respectless , Quest di BG | Niahndra Alistine

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view post Posted on 3/4/2024, 21:55
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Sometimes I can feel my bones straining under the weight of all the lives I'm not living.

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I am a shell, a used up bullet casing
Faceva freddo ora che l'incendio si era estinto. Il leggero odore di carbonizzato era l'unico indizio rimasto del disastro che aveva imperversato, almeno all'apparenza. Nel profondo, Niahndra sapeva di aver ferito tanto quanto si era sentita ferita lei e, sebbene non conoscesse l'entità dei tagli, sospettava che ne avrebbero sentito entrambi i postumi per molto tempo ancora. C'era quiete, adesso, quella tipica che seguiva una calamità naturale —quando ti rendi conto che sei sopravvissuto e devi fare i conti con le conseguenze.
Persisteva la tentazione di attaccare di nuovo in reazione al dolore dipinto sul volto del ragazzo e che lei tradusse come compatimento; ma la tregua ormai era in moto e, per quanto potesse non piacerle sotterrare l'ascia di guerra, non poteva negare di essere troppo sfibrata per un altro round. Specie se l'altro si fosse ostinato ad incassare soltanto, ad assorbire come fosse improvvisamente diventato di gomma.
Fu faticoso mantenere la schiena diritta e le emozioni a bada dietro al cipiglio nel momento in cui si rese conto che Cain stava toccando la croce. Non sapeva se fosse un tic nervoso o un tentativo (inconscio?) di ripercorrere i passi di lei, ma quasi si sentì piegare sotto la nuova ondata di vergogna per l'accesso che le era stato dato poc'anzi, e per quel che lei poi ne aveva fatto. Avrebbe dovuto farsi bastare quello che aveva visto perché sospettava che difficilmente le sarebbe stata concessa di nuovo una cortesia simile. Era puro business adesso, rammentò a sé stessa, solo i pezzi di un maledetto puzzle da mettere insieme.
Avrebbe fatto del suo meglio, se il brontolio minaccioso non l'avesse distratta. Se ne accorse tardi, mentre l'altro già parlava.

«Oh cazzo», soffiò fuori sbarrando gli occhi, con metà del corpo che aveva già oltrepassato la porta del retrobottega grazie ad un riflesso spinale mentre il cervello ancora faceva i salti mortali per elaborare l'informazione per intero.
«Cazzocazzocazzo», continuò a cantilenare finché percorreva in volata i metri che la separavano dalla scena del crimine. C'erano giorni in cui il retro del negozio diventava un dannatissimo labirinto dal momento che Camillo aveva trovato nella trasfigurazione la sua vocazione più sentita, ma in quel caso le sarebbe bastato farsi guidare dal naso. Un olezzo di spezie bruciate aveva già cominciato a impregnare l'aria.
«Cazzo», reiterò con particolare verve quando con la suola della scarpa per poco non scivolò sulla pozza liquida che si era formata a terra. Si resse allo scaffale sulla destra e col piede scansò uno scatolone perché non si infradiciasse.
A parte qualche articolo difettoso che aspettava di essere riparato e alle riserve di magazzino, il resto dello spazio era stato monopolizzato proprio da lei. Sul tavolo era stata imbastita alla meno peggio una postazione da pozionista, ampolle e ampolline giacevano disordinate qui e là così come il tagliere sul quale aveva sminuzzato la radice di eleuterocco più di 6 ore prima. Da qualche parte doveva esserci ancora una fiala di sangue di salamandra. Il fuoco andava ancora, il calderone in peltro era finito a terra rovesciando tutto il frutto del suo duro lavoro. Ah, e si era anche rotto. Certo, perché no.
Durante il processo di valutazione danni, Niahndra era tornata a impugnare la bacchetta, determinata a gestire quella crisi come faceva di solito: imprecando, ma con metodo. La priorità era la fiamma ancora viva per cui fu lì che focalizzò la sua attenzione, sull'improvvisarsi pompiere per un giorno. Un movimento dall'alto verso il basso della bacchetta, seguito da un deciso «Extinguo» quando mise a fuoco...beh, il fuoco. Doveva sparire, l'ultima cosa che le serviva era dover spiegare a Breendbergh perché il suo negozio fosse finito carbonizzato.
A quel punto, Niahndra tirò su col naso certa di star inalando più peperoncino di quanto il medimago consigliasse. Con un sospiro si abbassò accanto alla pozza versata. «Che spreco».
Intinse la punta del legno magico nel lago di quasi-corroborante. Dubitava che ci fosse qualcosa di salvabile per cui, col cuore in frantumi, si preparò ad aspirarlo. «Tergèo». Impresse per bene l'accento sulla seconda vocale, quasi a voler invogliare quel macello a lasciarsi assorbire di buon grado.
Se quei primi interventi avessero avuto successo, allora forse avrebbe anche potuto pensare al calderone spaccato; aveva l'animo in pace, avrebbe tentato un Reparo e a mali estremi si sarebbe presentata da Mondomago di prima mattina l'indomani.
Che gran giornata di merda.
E non era ancora finita.

...poteva rimanere rintanata lì per sempre?
As in, the aftermath of something lethal
PS 354 • PC 259 • PM 263 • EXP 80
■ Natura banshee
■ Vocazione occlumante apprendista
■ Incantesimi iniziali [click]
■ Appresi: I, II, III, IV classe (proibiti esclusi)
■ fattoriam, colossum, repsi genitum, flagrate, salus dono, nebula demitto, expecto patronum, stupeficium, heolo benedici, cave inimicum, deprimo, plutonis
■ Bacchetta magica (appesa ai pantaloni)
■ Amuleto greco (al collo)
Anello Nosferatu (pollice sinistro)
■ Pantaloni chiari
■ Cintura di Skuld
■ Sacchetta medievale che contiene:
■ Portamonete
■ Avversaspecchio

■ Libri scolastici (sul tavolo)
■ Calderone + utensili (in retrobottega)
Dettaglio oggetti
Cintura di Skuld: Capace di mutare nel colore e nell'elasticità, permette di essere usata come una corda per scalare pareti o legare oggetti/persone.

Sacchetta medievale: Comoda sacca in cuoio e pelle conciata, presenta robuste cuciture e due piccole cinghie sul davanti che assicurano la chiusura. Agganciabile alla cinta tramite due passanti posti sul retro. All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile (max 5 oggetti di medie dimensioni).

Avversaspecchio: Uno dei primi prototipi che nacquero a Londra nel periodo in cui Jack Lo Squartatore seminava il terrore. Piccino e compatto, sta in una mano: in ottone laccato o intarsiato, per uomini e donne, lo specchio rifletterà delle ombre che si faranno sempre più distinte man a mano che eventuali pericoli e/o nemici si avvicinano al proprietario dello specchio. Decorazione Floreale. [+3PS]

Clessidra incantata: Riporta la situazione al turno precedente, usabile una sola volta in quest.

Anello Nosferatu: Induce paura in uno o più pg o png. Usabile 1 volta per Quest. Utile per incanti e pozioni oscure. Utilizzato

Pantaloni chiari: proteggono dal fuoco non magico e dal calore. Sono comodi ed elastici. Blu scuro.
 
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view post Posted on 4/4/2024, 10:22
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→ circa 15 anni fa, luogo imprecisato
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«M-mamma?» il bambino poggia, timoroso, la mano sulla porta irta di crepe impolverate. Nell'altra mano stringe una lettera stropicciata e sporca di terra. La porta cigola aprendosi in un piccolo spiraglio.
«Lo sai che non mi piaci quando titubi» la voce della donna s'insinua come una spina sotto il polpastrello. Il bambino ingoia l'ansia d'un colpo solo, aguzza la vista, raddrizza la schiena e si fa avanti, da bravo ometto di casa. «Oh, eccoti qui amore mio» la donna allunga una mano verso il figlio, gli avvolge il fianco e se lo porta vicino. Lo studio è una serra, inglobato da piante rampicanti invasive e con il profumo di mille spezie pestate sul tavolo. La madre è solita rintanarsi qui da quando... «C- ehm. Cos'è questo?» curioso, armato delle migliori intenzioni, il bimbo si lascia andare alla coccola ma poi gli occhioni blu si fissano sul pestato di vaniglia e rosmarino. I capelli corvini della madre lo avvolgono come una tetra cornice, una tenda inamovibile, ma lui le resta vicino, il cuore tremolante come la fiammella sotto il calderone d'argento.
«Cos'hai in mano, Didi?» sempre con un tono carezzevole, la donna fa scivolare una mano in cerca della carta stretta in quella del figlio. Uno strappo veloce, non eccessivamente brutale. «Sono un mago, mamma» fiero, con occhi luccicanti, Didi la guarda. Lei dispiega la lettera, porta il sigillo spezzato della Scuola di Magia e Stregoneria di Ilvermorny.
«Il mio bambino perfetto» dolcemente macabra, la madre gli lascia un bacio trai capelli altrettanto corvini. Il bimbo sospira, sollevato. Ma non tace.
«E se lo sono io, allora anche Ni-» ci pensa lo schiaffo di mamma a zittirlo.


