sono portatore di quattro bypass), per cui sono stato accomodato e soccorso nell’ambulanza di servizio di Palazzo Chigi o di Palazzo Montecitorio. Sono stato poi trasportato all’ospedale San Giacomo.

Mi sono ristabilito, forse anche in virtù del primo soccorso che mi sono dato io, che porto sempre il "Carvasin" con me, al punto che la Presidenza del Consiglio - tenete presente, per favore, questo passaggio - mi proponeva una seconda macchina: è stata invece decisa, con il responsabile dell’autoambulanza, la soluzione di non mettere in moto un meccanismo ancora più complicato e di portarmi, con il mezzo in cui mi trovavo, in via Novaro. E qui, onorevoli senatori, si inserisce il fatto falso e disonorante per me, se fosse avvenuto, citato come principale motivo della mia indegnità dal ministro Turco: «Il bilancio poteva essere tragico nel caso in cui - e poteva accadere - un’altra persona avesse avuto realmente bisogno», parole della signora Turco (ANSA, 10 giugno 2007, ore 18,58).

Questo "caso" non poteva, senatrice Turco, assolutamente accadere, perché quell’ambulanza era a disposizione esclusivamente di quanti, me compreso, che stavo assistendo alla conferenza stampa di Bush e Prodi, si trovavano nel cortile di Palazzo Chigi. Io c’ero, con regolare permesso. Le dichiarazioni del ministro Turco non sono state innocenti per me. Vi cito, fra le altre dello stesso tono, due e-mail ricevute lunedì 11: «Maledetto ladro, cane, l’ambulanza lasciala a chi veramente sta male». Un’altra: «Si vergogni schifoso maledetto!!!! Di cuore. Sei un imbecille, un arrogante, un ladrone della cosa pubblica per cui se vuoi salvare la Patria e il Senato (che purtroppo contiene altri a te pari) rinuncia alla tua carica e sparati un colpo in testa». Fin lì non ero disponibile in ogni caso ad arrivare.

Le TV, le radio e i quotidiani, amplificando le dichiarazioni del ministro Turco, mi hanno "impiccato", per due giorni seguenti al fatto, quale "mostro di arroganza" del potere, con l’ingrediente, come ha scritto il quotidiano spagnolo «El Mundo» (che ho qui con me), di un "senatore della destra denunciato come indegno da un Ministro donna".

Ne parlavano con toni critici quotidiani tedeschi e forse chissà di quali altri Paesi, con cui io ho avuto - ecco la mia sensibilità, se consentite - contatti ai più alti livelli politici e parlamentari, come Presidente della Commissione affari esteri della Camera dei deputati nella precedente legislatura, e con i quali continuo ad avere rapporti, quale componente della Commissione difesa, della Commissione politiche dell’Unione Europea e della delegazione parlamentare italiana presso l’Assemblea parlamentare della NATO.

Onorevoli senatori, le parole del ministro Livia Turco mi hanno addolorato, offeso, ma non meravigliato. Vedo che il lessico vetero-comunista, quando si tratta di usare la menzogna contro un avversario politico, è duro a morire anche in una senatrice post-comunista.

Per conoscerci meglio con voi senatori della Repubblica, stiamo - se permettete per un momento - nel personale che, politicamente parlando - onorevole Presidente - è la mia storia giornalistica, culturale e civile: la storia della forte, reciproca battaglia democratica tra le mie idee di commentatore ed analista politico dei giornali e della radiotelevisione italiana e le idee comuniste, tradotte negli atti politici dei loro esponenti, da Togliatti a Longo, da Natta a Berlinguer, da decine di uomini di cultura, di giornalisti, di artisti e centinaia di migliaia di iscritti al Partito comunista italiano.

