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Libro [Tecniche di Magia Superiore]: ✓
1 — Il primo tentativo di Camillo per padroneggiare il Magisterium era intriso di un'energia tutto sommato frizzante e di un'innata sicurezza, sebbene ancora non avesse fatto pratica. La sua bacchetta, di un salice flessibile e ricettivo, vibrava nelle sue mani, mentre la scuoteva come per risvegliarla da un torpore dato dalle molte ore di inutilizzo. In piedi davanti alla lavagnetta nel retrobottega, i suoi occhi nocciola si fissarono sul messaggio che aveva scarabocchiato sulla lavagnetta: “Non ci riuscirai!”. Un rinforzo negativo, qualcosa per rendere un tantinello piú speziata la sua esperienza. Il Guardiae a renderlo indelebile.
Con lo stesso umore di chi stava per farsi la scalinata piú lunga e ripida della sua esistenza, cercò di raccogliere tutta la sua voglia di vivere, visualizzando mentalmente il risultato che desiderava: la protezione che svaniva sotto il potere del suo incantesimo. La concentrazione di Camillo era tangibile, come se l’aria intorno a lui si fosse trasformata in una spugna antistress, da schiacciare e stritolare per dare sfogo a quella punta d’ansia che si stava insinuando nei suoi pensieri. Si posizionò con tutto l’ambaradan conscio di dove fosse il nord geografico. Sollevò la bacchetta, i suoi movimenti ancora un po' incerti, ma carichi di determinazione.
Iniziò il rituale dell'incantesimo, con la bacchetta disegnò nell'aria un rombo che, sì era un rombo, ma che una rotazione del polso dopo l'altra aveva reso quella pratica un tantinello macchinosa, un po’ inceppata in alcuni punti, e quindi tanto rombo in fin dei conti non si poteva definire. Prima verso est, poi nord, poi ovest e infine sud. La sua esecuzione era tecnicamente corretta, ma la tensione articolare lo tradiva in una leggera esitazione, una mancanza di fluidità che era essenziale per lanciare l’incantesimo. Con un colpo secco, mirò al centro della figura geometrica immaginaria, pronunciando con forza «Mágistérium». Gli accenti martellavano l'aria con un'eco vibrante.
Per un istante, gli sembrò che qualcosa si stesse per spezzare, ma non seppe dire se fosse stato il suo tunnel carpale o il Guardiae. Tuttavia, il Magisterium non riuscì a penetrare la barriera magica che proteggeva la scritta. Camillo sentì la frustrazione pizzicarlo da dentro, un'ombra che sfiorava la sua solita aria da “che vuoi che sia?”. Prese il cancellino e tentò di rimuovere la scritta, ma come previsto, le parole rimasero lì.
Che dire? Nessuna sorpresa. Era consapevole che quel controincantesimo richiedeva non solo una precisione gestuale impeccabile, ma anche una forza interiore e una sicurezza insormontabili, elementi che ancora doveva affinare. Almeno così c’era scritto nel manuale. Mentre riponeva il cancellino, un sorriso lievemente ironico sfiorò le sue labbra. Era solo all’inizio, pensò tra sé e sé, ma almeno il primo gradino era andato. Si domandava quanti ne mancassero.
2 — Il petto di Breendbergh si gonfiava e si sgonfiava ritmicamente, seguendo il suo respiro profondo e regolare; cercava la quiete. Dopo il primo tentativo, la scritta "Non ci riuscirai!" sulla lavagnetta sembrava coglionarlo un tantinello di più. Con la bacchetta di salice stretta fermamente tra le dita, si preparava ad un nuovo tentativo, nella speranza di cavarsi dalle scatole quella rogna il prima possibile.
Questa volta, il suo approccio era leggermente differente. C'era una maggiore consapevolezza nei suoi movimenti, un controllo più raffinato della bacchetta. Le rotazione del polso disegnavano un rombo nell'aria con piú precisione, ogni tratto marcatamente definito, verso est, nord, ovest e per ultimo in direzione sud. La concentrazione di Camillo era qualcosa pareggiata solo dalla sua determinazione, un muro invisibile che lo isolava dal mondo esterno.
Arrivato al momento cruciale, con un colpo secco al centro del rombo, pronunciò la formula «Mágistérium». La voce di Camillo era più ferma, più convinta, con gli accenti sulla 'A' e la 'E' scanditi con chiarezza. La parola vibrò nell'aria, una dichiarazione di guerra al Guardiae che proteggeva la scritta.
