Ventidue e un quarto, Privata - Camillo

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view post Posted on 1/7/2023, 19:39
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CodiceEra rimbalzata per pressoché tutta la giornata tra una lezione e l’altra – le ore buche le aveva passate in aule vuote con compiti, fialette di pozioni e materiale vario sotto lo sguardo attento e iperconcentrato.
Poi ovvio certo, ad un certo punto si era tranquillamente fatta mezza rampa di scale sul fondoschiena - coordinata come pochi nella vita si era inciampata nel * n u l l a c o s m i c o * più totale o sarà forse stato il naso completamente immerso tra le pagine di un libro, un enorme calderone sotto un braccio e borsa, pergamene e boccette di ogni sorta incastrate confusionariamente sotto l’altro - eh Adels? Tu che dici?
Fermata miracolosamente la sua discesa al ventesimo scalino, la londinese si era ad ogni modo arresa solo quando aveva ritrovato il calderone disperso due rampe più in basso a dispetto di tutto il resto raccolto dolorosamente in giro per i gradini soprastanti: aveva chiamato così in soccorso Abith, la piccola elfa che spesso e volentieri la aiutava – tant’è che dopo averle raccomandato di chiedere aiuto prima di dare vita a nuovi e originalissimi lividi sui fianchi e sfracellarsi il coccige, aveva recuperato dalla strega tutto il materiale che poteva riportare al proprio posto e l’aveva salutata con un piccolo cenno da “questa può restarci secca domani ingambandosi nell’aria, meglio salutarla” - non prima comunque di averle lasciato una piccola borsa del ghiaccio da portarsi dietro.
Adeline Walker aveva passato così il resto della giornata, rigorosamente in piedi e con il ghiaccio sul fianco destro – perché da brava iperattiva fece letteralmente di tutto meno che il banale necessario come recuperare una pomata per il suo fianco dolorante – sino a che (mettendo a tacere per l’ennesima volta il pensiero che oltre ad essere un’abile pozionista era di fatto una ex Medimag attualmente messa quasi ko da una scivolata giù per le scale faremo finta di non commentare e non ridere, proprio come quei primini testimoni della scena) - - zoppicando leggermente, ben oltre l'ora di cena aveva preso la via del ritorno, direzione: il suo ufficio.

In realtà le piaceva, tutto quello.
Beh, ok, non proprio tutto - avrebbe cercato di fare più attenzione, promesso ma chi ci crede Adels.
Ma le piaceva il mormorio costante degli studenti che in un flusso perpetuo si muovevano dando vita all’intero Castello, le piaceva il calore di quelle mura, le piacevano i suoi impegni, i colleghi – le piacevano i riflessi dei primi raggi del sole quando all’alba colpivano i flutti scuri del Lago Nero, così come le piaceva il silenzio denso che di notte avvolgeva lei e l’intera Hogwarts - - le piaceva il profumo di bosco che ogni tanto giungeva in refoli freschi e umidi dalla Foresta Proibita, le cui fronde scure erano diventate nella sua testolina dorata un’immagine rasserenante per il suo cuoricino e per la sua mente sovraffollata.

Una volta salito l’ultimo faticosissimo scalino della torre di Astronomia la mente di Londra era perciò ancora tutta presa dalle sue liste di "amo et odi amo" rivolte a quel luogo - ma il corpicino varcò tranquillo e silenzioso la soglia del suo ufficio, richiudendo in fretta la porta dietro di sé e – per qualche secondo – abbandonando la schiena contro il piano ligneo, gli occhi chiusi.
C’era silenzio lì, c’era pace – Adeline ancora con lo sguardo nascosto dietro le palpebre lasciò che le dita abbandonassero la presa sulla borsa del ghiaccio, per saggiare invece il legno dietro di lei – piccoli stratagemmi di ancoraggio alla realtà: on – e i timpani vibrarono appena quando Regn cantò lieve per il suo ritorno.
L’ex Bronzo Blu aprì di poco l’occhione verde e sbirciò la stanza: il suo Augurey era accoccolato nel nido, gli occhietti scuri fissi su di lei.