respectless
→ Atelier delle Modernerie di Camillo, orario di chiusura





Ah il buon vecchio calderone infranto al suolo, era proprio quello che ci voleva, mh? Tu che ti ritrovi l'ennesimo disastro trai piedi e - alle tue spalle - tuo fratello che in tutta la sua altezza, osserva la scena impassibile. Non muove un muscolo, consapevole - a ragione - che tu sia capacissima di sistemare il fallimento anche da sola. Almeno all'inizio. Gli è impossibile non fare una radiografia anche al retrobottega. Mastica via un ghigno che gli si dipinge spontaneo in volto nel sentirti imprecare. Lo tira via come se fosse qualcosa di semplicemente rimasto incastrato trai denti.
Ed è tutto, un insieme dall'odore pungente di ingredienti che non dovevano mescolarsi, e boccette che nell'infrangersi si sono mescolate le une con le altre. Due colpetti di tosse da Cain, solo perché i fumi hanno raggiunto anche lui.
Ma il fuoco di spegne al tuo comando, nulla rischia più di andare in fiamme senza controllo, e sì, come un cavaliere sulla carcassa di una vittima da infilzare, richiami il liquido che non è più utile a niente. Borbotta, in effetti, si lamenta inanimato, ma si lascia riassorbire, alla fine.

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Al calderone però non devi pensare molto, perché Cain si muove. Misura il resto dei danni a spanne, più o meno come riesce, poi estende un braccio - mano aperta, palmo verso il caos - e chiude gli occhi. Per un attimo non accade niente, poi i pezzi di peltro e leghe di metallo iniziano a vibrare, con loro anche il vetro delle boccette e gli ingredienti recuperabili. Un turbine elegante li riordina com'erano prima. Certo non può revitalizzare quello che è morto, o che è stato contaminato, non sta riavvolgendo il tempo, ma tutto torna nei propri contenitori.
Non dice nulla a riguardo, non ti guarda, non esprime alcun commento. Da ciò che puoi leggergli in muso, l'ha fatto perché è abituato, non perché tu avessi bisogno di aiuto. Apre gli occhi. Quello non è affar suo, si forza di dirsi. «Quindi... penso avrai qualche domanda, oltre il veleno che, vedrai, non appartiene solo a te. E' di famiglia anche lui»






Edited by MasterHogwarts - 6/4/2024, 14:48
 
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Despite all my rage I am still
Ovviamente era stata seguita nel retrobottega. Niahndra avrebbe dovuto prevedere che il cartello "staff only" non si applicava ai fratelli apparsi misteriosamente dal nulla una sera di primavera. Ingenua lei a sperare il contrario.
«Cerca di non inalare troppo, non so se il mio collega ha buttato roba strana nel calderone mentre non guardavo».
Fu strano rompere la sequela di imprecazioni e incantesimi per avvertirlo. Non era del tutto sicura di come muoversi in uno spazio condiviso con Cain —doveva smettere di chiamarlo così nella sua testa— adesso che non si stavano più urlando addosso. Una piccola parte di lei era grata per quell'incidente pozionistico perché le stava dando la possibilità di concentrarsi su un problema concreto e contingente, qualcosa che richiedesse la sua attenzione totale e la distraesse da qualsiasi altra cosa fosse avvenuta di là. Il che le ricordava che non aveva nemmeno chiuso a chiave la porta del negozio. Era tentata di chiedere all'altro di farlo (visto che si sentiva come se fosse a casa sua), ma dubitava che sarebbe stata ascoltata; il cane da guardia pareva in tutto e per tutto intenzionato a starle alle costole per il momento.
*Un po' tardi per recuperare vent'anni di arretrati*.
*Cristo, Niah, basta*.

Osservò la bacchetta aspirare anche l'ultima goccia di intruglio con un "mmh" di approvazione, ma quando fece per passare al calderone questo prese ad aggiustarsi senza che lei avesse fatto niente. Il tintinnio del vetro attirò il suo sguardo verso il tavolo da lavoro e da lì Niahndra lo spostò verso Cain, trovandolo concentrato ad occhi chiusi e col palmo proteso.
*Disarmato un paio di boccini*, brontolò nella sua testa spostando il peso sui talloni e poggiando la mano sinistra a terra per avere maggiore stabilità. Qualcosa, sul viso di lui, l'avrebbe dovuta trattenere dal commentare ad alta voce, ma in fondo Niahndra non era mai stata particolarmente brava a rispettare le norme sociali o a camminare in punta di piedi intorno alle cose, quindi perché cominciare adesso?
Fischiò. «Gran bel trucco».
Alla fine si era alzata per esaminare la situazione sul tavolo da lavoro. Il ricettario di pozioni la guardava sornione dal leggio su cui l'aveva posato, alcuni zampilli macchiavano le pagine ma per fortuna era ancora leggibile. Ampolle e ampolline erano tornate integre, il sangue di salamandra si era conservato, altre cose no. Recuperò con la mano libera uno dei guanti protettivi usandolo come presina per sollevare il calderone ancora bollente e poggiarlo di nuovo da dove era caduto.
«Me lo insegni?». Una domanda posta con studiata nonchalance mentre tornava a fissarlo per saggiarne la reazione. Forse un grazie sarebbe stato più appropriato e in effetti lo aveva sulla punta della lingua insieme a una dozzina di altre domande. Voleva sapere perché lei fosse finita in orfanotrofio e suo fratello no. Voleva sapere perché ogni sua adozione fosse stata osteggiata, tranne quella di Sam. Voleva sapere perché Cain pensasse che fosse morta. Voleva sapere perché fosse l'unico, con ogni probabilità, a cui fosse importato abbastanza da cercarla lo stesso.

Qualcos'altro però l'aveva distratta.
L'odore del sangue nella vasca degli squali.
just a girl in her (back) room
Modifica approvata dal master.
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Edited by Mistake - 5/4/2024, 22:41
 
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Collega. Roba strana nel calderone. Cain si appunta sillaba per sillaba quello che stai dicendo, raccoglie le briciole dei tuoi discorsi - sebbene finora siano stati più i ringhi che le affermazioni, a colpirlo.
Il retrobottega si è evoluto in base ai tuoi studi, come una stramba area sperimentale, laddove a volte il tuo "capo" compie le sue ricerche, ed il tuo collega i suoi affari, tu hai ricavato l'angolo del pozionista ribelle. O così almeno è come lo chiama Cain nella sua testa.
Immaginava che avrebbe attirato la tua attenzione con il suo sfoggio magico - benché ti sarà preso comprensibile come lui non possa fare altrimenti - ma non credeva avrebbe surclassato tutte le altre domande che ti affollano la testa. L'aria che respirate non è solo satura di fumi che vengono ventilati via, ma anche di una vita che nessuno ha vissuto. «Che roba strana ci mette il tuo collega?»
Lui non è stato tuo fratello, se non in quello strappo vitale per i tuoi primi mesi di vita. E tu non sei stata sua sorella, quando per tutta la vita - fino ad ora - non hai fatto altro che imparare ad aggredire l'ennesimo rifiuto.

Sei stata tanto brava ad assorbire atteggiamenti e schemi, da aver rognato anche a Sam quando poi ha trovato il cavillo giusto per adottarti lui, per tenerti con sé. Un giusto patto tra cani randagi.
Come puoi notare tu stessa, il "trucco" di Cain ha funzionato laddove è riuscito, ma certamente metà della tua dispensa andrà buttata e Misurino sarà più che lieto di fornirti quanto hai perso con questo "scherzetto" dal passato.
Uno scherzetto che, allibito, ti guarda senza più trattenere il suo ghigno. Infila le mani in tasca e scuote piano la testa. No, non si aspettava partisse da qui la vostra conversazione e puoi vedere come, nel suo accennare qualcosa, lui poi tenda a rimangiarsi incipit di frasi, solo per calibrare le parole nel modo più giusto. Ma perché tanti sforzi?