Sentì un'ondata di energia fluire attraverso di lui, più intensa rispetto al primo tentativo. La sua bacchetta risuonava in sintonia con le proprie aspirazioni. Camillo ne fu quasi sopraffatto, immaginandosi il potere del Magisterium avvicinarsi alla soglia di una potenziale realizzazione.
Tuttavia, nel profondo, un seme di dubbio continuava a germogliare. Nonostante tentasse di progredire, una parte di lui sapeva che qualcosa ancora mancava. Era come se un ultimo, cruciale pezzo del puzzle fosse appena fuori dalla sua portata.
Con una mistura di cautela e un’altrettanto misurata speranza, si avvicinò alla lavagnetta. La scritta "Non ci riuscirai!" lo sbeffeggiava ancora, imperturbabile. Con il cancellino in mano, Camillo tentò di rimuoverla. Il suo braccio si mosse con un gesto deciso, ma l'esito del suo secondo tentativo rimase identico al precedente: un fallimento.
3 — Il Cretino per antonomasia, con lo sguardo incendiato dalla frustrazione di due tentativi andati al demonio, si posizionò di nuovo davanti alla lavagnetta, conscio di dove fosse esattamente il nord. La scritta "Non ci riuscirai!" sembrava quasi ridergli in faccia, intoccabile, e piú lui la guardava, piú gli sembrava brutta. La sua calligrafia non era delle migliori. Stringendo il Salice con una sprezzemolata d’ira ad intorbidirgli i pensieri, si preparò per spogliarla della sua protezione.
Questa volta, la sua esecuzione era improntata da un'urgenza calma, un equilibrio tra velocità e precisione. Iniziò la rotazione del polso, tracciando il rombo nell'aria con una fluidità e una sicurezza che prima non aveva riscontrato. Il polso ruotò, passando per ogni punto cardinale - in ordine: est, nord, ovest, sud - con i movimenti marcati da una gestualità più sicura e raffinata. Era concentrato, deciso a strappare il velo dietro il quale quelle parole trovavano un rifugio piú che confortevole.
Alla fine di quella composizione geometrica, infilzò il centro del rombo con la bacchetta e pronunciò la formula. «Mágistérium» Sembrava piú fiducioso, questa volta. Gli accenti sulla 'A' e la 'E' risuonarono ben delineati, come di consueto. La formula sembrava echeggiare contro le pareti del retrobottega, portando con sé la promessa di una magia che forse, e dico forse, stava iniziando a concretizzarsi.
La risposta della sua bacchetta fu immediata e più intensa. Un'onda di energia si riversò attraverso di essa, quasi come se l'incantesimo fosse sul punto di cedere al suo volere. O almeno questo era quello che pensò. Camillo sentì un'emozione genuina crescergli nel petto, con la speranza che magari – si disse – questa volta, avrebbe spezzato l'incantesimo protettivo.
Nonostante egli stesso riconoscesse di aver compiuto qualche progresso, un filo di incertezza rimaneva. Un fischio ovattato a disturbargli i timpani. Un piccolo granello di sabbia nell'ingranaggio della sua fiducia. Questa sensazione gli ricordava che, nonostante tutto, l'esito non era ancora assicurato.
Avanzando verso la lavagnetta, il cuore di Camillo batteva in sintonia con il respiro profondo e controllato. La scritta "Non ci riuscirai!" se ne stava ancora lì, come un monito costante della difficoltà dell'impresa. Con il cancellino in mano, si preparò a rimuoverla. Il suo movimento era deliberatamente lento, un gesto che portava con sé il peso dei due fallimenti precedenti e la speranza di un successo imminente. Ancora una volta, riscontrò, aveva mandato i suoi buoni propositi all’aria.
4 — Nel retrobottega, il buon vecchio Breendbergh affrontava nuovamente la sua nemesi: la scritta "Non ci riuscirai!" sulla lavagnetta. I tre tentativi falliti non avevano fatto altro che alimentare la sua voglia di passare a miglior vita. Con la bacchetta di salice in pugno, si concentrò con una fermezza rinnovata, forse un po’ dalla psicosi che si stava scatenando, pronto per ripetere quella tiritera ancora ed ancora.
