Banshee, don't say it!, Privata.

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 25/7/2023, 19:20
Avatar

Group:
Auror
Posts:
4,689

Status:


banshee, don't say it!
txHbbfG
1jcaAFm
Ufficio Ariel Vinstav » Londra
30 giugno
Cara Ariel,
Mi dispiace non essermi fatta viva in questi mesi. Sono stata super impegnata, soprattutto con il nuovo lavoro. Mi piacerebbe raccontarti e sapere anche di te, di come stai. Se ti va, ho un paio d’ore ogni giorno per pranzo. Scappare dai miei colleghi e trovarti sarebbe un piacere.
Se ci sei, fammi sapere.

Un abbraccio,
Mary Grenger.


25 luglio, ore 12.38

Varchi la soglia della sede centrale della Gazzetta del Profeta che sei già stanca. Porti sulle spalle il peso di tutte le scartoffie che hai dovuto scrivere, leggere, correggere, ricontrollare. Inizi a chiederti se fare l’Auror non sia essere anche un po’ giornalista, con tutte i report che ti ritrovi a scrivere. Ti hanno schierato sul campo poche volte e sai bene che funziona così all’inizio. Tua zia è felice, comunque: immagina per te una vita da ufficio e ne è elettrizzata.
È solo martedì, ad ogni modo, e sei già fiacca.
Stanca e preoccupata. Tu ed Ariel non avete lo stesso rapporto che avresti con Jane o Alice, ma avete condiviso qualcosa d’importante l’ultima volta che vi siete viste e il fatto che non ti abbia risposto ti ha messo in agitazione. Ragionevolmente sai che avresti potuto scrivere un’altra lettera, che forse la prima è andata persa, che il gufo ha fatto confusione e quant’altro. Logicamente sai, ma non c’è nulla di logico nella preoccupazione.
«Buongiorno.» Esordisci a quella che ti pare una sorta di reception al piano terra della redazione. La signora è seduta ad una lunga scrivania, la testa abbassata sulle scartoffie. Tocchi istintivamente il tuo collo e pensi che a stare in quella posizione possa venirti la gobba. A te e a lei.
Ti schiarisci la gola ed è quel tanto che rende visibile la tua presenza all’altra che però non alza il capo, no, semplicemente ribatte con un «sì?»
«Mi può indicare l’ufficio della vice-redattrice, per favore?»
«Ha un appuntamento?» è uno spartiacque. Sai che a rispondere di no Ariel non la vedrai mai. «Sì.» Offri i tuoi dati quando ti viene chiesto, consapevole che tra le varie scartoffie la segretaria non troverà il tuo nome. Il fatto che non ti abbia ancora guardato ti irrita e lo stress accumulato ti rende scattante più del solito, perciò hai le mani in tasca. Per evitare di usarle, insomma.
«Il suo nome non è in lista.»
La tua bocca si contrae e te ne rendi conto poco prima di spaccarti i denti da sola. «Forse non mi sono spiegata.» Il tuo tono cambia, allora e sei d’improvviso un auror autoritario. Stacchi dai pantaloni il tuo distintivo e deve pesare proprio tanto perché quando lo appoggi sul bancone produce un rumore sordo. «Devo vedere la vice-redattrice.» Hai finalmente attirato l’attenzione della segretaria che, a vedere il distintivo, esordisce con un oh che sa di oh. «Ha delle informazioni riservate da condividere.» aggiungi, l’ultima cosa che vuoi è che la segretaria sparga in giro la voce che un Auror sia andata ad arrestare Ariel o una cosa del genere.
Te la stai anche facendo un po’ sotto, a dire il vero. È la prima volta che usi il tuo distintivo ufficialmente e il fatto che sia per una menzogna non aiuta per nulla. Deglutisci ma la segretaria si sta alzando e non ti nota. «Capisco. Dovrò comunque andare dalla vice-redattrice per avvisarla. Può aspettare qui.»
La vedi allontanarsi e decidi quindi di seguirla. «Facciamo che l’accompagno.» E il tuo viso chiude ad ogni inutile protesta la segretaria aveva già avanzato. Appunti nuovamente il distintivo al lato destro dei pantaloni e prosegui fino al secondo piano. La segretaria bussa un paio di volte prima di aprire la porta e le voci di voi due si accavallano.
«Vice-redattrice, c’è qui un Auror pe-»
«Le dica che abbiamo un appuntamento vice-redattrice, per favore.»
Sei già nell’ufficio, hai avuto soltanto il tempo di mettere a fuoco Ariel. Hai le mani sui fianchi, la giacca aperta, i piedi puntati per terra e speri dio, preghi davvero, che Ariel ti regga il gioco. Perché no, non hai paura di Rhaegar ma l’ispettore Graham ti terrorizza e spiegarle il fattaccio ti metterebbe in tanti, tanti guai.
 
Top
view post Posted on 26/7/2023, 21:36
Avatar

"Gran Sacerdote del Tempio della Pizza"

Group:
Giornalista
Posts:
1,461

Status:


banshit, I won't say it!
aurora
seal
Ufficio Ariel Vinstav » Londra
1 Luglio - la lettera è stata cestinata.