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«No» soffia, divertito, gioca a modo suo come se tu gli avessi appena lanciato contro un grosso gomitolo ed allora dovesse trovare il modo di mandartelo contro di nuovo, solo perché tu possa azzannarlo e divertirti. Si fa appena più vicino, ispeziona anche lui il tuo tavolo da lavoro, ma sei tu a restare il centro focale della sua attenzione. Ti studia in un modo così familiare, speculare si può dire.
Oh non sai quanta voglia - invece - avrebbe di insegnarti tutto quello che sa, ma non si fida del modo in cui porgi i tuoi ramoscelli d'ulivo, forse perché non crede nei miracoli.
«Me l'ha insegnata un compagno di cella sudafricano, studiava a Uagadou» tu non gliel'hai chiesto, ma lui non perde occasione per lasciarti qualcosa di suo, briciole che ti lascia raccogliere come lui si sofferma a raccogliere un fagiolo sfuggito al suo "trucchetto".
«Ci ha messo sei anni e tutta la sua pazienza»




 
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view post Posted on 7/4/2024, 13:52
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I sat alone, in bed 'til the morning
«Nulla di dannoso, è più per gioco».
In realtà non ne era così sicura, ma non le sembrava neppure una buona idea suggerire che Lex potesse correggerle le pozioni con sostanze potenzialmente nocive. Era solo che sul momento non le era venuto in mente nient'altro. Era difficile sostenere il tipo di focus, intenso e mirato, al quale l'altro stava sottoponendo lei e qualsiasi cosa la sfiorasse anche solo tangenzialmente. Soprattutto, rendeva difficile ragionare. Il commento su Lex era scivolato via dalle sue labbra portandosi dietro un rimpianto immediato; non tanto per aver disseminato informazioni —era stato in parte intenzionale—, ma per non averle falsate quel poco che sarebbe bastato a capire se Cain avrebbe riconosciuto la bugia oppure no. Lo sguardo rapace con cui lui aveva studiato il negozio, gli appunti di Niah e adesso il retrobottega facevano presupporre che molti dei dettagli della sua vita gli fossero sconosciuti; ma questo portava soltanto più dubbi e più domande. Era entrato a colpo sicuro in negozio, in un giorno in cui sapeva di trovarla sola a fine giornata: aveva avuto fortuna o aveva iniziato a osservarla molto prima? Impossibile, era rimasto sorpreso dal sentire di Sam.
*No, era incazzato. Ferito, forse, ma non sorpreso*.
Okay, forse Sam era un tabù ma non necessariamente un tassello oscuro per lui. Cosa significava? Provò a dare uno strappo leggero a quel pensiero, ripercorrerlo a ritroso per vedere quale altra tessera del domino avrebbe fatto cadere con sé. Era maledettamente difficile ragionare in quel momento, tenere in bilico più piani allo stesso tempo, ma ci provò comunque. Sam, l'orfanotrofio, le adozioni, le donazioni...
Avevano sempre saputo dove trovarla, per tutto quel tempo. Per forza. Non era stata Suor Prudenzia a dirglielo, o almeno il suo ricordo? I Lindsay sovvenzionavano l'orfanotrofio e in cambio Niah era rimasta lì dentro, almeno fino a quando Sam non l'aveva presa con sé. Suor Prudenzia sapeva anche quello. E, comunque, non era come se Niahndra fosse totalmente sparita dai radar, dal momento che frequentava Hogwarts. Persino Cain aveva fatto un commento a riguardo. Ma allora perché lui le aveva dato ad intendere che non sapesse che fine avesse fatto? Niahndra partiva dal presupposto che lui fosse rimasto con la sua —la loro— famiglia, ma forse...non era quello il caso? Era stato tenuto all'oscuro? Perché? Era stato un danno collaterale, tanto quanto lei?
Benché si fosse rifiutata di ripercorrere la strada delle proprie origini con Sam, Niahndra non aveva avuto alcun motivo di dubitare della veridicità delle sue informazioni né l'aveva tutt'ora, se non per un puro esperimento mentale —di quelli che le piacevano tanto. Cain, in fondo, non l'aveva contraddetta quando aveva menzionato l'orfanotrofio.
*Niah...*
Aveva già detto che era difficile ragionare? Avrebbe dato qualsiasi cosa in quel momento per del tempo e della solitudine totale, così da potersi rigirare tra le mani le tessere del domino fino a trovare l'incastro giusto. Prima, però, avrebbe dovuto raccoglierle tutte. E quello era un altro paio di maniche ancora.

Non biasimava lo sbigottimento sul volto dell'altro. Niahndra sapeva di star evitando domande decisamente più sensate e che premevano tutt'ora sulle labbra per uscire; ma sentiva anche l'urgenza del momento, la scarica febbrile che permeava l'aria, le potenzialità inespresse. La ghigliottina sospesa nel vuoto, pronta a calare sulla sua testa. Su quella di Sam.
Per quanto l'idea di poter usare la magia senza il vincolo di una bacchetta l'affascinasse, era più preoccupata di capire l'estensione delle capacità di Cain. Qual era l'utilità del portabacchette vuoto? Era qualcosa che l'aveva disturbata dall'inizio, insieme al modo calcolato con cui si muoveva nello spazio, insieme a come il suo primo istinto fosse ostruire le vie di fuga —l'aveva fatto anche col ragazzino odioso, prima che con lei. Più lo guardava e più l'unica cosa che Niahndra riusciva a vedere era la violenza che prometteva.
*Bimba–*.
Era sembrato sincero, prima, almeno a sprazzi; aveva pensato di aver intravisto delle crepe nel breve istante di vulnerabilità che si erano concessi entrambi, ma era disposta a scommettere tutto su quello? Magari non dipendeva nemmeno da lui. Ricorrere alla magia in quel modo per lui era sembrato naturale, quasi automatizzato, ma se era abituato a non usare la bacchetta perché tenere il fodero? Magari non ci aveva rinunciato volontariamente, il che significava che potesse avere dei conti in sospeso; significava che Cain potesse non essere la cosa peggiore che sarebbe arrivata a bussare alla sua porta.

«Me l'ha insegnata un compagno di cella sudafricano, studiava a Uagadou».
Niahndra rimase impassibile, ferma in quell'immobilità innaturale di chi è acutamente consapevole di essere sotto osservazione. Come se, sforzandosi di tenere tutto fermo in lei, anche il resto sarebbe rimasto sotto controllo; una compulsione alla quale non riusciva a sottrarsi, malgrado l'irrazionalità della sua natura.
Sotto l'apparenza granitica, magma fuso. Era pericoloso? Ovviamente sì. Che cazzo aveva fatto per finire in cella? Qualcosa di terribile, sicuro: andiamo Niah, l'hai visto? Ti sei vista? Era uscito...legalmente? Cristo, c'era qualcuno sulle sue tracce?
*Niah–*.
Non adesso, doveva ragionare.
*Tesoro, questo non è ragionare. Sei in una spirale ossessiva*.
No. Era solo che le informazioni erano troppe e al contempo troppo poche. Era solo che Cain rubava l'aria in una stanza già satura di residui di ingredienti pozionistici. Era solo che non riusciva a stringere la bacchetta abbastanza da permettere al dolore di schiarirle la testa, e le schegge di vetro erano state aggiustate. Era solo che l'unica cosa a cui riusciva a pensare era di trovare un modo di andarsene da lì, toccare casa per il tempo necessario a prendere l'essenziale, pescare Sam e sparire senza lasciare traccia. Anzi. Al diavolo le valigie, li avrebbero soltanto rallentati.
«Cain—», interruppe secca. Il nome pizzicò bugiardo sulla lingua, una svista. «non fraintendermi, sto amando questa inutile partita a scacchi in cui mi dai informazioni a cazzo e io devo fare i salti mortali per capire cosa vuoi *arriva al punto arriva al punto sei fuori tempo sei fuori tempo* Ma ho bisogno di sapere chiaramente se Sam...se io e Sam siamo in pericolo, perché l'ultima volta–». L'aria fischiò tra i denti quando ingollò un respiro. «Non voglio ripetere l'ultima volta».
Era possibile, si rese conto, che fosse davvero in una spirale; ma non era forse legittimo il terrore che le stritolava i polmoni tra dita nodose? Aveva già visto quel pattern, era stata colpa sua anche quella volta. Stava ritardando l'inevitabile. L'ombra di Suor Prudenzia l'aveva raggiunta.
Tip. Tap. Tip tap. Taptaptap.

All'improvviso, Niahndra se ne rese conto.
L'odore di sangue nella vasca degli squali era il suo.
I'm crying, "They're coming for me"
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I momenti di stasi, in fondo, non servono altro che ad arrivare dritti al sodo. Non ci si immerge nella vasca di uno squalo senza una gabbia che regga per bene alle sue testate. Chi dei due sia lo squalo, è da capire, ma certo il sangue attira entrambi in un unico punto. Che sia per morso o per difesa, anche questo non spetta a me dirlo.
Tutte queste tessere, i frammenti, le polaroid che Cain lancia sul tavolo tra gli ingredienti distrutti, non puoi rimetterle insieme da sola. Ma lui non si ferma davanti a questo, ti osserva tutto il tempo dopo la sua affermazione. Ha lanciato una bomba, neppure l'unica di oggi.
Sta fisso qui, a guardare se arretri, se il suo passato può diventare un punto di rottura in questo specchio informe. Lui che in te si rivede ma che sa non hai osato tanto quanto ha osato lui. Per fortuna?
Non ti augurerebbe mai la vita che ha passato, né sa bene come prendere il discorso per girarlo in modo che sia più chiaro, lui ti guarda ancora come se non avesse fatto altro che aspettare di vederti di nuovo.