Questa volta, l'approccio di Camillo era impregnato dalla consapevolezza acquisita durante le esercitazioni precedenti. La sua esecuzione rifletteva un mix di pazienza e celerità, un equilibrio delicato tra la riflessione e l’azione che stava compiendo. Con movimenti fluidi, iniziò a disegnare il rombo nell'aria, la rotazione del polso precisa e intenzionale verso est, nord, ovest e alla fine sud. Ogni direzione vedeva il polso ruotare fluidamente.
Tracciato il rombo immaginario, con un colpo deciso al suo centro, Camillo pronunciò «Mágistérium». Un po’ di grinta donava una vitalità genuina alle parole. Gli accenti sulla 'A' e la 'E' echeggiavano con forza, come chi era venuto a capo di quella diavoleria – primo tra tutti, l’ideatore – comandava.
L'energia che fluiva dalla bacchetta aveva un vigore tutto suo, come un torrente affamato e desideroso di inghiottire l'ostacolo. L'atmosfera intorno a Camillo vibrava di potenziale magico, preludio di quello che sarebbe potuto essere un successo.
Tuttavia, c'era ancora un velo di dubbio che offuscava la sua prospettiva. Era piccolo tarlo, la manifestazione del tormento causato dai fallimenti passati. Era cauto e realistico.
Si avvicinò comunque alla lavagnetta fiducioso. La scritta "Non ci riuscirai!" se ne stava ancora lì, imperturbabile e provocatoria. Con il cancellino in mano, Camillo tentò di rimuoverla. Un gesto a cui ormai si era abituato e che di volta in volta gli confermava fosse meglio darsi a Golf, o qualunque altra attività egualmente noiosa. Una passata, la scritta ancora lì, un improperio gettato al vento.
5 — Il bastardo se ne stava ancora una volta di fronte alla lavagnetta, la scritta "Non ci riuscirai!" a testimonianza dei suoi sforzi infruttuosi. Considerate le sue recenti esperienze con gli incantesimi avanzati, si era illuso di saperci fare; ogni volta che tentava di apprenderne uno nuovo, invece, la disillusione gli arrivava sui denti come il gancio di Mayweather.
Ciò a prescindere, i fallimenti non avevano scalfito la sua risolutezza, ma avevano acceso in lui un fuoco ancora più ardente. Un’ossessione malsana. Il disturbo di chi, quando iniziava qualcosa, non si schiodava finché non l’aveva portata al termine.
Con la bacchetta di salice pronta a scattare, si preparò.
La sua postura era un po’ storta, fiacca, ma questo non rifletteva affatto il suo stato d’animo, anzi. Iniziò a tracciare il rombo nell'aria con una precisione affinata dagli errori passati. Ogni movimento, in ordine, verso est, nord, ovest e sud era un equilibrio tra velocità e leggerezza, calibrato dalle rotazioni di un polso che ormai gli riuscivano quasi del tutto naturali. Un colpo secco al centro del rombo immaginario che aveva disegnato nel vuoto di fronte a sé.
Quando arrivò il momento di pronunciare la formula, quasi la ringhiò.
«Mágistérium». Tuonò, la voce di Camillo era chiara, potente, con gli accenti sulla 'A' e la 'E' che risuonavano fastidiose come le campane di un funerale. La formula vibrava nell'aria, carica di una nuova intensità, a testimoniare la sua determinazione.
Questa volta, la bacchetta di Camillo sembrava rispondere con un’energia più coerente, quasi in armonia con il suo mood. Era sicuro che presto avrebbe aggiunto al suo repertorio anche quel controincantesimo, sapeva che era questione di tempo e di buona volontà. La sensazione di potere che emanava era più controllata, meno rozza, si aggrappava al suo stato d’animo.
Tuttavia, una traccia di incertezza persisteva, un leggero tremore nell’Io, la disgrazia dei tentativi falliti. Era una sfumatura di realismo che temperava la sua speranza e che bilanciava la brama di successo e la consapevolezza della difficoltà della sfida che stava affrontando.
Con un’ampia falcata, Camillo si avvicinò alla lavagnetta. "Non ci riuscirai!", la scritta ancora lì, la guardava pronto a smentirla. Afferrò il cancellino con un gesto che era allo stesso tempo sgraziato e ben mirato. Muovendo la mano verso quelle parole, le sue movenze riflettevano la speranza di aver finalmente segnato la fine di quel supplizio. Nulla da fare, ancora una volta non era riuscito a rimuovere la protezione.