Cara Mary
Mary
Bentrovata,
Ti prego non scusarti. Io stessa non ho mantenuto una corrispondenza, faccio veramente schifo con i rapporti sociali. Sono stata sommersa dalle responsabilità del mio nuovo lavoro, quindi ti capisco tantissimo. Ti prego non sentirti in colpa. Sarebbe bello vedersi per pranzo, o una cena, ma ammetto di aver ancora difficoltà nel mettere in pratica molte delle lezioni venute fuori dal nostro incontro.
Possiamo rimandare l’invito ad un’altra occasione e limitarci a conversazioni via lettera per ora?

Mi dispiace,
Ariel.



25 luglio, ore 12.38

“Un urlo nel vuoto, quando il governo isola le voci del coro.”
Rileggi più volte il titolo sulla pergamena.
La macchina da scrivere ha impresso con precisione i caratteri dimostrando una meticolosità che adesso invidi.

Suona come un insulto, una richiesta priva di fondamenta: se non sei tu in grado di toccare con precisione i punti di interesse di un articolo di giornale, chi altri, Vice Redattrice Vinstav?
Una galleria di ritagli di giornale e foto ti osserva dalle pareti del tuo nuovo ufficio, criticandoti con lo stesso silenzio che ti soffoca dall’inizio della giornata.
Stringi le labbra, forzandole in una smorfia di mal contento che fingerai essere rivolta alla bozza d’articolo, anziché te stessa.
Ripieghi la pergamena con una cura che non ti appartiene e delicatamente la abbandoni nel cassetto laterale della tua scrivania.
“Non ancora, passo dopo passo. A mente più lucida.”
E’ la quinta volta che te lo dici nell’arco di pochi miseri minuti.
Un mantra puntuale che vorresti funzionasse come una ninna nanna, una nenia che ti culli in un finto stato di calma, lontano dal malessere dei tuoi pensieri.
“Prima Jolene, poi Mary, poi il giornale, poi la tua famiglia, poi la campagna editoriale.”
Ripassi un piano che fallisce a rassicurarti. E’ ormai più un ricordo di ciò che ti sei prefissata di affrontare senza alcun successo, il reminder della tua procrastinazione e con questa del tuo fallimento come adulto funzionale.
Dovresti semplicemente seguire un percorso, spuntare obbiettivo dopo obbiettivo e invece no, eccoti qui, impigliata in una rete di pensieri che il tuo raziocinio sa perfettamente mettere a fuoco, ma che il tuo cuore fatica a districare.

Prendi un profondo respiro, prima di lasciarti ad andare.
Vorresti dire che il tuo rapporto con l’aria sia intimo e conflittuale e che fare esercizi di respirazione per calmarti ti venga facile come scattare una foto.
Invece no, ultimamente per te respirare è come sentire mani invisibili che ti schiacciano il busto e ti costringono di tirare fuori tutto quello che hai.
Che poi, la hai l’aria in quei polmoni, Ariel?
Ti trema il fiato e più che espirare, sussulti.

Pochi attimi dopo ti ritrovi costretta a nascondere il volto pallido fra i palmi delle mani.
Inspiri. Espiri. Inspiri. Espiri.
“Passo più passo. A mente più lucida.”
Inspiri. Espiri. Inspiri. Espiri.
“Sono preoccupazioni lecite, Ari. Va tutto bene. I razzisti sono ovunque nel mondo tanto quanto le persone decenti. Per ogni insulto ci sarà qualcuno con un complimento.”
La testa si abbassa, accompagnata dal risalire delle mani che ora trovano rifugio contro gli incavi del collo.
E’ un peccato, Ariel. C’è così tanto potenziale nel sapere scrivere come dovrebbe andare la storia, come sia giusto pensare ed agire: peccato che alla fine non fai nulla; è tutto lì nella tua testa, inesplorata come questa vita che ti fa paura.

Proprio quando la fronte accoglie il bordo della scrivania con un tonfo, qualcuno bussa alla tua parte.
Sussulti. Ti tiri tu con eccessiva forza, facendo traballare la poltrona di pelle su cui sedi. La nuca cozza contro l’imbottitura e la pelle marrone, attutendo la botta.
Le dita sbattono contro il legno e in quello stesso istante, la porta viene spalancata.
Mary ti può osservare senza alcuno ostacolo, mentre la osservi con un’espressione di sconcerto e confusione.
Per un momento sembra essere cambiato poco dal vostro ultimo incontro: gli occhi grandi come due sfere di cristallo per la sorpresa, i capelli bianchi per i preparati da calderone e il taglio irregolare di un caschetto con due singole lunghe ciocche a pizzicarti il collo.
«Mary?»
La voce però è diversa, gli abiti sono diversi e così anche l’ufficio.
Con la promozione è venuto un trasferimento di scenario e con lo scenario sei cambiata un po’ anche tu.
E’ tutto più ordinato, meno affollato e claustrofobico.
I colori portanti non sono più sfumature cupe fra il nero, il marrone e il rosso.
Bianco, verde e marrone si alternano in una palette desaturata e armonica, fatta di mobili fatti su misura, nuovi e con poche macchie e sbeccature.
Persino tu, Ariel, sembri imitare la stanza, a partire dal trucco leggero ma impeccabile e la nota di rosso sulle labbra, o sull’abito di un arancione tenue perfettamente accordato ai tuoi sandali marroni e i piccolo gioielli d’oro a mani e orecchie e collo.
E’ una scelta di stile minimal che seppur piacevole ed estetica, su di te appare essere solo costruita, privativa, non tua.