Ero caporedattore per il Triveneto, negli anni ’50, del quotidiano cattolico "L’Avvenire d’Italia" e ruppi, con un’inchiesta, il velo di omertà politica e giornalistica - mi dispiace di dover parlare con questo brusìo in Aula, ma so che al Senato avviene così; quindi mi arrendo - sull’orrenda strage di Oderzo e Susegana, in Provincia di Treviso, dove furono prelevati dal collegio Brandolin 127 allievi ufficiali della Repubblica sociale italiana, di cui 80 massacrati dai partigiani comunisti, dopo che era stata firmata la resa il 28 aprile 1945, con la mediazione del parroco, monsignor Visentin.

Quei giovani non avevano sparato un solo colpo né fatto alcuna operazione di guerra o di polizia; quei giovani richiamavano quello che io scrivevo ne "L’avvenire d’Italia", cioè quello che si chiama "gli orrori della guerra civile", di cui ci si ricorda oggi di più perché Giampaolo Pansa ha scritto i libri che tutti conosciamo, ma io lo scrivevo già nel 1952.

Sempre sulla base delle menzogne o dell’alterazione dei fatti, fui il bersaglio di esponenti del Partito comunista italiano, de "l’Unità", di "Paese Sera", allora finanziato da Mosca, quando negli anni ’60, corrispondente itinerante della RAI da Vienna per i Paesi del Centro e Sud Europa, appartenenti al blocco sovietico, ho documentato che i Partiti comunisti di quei Paesi controllavano con la polizia segreta ogni attività, ogni pensiero.

Oggi questa è quasi un’osservazione banale di tutti i cittadini o quando ha trattato, ad esempio, nel mio lungo documentario televisivo, la donna che lavora nell’Est, dell’impiego delle donne nelle fabbriche, nelle campagne, nella polizia notturna delle strade a 30 gradi sotto zero. L’Unità ha scritto, sulla base della dichiarazione dell’onorevole Pajetta, che offendevo le conquiste del socialismo e della parità tra uomo e donna.

Durante la prima Grosse Koalition in Germania, dopo il ’68, analizzavo l’APO - Ausserparlamentarische Opposition - extraparlamentare di Francoforte e di Berlino Ovest - so che sapete a memoria tutto questo; le richiamo me stesso, come dicono gli avvocati; quindi non avete bisogno di ascoltarmi con attenzione. Le conoscete tutte così bene tanto perché le avete spiegate così bene quando a quei tempi queste avvenivano! - come centri operativi delle violente manifestazioni contro Willy Brandt ed ancora più contro Franz Joseph Strauss, presentato come neonazista. L’APO fu da me indicata ai teleradioascoltatori italiani, nelle mie corrispondenze per la radio e la televisione, come il brodo di coltura da cui sarebbe nato la Rote Armee Fraktion e per tutto questo "l’Unità" mi dipingeva come un fautore della guerra fredda e un sostenitore dell’imperialismo americano.

La storia del Gr2 - ho piacere che sia qui presente come mio collega il senatore Sergio Zavoli, che ne potrà dare testimonianza - è troppo nota per essere però ricordata soltanto come "Radio Belva", soprannome che del resto ho assunto in positivo, come attestato con questi libri (se qualcuno per verificare quanto dirò vorrà poi andare a controllarli cercherò di fargliene anche omaggio se necessario).

In quei commenti e soprattutto nei miei editoriali mi sembra di aver indicato le vie attraverso le quali gli stessi comunisti del Partito comunista italiano avrebbero dovuto e potuto, prima della Bolognina dell’onorevole Occhetto, rinunciare ai miti del comunismo, condannandone almeno fra gli iscritti i gulag, per fare propria la condanna dell’onorevole Fassino di non più di 15 giorni fa. Vi ho allora anche cercato di indicare in anticipo cosa facevano i partiti che volevano abbandonare i miti del comunismo applicato o di quello che voi chiamavate il socialismo reale, cioè, impegnarvi, come poi il Partito comunista ha fatto, alla costruzione dell’Unione Europea, più giusta e solidale, della collaborazione euroatlantica per la garanzia di pace e di libertà.