Al tuo ennesimo "Cain", lui ti corregge in un ringhio. «Adam» almeno ora hai un nome, qualcuno con un'identità reale da prendere e stracciare via tra i denti. Mordi meglio i suoi tendini, ancora non hai fatto abbastanza per farlo retrocedere. Sancisce - questo nome - la fine dei giochi, la fine dei misteri e l'approcciarsi che avete alla realtà, per quanto tu ne sappia. Solleva il mento, compie un altro mezzo passo avanti, le braccia molli lungo i fianchi. Già, perché il suo porta bacchetta è vuoto?
Ma tu vuoi sapere se Sam è in pericolo e questo, in qualche modo, è un secondo pugno nello stomaco di Adam. Non si cura nemmeno di incassarlo, sul volto gli si dipinge l'espressione rognosa di prima, e prende un respiro che gli costa quasi avesse fratture invisibili dall'addome al ventre.

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«Al momento no, nessuno di voi due lo è, stai tranquilla» rivela, sconfitto, quasi sottovoce, con un tono che rasenta le corde più basse che può usare. «Vorrei dirti che sono venuto qui solo perché mi mancavi, e per vedere come stavi, Canetta, ma è più complicato di così.» Ironizza, ma con una tristezza che muta rapidamente in repressione, in rabbia che serpeggia nel suo stesso sangue.
«Io-» non tentenna, si blocca proprio, stringe i pugni. Poi si corregge. «- noi dobbiamo fare una cosa» Solido, torna a guardarti negli occhi. «Ma vorrei che ci arrivassimo con calma e che mi dicessi prima che cazzo è successo la tua "ultima volta" con Sam. E voglio rispondere alle tue domande, a partire da una-» Sfila dalla tasca dei pantaloni un biglietto da visita. E' nero, professionale, le scritte sono in rilievo, si animano solo se le tocchi. «Io ero questo»

SE prendi il biglietto che lui ti passa, spingendolo lungo le venatura del tavolo, quest'ultimo si anima per una scritta che fluttua davanti a te:

Adam Joshua Alistine | Cacciatore di Taglie
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...
«Al momento no, nessuno di voi due lo è, stai tranquilla».
Con quelle parole, Niahndra tornò a respirare. Assorbì la risposta poco a poco, annuendo con la testa come a dire "okay, va bene" mentre aspettava che anche il resto del corpo recepisse la notizia e uscisse dallo stato di attacco o fuga in cui verteva. Fu uno shift sottile, ma evidente per chiunque la stesse osservando con interesse: le spalle si rilassarono appena, la tensione nei muscoli cominciò a sciogliersi, il collo non sentiva più il filo tagliente della ghigliottina. Incamerare ossigeno non sembrava più un compito impossibile.
Aveva percezione di come dovesse essere apparsa agli occhi dell'altro, nel chiedere la rassicurazione che le serviva: terrorizzata, bisognosa, debole. Qualità che Niahndra aveva sempre dovuto pagare a caro prezzo, perciò gli fu grata per il cambio di registro e per la risposta diretta; dubitava infatti che i suoi nervi avrebbero retto ancora a lungo.
In quel momento, come polvere in controluce, intravide in lui l'immagine del fratello che avrebbe potuto essere, in una vita totalmente altra. Il groppo in gola che sentì a quel punto non aveva niente a che fare con Sam, e tutto con le occasioni perse prima di cominciare. Col rimpianto di qualcosa che non era mai stato, che forse non sarebbe mai stato, e di cui —scopriva— aveva una nostalgia terribile. Fu per quello, forse, che gli permise la confidenza, che lasciò che il canetta le filtrasse sotto pelle e si facesse strada fino al cuore, al riparo. Cain dava l'impressione di averne bisogno e, in tutta onestà, ne aveva bisogno anche lei.
La intimorivano ancora le zone d'ombra di lui, quel guizzo rabbioso ed esplosivo che vedeva sobbollire appena sotto la superficie; non tanto perché le fosse estraneo, quanto per la sua disarmante familiarità.
Contenere i due sentimenti opposti per farli convivere dentro di sé richiedeva uno sforzo indicibile.

Solo quando vide il bigliettino fatto scivolare sul legno, Niahndra si accorse di quanto l'altro si fosse avvicinato. Eppure, il ricorso ad un "intermediario neutro" come il tavolo (al posto di un passaggio di mano) fece apparire la distanza tra loro ancora incolmabile. Non era sicura di sapere cosa pensasse al riguardo; nel dubbio, non si spostò, ma anzi protese il braccio per raccogliere il rettangolo di carta nero. Lo studiò in silenzio, avida; polpastrelli leggeri sul rilievo, occhi rapiti dalla scritta animata.
«Adam». Tentò di far sue quelle lettere, spostando lo sguardo su di lui. Comprendeva adesso la nota di umorismo che gli aveva velato l'espressione all'inizio e ne sorrise di riflesso. «Biblico».
Poi, in un flash, registrò in ritardo il nome che le era stato ringhiato e si rese conto di averlo involontariamente chiamato "Cain" ad alta voce solo pochi minuti prima, ed il sorriso si tinse d'imbarazzo e di scuse.
Tornò ad esaminare il biglietto e una ruga di confusione comparve tra le sopracciglia. «Alistine? Non...Linsey? Credevo–». Si fermò per raccogliere i pensieri, sentiva ancora gli strascichi dell'ansia minare il suo controllo.
*Come un puzzle, Niah*.
Difficile ricordarselo, col suono dei vetri scricchiolanti sotto le scarpe come ossa in pieno inverno ancora nelle orecchie; con l'ombra di Suor Prudenzia che ancora la tallonava dalla tomba. Niahndra sbatté le palpebre per cancellare l'immagine della donna riversa sul pavimento dalla mente.
Cercava un modo di riassumere le informazioni, snocciolarle secche e sterili nel modo più conciso possibile, ma pareva un compito senza speranza. Non aveva mai dovuto raccontare ad alta voce quanto fosse successo. Le veniva da vomitare.
«Il mio vero cognome è Linsey, o almeno è quello che mi è stato detto quando è successo— Distolse lo sguardo per il tempo di uno svolazzo vago con la mano libera —tutto quel puttanaio».
Non aveva il coraggio di risollevare lo sguardo o di suggerire che forse Adam aveva davvero sbagliato sorella. Che forse quello era davvero un terribile malinteso. Strinse il biglietto da visita nella mano con la bacchetta, come per paura che le venisse strappato via.
«I Linsey pagavano la referente delle adozioni, suor Prudenzia, per impedire che io venissi data in affido. Ci è finita nel mezzo anche un'altra bambina dell'orfanotrofio, adottata al posto mio da una coppia di babbani che l'ha abbandonata di nuovo quando lei ha cominciato a manifestare segnali di magia. Lei è mmh–». Cercava le parole adeguate, per prendere le distanze. Minimizzare. «Diciamo che non l'ha presa bene. Non l'ha presa bene per niente —lo sguardò tornò saettante su Adam— Ha attirato tutte le persone che riteneva colpevoli, suor Prudenzia, Sam e me, per vendicarsi e... cristo». Come la descrivevi una roba del genere? Come spiegavi la responsabilità di dover scegliere chi viveva e chi moriva? Come giustificavi l'essere stata pronta a condannare a morte suor Prudenzia pur di salvare Sam? Come sopportavi la consapevolezza della futilità di quella scelta, quando Sam ci aveva quasi rimesso la vita lo stesso?
«Non è stata colpa mia», aggiunse in un mormorio che sarebbe dovuto rimanere nella sua testa. «Suor Prudenzia sarebbe morta lo stesso». Il tono meccanico di qualcuno che aveva dovuto ripeterselo a lungo per convincersene, e che forse non ci era mai riuscito.
Come gestivi il senso di colpa per essere stata l'unica a uscirne indenne, quando eri anche il motivo per cui l'intero inferno si era scatenato?
Niahndra scosse le spalle, sciogliendo la presa con cui nel frattempo aveva arpionato il tavolo da lavoro. «Sam si è offerto di accompagnarmi ai possedimenti in Scozia, ma non ho intenzione di ripetere lo stesso errore due volte».
Fece del suo meglio per ignorare il ritmo scadenzato sulla cassa del morto, ma il suo sguardo finì comunque attratto in un punto imprecisato della stanza.
«È inutile che insisti, vecchia».
Anche quello sarebbe dovuto rimanere nella sua testa.
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■ Natura banshee
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■ Appresi: I, II, III, IV classe (proibiti esclusi)
■ fattoriam, colossum, repsi genitum, flagrate, salus dono, nebula demitto, expecto patronum, stupeficium, heolo benedici, cave inimicum, deprimo, plutonis
■ Bacchetta magica (appesa ai pantaloni)
■ Amuleto greco (al collo)
Anello Nosferatu (pollice sinistro)
■ Pantaloni chiari
■ Cintura di Skuld
■ Sacchetta medievale che contiene:
■ Portamonete
■ Avversaspecchio

■ Libri scolastici (sul tavolo)
■ Calderone + utensili (in retrobottega)
Dettaglio oggetti
Cintura di Skuld: Capace di mutare nel colore e nell'elasticità, permette di essere usata come una corda per scalare pareti o legare oggetti/persone.