Lo studio era in ordine come al solito e, anche se ancora tutto soffuso nella penombra della sera e dal suo sguardo mezzo aperto e mezzo no, la strega individuò anche gli strumenti, i libri e i compiti dati poche ore prima ad Abith, che meticolosa li aveva riposti con cura.
...Fu lo scintillio di un qualcosa di inaspettato tuttavia che catturò, risvegliandola, l’attenzione di Londra - che spalancò così gli occhioni per studiare meglio il profilo di quella novità - la schiena ancora appoggiata alla porta.
Erano fragole, quelle?
Si pentì nell’immediato quando con un piccolo scatto si staccò dal piano ligneo per potersi avvicinare alla sua scrivania - il fianco dolorante si lamentò a gran voce di quel movimento troppo repentino.
Erano fragole sul serio però.
Per la precisione, si trattava di un bellissimo bicchiere ricolmo di fragole, limone e zucchero – con tanto di cannuccia e –
Adeline aveva già alzato il coperchio traslucido e afferrato il vetro ancora fresco ripieno di frutta quando la destra, ancora libera, sfiorò con la punta delle dita i contorni di un biglietto con un pacchettino incartato lì a fianco.
Era rientrata appena in tempo a quanto pare – così, ancora assolutamente non dolorante in piedi, ripose per un secondo le fragole, dedicandosi incuriosita al pacchetto: era un piccolo specchio, ovale e dal vetro lucido e pulito, incorniciato da bordi in metallo lavorati.
Considerato il contenuto del biglietto e i discorsi espressi durante il loro ultimo incontro..
Adeline sorrise, saldando la presa sull’oggetto, afferrando con la mano libera nuovamente le fragole – e dirigendosi così con la grazia che può esibire soltanto un pirata con la gamba di legno a questo punto verso l’angolo morbido di fronte al suo caminetto spento.
In realtà era ancora tutto spento, e Londra si accoccolò tra i suoi cuscini così come tra le ombre silenziose e rassicuranti del suo studio.
Si puntellò un po' per trovare la posizione più comoda, punzecchiò un paio di fragole che le andarono a riempire subito le guance e portandosi lo specchio all’altezza dello sguardo bicromo..

Aveva ancora la cannuccia in bocca, come i bambini, una fitta di dolore nel mentre le crucciò rapidissima il volto – ma nel complesso stava decisamente sorridendo quando scandì il nome del suo olandese preferito: -Camillo!-

 
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view post Posted on 1/7/2023, 21:05
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Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

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CodiceQuando era tutto in ordine c'era sempre qualcosa che gli sfuggiva, o almeno questo era quello che continuava a ripetersi Camillo mentre scandagliava la camera che aveva affittato in cerca di cose fuori posto. Per i suoi standard – per quelli del locale, ad onor del vero – era fin troppo pulita. Gli perdonava ci fosse un po' di polvere qua e là, sulle mensole e sul tavolino, ma nulla di più. Niente macchie evidenti, niente cose… cose da pub.
Messo com'era, mentre rideva in preda all'isteria, avrebbe pagato fior di quattrini per avere sotto mano una tanica di luminol e qualche aggeggio che sparasse luci bluastre. L'unica cosa che lasciava scie blu in quella stanza in effetti era lui, ma su questo ci torneremo. Residui dei suoi spostamenti, accompagnati dai toni canarino che tanto s'allontanavano dalle reminiscenze cobaltine sulla ruota dei colori. Si guardava le mani, le muoveva sgraziatamente. Le dita come serpenti, incorniciate come rosoni nelle cattedrali gotiche. L'aria era vetro. O forse era lui ad esserlo?
Perdipiù era abbastanza certo ci fosse qualcuno nelle pareti. Gnomi, uomini ombra, ospiti indesiderati e altre creature effervescenti. Frizzanti, ticchettavano un tip tap di passetti e grandi urti a spezzare il ritmo, come palle di cannone sparate sulle mura di mattoni verniciate svogliatamente. Rideva e non gli importava.
Era tutto in ordine, al di là di quei dettagli trascurabili.