L’impressione si può concretizzare come realtà quando una volta osservato l’ambiente e messo meglio a fuoco quanto accaduto, la tua reazione istintiva sia non tanto quella di rivolgersi all’Auror, ma alla receptionist.
«Mi scuso per il disguido, cara. Hai fatto bene a dubitare dell’Agente Grenger - bisogna seguire delle procedure.» Scocca un’occhiata di sbieco all’ex grifondoro. Il tuo tono non è brusco, né aggressivo, ma pacato e morbido come sempre; eppure, qualcosa stona comunque. C’è un formalismo di fondo che ti fa sembrare più grande, più stanca, meno spontanea e genuina, meno te.
«Ma per il futuro, può segnare l’Auror Grenger come un’eccezione alla mia lista? Tranne che durante i meeting di redazione e con gli altri redattori, ovviamente.»
Pieghi le labbra in un sorriso di circostanza, falso forse quanto la compostezza della tua postura, rigida in una posa plastica da persona sicura di sé.
«Non possiamo chiedere tempo alle indagini, a volte, no?» Incalzi poi con una mezza battuta, rivolgendo lo sguardo stavolta non più alla receptionist che annuisce, comprensiva, ma a Mary.
E’ in questo momento che stavolta ti permetti un momento di espressività più sincera: non è rabbia, ma nemmeno gioia quella che provi. E’ un misto di perplessità e preoccupazione che sembra chiaramente esprimere un: perché sei qui?

Fatto sta che non la scacci. Non hai il cuore di farlo, è inutile mentirci.
Nel momento in cui la porta si chiude alle spalle di Mary, Ariel rimane immobile a guardarla.
Poi sospira, stavolta con meno fatica di prima. «Da oggi sei nella mia lista privata, ti prego di non abusare della cosa.»
Il tuo tono di voce si abbassa nel volume, perdendo della finta durezza che il ruolo imponeva, seppur ti muovi ancora dietro i formalismi di un linguaggio d’ufficio.
«… sei arrabbiata, vero?»
Ti volti verso la finestra, aperta a mostrare il cortile interno del palazzo della Gazzetta del Profeta: un trespolo di metallo imbrunito con piccole vasche di sementi è al momento impegnato da un piccolo gufo reale della redazione.
«Non ti biasimerei. Non ti ho risposto dopo un mese. E prima di allora non ti ho scritta. E … sei un Auror, nemmeno ti ho fatto le congratulazioni.»
Parli e parli, senza avere il coraggio di guardarla in volto.
Ti stringi nelle spalle, chiudendoti poi dietro braccia conserte che vogliono illudere Mary di avere davanti qualcuno di distaccato e assolutamente a proprio agio.
«Puoi sederti dove vuoi. Poltrona, sedia, divano … tieni solo conto che dietro il divano dorme il mio serpente.» Fai un cenno verso il trittico di poltrone e divano sotto la finestra che osservi: proprio dietro lo schienale del divano, un mobile regge la teca incantata di Lord Bleppington, il tuo pitone.
 
Top
view post Posted on 1/8/2023, 11:18
Avatar

Group:
Auror
Posts:
4,689

Status:


banshee, don't say it!
txHbbfG
1jcaAFm
Ufficio Ariel Vinstav » Londra
E d’improvviso percepisci lo stress dalle spalle cadere via, i tuoi muscoli rilassarsi, il petto tornare a muoversi regolarmente. Respiri ed è perché hai Ariel davanti, perfetta e in disordine come sempre. Abbassi il capo e sospiri, le braccia che ti cadono giù ora parallele al corpo. Quando alzi di nuovo la testa accenni un sorriso alla giornalista ma si spegne piuttosto velocemente quando questa inizia a parlare. Come osi – pensi – dubitare di me? Come? Sono qui per te.
Le mani ti si stringono in pugni ma il tuo viso non mostra altro che una espressione neutrale, pacata mentre gli occhi si muovono lentamente tra la segretaria e la giornalista.
Quando la porta si chiude alle tue spalle, pensi che non avresti dovuto essere qui. Quando Ariel apre la bocca e parole a te incomprensibili escono fuori, sembri averne la conferma.
«… sei arrabbiata, vero?» Vorresti dirle di no. Vorresti essere superiore e migliore e tante altre cose che però non sei. «Ora sì. Ora che mi accusi che potrei abusare del tuo tempo, Ariel, dopo che non ci vediamo da mesi, io-» il tuo tono è accusatorio e c’è rabbia nella tua voce. Non era previsto, no. Eri venuta qui perché preoccupata, per egoismo: perché Ariel ti mancava. Hai alzato la voce e ti fermi, ti ricordi chi sei. Chi sei, Mary. Chiudi gli occhi e porti entrambi le mani al volto, prendi un respiro così ampio che tutto il tuo corpo si muove di conseguenza. La voce di Ariel ti ricorda la voce di tua madre quando eri con la testa sotto l’acqua e lei ti diceva cose che non recepivi davvero, che era filtrate.
È un rapporto molto fragile il vostro. Non sei sicura di come sei arrivata a questa conclusione. Forse perché non ha seguito la normale linea temporale dell’amicizia. Tu ed Ariel siete saltate da conoscenti a confidenti e sapete cose l’una dell’altra che gli altri ignorarono. È come se mancasse un tassello nel vostro rapporto. Ci tieni, ma non troppo. Ci tieni tantissimo, ma non la conosci abbastanza. Non sai come muoverti. Non puoi arrabbiarti troppo perché chi sei tu per lei. Non puoi ignorare la cosa perché lei conta qualcosa nello schema della tua vita.
«Ero preoccupata.» Infine. Le mani non ti coprono più il viso che ora è aperto ed onesto. La tua voce adesso è tranquilla, trasporta la stanchezza della mente. Cerchi Ariel con lo sguardo, vuoi trasmettere la tua onesta. «Non hai risposto alla mia lettera e mi sono preoccupata. Mi dispiace essere piombata qui io-» ti fermi e ragioni. Ma la realtà è che «-non lo so. Volevo saperti bene.» Cerchi di sorridere ma appare come un movimento impercettibile delle labbra che non sai sia arrivato o meno ad Ariel. Porti la mano destra alla tempia, la sinistra ancora sul fianco in quella posizione da commissario degli anni Ottanta che sembri aver assunto dopo solo qualche mese da Auror.
Inspiri di nuovo e fingi che Ariel ti abbia invitato a sederti per amicizia e non per comune cordialità. Fingi di importare per lei quanto lei per te. Fingi e speri che la finzione convinca anche l’altra.
Non ti siedi comunque, non subito. Ti prendi un attimo per assorbire la stanza, guardarti intorno. Lo fai perché sei Auror e lo fai perché è un luogo che appartiene alla giornalista e sei curiosa. Arricci il naso, solo ora l’odore di incenso ti colpisce ed è forse uno dei motivi per cui ti girava la testa, pensi. Libri, documenti, tre enormi credenze piene di pergamene. Sposti lo sguardo sulle macchine fotografiche e sorridi istintivamente pensando a quando vi siete conosciute, davvero.
«Puoi invitarmi a sedere come se fossimo amiche?» Esordisci d’improvviso, il tuo sguardo che rapidamente si sposta sulla figura dal vestito arancio.
«Non sono un auror adesso, Ariel e vorrei che tu non fossi una giornalista. Pensi che possiamo riuscirci?»
 
