min haru
Haru è sempre stata una grandissima fan delle fiamme.
Time out, ok? Cioè, non c’è
necessariamente bisogno di allarmarsi, ecco. È una passione come tante altre. E – sia ben chiaro – TUTTI gli incendi in cui Haru è stata (più o meno marginalmente) coinvolta fino ad ora sono stati colposi, comunque. O perlomeno nessuno è mai stato in grado di dimostrare il contrario dinanzi ad una Corte d’assise. Se la gran parte delle persone interpreta il suo interesse
focoso come limitato
temporalmente ai pranzi di gala che si dilungano troppo ed
effettivamente al suo pericoloso giocherellare con le fiammelle di candelabri di ogni genere, da barocchi a Rococò alle menorah, la colpa non è certo imputabile alla giovane Tassorosso.
Fatto sta che uno dei molteplici punti a favore delle fiamme
vere di cui sopra è il fatto che, a differenza di quelle metaforiche che sembrano bruciarle sulle guance ora, non sono mai abbinate a sensazioni socialmente spiacevoli o personalmente mortificanti.
Dopotutto, non c’è
awkwardness che tenga di fronte ad un muro di lingue di fuoco di tutto rispetto quando sei fatto di materia altamente infiammabile anyway. Volente o nolente, le fiamme ti riordinano le priorità. Sono molto efficienti per chi è tendenzialmente
scatterbrained come Min Haru.
Min Haru che, furtiva, ruba periodicamente occhiate di sottecchi all’avvenente spilungone aromatizzato al cocco che le si è parato di fronte, notandone e annotandone mentalmente sempre più dettagli. Anche quando non lo sta guardando direttamente, le sembra di percepire il suo sguardo cristallino concentrato su di lei. Per qualche ragione, è acutamente consapevole della vicinanza fisica del ragazzo-giraffa. Cerca inutilmente di addurre quella strana versione di
hypervigilance(?) al fatto che la fragranza del muro tropicale sia particolarmente intensa e
buona, ma la scusa suona piuttosto debole anche a lei. La spiegazione fa acqua da tutte le parti, e le guance di Haru stanno ancora andando a fuoco. Quando
Lex si presenta e si profonde in un inchino galante a tutti gli effetti, la Tassina si ritrova a fissarlo quasi a bocca spalancata per qualche secondo di troppo. Haru non sa molte cose e in questo particolare momento se ne ricorda
ancora di meno, ma è certa che Lex sembri essere uscito da un qualche libro di fiabe. Quando la guarda negli occhi nel rialzarsi, Haru sbatte le palpebre due-tre-quattro volte –e poi ancora, fino a perdere il conto– nello sfarfallio confuso di chi sta cercando di raccapezzarsi in una situazione che ha smesso di avere senso. O che forse non ne ha mai avuto sin da principio. E sì che Haru è sempre andata molto fiera del fatto di essere a proprio agio nel
nonsense, eh. Gli lancia un mezzo sorriso di scuse.
Il senso di colpa che prova nel notare come Lex si massaggi il punto in cui l’ha colpito le impedisce di fargli presente che in realtà lei non beve caffè. Pena lo svenimento istantaneo.
Vabbè, dai, magari stavolta, a differenza di TUTTE le precedenti, un sorso scarso non la farà svenire, no?Quando Haru fa per accettare il micino che Lex le sta porgendo, il cucciolo si raggomitola ancora più vicino al petto del ragazzo. In altre circostanze, la strega probabilmente si sentirebbe offesa, ma in questa particolare istanza deve ammettere che il giaciglio che il gattino si è scelto pare bello
cozy. Divertita, scuote la testa e si avvicina in automatico al ragazzo per accarezzare il felino che ancora tiene in mano.
«Sì, vengo a trovarlo almeno una volta a settimana per litigarci di cattiveria», Haru sorride intenerita.
«Ultimamente il vegliardo continua a sostenere che i gatti non possano piacermi più delle persone», lancia un’occhiata indignata a Mr. Chu.
«E io gli ripeto da mesi che il suo è un discorso terribile e da specisti, oltre che fattualmente scorretto». L’espressione accigliata di Haru si fa prima fintamente incredula e poi si addolcisce quando quello svitato di Mr. Chu le sorride ammiccante col suo usuale numero imprecisato di felini fra le braccia. Sparlare di Mr. Chu in faccia a Mr. Chu è uno dei passatempi preferiti di Haru
e di Mr. Chu.
«E prima o poi lo convincerò a farsi almeno l’antitetanica», bofonchia a mezza voce la Tassorosso con aria da cospiratrice verso Lex. Le proteste di Mr. Chu si levano istantaneamente dall’altra parte della stanza. Haru le sovrasta con un accorato
«E INVECE NO, MR. CHU! E SÌ, DIRE CHE UN VACCINO NON VA FATTO SULLA BASE DEL PRINCIPIO DEL NOMEN OMEN NEL VENTUNESIMO SECOLO È IMBARAZZANTE E INACCETTABILE». In sottofondo, sente il vecchio ribadire per la miliardesima volta
«Allora perché si chiama ‘Vacci! No’, scusa eh». Haru scuote il capo, scioccata. Poi, il volto le si illumina tutto.
«Qual è stata la litigata più avvincente che vi siate mai fatti tu e Mr. Chu?», chiede a Lex a voce abbastanza alta perché anche Mr. Chu possa sentirla, uno scintillio dispettoso che già danza nello sguardo. Perché beh,
uno, è impossibile averci a che fare senza finirci a dibattere nonstop; e,
due, Haru è sempre alla ricerca di nuove pallottole dialettiche da mitragliare contro il vecchio amico. Esasperarlo gratuitamente
almeno la metà di quanto la esaspera lui con le sue considerazioni farmaceutiche è la sua missione di vita. E poi, dai, vederlo sbuffare e alzare gli occhi da santone al cielo è sempre uno spasso.
disrespect the cats and i'll eat your spine