6 — Dopo una breve pausa e qualche snack, l’olandese si mise ancora una volta in posizione. Era andato a controllare di non aver disincantato nulla in negozio, un po’ traumatizzato dai film di Nolan, in cui la cosa del “sta funzionando, ma non nel posto in cui credi” sembrava essere un tema ricorrente.
La serie di fallimenti precedenti non aveva intaccato il suo desiderio di portare a termine l’impresa; al contrario, sembrava aver infuso in lui un vigore che ormai conosceva bene. Quello di chi, dopo una corsa estenuante, vedeva comparire traguardo nella sua visuale. Con la bacchetta di salice ben salda, il suo sguardo era concentrato e deciso, pronto a sfidare nuovamente il suo stesso Guardiae.
I movimenti di Camillo stavolta erano ancor più misurati, frutto di un apprendimento costante e di una volontà indomita. Un perfezionamento costruito tentativo dopo tentativo. Tracciò il rombo nell'aria con una precisione, frutto della pratica e di una memoria muscolare che si stava abituando a quei gesti. Ogni direzione, da est a nord, a ovest e poi a sud, era eseguita con una fluidità che rasentava l'eleganza, mentre il polso ruotava per permettere al catalizzatore di toccare i punti cardinali. Infine, piantò la punta della bacchetta al centro del rombo che aveva segnato.
Nel pronunciare «Mágistérium», la sua voce era ferma, impregnata di una fiducia maturata attraverso il superamento delle difficoltà iniziali. Gli accenti sulla 'A' e la 'E' erano scanditi con precisione. La formula sembrava abradere lo spazio che lo separava dal suo obiettivo, pronta a raschiare via il sortilegio difensivo dal bersaglio una volta raggiunto.
L'energia che fluiva dalla bacchetta di Camillo era quasi tangibile, un flusso che sembrava pronto a incanalare l'intera forza dell'incantesimo. Sembrava. Ogni esperimento fallito aveva contribuito a costruire quel momento, una somma di esperienze che si concretizzava in un potenziale successo.
Nonostante ciò, non gli piaceva cantar vittoria prima di avere le conferme di cui andava in cerca. Era un po’ colpa della consapevolezza che, nonostante i progressi, il successo non era garantito.
Avvicinandosi alla lavagnetta, il cuore di Camillo batteva con un ritmo regolare, un eco dei suoi pensieri e delle sue emozioni. "Non ci riuscirai!" ancora lì, un monito della sfida che stava affrontando. Con il cancellino in mano, mosse la mano verso la scritta. Il suo gesto era prudente e ben calcato fece cigolare il cancellino sulla superficie liscia. Controllò. Ancora una volta nulla da fare.
7 — Camillo cercava la nocciola che gli era caduta. Doveva essere rotolata sotto qualche armadio, si disse, sfilando lungo la gamba attraverso i jeans che indossava. Di fronte a lui, la lavagnetta con la scritta "Non ci riuscirai!" sembrava ricordargli costantemente che, in fin dei conti, il promemoria poteva essere veritiero, non piú un rinforzo per spronarlo. Tuttavia, l'espressione dell’olandese era serena, per quanto non ne potesse piú di cincionare con quel sortilegio, e la determinazione nei suoi occhi rifletteva la volontà di cavarsi quell’impiccio dai piedi, così da potersi dedicare alla ricerca del gioiello perduto. La sua mano stringeva la bacchetta di salice con una presa sicura, pronta a ripercorrere un rituale già praticato un’infinità di volte.
I movimenti che seguirono furono meticolosi, una sinfonia di gesti precisi e ponderati. La rotazione del polso di Camillo aveva tracciato un rombo nell'aria con una fluidità quasi ipnotica. Ogni direzione - in ordine: est, nord, ovest, sud - era marcata da una rotazione del polso controllata, specchio di una padronanza sempre più prossima a quella che avrebbe potuto considerare la perfezione.
Una pugnalata al centro del rombo, la punta del salice infilzò la figura geometrica segnata nell’aria.