Sacchetta medievale: Comoda sacca in cuoio e pelle conciata, presenta robuste cuciture e due piccole cinghie sul davanti che assicurano la chiusura. Agganciabile alla cinta tramite due passanti posti sul retro. All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile (max 5 oggetti di medie dimensioni).

Avversaspecchio: Uno dei primi prototipi che nacquero a Londra nel periodo in cui Jack Lo Squartatore seminava il terrore. Piccino e compatto, sta in una mano: in ottone laccato o intarsiato, per uomini e donne, lo specchio rifletterà delle ombre che si faranno sempre più distinte man a mano che eventuali pericoli e/o nemici si avvicinano al proprietario dello specchio. Decorazione Floreale. [+3PS]

Clessidra incantata: Riporta la situazione al turno precedente, usabile una sola volta in quest.

Anello Nosferatu: Induce paura in uno o più pg o png. Usabile 1 volta per Quest. Utile per incanti e pozioni oscure. Utilizzato

Pantaloni chiari: proteggono dal fuoco non magico e dal calore. Sono comodi ed elastici. Blu scuro.
 
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Accetti il suo biglietto, e questo gli permette di prendere fiato ancora una volta. «Biblico» sussurra quando lo enunci tu. In qualche modo, di nuovo, il suo ghigno trema. Non ha mai pensato, in tutti questi anni, a che effetto gli avrebbe fatto la tua voce. Ancora meno la tua voce impegnata a chiamarlo per nome. Si aspetta che, crescendo, sarebbe stato "Didi" anche per te, come per mamma. Che lo avresti insultato quando ti rompeva troppo le scatole ma che ti avrebbe fatto giocare con i suoi giochi perché non sarebbe mai stato geloso.
Forse troppo innamorato di quel fagottino che eri, avrebbe tollerato le tue angherie da bimba ribelle fino allo stremo, magari salvo in quegli anni in cui sarebbe stato a scuola, un po' lontano da te. Ma sempre con l'idea di tornare a casa e trovarti lì a crescere. Era già pronto ad insegnarti a gestire le particolarità dei vostri genitori e tutti quei sogni masticati via dal dolore. E' diventato un cacciatore di taglie perché... «Pensavo che, almeno, non potendo più trovare te, avrei cercato altri stronzi fino alla fine dei miei giorni.» Sputa fuori, non richiesto, quando il suo vecchio lavoro spicca tra le lettere fluttuanti.

E quanto era bravo a ripescare topi di fogna nei peggiori bordelli. Peccato che tu non abbia mai potuto vederlo in azione, e peccato che lui sia stato un Cacciatore solo per pochissimi anni. Un altro sogno strappato alla radice.

«Linsey?» interrogativo, cerca un filo che non trova, e si fa avanti. Più tu incespichi trai roveti dei ricordi, e più lui sgrana gli occhi. Assorbe, quasi respira la tua angoscia, la paura di quei momenti, e la rabbia che in lui scatena l'averti saputa tanto scossa per tutti quegli anni. Frammentata nell'idea di non andare bene mai a nessuno.
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«Ehi, ehi no... certo che non è stata colpa tua» ha capito, ma non sa Niahndra. Non era lì, ma qualcosa nel suo moto lo porta vicino, tanto vicino da stringerti una spalla. Tu, in fondo, hai potuto sfiorarlo in ogni tua minaccia. La rabbia malcelata dai suoi lineamenti non è per te, ma per quello che ti è successo.
«Noi non abbiamo-.. anche tu, non hai niente in Scozia. Linsey era un nostro elfo domestico» ragiona, guardalo, sta facendo i suoi calcoli, finendo anche lui in strani vicoli ciechi. «Non erano loro a bloccare le adozioni, era papà-» lui forse ancora degno di essere chiamato così. «- senti io ho lottato come ho potuto per non farti portare via da noi, da...me» una pausa, utile a riprendere il filo.

Ma tu non sei qui. E lui se ne accorge. Lui cambia nel momento esatto in cui tu zittisci la "vecchia". Un lamento di morte, un'eco lontana ma ora, improvvisamente a due passi. Le luci del retrobottega sfarfallano, si rompono una ad una rendendoti annebbiata la vista, ed impossibile riconoscere il vero dal falso.
«Merda. Nì, guarda me» Adam stringe la presa, dolcemente, non vuole che pensi alla vecchia che ti sta distraendo adesso.

* Anche se, beh, ignorare Suor Prudenzia è un male molto grave, richiede punizioni severe, puoi leggere i passi della donna nella coda degli occhi, puoi vederli agitarsi in quel suo sguardo malefico.
Cos'hai sbagliato stavolta? Chi hai indisposto? Quale dei tuoi "amichetti" odiosi è andato a dirle fesserie su di te? Tu non la vedi, ma lei incombe, la tonaca macchiata, infangata. E' il fantasma mortifero di una suora dai metodi discutibili, e ti sfiora, ma più ti volti a cercarla e meno la vedi. I battiti accelerano, la tua presa sul biglietto viene a mancare.
La dolcezza di un mondo ovattato, senza pensieri che si affollino è temporanea, perché uno solo sa soffocarli tutti stringendoli in una mano e bloccando loro il respiro. Non riesci a vederla finché lei non si ferma. Prudenzia, di spalle, dietro Adam. Lui che, serio, ti guarda dritto negli occhi.
Ma lì, nel riflesso d'acqua scura in cui annegano, alberga il profondo disappunto che lei aveva nei tuoi confronti. «Non darle retta, guarda me».


* Si è attivato un PRESAGIO legato alla tua natura di Banshee, puoi assecondarlo come tentare di tirartene fuori, a te la mossa.



 
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Believe Nothing You Hear
C'era qualcosa di profondamente sconcertante nel modo in cui la vulnerabilità emergeva a tratti sui lineamenti dell'altro, gemella di quella che Niahndra sentiva pesare sul proprio cuore. Come una bestia che si muoveva innaturalmente docile per non spaventare, che spalancava il ghigno invitante chiedendo di ignorare il sangue sulle zanne.
Al commento sulla professione Niahndra sbuffò suo malgrado, divertita. Scandagliò quel "cacciatore di taglie autorizzato in autonomia dal M.A.C.U.S.A." e un brivido leggero le corse lungo le vertebre. Perché non era sorpresa? Sembrava esattamente il tipo di persona da incastrarsi in scelte professionali eticamente discutibili ed aiutava a contestualizzare almeno in parte quello che era successo in negozio. Forse, l'averla fatta sentire una preda braccata non era stato qualcosa di personale quanto più...deformazione professionale?
*Beh, almeno era tecnicamente legale. E poi, in cosa dovrebbe essere diverso da quello che suggeriva la professoressa Walker?*.

*Analisi ed interpretazione?*
Per poco non le mancò un battito, il volto che si illuminava grazie al proverbiale clic di lampadina. Aveva senso. Non era forse quello che faceva in continuazione? Non soltanto per indole o inclinazione, ma anche per quella curiosa quanto criptica natura che possedeva? Da quando i sensi di banshee si erano risvegliati, la vita era diventata un continuo tentativo di analizzare, interpretare e tradurre segnali, input e stimoli. Poteva diventare il suo lavoro? Rubò un'occhiata alla donna mentre gli ingranaggi del suo cervello ripresero a lavorare, lenti ma ottimisti.
«Ricercatrice di reliquie o di persone...», lo ripeté quasi senza rendersene conto. «Tipo un investigatore privato?». In effetti, si disse corrugando la fronte, a Cadair Idris aveva trovato il punto di accesso e, in seguito, era stata in grado di localizzare il calderone incantato. «Questo potrebbe piacermi». Parlò come se stesse saggiando l'idea, sorpresa di non averci pensato prima.

cornerstone

Niahndra si chiese se prima o poi le loro strade sarebbero state destinate a incrociarsi lo stesso, mosse dalla medesima vocazione. Si chiese anche quanto le scelte fossero veramente scelte, e quanto un semplice arrendersi alla canzone che scorreva nelle vene —disegno divino, trama del destino.