Top
view post Posted on 7/9/2023, 01:02
Avatar

"Gran Sacerdote del Tempio della Pizza"

Group:
Giornalista
Posts:
1,461

Status:


banshit, I won't say it!
aurora
seal
Ufficio Ariel Vinstav » Londra
È ironico e triste notare come le carriere che vi hanno portato fino a questo momento vi abbiano plasmato per cercare di apparire il più artificiali possibile. Tu, improvvisamente con outfit coordinati e un linguaggio costruito e formale, mentre Mary cerca di trattenere le emozioni che ha sempre mostrato apertamente.
Proprio come te, Ariel, ma senza la codardia che ti contraddistingue, perché indossa un distintivo che le ricorda ogni giorno di dover riflettere due volte prima di agire.

Schiudi le labbra, pronta a dire qualcosa, ma poi esiti. Fai qualcosa che normalmente preferisci non fare in contesti informali: rifletti, pesi troppo le parole che dovresti dire per descrivere ciò che senti. Poi, sospiri e... non dici nulla. Lasci parlare Mary, le permetti di esprimere il suo scontento. In cuor tuo pensi di meritarti la sua rabbia, il suo "lash out", perché lei vive genuinamente e senza vergogna se stessa, a differenza tua.

Eppure, Mary non è più una studentessa di Grifondoro e tu non sei più un giovane bozzista alla ricerca di novità.

«Ho scritto una risposta, ma non l’ho mai inviata. Era... insipida.» L'ammissione ti da fisicamente fastidio. Le labbra si arricciano in una smorfia di sdegno, come quando si beve un caffè amaro dimenticato e ripreso ormai troppo freddo. «Non era all’altezza della preoccupazione e dell'emozione che provavo dietro.» Quasi sussurri nel dirlo, disapprovante e stanca.
Il trucco ha fatto il suo lavoro nell'alleggerire le borse sotto gli occhi e il rossore lungo il contorno delle palpebre, ma più Mary si espone con la sua audacia, più ti sembra difficile fingere che vada tutto bene.

Non va tutto bene, Ariel.

Porti lo sguardo verso l’alto, tra le assi bianche del soffitto, poi ti giri mostrando la schiena al tuo ospite, lasciato in sospeso a pochi passi da un divano su cui non ha ancora intenzione di accomodarsi. Alla cieca, la mano destra trova il lato della scrivania, tirando a sé il gancio d’ottone di uno dei cassetti. All'interno di questo, poggiata sulla sua custodia originale, c'è la tua bacchetta. La sollevi dal suo cuscino color glicine e la punti verso uno dei mobili nella parete attrezzata.

«Sono Vice Redattrice, adesso.» La voce torna ad appiattirsi nel tono, vivendo in una costante pacatezza che non ti appartiene.
Il polso si muove di istinto, su e giù, un colpetto a mezz'aria e per magia ecco che il vassoio di legno si sospende a mezz'aria. Uno, due, tre tonfi leggeri e lo sportello si apre, permettendo a una coppia di bicchieri e una bottiglia mezzavuota di venire trasportati verso di loro.
Quando ti giri verso Mary, una bottiglia di vino elfico vi divide, trovando posto su un lato del tavolo da caffè.
«E Jolene è Docente di Incantesimi - ma sono sicura saprai già tutto.»
Quando la magia del Wingardium Leviosa lascia il tuo catalizzatore, così fa la maschera di sicurezza sul tuo volto.