Il lampadario lo guardava e lui guardava il lampadario. Scendeva da un soffitto inspiegabilmente immacolato come un ragno che penzolava dalla sua ragnatela. Interessante. Avrebbe chiamato un elefante se avesse potuto.
Invece fece qualcosa di più faziesco, non per sollazzarsi, quanto per mera utilità: c'appese lo specchio comunicante, agganciato con un cavo caricabatterie ben attorcigliato su uno sghiribizzo piantato sul retro, tenuto ben saldo proprio da un cacciavite a spronarlo. Ed ecco il famigerato e complesso sistema di specchi e leve. Se solo avesse saputo che un famoso conduttore della TV Italiana faceva certe cose con dei complessi sistemi di specchi e leve, avrebbe riso. Ma tanto rideva comunque e si beò della sua ignoranza.
Lo specchio ora dondolava con la faccia riflettente rivolta sul letto ad una piazza, in cui lui stesso si tuffò. Si sdraiò, ancora vestito, con un pennarello indelebile stretto nella mano destra ed un taccuino formato A4 nell'altra.
Disegnava, scarabocchi perlopiù. Lo aiutava a non pensare, non voleva essere triste proprio quella sera, perché anche se la giornata era stata lunga, ancora non si era conclusa e gli restava un altro appuntamento in programma. Tornò, sfogliando le pagine – blu e giallo, blu e giallo – ad una delle prime. Quelle che riservava per appuntarsi le cose importanti.
C'era il nome di Adeline, quattro numeri a seguire divisi dai due punti. Un due, un due, un uno e un cinque. Un girasole. Sorrise, poi guardò l'orologio e si rese conto che era stato puntuale, anzi, si era preparato con largo anticipo. Ben tre minuti. Non si riconosceva.
Merlino e pure Gandalf, se il letto ballava! Pareva di navigare su una barca. Il mare in tempesta, le onde che sollevavano con rabbia lo scafo, perché poppa e prua facessero su e giù come in una giostrina per bambini. E intanto un vento, che vento non poteva essere con porte e finestre chiuse, un po' lo cullava.
Tornò ad una delle pagine di fondo sul suo quadernetto e tracciò qualche linea in velocità. Rette e curve, soffici nuvolette e bastoncini. Disegnava dei lama, quando non voleva essere triste. Un'abitudine un po' stupida, ma si diceva "No Probllama" – stessa cosa scritta in copertina, non a caso aveva scelto proprio il taccuino con il lama sorridente. Aggiungeva così altri lama, perché più lama significava meno problemi, un po' come il rapporto inversamente proporzionale tra mele e dottori. Dicerie. Di mele ne mangiava tante e tante ne aveva mangiate, ma i dottori non erano mai mancati nella sua vita. Non voleva pensarci e per fortuna si fecero le ventidue e un quarto.
Lo specchio ormai si era fermato e fu una voce che conosceva a raggiungerlo. Strano, si disse. Non aveva mai utilizzato gli specchi comunicanti, ma da che mondo era mondo, il vetro non era uno speaker elettromagnetico, un amplificatore valvolare, un cantante dalla voce soave che con una sola parola gli fece balzare alla mente campi di granturco e meduse. Basta meduse.
Ma quando la voce aveva chiamato il suo nome, lui aveva risposto.
«Adeline?» Pronunciò il nome con una convinzione quasi assente, un po' come – dal tono questo si percepiva – una domanda. Tanto bastò.
Quello schermo piatto, che fino ad allora gli aveva mostrato il proprio riflesso, finalmente si decise a mostrargli qualcosa di nuovo. La figura della sua professoressa preferita, la dolce pozionista dai capelli d'oro e gli occhi bicromi. Pareva dolorante. La studiò, scavalcando il quadernetto con lo sguardo, intento a tracciare qualche segno su una delle pagine lasciate bianche.
Poi rivolse la pagina con la sua calligrafia in direzione dello specchio, facendo scivolare la cravatta di lato sulla sua salma. Anche lui pareva uno zombie. Sperava si leggesse, e non come si leggeva aznalubmA sui veicoli della crocerossa.