Era stato uno di quei fili a distrarre Niahndra. A volte capitava che lungo la ragnatela che mappava il globo venissero trasmesse voci e suoni, originati a chilometri e decenni di distanza. Ed esattamente come una vecchia radio talvolta captava segnali che provenivano da una stazione diversa, anche le orecchie di Niahndra si sintonizzavano su quella infestazione sonora, guidate dal caso, dalla vicinanza, dal suo stato emotivo.
Il rumore di elettricità statica le riempì la testa, soffocando in un brusio qualunque parola fosse uscita dalla bocca di Adam. La nota ronzante divenne l'unico stimolo che era in grado di processare, premeva sui timpani, sul corpo, tutt'intorno a lei. Il vetro infranto ferì il cervello e Niahndra strinse gli occhi nella semioscurità. Vibrava anche lei, al ritmo delle ombre; il ronzio persisteva tutt'ora, sfiorava la pelle con mille zampe d'insetto e lei si divincolò disgustata.
«Non mi toccare», intimò al buio. Fu il sibilo di un serpente a sonagli.
C'era qualcosa, si disse; qualcosa da afferrare, da trattenere. Difficile, come passare un filamento invisibile nella cruna d'un ago. Il collo scattava nella direzione in cui vedeva il buio mutare densità, sempre un istante in ritardo rispetto a qualsiasi cosa s'agitasse nel tessuto stesso della realtà.
Non che servisse vedere, quando il suo corpo riconosceva abbastanza per entrambi: fiato corto, viscere soffocate, collo incassato. D'improvviso, Niahndra tornò la bambina che fu —spaventata, fraintesa, sbagliata. Era di nuovo seduta alla scrivania di suor Prudenzia con le mani che pizzicavano ad ogni parola incisa con quell'inchiostro di sangue. Si vergognava delle cicatrici, di come gridassero al mondo la sua cattiva condotta, la sua natura corrotta.
Aveva provato a resistere ed illudersi che no, non era stata contaminata alla radice; ma con quale coraggio avrebbe potuto argomentarlo adesso, quando ad ogni passo avvertiva il respiro nefasto dell'oltretomba? Quando Adam le offriva uno riflesso così limpido di quel che era —massa informe dai denti aguzzi, che poteva divorare fino a sentirsi male; ma mai fino a sentirsi sazia.

Suor Prudenzia si sbagliava su una cosa, però. Se non c'era alcun dio che potesse ridarle indietro la sua purezza, a che pro, allora, genuflettersi, piegarsi e rattrappirsi nella speranza di un'assoluzione che non sarebbe mai giunta? Che senso aveva deformarsi e farsi violenza? Un vizio, quello, che aveva provato a imporle anche Renzo, col suo sorriso carismatico e i modi crudeli. Niahndra aveva sentito la catena attorno al collo anche al tempo; aveva strattonato anello dopo anello retrocedendo fino a trovare la pancia della bestia, la fornace viva e pulsante di quel che era.
Solidità, nel mare d'illusioni.
I nervi formicolarono d'energia trattenuta a stento, sulla pelle Niahndra vide baluginare venature d'inchiostro. Veleno, l'accusava suor Prudenzia; ma la ragazza le riconobbe per quel che erano.

«Dei marcatori». La risposta giunse rapida e terribilmente semplice. Stava tornando l’aria di beffarda onniscienza. «Come dei sassolini lasciati a terra per ricordarsi la strada, come il filo d’Arianna all’interno del labirinto. Una segnaletica, che ti instradi e ti rammenti come e dove tornare».
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D'improvviso, fu acutamente consapevole della stretta sulla sua spalla, corda di sicurezza; ed il ronzio vacillò. La sagoma di Prudenzia incombeva minacciosa, all'altro capo di quel tiro alla fune con la sua sanità mentale; ma —si accorse Niahndra— non era lei a strattonare. Non era la vecchia la pietra d'angolo sul quale faceva perno l'intera stanza. In quel gioco di equilibri e corpi, di direzioni e micro-oscillazioni, Adam svettava saldo nella sua brutalità. Incarnava non la fede in dio, ma l'assoluta convinzione nella forza di gravità; non la promessa tradita dell'Eden, ma la tagliente concretezza di quel che era.
Con uno sforzo disumano, Niahndra staccò lo sguardo dalla tonaca infangata dell'apparizione e percorse a ritroso la via per posarlo sul fratello.

«Sono qui».
Sperò che fosse la verità.
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Adam non ti ascolta, anche se qualcosa in lui scatta quando gli chiedi di non toccarti. Qualcosa che lo rende inerme nei confronti di una distanza che - non a causa sua - vi ha reso estranei. Nei suoi occhi quel dolore non se ne va, non che sia l'uomo dei mille abbracci ma... fa male ugualmente, e questo lo spinge a non arretrare. Lui è la terapia d'urto di cui non avevi bisogno. E non ne hai quando il presagio si fa largo, ti costringe a suddividere l'attenzione in scomparti. Nessuno dei quali reca salvezza o dolcezza. Puoi sentire i rumori a cui eri abituata fin da bambina. Quella porta, in fondo all'ala sud, che cigolava sempre perché nessuna ci si metteva ad oliarne i giunti. Le luci che nel loro sfarfallare elettrico, ricordano i vespri serali, la via in cui venivate condotti per prenderne parte. Cresciuti con Dio, ma vissuti come pagani. Maghi, streghe, piccoli demoni in seno al Signore, di cui certo solo lui avrebbe potuto prendersene cura. Ed Adam lo vede, nei tuoi occhi non sa leggere altro che questo, l'orrore a cui ti hanno costretto quei genitori che ripudia. Ora magari li ripudiate in due. Ma se tu sei così, per genetica che sia, è anche colpa sua. Regge male il suo stesso ringhio, «» ti sussurra, in una supplica, vicino abbastanza da guardarti negli occhi e non vederci altro che il vetrino opaco, annacquato da ciò che tu vedi, non esiste.

Suor Prudenzia si scuote nei tuoi incubi. "Di nuovo, altre dieci volte" sembra dire, insistendo perché quel marchio da te non vada più via. La ragazzina che nessuno voleva, il peso rimasto ad affondare l'orfanotrofio. Mai abbastanza per i ben pensanti, decisamente troppo per chi sperava in un agnellino da allevare. Ogni volta era solo colpa tua. E lei non mancava un momento per rimarcarlo, fosse mai che ne dimenticassi. Tu che in Sam hai visto l'àncora e l'abbandono, e i segreti, e gli sbagli e quell'amore fraterno e solido. Ma Sam non è qui, ed è dalla voce di Adam che devi farti guidare perché Prudenzia non si volti, non ti mostri ciò che resta di lei da quella volta, sotto troppa terra, che lascia cadere sul pavimento dell'Atelier. E' così che il passato ti perseguita? Oh, ma prima... prima che tu possa usare la forza che hai per sottrarti alla vista, Suor Prudenzia si volta. La sua ombra, due occhi infossato, il telo a coprirle il capo decomposto, allunga una mano verso Adam, gli sfiora la gola con dita ossute e pallide, e dove lei passa, un alone rosso macchia il collo di tuo fratello. Un solo lampo, prima che tu possa chiudere gli occhi e riaprirli sul mondo reale. [-15PM]

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«Cazzo-... bentornata» sfiata, prendendo un respiro che ha trattenuto per tutto il tempo. Non si è accorto di averti stretta con entrambe le mani, ed ora piano piano - seppur diffidente rispetto alla tua stabilità - scioglie la presa.
Leggi l'allarme nel suo sguardo, ma leggi anche la rabbia per queste circostanze di merda, e le dita un po' gli tremano quando se le passa in volto per riprendere la calma che ha ostentato fino ad adesso.
Torna a guardarti con un ringhio stretto in gola. «Sei già una banshee» sentenzia, non è certo una domanda questa, lui ne ha potuto riconoscere i segni, e ti puoi chiedere il perché. «Quanto-... da quanto?» ha bisogno di calcoli che spiega dopo. «Cristo, odio essermi perso ogni fottuta cosa fino ad adesso!» lo vedi stringere i pugni e odiare ogni cazzo di respiro che l'ha portato fin qui. «Quante volte hai urlato da quando lo sei diventata?» perché deve chiederti tutto questo adesso?


Hai allontanato il presagio, ma questo sforzo ti costa qualche PM



 
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one foot in the ground
Corrente elettrica, ronzio, mormorio lamentoso. Un cigolare, da qualche parte; rumore di passi, penna che grattava sulla carta. Difficile distinguerli in quel calderone che mescolava memorie, ricostruzioni e oblii necessari.
Niahndra aveva scoperto che, laddove la mente non si rivelava all'altezza, il corpo ricordava perfettamente: il martellare nel petto, i respiri bruschi da colibrì in gabbia, le pupille dilatate, l'iperfocalizzazione. A volte bastava un semplice odore per farla scattare, a volte erano due occhi infossati e una ruga di disappunto.
Altre era una minaccia inespressa, come un cappio rosso intorno al collo.