Abbassi le spalle e passi nervosamente un lato della mano destra contro il centro della fronte, cercando di fare pressione contro l’attaccatura del naso. «Se non "piombavi", come dici tu, avrei probabilmente finito da sola una bottiglia di Mirbyin e avrei continuato a dirmi di scriverti senza farlo davvero.» Ancora però non ti muovi. Rimani lì, bacchetta in mano e volto nascosto dietro una mano a caccia di un mal di testa che sai benissimo essere lì perché stai di schifo.
Ed è colpa tua, per la cronaca.

«È l’unica cosa che penso stia funzionando davvero, fare il giornalista.» Paladina della verità, dici, ma guarda quanto sei brava a mentire. «Sai che non gliel’ho ancora mai detto?»
Le dita scivolano lontano dal volto, mentre lo sguardo dapprima serio si mostra ora a Mary per ciò che è davvero: affranto e pieno di vergogna.
«Che la amo, intendo. Riesco a dirlo a te, ma non a lei. Jolene si accontenta di innuendo, giochi di parole, affetto, regali. Sa probabilmente che lo penso, ma non ha mai voluto spingere troppo per farmi parlare.» Quando cerchi il suo sguardo, una singola lacrima pizzica l’angolo dell’occhio destro.
«È anche per quello che ti ho evitato, penso. Mi ricorda cosa manco di fare. Sono abituata ad essere amichevole, non un’amica; i rapporti duraturi richiedono che ti esponga. Ariel non si espone, però: io faccio ridere, il personaggio di supporto a cui dici tanto perché non la prendi troppo sul serio; non rimango mai a lungo in un posto e rimango vaga sulla mia vita.»
La mano che impugna la bacchetta si solleva, si scuote assieme alle dita verso Mary a indicarla nella sua interezza. «Sono riuscita a non dire niente a persone che ho conosciuto quando avevo dieci anni.»
La voce si incrina e la tua mente si proietta istintivamente a ricordi distanti nella solare Valle della Loira, con un Professor Cravenmoore ancora troppo piccolo per conoscere la malizia che lo contraddistingue, intento a inseguirti a bordo di una piccola scopa volante giocattolo.
«Poi arrivi tu che ti esponi senza battere ciglia e mi fai dire cose... e mi fai pensare e...»
Ti fermi. Devi respirare, prendere profondi respiri e imparare a tenere a freno la lingua.
Chissà che così tu riesca anche a calmare il battito cardiaco che ti rimbomba nelle orecchie.
«Mi hai solo aiutata, senza niente in cambio, senza conoscermi e io riesco solo a nascondermi dietro un dito, o parlarti di quanto amo la stessa persona che fino a qualche anno fa corteggiavi tu. Perché vuoi essermi amica? Non ha... non ha senso, in questa storia io sono la stronza.»
Lo dici quasi ridendo, perché il nervosismo ti è salito alla testa con la stessa rapidità con cui sono venuti a galla fiumi di parole ed emozioni, troppo forti perché la bella figurina da Vice Redattrice Vinstav possa reggere.
 
Top
view post Posted on 13/9/2023, 10:50
Avatar

Group:
Auror
Posts:
4,689

Status:


banshee, don't say it!
txHbbfG
1jcaAFm
Ufficio Ariel Vinstav » Londra
«Ho scritto una risposta, ma non l’ho mai inviata. Era... insipida.»
Inspiri, lasci che l’aria e l’incenso ti riempiano i polmoni. Questa semplice frase, questa affermazione, ti dà gioia. Sapere che ci ha provato, Ariel, che non ti abbia volutamente ignorato è già qualcosa per te. Ti accontenti delle briciole? Certo, sì e forse dai più importanza a questa amicizia di quanto faccia l’altra.
«Non era all’altezza della preoccupazione e dell'emozione che provavo dietro.» Butti fuori l’aria, chiudi gli occhi e il silenzio sembra rimbombare con tale forza nella stanza che non sai come affrontarlo. «Mi dispiace» rispondi sussurrando a tua volta, dicendolo più a te stessa che a lei. Ti dispiace che parlare con te sia un motivo di preoccupazione per lei. Forse hai frainteso tutto, forse non siete amiche. Forse sei tu che crei rapporti più su ciò che credi di vedere nell’altro piuttosto di ciò che esiste davvero. Quando Ariel ti dà le spalle hai un attimo per delineare la sua figura, per cercare in lei la ragazza che hai conosciuto. Seguì con gli occhi la sua mano, la vedi raggiungere la bacchetta. L’addestramento di Auror ti impone di stare in guardia, t’impone di abbassare impercettibilmente la mano verso la tua bacchetta nel taschino.
Ma lei è Ariel, tu sei Mary. Non ti farà del male.
La bottiglia di vino e i due calici sono un invito silenzioso e non te lo fai ripetere due volte. Riporti lo sguardo sul volto della giornalista e ti spingi in avanti, giusto un paio di passi che ti dividono dalla scrivania. «Beve sul lavoro, vice redattrice?» inclini la testa, cerchi i suoi occhi nascosti dalla mano. «Dovrò mica segnalarla alle autorità?» con tono leggero cerchi di penetrare l’indistinta pesantezza di ogni vostro incontro. E ti dici che dovete smetterla di essere le aspettative che gli altri mettono su di voi ed essere semplicemente le due ragazze che siete.
Glielo dici, allora. La interrompi prima che il flusso di coscienza possa portarla in un luogo troppo buio per il suo buon cuore. «Non m’importa che non mi hai scritto, Ariel.» hai un tono basso, gentile. Hai paura che possa sfuggirti via dalle mani. «M’importa che sei qui e che mi parli. M’importa che sei qui.»