Ma ecco i due fatti più gravi che mi sono accaduti in RAI (richiamo l’attenzione del collega Sergio Zavoli sul punto), ad opera del e determinati dal Partito comunista italiano. L’invenzione menzognera del mio nome nell’elenco della P2 (documentata oltre che da tre commissioni anche dalla mia vittoria in un processo per diffamazione contro Dario Fo, e che è stata presentata in un comunicato quando io sono stato estrapolato dalla direzione del Gr2 con l’espressione "comunque coinvolto", che non so quale valore giuridico possa avere) e l’accordo consociativo fra i consiglieri di amministrazione comunista e della sinistra democristiana della RAI, che determinarono la mia defenestrazione dalla direzione del Gr2.

Essa era fondata, ripeto, sull’apodittica definizione "comunque coinvolto", che, ripeto, non so francamente ﷓ non sono avvocato ﷓ che cosa voglia dire. La mia risposta fu molto chiara e anche in questo Sergio Zavoli, che allora presiedeva la RAI, me ne è testimone. Io risposi al microfono per spiegare ai miei ascoltatori, che erano andati sempre più aumentando, quali erano le ragioni per cui mi avevano defenestrato.

La ragione vera è quella, onorevoli colleghi, di essere stato, specialmente nei miei editoriali, l’autore di una linea politica che in RAI non c’era e che scoprì prima di Rossana Rossanda che nell’album di famiglia del PCI e nelle manifestazioni katanghesi di Milano contro il commissario Calabresi c’erano intellettuali del PCI e quadri operativi della sinistra, che oggi si chiamerebbero forse antagonisti, alcuni dei quali, negli anni Settanta fecero la scelta del Partito comunista combattente, delle Brigate Rosse o di Prima Linea, con la catena di assassini di servitori dello Stato, dai Carabinieri ai poliziotti, da magistrati a giornalisti (come Walter Tobagi e Carlo Casalegno, vice direttore de "La Stampa", spesso intervistato da me negli speciali del Gr2), a dirigenti politici, in prevalenza democristiani, fino all’attacco al cuore dello Stato portato dalle Brigate Rosse con l’assassinio di Aldo Moro. Anche a questo riguardo c’è un libro, piuttosto corposo, dal titolo "Aldo Moro: quei terribili 55 giorni". Se volete, potete qui verificare cosa fece in quei giorni il Gr2.

Onorevoli senatori, colgo in positivo, in una vicenda che mi amareggia, il campanello di allarme che suona per tutti noi come per me, mai toccato da fatti giudiziari che riguardassero corruzione, concussione, furto, tangenti, malversazioni, aggiotaggio, bancarotta, associazione mafiosa, spaccio e consumo di cocaina. Mai nessuna di queste responsabilità penali mi ha toccato.

Non commettiamo l’errore, onorevoli senatori, di liberarci dalle critiche, anche se pregiudiziali, che ci coinvolgono, dando loro la definizione assolutoria di anti politica. Il rispetto del valore insostituibile della democrazia liberale al servizio del cittadino sarà riconosciuto se anche gli uomini e le donne della politica, cioè noi, qui ed ora nelle istituzioni italiane affrontiamo realmente anche i costi e i privilegi che la politica si è assegnata. Dobbiamo fare delle istituzioni, onorevoli senatori, e specialmente di quelle elettive, una casa di vetro, non opaco però, nella quale operi non una casta, bensì donne e uomini, e in maggioranza sono questi, dediti alla promozione e alla difesa dei valori etici, civili, religiosi, umani di ogni cittadino.

L’uscita dal Senato, onorevoli senatori, sarebbe per me la bella morte politica di un eroe per un giorno dopo l’ondata dei messaggi insultanti del tipo di quello letto all’inizio. Cessata l’esposizione mediatica del mio nome, su cui tutta la stampa ha fatto silenzio, anche quando io ripetutamente chiedevo, per dire queste cose, che venisse messo all’ordine del giorno quanto è oggi all’ ordine del giorno del Senato, da parte di ogni città di Italia, soprattutto dal Veneto, mio collegio elettorale, sono arrivati tantissimi messaggi che mi invitano a restare.