Il grido di avvertimento le rimase incastrato in gola, ma era già tornata al piano d'esistenza a cui apparteneva. Piatto, stranamente bidimensionale.
Lo sguardo era già lì, sul collo di Adam, prima ancora che lei potesse recuperare del tutto coscienza e corporeità. Al posto del segno vermiglio che temeva di vedere, rimaneva soltanto la scritta "Abstemious" a deriderla.
Niahndra deglutì e rilassò di riflesso le spalle, il sudore si raffreddava già lungo la schiena. Aveva tempo, forse. Non doveva significare per forza qualcosa, giusto? Era stato un trucco della mente, un effetto ottico; volubile, illusorio, incerto.
*Come Brigit?*.
Il pensiero venne prontamente bandito dalla testa, veloce com'era apparso.
Sentì la presa di Adam allentarsi e qualcosa in lei lo supplicò silenziosamente di continuare a stringerla un po' più a lungo, almeno finché non si fosse sentita di nuovo intera, perché non si fidava del fatto che, senza un collante esterno, i pezzi di cui era composta non sarebbero finiti irrimediabilmente alla deriva.
Desiderava anche prolungare all'infinito quella stasi, prima che la realtà si abbattesse di nuovo su di loro, prima di dover trovare le parole per spiegare cosa fosse successo, prima di trovare una scusa per nascondere quell'abominevole storpiatura che la affliggeva. Il fatto che Adam prendesse le distanze da lei giunse senza sorpresa, ma fece male ugualmente.
Rimase in silenzio mentre lo osservava trasformare la preoccupazione in rabbia e si chiese se esistessero delle parole in grado di convincerlo del fatto che non ci fosse niente di ripugnante in lei. Una battuta su quanto fosse svampita, spossata dalle giornate infinite di lavoro e dalle lunghe nottate di studio, sfiancata da quella serie di rivelazioni. Uno scherzo di cattivo gusto, tutto qua.
«Io–», deglutì senza avere la minima idea di cosa dire.
«Sei già una banshee».
Niahndra aggrottò la fronte, rigida sotto quella sentenza lapidaria. La bambina dentro di lei si fece piccola piccola all'idea di aver commesso un qualunque passo falso.
«Una cosa?». La domanda le sfuggì senza che potesse trattenerla; era spaventata, sì, ma ancora più affamata di capire, dare un nome alle cose, conoscerle e vivisezionarle finché non avessero fatto più paura. Adam, tuttavia, aveva altri piani.
Niahndra trattenne il fiato, disorientata da quel rapido susseguirsi di reazioni, domande, scoppi emotivi. Se l'Adam che si era fatto strada in negozio predatorio e baldanzoso l'aveva messa sulla difensiva, questa versione scattosa e scomposta le instillò una paura fottuta nel midollo. Era la conferma di qualcosa che già sospettava —condanna ineludibile.
«Due anni». Rispose meccanicamente, poi ritrattò. «E mezzo, in realtà. Quando–».
Lanciò un'occhiata al pavimento, ma le tracce di terra erano scomparse.
«Quando è morta suor Prudenzia». Difficile dimenticarlo, nemmeno lei in effetti ne era uscita indenne. L'aveva avvertito distintamente, un qualcosa che veniva scoperchiato —benda strappata dagli occhi. La realtà aveva cominciato a graffiare molto di più da quel giorno.
Per non parlare delle urla.
Distolse lo sguardo per un altro istante, ma non le serviva ricordare. «Una quando è successo tutto, e poi un'altra volta ancora».
Rispondere alle domande dell'altro venne istintivo e naturale, dato il senso di urgenza instillato. Era un tentativo di ammansirne le reazioni e riportare la situazione al suo livello basale nell'unico modo che conosceva. Quelle erano cose che sapeva, e il sollievo di avere qualcuno di fronte a direzionarla in quel rompicapo aveva fatto passare in secondo piano un diverso tipo di considerazioni, il tipo che aveva a che fare col perché Adam sapesse esattamente che domande porre.
Se non escludeva attivamente lo stimolo, poteva sentire ancora la stretta fantasma nel punto in cui era stata afferrata in precedenza. Non aiutava al sovraccarico. Il mal di testa che il presagio le aveva lasciato s'acuì.

«Tu te lo aspettavi». Si rese conto di averlo pensato solo dopo aver udito la sua stessa voce. «E non mi stai guardando come se fossi pazza».
Gli ingranaggi rallentati della sua testa fecero clic. «Sta per succedere qualcosa di orribile. Ma tu già lo sapevi, non è così?», incalzò incapace di togliersi dalla testa l'ultima minaccia di suor Prudenzia.
O il collo spezzato di Brigit.
«È per questo che sei qui?».
Forse, si ripeté Niahndra, forse Adam aveva già un bersaglio sulla schiena prima di entrare in negozio; forse, per una volta tanto, non era solo la tragica conseguenza dello starle intorno.
"Noi dobbiamo fare una cosa", aveva detto.
E tanti auguri all'arrivarci con calma.
one foot in the grave
PS 354 • PC 259 • PM 248263 • EXP 80
■ Natura banshee
■ Vocazione occlumante apprendista
■ Incantesimi iniziali [click]
■ Appresi: I, II, III, IV classe (proibiti esclusi)
■ fattoriam, colossum, repsi genitum, flagrate, salus dono, nebula demitto, expecto patronum, stupeficium, heolo benedici, cave inimicum, deprimo, plutonis
■ Bacchetta magica (appesa ai pantaloni)
■ Amuleto greco (al collo)
Anello Nosferatu (pollice sinistro)
■ Pantaloni chiari
■ Cintura di Skuld
■ Sacchetta medievale che contiene:
■ Portamonete
■ Avversaspecchio

■ Libri scolastici (sul tavolo)
■ Calderone + utensili (in retrobottega)
Dettaglio oggetti
Cintura di Skuld: Capace di mutare nel colore e nell'elasticità, permette di essere usata come una corda per scalare pareti o legare oggetti/persone.

Sacchetta medievale: Comoda sacca in cuoio e pelle conciata, presenta robuste cuciture e due piccole cinghie sul davanti che assicurano la chiusura. Agganciabile alla cinta tramite due passanti posti sul retro. All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile (max 5 oggetti di medie dimensioni).

Avversaspecchio: Uno dei primi prototipi che nacquero a Londra nel periodo in cui Jack Lo Squartatore seminava il terrore. Piccino e compatto, sta in una mano: in ottone laccato o intarsiato, per uomini e donne, lo specchio rifletterà delle ombre che si faranno sempre più distinte man a mano che eventuali pericoli e/o nemici si avvicinano al proprietario dello specchio. Decorazione Floreale. [+3PS]

Clessidra incantata: Riporta la situazione al turno precedente, usabile una sola volta in quest.

Anello Nosferatu: Induce paura in uno o più pg o png. Usabile 1 volta per Quest. Utile per incanti e pozioni oscure. Utilizzato

Pantaloni chiari: proteggono dal fuoco non magico e dal calore. Sono comodi ed elastici. Blu scuro.
 
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view post Posted on 28/4/2024, 17:32
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Il Fato

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antefatto
→ circa 13 anni fa, luogo imprecisato
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Non era mai successo, non con Didi in sua presenza. Non era mai successo, non in pieno giorno. Non con tanta forza da oscurare il cielo e raggelare lo stagno in piena estate.
Non quando erano soli, senza papà a reggere mamma sotto braccio, non in un pomeriggio di raccolta come quello. La promessa di trovare i funghi per la zuppa serale, e quelle piccole vene di magia distillate dai faggi maldestri - o così li chiamava Adam - per le pozioni calmanti di mamma.
Tuttavia, il bimbo non può sapere che Pandora non sarebbe dovuta uscire dalla serra, che quel mantello con cui l'ha coperto in velocità per portarlo con sé, non è normale. «MAMMA!»
Così, quando lei interrompe la corsa vicino al villaggio, e si piega su ste stessa, spinge il figlio in acqua, prima che il suo grido smuova le acque.


respectless
→ Atelier delle Modernerie di Camillo, orario di chiusura





«Una banshee...» si ripete, Adam, lentamente. Non perché tu non capisca, ma perché lui non si capacita di come tu non conosca la tua stessa natura. «... un presagio, un'antica creatura, sei il megafono della m-» orte.