Ti permette di vedere il suo volto e senti l’indistinguibile stretta al petto che la sua tristezza ti provoca. E sei triste anche tu, adesso.
La ama, Jolene. Lo sapevi, certo ma sentirglielo dire ha un valore ancora più alto. Ma quelle parole non sono per te e ti si stringe il cuore nel percepire la paura di Ariel. Non la interrompi ma nel momento in cui si ferma per respirare ti avvicini, allunghi la mano destra sulla scrivania, la trascini sul legno in modo che sia tra voi due. «Ar-» ma non ha finito, c’è altro che vuole dirti. C’è altro che vuole dirsi ad alta voce.
«-o parlarti di quanto amo la stessa persona che fino a qualche anno fa corteggiavi tu-»
«Non me ne frega un cazzo di Jolene, Ariel!» il tuo tono è deciso, non necessariamente alto ma fermo. E forse t’importa ancora di Jolene ma non è quello il momento di pensarci.
Sei frustrata, vorresti farle vedere quello che vedi tu. «Non m’importa di lei e di quello che fa. Io sono qui per te Sottolinei con forza e lo esprimi con i tuoi occhi fissi su quelli dell’altra. «E sai cosa? Mi stai anche offendendo» lasci il palmo della mano destra piantato sul tavolo. Sei ancora leggermente inclinata in avanti ma hai paura che a fare un passo indietro Ariel ti fraintenda. Tu e il linguaggio del corpo, blabla. «Mi stai dando dell’idiota per non essere capace di riconoscere gli amici. Ma lo sono, Ariel. Sono capace di scegliere le persone che mi piacciono, quelle con cui voglio passare del tempo, quelle che sì magari sono stronze perché non rispondono alle mie lettere ma che comunque ho voglia di vedere. Smettila. Se stai tentando di allontanarmi, così non funziona.»
Ritorni ad una posizione eretta, le mani sui fianchi e respiri profondamente. «Ti perdono per non avermi scritto se è questo quello di cui hai bisogno. Sei perdonata, è fatta. Ora-» ti costringi a non portare la mano sulla tempia, piuttosto porti entrambe le mani congiunte davanti a te. «-abbiamo accertato che voglio esserti amica. Apriamo questa bottiglia e decidiamo quando e come dire a Jolene che la ami, ok? Poi magari riusciamo anche a raccontarci le nostre giornate o a parlare dell’ultimo album di quel gruppo rock. Come si chiamava?»
 
Top
view post Posted on 13/9/2023, 23:19
Avatar

"Gran Sacerdote del Tempio della Pizza"

Group:
Giornalista
Posts:
1,461

Status:


banshit, I won't say it!
aurora
seal
Ufficio Ariel Vinstav » Londra
«Mi dispiace»
Vorresti dire che non dovrebbe, che non ha motivo di dispiacersi, perché quella che dovrebbe saper esternare le emozioni e raccontare una storia non è lei, ma tu.
Ti stringi nelle spalle, non sapendo come esternare ciò che provi.
Sei sempre stata in prima fila per poter dare libera voce ai sentimenti degli altri, ma ora che si parla dei tuoi … è opprimente rendersi conto di quanto si possa sentire, di quante parole esistono al mondo e quanto nessuna di questa sembra essere abbastanza da poter contenere tutto il tumulto che ti schiaccia il petto.
Sentire è opprimente. Essere vivi è claustrofobico.
«Beve sul lavoro, vice redattrice? Dovrò mica segnalarla alle autorità?»
Cerchi di lasciarti trasportare dall’umorismo del tuo ospite, di cercare di allontanarti dalla pressione delle tue emozioni e la pesantezza del vostro incontro. «Sbaglio o questo incontro non doveva essere di lavoro?» Provi a sorriderle, ma l’espressione manca della sua naturalezza e risulta semplicemente plastica e sghemba, come una brutta cornice affissa male ad una parete grigia.

Quando l’altra stronca le tue parole, sussulti.
Non per il volume nella voce di Mary - riesce a cercare di non ferirmi anche quando ha il diritto di essermi ostile -, ma per l’impatto delle sue parole.
Ti rendi conto di quanto tu sia in tensione solo in quel momento, con le venature della bacchetta che segnano l’interno del tuo palmo e le punte dei piedi che stanno sostenendo l’interezza del tuo corpo.