Stampatello. "Ciao Lì, sono felice di vederti. Tu mi vedi? Stai bene? Mi sembri dolorante".
Stette zitto e le rivolse un sorriso sincero, ma ad ogni movimento del corpo, corrispondeva inevitabilmente una scia di blu e di giallo, cobalto e ambra. Quanto ancora dovevano durare quei residui?
Se non altro il letto aveva smesso di ballare, come d'incanto. Tregua.

 
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view post Posted on 2/7/2023, 16:41
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CodiceTeneva lo specchio di fronte a sè, con il braccio destro semi teso in avanti – ma volendo contemporaneamente mangiare il suo dolce tutto personalizzato, si era accoccolata tra i cuscini portando le ginocchia quanto più vicine al petto e aveva incastrato pericolosamente lì in mezzo il bicchiere ricolmo di fragole.
Ad ogni frutto punzecchiato dalla cannuccia, il tutto traballava minacciosamente – Adeline inclusa, dato che per mantenere quel precario equilibrio fisico e mentale a questo punto Londra si ritrovava a dondolare sul posto, come una piccola barchetta momentaneamente ormeggiata al porto.
In compenso le fragole erano squisite, motivo per cui il rischio perenne di cadere persino da seduta (?) fondamentalmente per la testolina dorata della strega ne valeva la pena.

Stava attaccando in effetti la sua terza fragola quando, al suono del suo nome, sollevando lo sguardo non fu più effettivamente questo a riflettersi sulla superficie lucida dello specchietto – quanto piuttosto, la figura di Camillo.
Specifichiamo: la figura circa a metà busto, di un Camillo in cravatta e – Adeline inclinò involontariamente la testolina dorata, così tanto da far scivolare la cascata di capelli di lato mentre gli occhioni di mare e di bosco si assottigliavano appena, esplicitamente confusi: -Sei.. colorato!?-
Fu il primo e unico commento che le venne istintivo condividere, mentre il mago dall’altra parte sembrava tutto intento nello scrivere qualcosa.
Quando il blocchetto di fogli fu girato in sua direzione e Londra poté leggerne il contenuto a lei indirizzato, il capo tornò dritto e sorridendo annuì convinta - l’attimo prima in cui in effetti una seconda fitta al fianco la bastonasse di malo modo visto il movimento repentino di parte del busto.
-Sì io - ahi anche io sono felice di vederti, grazie per le fragole - già che erano state citate, si riempì velocemente le guance di frutta mentre coglieva l’occasione per studiare ancora un po' i tratti familiari dell’olandese – cercando di organizzare i pensieri e soprattutto le domande: -Perché non parli?- cercò di dare un ordine di senso ai suoi stessi quesiti, osservando incuriosita Camillo attraverso lo specchio -Stai male? E’ successo qualcosa? Questo qualcosa ha mica a che fare con queste scie giallo-blu che sembrano circondarti?-
Prese ancora una piccola fragola e mandò giù anche quella – non sapeva se era più contenta o più curiosa, l’animo frizzantino e zuccheroso come una lattina agitata di coca cola o coca zero? Il risultato era comunque il medesimo: iperattivazione a manetta tutta di botto: -Come ti è andata la giornata – come stai? Cosa hai combinato? Dove sei? Non ti serve aiuto vero? Comunque se devo essere sincera – ti donano come colori, sono proprio carini- ridacchiò arricciando un poco il naso con fare divertito -Anche se beh, certo, d’altronde c’è il blu in mezzo - ahi- si era di nuovo spostata involontariamente tra i cuscini e il fianco le aveva ricordato la sua dolorante esistenza.
-Io oggi ho dato spettacolo come mio solito – se ti racconto cosa è successo mi prendi in giro per i prossimi sei mesi- fece una smorfia a metà tra il buffo e il sofferente, consolandosi con un altro paio di fragole -Ma posso dirti questo:- impugnò la sua cannuccia con fare perentorio, come se stesse per declamare chissà quale perla -Alle scale piace cambiare – e nascondermi le cose, ho impiegato venti minuti prima di trovare un calderone che mi era sfuggito di mano – e per fortuna non era uno dei miei preferiti!-
Graaande respiro.