«Quando è morta suor Prudenzia»

Lo vedi masticare la sua stessa anima nel momento in cui gli racconti tutto - o tutto quello che sai, dipende sempre dai punti di vista. Non distoglie lo sguardo da te, ma un accenno di dolore non sfugge alla sua stessa presa. C'è sempre quel fanale in coda che non fa che lampeggiare una scritta ovvia nel suo cuore "avrei dovuto esserci". Non può che pensarla così.
«Anche la seconda volta è morto qualcuno?» abbassa il tono, in un sussurro serioso tra te e lui, solo voi due, perché lì non c'è nessun altro. Quel che è peggio, è che nessuno ti ha detto niente di tutto questo, e mentre tu gridavi fino a vuotare i polmoni, lui segnava i muri di un carcere magico in America latina.
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«Non sei pazza, questa cosa esiste davvero, lo è anche per nostra ma- per Pandora.» ti si fa più vicino, perché tu possa leggere in lui un appiglio più profondo, radicato nel tenerci così tanto a te. Non ti nasconde, ora, l'affetto che prova, che muta la sua espressione in un costante incolparsi da solo.
«Diciamo che ero pronto all'eventualità, ma speravo che non ti succedesse, non così lontana da me. Papà mi aveva preparato ad aiutarti se ti fosse successo e fossi andata in panico» Anche Pandora è andata in panico la prima volta? E quante altre volte, dopo quella?
«Non proprio, non sono venuto fin qui per caricarti di compiti, sono venuto a cercarti perché volevo rivederti, dirti chi ero... chi sono. Ma è vero che c'è una cazzo di spada sulle nostre teste, solo che non è ancora così vicina da farci a pezzi, per questo sei siete ancora al sicuro. »
Sfiata, non c'è nulla di ciò che ti ha detto che sa piacergli o che lo conforti in alcun modo, solo quel ricamo tra cuciture sbagliate, il segno tangibile che gli mancavi davvero. «Bevi qualcosa?»




 
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view post Posted on 28/4/2024, 19:54
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Sometimes I can feel my bones straining under the weight of all the lives I'm not living.

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could you maybe hold my hand
Piano piano, a Niahndra sembrò di tornare in possesso di un corpo e di non essere, invece, un'entità immateriale senza alcun vincolo a tenerla salda. Percepì il proprio peso sbilanciato sulle dita dei piedi, il suo intero essere che pendeva inconsciamente verso l'unico punto fermo della stanza. Eppure persino Adam, granitico nella sua sicurezza, parve tentennare e perdere stabilità, e quello era un capolavoro che Niahndra difficilmente si sarebbe stancata di osservare, per quanto ostico da digerire e far coesistere col tumulto che invece provava lei.
«No». La ragazza si affrettò a scuotere la testa quando Adam le domandò se fosse morto qualcuno anche la seconda volta che aveva urlato. «Mi sono imbattuta in un sortilegio che teneva sul filo della vita degli alberi parlanti– non è importante adesso, vai avanti», tagliò corto con uno scatto della mano. Nel farlo, si rese conto di star stringendo ancora la bacchetta e la riagganciò ai passanti dei pantaloni; aprì e chiuse un paio di volte il pugno, rifiutandosi di controllare il dorso. Il bruciore che sentiva era illusorio e le cicatrici ormai vecchie di un decennio. Suor Prudenzia non poteva nuocerle.
Era più importante adesso carpire quante più informazioni possibili su qualunque cosa le fosse successa un paio d'anni addietro. Era una messaggera di morte, le aveva detto la signora con la veletta al tempo, ma Niahndra non aveva saputo che farsene di quella spiegazione sbilenca e ingannevolmente poetica, quando di poetico in quella condizione mostruosa non c'era proprio niente.
Trasse un brusco respiro alla menzione di Pandora, studiò avida l'espressione di Adam imitando involontariamente quel suo sporgersi in avanti. Pandora era come lei. Una parte di Niahndra lo aveva sospettato o, comunque, aveva sospettato che quella storpiatura fosse stata il motivo per il quale era stata abbandonata; buttata via, come qualcosa di rotto o difettoso. Era acqua, avvelenata alla sorgente.
"Sei già una banshee", aveva detto, "speravo che non ti succedesse". Niahndra sentì il grumo rosso nel suo petto tremare e pulsare per la collera crescente mentre l'ennesimo tassello del puzzle si incastrava nella sua testa. Avrebbe potuto evitarlo. Qualunque cosa le fosse successa, qualunque fosse stato il trigger di quella mutazione, avrebbe potuto essere evitato se solo qualcuno si fosse degnato di avvisarla per tempo e fare qualcosa, invece di offrirle solo rimpianti e sensi di colpa inutili. Di fronte a quella nuova prospettiva, Niahndra sentì la rabbia crescere e divampare, repentina e accecante. Sapere che quella specifica piega degli eventi non solo era stata prevista, ma addirittura "pianificata" fu probabilmente la scoperta più indigesta fino a quel momento. Perché lei era andata nel panico. Si era rintanata in un angolo —esattamente come avvertiva l'esigenza di fare adesso— come una bestia ferita, sola, confusa e tremendamente terrorizzata. Si era raggomitolata in posizione fetale e aveva singhiozzato fino ad addormentarsi. Nemmeno Sam c'era stato, dopo che lei lo aveva volontariamente escluso, dopo le bugie e i sotterfugi alle spalle.
Niahndra sentì gli occhi pizzicare e distolse rapidamente lo sguardo; i denti affondarono nel labbro inferiore e premettero forte abbastanza da permetterle di concentrarsi sul dolore e impedirsi di scoppiare a piangere. Avrebbe preferito mozzarsi una mano piuttosto.
Era una questione di orgoglio, prima di tutto, ma anche e specialmente una questione di necessità. Le risultava impossibile scrollarsi di dosso il presagio ominoso, la minaccia velata di suor Prudenzia che le intimava di rimanere presente e preparata, salda sui piedi. Non poteva permettersi di lasciarsi andare. Lo doveva, se non a sé stessa, almeno a Sam che l'aveva accolta a braccia aperte più volte di quante Niah ne riuscisse a ricordare, che si era addormentato con lei durante gli incubi, che le parlava a bassa voce, così da non ridestare i suoi demoni. Che l'avrebbe seguita all'inferno senza battere ciglio, se lei glielo avesse permesso.
*Oh*. Un altro clic fastidioso di realizzazione.
Non era l'unica ad essere stata derubata di qualcosa. Lo lesse suo malgrado nel mutare delle espressioni di Adam, nelle sue parole e, più ancora, nei suoi respiri e sospiri, nello spazio tra le parole stesse. Se lei si sentiva vuota, come un pozzo da riempire, Adam le appariva adesso traboccante di un qualcosa che non aveva mai avuto sfogo e che non lo avrebbe mai avuto perché deprivato del suo scopo. Sostituito.
Forse fu per quello che lasciò correre l'ennesimo rifiuto da parte sua di menzionare o sentir menzionare Sam, sforzandosi di non prenderla sul personale o scattare sulla difensiva. Aprì bocca per dire qualcosa di confortante, ma le parole sfuggivano; c'era troppa roba dentro perché lei potesse trovare un modo di verbalizzarla. Desiderò allora allungare la mano, stringerla brevemente al braccio di Adam solo per comunicargli in un qualunque modo che —in quell'imperversare rabbioso che erano i suoi sentimenti— una parte di sé gli era grata di essere tornato indietro per lei. Il suo corpo, tuttavia, non si mosse, paralizzato sotto l'intensità di quel suo sentire. Si detestò.
Avrebbe continuato a detestarsi se Adam non l'avesse distratta con l'ennesima domanda, così mondana e straordinariamente normale da lasciarla completamente di stucco. Fu come un reset che la ripristinò alle impostazioni di fabbrica. La risata le scappò dalla gola fragorosa e sincera, abbastanza convulsa da scuoterle petto e spalle, e farle buttare la testa all'indietro. Niahndra ne riprese controllo qualche istante dopo e a fatica, passandosi una mano sul volto.
«Dobbiamo lavorare sul modo in cui gestisci le notizie bomba». Ma non c'era biasimo nel tono di voce, solo incredulità divertita.
«E ho una fame da lupi». Si rese conto, con quell'ultimo check enterocettivo.
La nozione che vi fosse una realtà al di fuori da quel retrobottega la sorprese immensamente.
while I spiral out of control?
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Anello Nosferatu (pollice sinistro)
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Sacchetta medievale: Comoda sacca in cuoio e pelle conciata, presenta robuste cuciture e due piccole cinghie sul davanti che assicurano la chiusura. Agganciabile alla cinta tramite due passanti posti sul retro. All'interno è stato praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile (max 5 oggetti di medie dimensioni).

Avversaspecchio: Uno dei primi prototipi che nacquero a Londra nel periodo in cui Jack Lo Squartatore seminava il terrore. Piccino e compatto, sta in una mano: in ottone laccato o intarsiato, per uomini e donne, lo specchio rifletterà delle ombre che si faranno sempre più distinte man a mano che eventuali pericoli e/o nemici si avvicinano al proprietario dello specchio. Decorazione Floreale. [+3PS]

Clessidra incantata: Riporta la situazione al turno precedente, usabile una sola volta in quest.

Anello Nosferatu: Induce paura in uno o più pg o png. Usabile 1 volta per Quest. Utile per incanti e pozioni oscure. Utilizzato

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