Nel Veneto, io ho conquistato per Alleanza Nazionale un seggio che non c’era. Sono, quindi, un numero in più per la Casa delle libertà che ha ritrovato, anche per le mie idee e per il mio impegno politico culturale, nel primo caso come giornalista e nel secondo come parlamentare, uno che avvicina il numero dei senatori dei Gruppi dell’opposizione della Casa delle Libertà a quella quota della maggioranza dell’Assemblea della maggioranza di Palazzo Madama.

Prima o poi, Romano Prodi cadrà, per opera dell’opposizione o, forse, a causa dei durissimi programmatici esistenti fra i ministri. Nel partito democratico stesso, fra i vari candidati, sarà una bella battaglia per fare di Veltroni un candidato imbattibile visto che già due altri concorrenti, Rosy Bindi e Furio Colombo, al quale formulo i migliori auguri, sono scesi in campo per mettere in rilievo, credo, anche le contraddizioni del programma torinese. L’unica cosa certa del partito democratico, e lo dico a me stesso, è la scomparsa di ogni identità cattolica.

Onorevoli senatori, il pensiero che un voto in meno del centro﷓destra possa concedere un giorno in più al Governo Prodi travolge ogni altra ragione che mi spingerebbe alle dimissioni. Mi spiace per il ministro Livia Turco, ma più delle sue accuse mi interessa il giudizio sereno di tanti cittadini che in questo lungo mese mi hanno inviato e-mail, che mi hanno telefonato e che ho incontrato, specialmente nel Veneto così come nelle strade. E sono tutti messaggi che mi invitano a restare.

Assumo su di me la responsabilità politica di ritirare le dimissioni presentate con lettera dell’11 giugno. (Commenti dai banchi della maggioranza). Lo faccio per rispetto vostro, perché l’altro giorno ho ricevuto una notizia di agenzia...

PRESIDENTE. Senatore Selva, la invito a concludere. Siamo a 25 minuti.

SELVA (AN). Mi lasci concludere, Presidente, l’altro giorno si è discusso per quattro ore, non siamo troppo formalisti. (Proteste dai banchi della maggioranza).

VOCI DAI BANCHI DELLA MAGGIORANZA. Buffone!

SELVA (AN). Ho ricevuto, dicevo, una notizia di agenzia che dice: «Il neoprocuratore aggiunto Pierfilippo Laviani ha concluso l’inchiesta che vede indagato per accuse di truffa e interruzione di pubblico servizio il senatore di AN Gustavo Selva». Io credo che sia mio dovere fare questo, anche per rispetto nei vostri confronti, perché se un’assoluzione dovesse venire da voi potrebbe sembrare la casta che si autodifende. Non voglio darvi questa responsabilità. Pertanto, io credo che resterò qui perché l’Italia ha bisogno ancora di qualcosa (Ilarità dai banchi della maggioranza), per esempio di un Governo che governi, lasciatemelo dire, poi non parlerò più, se volete, con un bipolarismo che non sia né solo «follinianamente» mite, né formato da pure coalizioni per vincere le elezioni.

PRESIDENTE. Senatore Selva, deve concludere. Si è avvicinato alla mezz’ora. Le do ancora 30 secondi e poi le tolgo la parola.

SELVA (AN). Mi tolga pure la parola, signor Presidente, così rende un bel servizio alla democrazia! (Vivaci e prolungate proteste dai banchi della maggioranza). L’alternanza garantita da programmi politici omogenei è il sale della democrazia, prima che le caste di partito sarà bene che nel referendum ascoltiamo che cosa pensano i cittadini della legge elettorale. In Europa, in Francia si è costruito un bipolarismo che funziona. Forse anche per noi è necessario che ci siano, insieme con la nuova legge, delle riforme istituzionali che rendano la nostra Repubblica anche governabile e modernizzata.