Quando pronunciò «Mágistérium», la sua voce si caricò di entusiasmo. Aveva un timbro che vibrava con fiducia e nel quale risuonava la sua brama indomabile di spellare via il Guardiae dalla superficie che proteggeva. Gli accenti sulla 'A' e la 'E' spiccavano con una chiarezza cristallina, come una sorta di sfida lanciata all'incantesimo che si faceva custode di quelle parole. Ci sono io e ci sei tu, poi vediamo chi muore.
L'energia che emanava dalla bacchetta era ora coerente con il carisma che esercitava, un flusso che sembrava allinearsi perfettamente con la volontà di Camillo. C'era una sensazione di armonia tra il fu-Tassofrasso e il suo strumento, una connessione che suggeriva… beh non voleva cantare vittoria troppo presto
Nonostante questo, l’agitazione gli rimaneva incollata addosso. Era un sussurro nella mente di Camillo, il tormento postumo dei fallimenti passati.
Breendbergh si avvicinò alla lavagnetta con un passo svogliato, ciondolante, il suo sguardo fisso sulla scritta. "Non ci riuscirai!". Afferrando il cancellino, mosse un gesto verso carico di aspettative, ma rilassato. Si era detto che se avesse fallito di nuovo, avrebbe sempre potuto riprovare.
Verificò e sì, a quanto pareva avrebbe dovuto tentare di nuovo la sorte.
8 – Il cretino, tanto esasperato quanto in vena di portare a termine ciò che aveva iniziato, al netto di innumerevoli tentativi falliti, si trovava di nuovo a fronteggiare la sua stessa calligrafia: "Non ci riuscirai!". Ormai gli era così familiare, nel suo modo beffardo e silenzioso di sfidarlo, che quasi gli sarebbe dispiaciuto riuscire nel suo intento. Quasi. Ma in Camillo c'era qualcosa di diverso; una quiete profonda, una concentrazione salda, la perseveranza di chi aveva trasformato ogni fallimento in un gradino calpestato verso la vetta della maestria. Stringendo la bacchetta di salice, si preparò per lottare ancora con quel nemico invisibile.
I suoi movimenti erano naturali come il respiro, una sequenza maturata a suon di batoste, ormai impressa nella memoria muscolare. La rotazione del polso formava un rombo perfetto nell'aria, ogni direzione venne toccata - est, nord, ovest, sud -, ed i punti cardinali vennero accarezzati con una grazia elegante che non gli apparteneva, una profonda sicurezza che solo la ripetizione costante gli aveva permesso di affinare. Era come se ogni tentativo passato avesse lasciato aggiustato le sue movenze quel tanto che bastava per portarlo a quel punto del suo percorso. Se avesse fatto caso ai suoi movimenti, nemmeno si sarebbe riconosciuto.
Fu quando piantò il catalizzatore al centro del rombo che divampò in lui l’incendio della determinazione, quella autentica, quella che portava la sua firma sgraziata. Era sicuro che, questa volta, nulla avrebbe separato il cancellino dall’inchiostro.
«Mágistérium». Ringhiò. La sua voce era carica di un'intensità che rifletteva il suo stato d’animo, così come la chiarezza con cui aveva visualizzato il risultato. Gli accenti sulla 'A' e la 'E' erano stati esaltati, in inflessioni che echeggiando con autorità nel piccolo spazio in cui era rinchiuso. E così, la formula vibrò nell’aria, seguendo la traccia del controincantesimo.
La risposta della bacchetta fu immediata e sorprendentemente potente, o almeno così gli sembrò. L'energia che emanava era un flusso puro, svincolato da ogni ostacolo, fisico e mentale. In fin dei conti, il potenziale magico che gli scorreva nelle vene aveva avuto diverse occasioni per adattarsi alle necessità del suo portatore.
Con passo sicuro, si avvicinò alla lavagnetta. La scritta "Non ci riuscirai!" lo attendeva, ed ora che la guardava da vicino, quasi aveva l’impressione avesse le ore contate. Afferrò il cancellino, carico di speranza, poi tentò di strofinare via le lettere con un gesto rapido della mano. Magari, si disse, avrebbe potuto finalmente aggiungere il Magisterium al suo repertorio, questa volta. Ciò nonostante, per un primo momento, non osò guardare, lasciando che fosse il fato a determinare la riuscita della sua impresa. Se ne sarebbe accertato solo pochi istanti a seguire.
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