Si era lasciata trasportare dalla sua marea frizzantina e aveva sommerso l’olandese di domande e osservazioni, pensieri e mezze immagini della sua giornata – ma la realtà era anche che voleva ascoltare la sua di voce e la sua di giornata.
Sorrise, cercando di tenere a bada le sue bollicine e scivolando appena tra i cuscini e le ombre che avvolgevano ancora lei e il suo studio.
-Ora ti prego, rispondi ad almeno due delle mie domande – così con la scusa io posso finirmi queste. - e alzò leggermente dalla sua ancora precaria posizione incastrata tra le gambe ed il petto il bicchiere di fragole.
-Mh – e Regn ti saluta!-

Frasi sceme e dove trovarle. Ma ad Adeline Walker in quel momento non importava – tant’è che per un paio di secondi girò il proprio specchio inquadrando in lontananza il suo Augurey - prima di tornare ad osservare Camillo in fremente attesa.


 
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view post Posted on 6/7/2023, 21:28
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CodiceEra… colorato? O almeno così diceva. In effetti Camillo si era sempre definito colorato, fosse stato per l'incarnato roseo o gli indumenti che sceglieva, sempre tinti dalle tonalità più sgargianti. Ma forse, si disse, Adeline si stava riferendo a quelle scie di colore di cui ancora non era riuscito a liberarsi. Allora poteva vederlo anche lei!
Non ne andava fiero. Assolutamente no. In un guizzo di imbarazzo si mise a scrivere freneticamente sul quadernetto, senza rendersi conto del fatto che l'altra stava effettivamente comunicandogli a parole.
Fu solo quando la stessa Adeline gli domandò perché lui non parlasse, che realizzò.
A quel punto Camillo era bello che fuso e non solo si sentiva scemo, ma scemo due volte, e tutto il giallo ed il blu del mondo non sarebbero bastati a cancellare il fatto che le sue guance si fossero accese di un rosso scottante.
«Oh scusa, scrivevo sul quadernetto perché non ho mai usato gli specchi. Non sapevo se si potesse parlare».
Provò a ricomporsi, dopo un respiro profondo. Aveva organizzato il discorso nella sua testa per non biascicare e la pronuncia, in effetti, risultò cristallina. Si appoggiò il libretto aperto sul petto e cercò di mostrare un sorriso più quieto, nascondendo la scritta dietro la copertina di un lama sorridente.
Poi scosse la testa, dipingendo di grano e di cielo l'aria, come per dirle che andava tutto bene. Era solo lui ad essere un cretino, quello era il vero problema.
Si concentrò sull'immagine nello specchio e mentre Adeline, con il suo fare criptico, gli raccontava di aver fatto una figuraccia, corrucciò le sopracciglia esternando la sua preoccupazione attraverso lo sguardo. Le labbra serrate e gli occhi ipnotizzati dall'immagine della professoressa. Un vasetto di miele in controluce, come se davvero ci fosse stata abbastanza luce nella stanza da farla brillare di una vivacità dorata. In realtà, un po' faticava a scorgerla nella penombra.
Le persone nelle pareti picchiettavano. Tutto picchiattava. Lui si picchiettava la lingua contro il palato per scandire il corso del tempo, temendo – come se fosse stato possibile – di esserne lasciato fuori.
Ok, aveva fatto una figuraccia, ma cosa aveva potuto causarle tanto dolore? Aveva sbattuto da qualche parte? Se sì dove, come?
Tante erano le domande che si stava facendo, quanto poche erano le risposte che trovava.
Quasi si indispettì quando gli venne chiesto di raccontargli della sua giornata e non perché avesse qualcosa da nascondere. Sarebbe stato cristallino a tempo debito, ma sapendo che si era fatta male odiava essere lasciato sulle spine.
Scosse nuovamente la testa, mantenendo quell'espressione seria che poco gli si addiceva – giallo e blu ovunque. Era una cosa ricorrente, tra loro, al di là delle poche interazioni che avevano avuto a tu per tu; quel "non è così che funziona", implicito o esplicito.