VOCI DAI BANCHI DELLA MAGGIORANZA. Basta! Presidente, deve togliergli la parola.

PRESIDENTE. Senatore Selva, non voglio toglierle la parola; quindi, non mi costringa a farlo.

SELVA (AN). Io mi batterò qui per i valori della sicurezza interna e internazionale dei popoli che aspirano alla libertà, alla giustizia, alla pace, per la difesa di quei valori etici di ogni persona e della famiglia, come definita dall’articolo 29 della nostra Costituzione, che io proporrò di perfezionare aggiungendo dopo la parola «matrimonio», le parole «di una donna con un uomo» che gli danno il carattere di una società naturale. (Applausi dei Gruppi AN, FI e UDC). PRESIDENTE. Essendo nelle sue possibilità, il senatore Selva ha ritirato le dimissioni. (Proteste dai banchi della maggioranza). Colleghi, è nella disponibilità dell’eletto la possibilità di ritirare, fino al momento del voto, le proprie dimissioni che piaccia o non piaccia, la Costituzione dice così.

 
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porcoilclero
view post Posted on 1/8/2007, 11:54




Compagno Diflot, capisco e compartecipo della tua amarezza (per cui proposi a suo tempo una salva di vaffanculo depenalizzati per il buon selva), ma c'è già UN TOPIC TUTTO PER QUESTO RAMPANTE GIOVINE DELLA POLITICA NOSTRANA...

...io qui volevo solo divertirmi con un po' di dichiarazioni da faccia-come-il-culo da parte dei paladini della famiglia basata sull'amore Forte e sui solidi principi cristiani di santaromanachiesa... :P

"Non sapevo fosse una prostituta...."

"...pensavo fosse una giovine in vena di avventure..."

"...Le ho fatto un regalo in denaro..."


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diflot
view post Posted on 1/8/2007, 12:05




ah, pensavo fosse un vernissage di "hanno la faccia come il culo" :cri:

 
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ED!
view post Posted on 1/8/2007, 19:30




CITAZIONE (porcoilclero @ 1/8/2007, 12:54)
Compagno Diflot, capisco e compartecipo della tua amarezza (per cui proposi a suo tempo una salva di vaffanculo depenalizzati per il buon selva), ma c'è già UN TOPIC TUTTO PER QUESTO RAMPANTE GIOVINE DELLA POLITICA NOSTRANA...

...io qui volevo solo divertirmi con un po' di dichiarazioni da faccia-come-il-culo da parte dei paladini della famiglia basata sull'amore Forte e sui solidi principi cristiani di santaromanachiesa... :P

"Non sapevo fosse una prostituta...."

"...pensavo fosse una giovine in vena di avventure..."

"...Le ho fatto un regalo in denaro..."


:rotfl: :rotfl: :rotfl: :rotfl: :rotfl: :rotfl: :rotfl: :rotfl: :rotfl: :rotfl: :rotfl: :rotfl:

:rotfl: :rotfl: :rotfl: :rotfl: oddiodiodiodio.... :arid:
 
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Maharid
view post Posted on 2/8/2007, 06:31




Da un post di Grillo sembrerebbe che il soggetto in questione avesse deciso di rassegnare le dimissioni, qualcuno puo' cnfermarmi la cosa? :unsure:
 
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porcoilclero
view post Posted on 2/8/2007, 07:54




CITAZIONE (Maharid @ 2/8/2007, 07:31)
Da un post di Grillo sembrerebbe che il soggetto in questione avesse deciso di rassegnare le dimissioni, qualcuno puo' cnfermarmi la cosa? :unsure:

Ha effettivamente rassegnato le dimissioni...










...da membro dell'UDC!!! :rolleyes:

Mica molla la poltrona di parlamentare...