Apri la bocca, pronta a dire qualcosa per sedare le parole dell’altra.
Vuoi chiederle scusa, vuoi spiegarle anche perché si meriti la sua rabbia e non solo di sentirsi offesa.
Vuoi che se ne vada. Vuoi rimanere da sola, lì in quell’ufficio da rivista che ti sei scelta per sentirti più adeguata ad una promozione che non ti aspettavi.
Vuoi che Mary ti rifiuti. Perché scappare non è più possibile come quando eri solo una studentessa, nascosta nel dormitorio o in un angolo dei Giardini di Nicolas Flamel all’Accademia.
«Non sei un’idiota.»
Invece riesci a farfugliare solo questo, mentre i tuoi occhi scrutano con insistenza lo stelo di uno dei due calici.
«Io … uhm.. non…»
Prendi un profondo respiro e a passo lento cominci a muoverti verso il divano.
Indugi, lasciando che la pelle ti sfiori il ginocchio prima di lasciarti andare contro uno dei due posti a sedere.
Non la guardi ancora, trovando distrazione in punti ciechi della stanza, o su pieghe naturali del proprio abito.
«…non ho ancora mangiato, vuoi … ordinare qualcosa via gufo?»
Un invito a pranzo. Farfugliato, detto guardandosi le cuticole delle mani e senza accennare a prendere in mano la bottiglia, ma comunque un invito a pranzo.
«Ti piacciono gli Hobgoblins?»
E poi la più grande delle banalità ti fa sentire a tuo agio: ti basta un argomento neutro come la musica per riportarti con i piedi per terra.
Ti si illumina lo sguardo e ti giri, labbra unite in un piccolo sorriso speranzoso.
Non può ferire un discorso del genere, no?
«Sei mai stata ad un loro concerto? E Shae, invece? Ti piace? Sono sicura che se chiedo posso ottenere qualche biglietto extra per il Tour che devono fare, la nostra rubrica musicale deve coprire almeno una tappa. Magari ne prendo due e ci andia–»
Ti interrompi e sussulti, come se il resto delle parole ti fosse rimasto bloccato in gola, causandoti un singhiozzo nervoso.
«Cioè non voglio dare per scontato tu voglia, magari lavori, cioè è un lavoro molto pesante immagino fare l'Auror. O magari vuoi andarci con qualcuno dei tuoi amici? Cioè puoi dirmelo in caso, non …» Abbassi la testa e istintivamente porti una mano contro il volto, nascondendolo.
«Non so avere una conversazione. Fermami
 
Top
view post Posted on 19/9/2023, 08:56
Avatar

Group:
Auror
Posts:
4,689

Status:


banshee, don't say it!
txHbbfG
1jcaAFm
Ufficio Ariel Vinstav » Londra
«…non ho ancora mangiato, vuoi … ordinare qualcosa via gufo?»
Il tuo stomaco pare rispondere prima di te e lo senti mormorare cose anzi, forse urlare. «Merlino, sì.» sprofondi nel posto a sedere che Ariel ti ha lasciato libero, estrai il tuo corpo dalla giacca e la prendi, piegandola in due e sistemandola sul bracciolo. «Hai mai mangiato da Himiko’s Taste? Cioè, che poi-» fai una pernacchia con la bocca mentre riporti il tuo sguardo su Ariel, con discrezione tenti di leggere il linguaggio del suo corpo. Siete sedute di fianco, ora, e forse sei riuscita a tranquillizzarla un attimo. «Di vegetariano hanno pochissimo, finisco sempre per mangiare solo due o tre cose ma gargoyle, Ariel, è buonissimo!» hai fame, non c’è altra spiegazione.
«Ma se hai altro in mente, ti ascolto.» Accavalli le gambe, cerchi con gli occhi la bottiglia perché ora hai davvero sete, ora hai davvero bisogno di quel vino. Lasci correre e il tuo sguardo torna sulla giornalista di fronte a te. No, non giornalista, amica. I tuoi occhi si illuminano a vederla travolta dall’emozione e pensi sì, è lei, sono riuscita a far tornare Ariel da me. «Non so avere una conversazione. Fermami.»
Ridi ora, non dovresti lo sai ma percepisci le tue spalle rilassate, il volto disteso. «Ti fermo, ok.» le dici e con la mano sinistra raggiungi la sua sul volto, più precisamente il suo polso. Passi con il pollice il punto in cui senti il suo cuore battere e con delicatezza allontani la mano dal viso. «Non vorrei andarci con nessun altro.» le dici con delicatezza, ancora una volta a cercarla con lo sguardo. Vorresti solo che ti guardasse, Ariel, vorresti farle capire ancora una volta che non c’è alcun luogo in cui preferiresti essere adesso. Riporti la mano in grembo. «Degli Hobgoblins ho ascoltato, penso, due canzoni? Tre, forse? Che poi ho anche un loro album a casa, sono imbarazzante.» La mano sotto al mento, gli occhi rivolti ad un punto impreciso della stanza. «Carini, ma non sono sicura siano proprio il mio genere? Ma Shey…» porti le mani in viso, cerchi di contenere l’eccitazione. «Io sono sicura, cento percento, duecento percento, che Love Myself l’abbia scritta pensando a me!» Hai ascoltato quella canzone troppe volte per essere considerata sana di mente dalle persone che conosci. «Ma la cosa davvero sconvolgente e che ancora non ho avuto modo di comprare l’album. Sono tipo la sua fan peggiore e migliore…» Forse non hai avuto modo di andarci perché lì ci lavora Oliver. Forse è troppo difficile per te presentarti da lui all’improvviso. Troppi forse e troppi ma. Scuoti impercettibilmente la testa, torni nell’ufficio di Ariel. «Se riesci ad avere i biglietti, ci andiamo. Posso pagarli, lo giuro! Essere auror ha i suoi vantaggi.» Pochi, ma buoni…
 