«Non mi puoi dire così e poi cambiare argomento, fragole o non fragole».
Si ricordava le grida disperate degli elfi. Profumo di agrumi. Le disquisizioni infinite sulla quantità di succo; la buccia era edibile o no? Chi poteva saperlo.
«Facciamo che ti prometto di non prenderti in giro. Sei caduta?»
Chiese poi, preoccupandosi per lo stato di salute dell'amica, mentre ancora stringeva al petto il quaderno, così forte che quasi pareva volesse cancellare l'ultima scritta. Messo com'era, rischiava di convincersene.
Inutile specificare che era sottointeso il fatto che volesse sapere tutto nei minimi dettagli, anche cosa era successo a lei, nello specifico, a livello fisico.
Forse era un po' stupido insistere in tal senso, rischiava di risultare troppo apprensivo, ma se non si fosse tolto quel pensiero dalla testa, non sarebbe riuscito a viversi serenamente il resto della conversazione.
A Regn scoccò un bacino, come la freccia di cupido lanciata da un arco consumato, non appena Adeline lo inquadrò. Già si era proiettato con la mente ad una visita futura, in cui avrebbe nuovamente potuto strapazzarlo di coccole, nel pieno delle sue energie.
Poi sulla lastra di vetro tornò l'immagine di Adeline ed il volto di Camillo si ammorbidì, come si ammorbidì la morsa in cui aveva stretto il taccuino. Un po' l'aveva imbarcato, ma immaginava che un Reparo sarebbe bastato per farlo tornare alla sua forma originale.
Se avesse potuto risolvere cosí ogni problema, con un colpo di bacchetta, era certo non si sarebbe ridotto in quelle condizioni per non pensarci. Ed era altrettanto certo che su quelle pagine sporche d'inchiostro ci sarebbero stati molti meno lama; ma le pagine erano piene, come anche lui del resto si era riempito di una sofferenza che continuava a tornare a galla.
No, non voleva aggiungere un pensiero in più a quel mare di tormento, nero come il cielo invernale. Le onde erano tornate a far balzare il letto come un'altalena e lui si lasciò cullare, in attesa di approdare nel porto della sincerità che aveva preteso.

 
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view post Posted on 9/7/2023, 19:32
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CodiceAveva le guance colme di fragole e lo sguardo colmo di quei tratti e quei dettagli che lentamente ”lenta ma ferocemente costante” si dice così, no? stava imparando a conoscere – e a cui si stava palesemente affezionando, attimo dopo attimo.
Adeline Walker poteva definirsi felice così in effetti.
-Oh scusa, scrivevo sul quadernetto perché non ho mai usato gli specchi. Non sapevo se si potesse parlare.-
Era.. imbarazzo, quello?
Londra inclinò nuovamente un poco la testa, sinceramente incantata dalla questione.
Poi sorrise smagliante – un po' perché la divertivano quelle scie colorate, un po' perché era genuinamente contenta che l’olandese stesse apparentemente bene – ok, ok, i commenti al momento erano ancora un po' limitati ma Adeline Walker sapeva anche essere pazien- ma. quando. mai.
[“Era una cosa ricorrente, tra loro, al di là delle poche interazioni che avevano avuto a tu per tu; quel "non è così che funziona", implicito o esplicito” – e quel “Ehi io voglio ascoltare la tua di giornata – no prima tu - no prima tu perché io mi preoccupo - beh ma che vuol dire anche io ok p r i m a t u”]
Tant’è che..
Le guance nuovamente vuote si riempirono d’aria questa volta, dando vita ad un piccolo sbuffo ilare – accompagnato dagli occhioni verde blu alzati giocosamente al cielo: -Non sottovalutare mai il valore di.. una coppa di fragole?-
Forse era più fusa di quel che pensasse o forse era semplicemente così e basta.
Ad ogni modo si considerava una persona capace di scegliere le proprie battaglie, motivo per cui non le pareva proprio il caso di insistere troppo per il momento e rimandare quella che banalmente era infine una delle scene più tragicamente, anzi tragicomicamente epiche della sua carriera lavorativa in qualità di docente.