NOTIZIE ALICE

CITAZIONE
Roma, 30 lug. (Apcom) -"Io non mi sento di avere tradito nessuno,se non la mia famiglia. A loro non so davvero come spiegarlo. Ho deciso comunque di dare le dimissioni dall'Udc: sulla mia carriera politica deciderà l'Udc. Ma non vedo perchè dovrei dimettermida deputato: anche io sono un uomo con le mie virtù e debolezze"

:pci:
 
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porcoilclero
view post Posted on 15/11/2007, 17:16




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Sulla falsariga dell'interpretazione data al topic da parte del buon diflot (e anche perchè non mi andava di cercare un titolo originale per un ipotetico nuovo topic :P), una perla captata oggi pomeriggio, in macchina, mentre ero sintonizzato su radio radicale con la diretta dal senato:


Marini, Presidente del Senato: "E' iscritto a parlare il Senatore Biondi, per dichiarazione di voto, e raccomando di rimanere rigidamente entro i due minuti prescritti"
Senatore Biondi: "Signor Presidente, alla mia età, essere rigidi è ormai più un'ambizione che altro..."

Marini non ha capito, e l'ha ripreso dicendogli che sapeva di poter contare sulla sua capacità di sintesi... :D :D :D :D

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porcoilclero
view post Posted on 29/11/2007, 23:41




CITAZIONE (porcoilclero @ 2/8/2007, 07:54)
CITAZIONE (Maharid @ 2/8/2007, 07:31)
Da un post di Grillo sembrerebbe che il soggetto in questione avesse deciso di rassegnare le dimissioni, qualcuno puo' cnfermarmi la cosa? :unsure:

Ha effettivamente rassegnato le dimissioni...










...da membro dell'UDC!!! :rolleyes:

Mica molla la poltrona di parlamentare...

NOTIZIE ALICE

CITAZIONE
Roma, 30 lug. (Apcom) -"Io non mi sento di avere tradito nessuno,se non la mia famiglia. A loro non so davvero come spiegarlo. Ho deciso comunque di dare le dimissioni dall'Udc: sulla mia carriera politica deciderà l'Udc. Ma non vedo perchè dovrei dimettermida deputato: anche io sono un uomo con le mie virtù e debolezze"

:pci:

Tutto confermato...


http://notizie.alice.it/cronaca/sesso_e_po...?pmk=hpppstr1_8
CITAZIONE
Più pesante è la vicenda di Cosimo Mele, parlamentare Udc, protagonista nel luglio scorso di un festino a base di sesso e cocaina in un albergo romano. Il "fattaccio" fu scoperto perché la donna che era con lui, una prostituta, si era sentita male ed era stata ricoverata in ospedale. Dimissioni solo dal partito e non dal parlamento, "per evitare speculazioni politiche", ha dichiarato Mele, con un rispetto per le istituzioni che lascia perplessi. Degne di nota anche le sue precedenti posizioni sull'identità cristiana e la famiglia e sul test antidroga ai parlamentari. (A.D.M.)

:ph34r:
 
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porcoilclero
view post Posted on 6/3/2008, 18:03




CITAZIONE (M.B.,Giovedì @ 06-Mar-2008, 05:54)
Qui si continua a snobbare colpevolmente la vera notizia politica della settimana. La quale notizia politica della settimana è: ricordate Tommaso Barbato, il senatore dell’Udeur che durante il voto di fiducia a Prodi aveva fatto tutto quel casino, aveva aggredito e sputazzato il collega Nuccio Cusumano, sempre dell’Udeur, perchè stava mollando Mastella? Quello lì. Ha mollato Mastella.