Top
view post Posted on 20/9/2023, 22:18
Avatar

"Gran Sacerdote del Tempio della Pizza"

Group:
Giornalista
Posts:
1,461

Status:


banshit, I won't say it!
aurora
seal
Ufficio Ariel Vinstav » Londra
«Qualche volta, sì, ma non ci vado da quando… hanno scoperto che ho finto di essere lì con una prenotazione, imbucandomi al tavolo di un cliente.» Sì, hai mangiato da Himiko’s Taste, ma fatichi a ricordarne il sapore, distratta com’eri dall’imbarazzante conseguenza delle tue azioni.
Sorrisi di circostanza e guance rosse come pomodori davanti alle avançe di uno sconosciuto non fanno al caso tuo, né del cibo che vorresti consumare con calma, tanto mano se come dessert ricevi l’invito del caposala a lasciare il ristorante.
C'è da chiedersi se fa più ridere l'aneddoto, o la leggerezza con cui ne parli e prosegui nella conversazione.
«Tanto non possono riconoscermi tramite i nostri Gufi, no? Cinese o Giapponese?» Sollevi la mano indicando alcuni cartigli colorati schiacciati contro un reggilibri di legno massello: sono menù di diversi locali della zona fra attività della comunità magica e babbana a portata di gufo e piedi.
«Sennò mando qualcuno al paiolo … aspetta, sei vegetariana? Quante cose non so?» L’ultima domanda è più per te che per Mary. Aggrotti la fronte e per un attuni sul volto raffiorano il senso di colpa e la tristezza: mesi spesi ad evitare un confronto significavano opportunità lanciate alle ortiche; rendersi conto di quante poche cose sapeva di lei era il reminder di essere la causa di tutte queste prime esperienze tra di loro mai avvenute.
«Qual è il tuo piatto preferito?» La domanda ti sorge spontanea, sussurrata fra te e te, ma comunque perfettamente udibile. «E il colore preferito?»
Aggrotti la fronte, conscia di quante “prime domande” siano sfuggite al vostro incontro - quello ‘vero’, senza giudizi e solo le stelle a farvi da testimoni.
«Che sogni avevi da piccola? Una cosa assurda che hai fatto …» Diventa evidente, ora, come tu stia elencando a te stessa cosa vorresti sapere di Mary invece che chiederglielo.
Quando rialzi lo sguardo verso l’Auror è offrendo un calice di vino rosso appena versato, intercettato dall’arrivo inaspettato di una mano.
Il contatto fisico è improvviso, ma allo stesso momento non ti sorprende.
Senti la pelle inspessirsi, accapponarsi sotto il calore improvviso, ma non ti ritrai.
Accogli la vicinanza senza batter ciglia, lasciandoti abbandonare con la guancia contro il palmo della ragazza.
Per qualche secondo chiudi persino gli occhi e poi muovi leggermente la testa su e giù, ricordando in quel gesto un famiglio in cerca di affetto – come quei gatti che non mancano mai di voler lasciare un po’ di sé sui propri umani.
Quando riapri gli occhi sono spalancati, grandi grandi e di un celeste pieno, screziato qua e là da pagliuzze chiare, fra il turchese e il grigio.
La tristezza è stata nuovamente scostata via dal tuo volto, una gentilezza alla volta.
«Ti devo prestare i miei album, allora. Ti manderò qualcosa nel tuo ufficio e non ti preoccupare: ho i miei contatti nella rubrica musicale.»
Lo farfugli con le labbra che sfiorano ancora la pelle dell'altra. Questa è una bugia bianca, più o meno; tutti sanno chi sei, ormai, ma questo non significa che tu abbia il potere di ottenere ciò che vuoi da chi vuoi.
Sai chi è Oliver Brior, una delle menti dietro la Rubrica: hai avuto modo di scambiare alcune parole con lui - più convenevoli - al bancone di Evviva lo Zufolo o fra i corridoi della Gazzetta quando in visita da Hogwarts e ti piace pensare di aver lasciato una buona impressione, ma è comunque un azzardo promettere biglietti che non sai se Oliver può o vuole trovarti - ma tutto pur di fare bella figura, vero Ariel?
«Anche essere Vice Redattore ha il suo perché, che credi?» Arricci le labbra in un sorriso leggero, ma manchi della forza a sostegno della tua sfacciatagine.
«Allora direi vino e ordiniamo. Prendo il menù.» Quindi cambi argomento come prima, correndo ai ripari e lasciando lo stelo fra le dita di Mary, tentando di intrecciare le vostre per un secondo, quanto basti per assicurarti che sia avvenuto il contatto e poter lasciare il bicchiere.
«E nel mentre … chiedimi qualcosa, qualsiasi cosa. Non abbiamo avuto tutte le conversazioni superficiali che dovrebbero esserci prima di quelle complesse.»
Trattieni una risata che è nervosa, carica della tensione che minaccia sempre di ribollire e risalire spietata.
L’hai detto a Mary, del resto: tu non sei abituata a fare amici.

Quando ti allontani dal divano non dai peso al leggero sibilio che viene emesso dal cuscino dietro di te.
Mary, invece, potrebbe avere reazioni meno distaccate e tranquille quando la testa puntata di un pitone bianco fa capolino fra le pieghe della pelle del divano.
 
Top
7 replies since 25/7/2023, 19:20   281 views
  Share