-Okok comunque – ti lascio vincere per questa volta - riprese mentre le iridi tornavano a riempirsi dei gesti e dei lineamenti dell’olandese – la tranquillizzavano, in qualche modo, la sensazione era quella di quando si respira a pieni polmoni dopo un tempo imprecisato di apnea – anche mentre quello stesso sguardo si assottigliava appena nel suo scrupoloso studio e memorizzazione di tutto ciò che gli passava bene o male sotto il naso – o meglio, attraverso lo specchio.
Tornando ad ogni modo in fretta a sorridere lieta, Adeline prese un grosso, grosso respiro: -Sono scivolata, d’accordo? Sono scivolata e mi sono fatta quasi un’intera rampa di scale di fondoschiena – credo di avere un ematoma enorme sul fianco - ma avevo talmente tante cose da fare e a cui pensare – aveva iniziato a parlare a macchinetta, rapidissima e concitata, seguendo il flusso ininterrotto e interrotto in più punti al contempo dei suoi pensieri - Sai, c’è una prima classe di Grifoncelli talmente carini, un paio di loro mi hanno portato dei muffin buonissimi - dalle cucine immagino – mh accidenti mi manca cucinare - piccolo sbuffo - Pensavo di chiedere agli elfi delle cucine un angolino per me ogni tanto, tu che ne pensi? Non darei fastidio a nessuno e giuro ripulirei tutto a mano se necessario – d’altronde non impegnerei nessuno, quello cucinato da me potrei dividerlo con chi mi pare o mangiarlo magari con loro!- gesticolava sempre parecchio, ma non se ne accorgeva mai -Una pausa ogni tanto se la meriterebbero – acciderbolina chissà se hanno dei permessi o pause, dovrei domandarglielo, adesso quasi quasi chiamo Abith e – no starà riposando – mi piacerebbe che la conoscessi però perché è così carina e proprio stamattina è stata lei a darmi una mano perchè - cavoli scusa sì beh – per l’appunto, stamattina mi sono volati di mano talmente tante pergamene e boccette – il calderone che portavo è finito due rampe più in basso, il libro che stavo leggendo è volato direttamente al piano di sotto – un intero piano!- sguardo sgranato dallo stupore e sconcerto, quasi terrore al solo pensiero di cosa ne sarebbe stata la sua vita se avesse perso uno dei suoi amati tomi - In più non avevo mai ripetuto così tante volte di essere dispiaciuta a dei quadri quanto oggi, una boccetta d’inchiostro aveva macchiato qualche cornice e il libro ne aveva scontrata un’altra e c’era una strega dipinta con in mano una zuppiera che credo miterràilmusopertuttalavitamannaggiamidispiacetantissimosai? -
Pausa – altro grande respiro - una capacità polmonare mica da poco la sua, ma la realtà era che più dentro di così alla testolina dorata della londinese il tasso non poteva sperare di entrare – per il semplice fatto che era così che funzionava la sua mente: rapidissima, confusionaria, con mille e una ramificazioni di discorso plausibili senza una reale mappa a disposizione – e ancora grazie che c’erano le fragole a distrarla e la stanchezza della giornata a limitarne il range di parola e d’azione.
Mentre Adeline assolutamente quieta nella sua frizzantina caoticità pungeva infatti tutta contenta un’altra fragola, non la sorvolava minimamente l’idea che anche solo quella punta dell’iceberg che era appena un assaggio del suo caotico e iperattivo mondo interiore, la potesse in qualsiasi modo far apparire strana – men che mai disagevole a occhi e orecchie esterne – anzi, tutt’altro dato che la ex Bronzo Blu stava nuovamente direzionando la sua attenzione sulla figura dell’olandese, che scie giallo-blu o meno, le catturava l’attenzione al pari di un magnete.