:D :D

image

CORRIERE DEL MEZZOGIORNO

CITAZIONE
L'Intervista
Lascia Barbato, l'uomo dello sputo in Senato

«L'Udeur non è più casa mia, è sciolto» L'ex capo dei senatori del Campanile: «Lascio Clemente Mastella solo perché il partito non c'è più. Ma continuo a volergli bene»
STRUMENTIVERSIONE STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO

Tommaso Barbato

NAPOLI - Tommaso Barbato, il pretoriano di Clemente Mastella che non esitò a scagliarsi contro il collega senatore Nuccio Cusumano, accusandolo di aver tradito l'ex Guardasigilli e il partito in occasione del voto di sfiducia al governo Prodi, lascia il Campanile mastelliano, che ormai pende pericolosamente più della torre di Pisa. È lo stesso Barbato a dare notizia della «dolorosa decisione» maturata per l'assenza «di un progetto politico valido per affrontare con chiarezza e coerenza l'imminenete tornata elettorale e i futuri scenari politici».

È vero che sta trattando con il Movimento per le autonomie di Raffaele Lombardo?
«Piano. Io ho una dignità: non sto trattando, sto ragionando. Se è possibile continuare a svolgere un ruolo di rappresentanza con onesta, come credo di aver fatto finora, bene. Altrimenti continuerò a fare politica diversamente, ma sempre vicino alla mia gente».

Quando ha detto: basta, mollo Clemente?
«La decisione parte da lontano. Già alcuni mesi fa avevo avviato una riflessione che coinvolgeva il novanta per cento dei consiglieri comunali e degli amministratori della provicia di Napoli. C'era un malcontento diffuso».

Per che cosa?
«Per la gestione regionale. Il partito non funzionava come auspicavamo».

Lo ha detto a Mastella?
«Certo che l'ho detto. Poi alla vigilia degli arresti avavevo maturato la convinzione di autosospendermi dal partito insieme con gli amici che le ho citato».

E perchè siete rimasti?
«Appunto perchè non volevamo che un problema politico fosse confuso con le vicende giudiziarie. Non sarebbe stato corretto, elegante».

Se per questo non è stato elegante nemmeno il suo gesto contro Cusumano.
«Per favore non voglio più parlarne. Ho chiesto scusa a tutti gli Italiani. Non voglio parlarne più».

Passata (si fa per dire) la tempesta ha deciso di rendere pubblica la decisione. Qual è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso?
«Venerdì scorso ho appreso dalle agenzie dell'accordo tra Mastella e la Dc di Giuseppe Pizza. Clemente sarebbe stato candidato in Campania. A noi parlamentari disse che era riuscito a conquistare quella posizione e che noi avevamo le mani libere».

Un modo per dire: io sto a posto, si salvi chi può.
«Questo lo dice lei, io non voglio fare polemiche. Comunque il senso di quelle parole è stato chiaro. Figuratevi quando poi, saltato l'accordo, ci ha richiamati dicendoci che avremmo dovuto fare le liste per correre da soli».

Mastella è finito?
«Non le rispondo. Le ricordo solo che io sono stato con lui per quindici anni. Ho abbandonato la Dc solo quando il partito si è disisntengrato. Sono stato tra i fondatori del Ccd ed ho seguito Clemente nell'Udr e poi nell'Udeur. Lo lascio solo ora che l'Udeur non esiste più».

Sembra deluso e amareggiato, quale errore rimprovera a Mastella nella gestione di quest'ultima vicenda politica?
«Non a lui, ma a me stesso rivolgo un rimprovero. Durante le ore drammatiche che abbiamo vissuto di recente non ho avuto il cuore di abbandonare un amico. Avrei dovuto far prevalere le ragioni della mente, le uniche che si devono seguire quando si fa politica. Ho seguito, invece, il cuore. Io sono una persona semplice, onesta. Venerdì mi sono sentito abbandonato».

Mastella insomma l'ha proprio delusa?
«Sì, ma non posso dire di non volergli più bene».

Forse qualche ragione Cusumano l'aveva?
«No, non ritiri fuori quella storia che considero definitivamente chiusa dopo le scuse che ho presentato a Napolitano e a tutti i cittadini italiani ».

Gimmo Cuomo
04 marzo 2008

 
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