Così, con lieta quiete Londra tornò l’attimo seguente a scrutare il mago, tutta contenta: -Ora tocca a te – mh, aspetta un attimo solo però, per piacere - scivolò appena tra i cuscini, il che le fece ancora una volta strizzare un po' lo sguardo dal dolore, ma la mancina corse ad ogni modo convinta alla ricerca del suo catalizzatore: il buio le piaceva, ma non quando rischiava di inghiottirla – motivo per cui una volta afferrata saldamente la bacchetta, castò un piccolo Lumos prima di puntarlo contro il suo viso da appena sotto il mento come se anche così avesse mai potuto incutere paura o timore a qualcuno ma per favore -Ora. tocca. a. te.-
Ripeté con un finto tono imperioso che faceva ridere i pollii pena.
-Parti dall’inizio e arriva alla fine o - crucciò lo sguardo, meditabonda, la prima tra i primi a non seguire mai un ordine categorico del genere -Parti dalla fine e arriva alle scie colorate o magari finisci dall’inizio, passa per quel che mi stavi scrivendo in quel tuo quadernino poco fa.. e non finire?-
Scrollò appena le spalle, assolutamente indifferente alla questione “ordine” e bacchetta alla mano, cannuccia anche (?) – specchietto nell’altra e coppa di fragole in mezzo (???) –

- sorrise ancora una volta, aspettando tutta contenta la sua pseudo-storia-della-buonanotte.

 
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view post Posted on 9/7/2023, 19:54
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CodiceUma das primeiras grandes regras de comunicação, talhada na pedra dos constructos sociais, era que nunca deveríamos sequer insinuar catástrofes se não tínhamos intenção de falar imediatamente sobre o ocorrido.
O turbilhão de pensamentos era assim posto em movimento e deixava marcas pretas no asfalto, lançando rapidamente a carroça cambaleante no caminho das teorias mais nefastas. Se concentrasse bem, Camillo quase conseguia sentir o cheiro dos pneus queimados que pairava no ar. Ou talvez havia algo pegando fogo. Ele não se importava.
Mas ficou satisfeito ao ver que Adeline decidira desabafar sem jogar o interminável cabo de guerra de você primeiro. Morangos ou não morangos. Amarelo e azul.
E agora que ela finalmente falava, até a cama parara de balançar como um barco à mercê das ondas e as pessoas que moravam nas paredes pararam de bater em todos os lugares, quase como se estivessem com o ouvido colado na parede para ouvir o discurso que ele iria pronunciar.
Camillo escorregou um pouco para baixo na cama, para ficar com o rosto mais perto do espelho e observar melhor a professora, ajustando a gravata de seda que pendia de seu pescoço, em busca de todos os sinais não verbais que acompanhariam a história. Ele acendeu uma luz e também se acomodou entre as almofadas.
Agora, abro um pequeno parêntese para dizer que aquele holofote apontado para o queixo provocava em Camillo uma certa hilaridade. Ele se conteve de mostrar e provar isso, através de suas habituais caretas; o assunto, por mais que tivessem bordado em volta, era sério. Ou pelo menos era para ele.
Odiava a ideia de que Adeline se machucou, odiava a ideia de só ter descoberto tarde da noite. Também odiava a ideia de não ter um remédio pronto. Mas também odiava a ideia de ser sufocante, com essa sua maneira ansiosa que tanto lhe dava ares de ser paranoico e catastrófico.
Ele a ouviu atentamente, com o olhar fixo no espelhinho. Um pouco como um dos ultra da Arsenal quando transmitiam o jogo na tv. O nível de entusiasmo era o mesmo, para o bem e para o mal.
Resumindo. Ela havia caído, machucado o lado e tinha um provável hematoma que estava causando aquelas contínuas caretas de dor; história ruim, ele pensou, enquanto seu olhar se enchia de preocupação cegante. No dia seguinte, prometeu-se que a mandaria para a enfermaria a todo custo "se não fizer isso, farei desaparecer todos os Grifinória que te fizeram os muffins". Definitivamente não porque eles eram seus rivais na copa do ano atual, claro!
Mas por outro lado, ficou feliz que os estudantes a tratassem bem e quando lhe mencionaram isso, ele sorriu. Alguns pestinhas sabiam ser bárbaros e até mesmo infiéis, e de todos os monges que administravam o mosteiro, ele não se importava nem um pouco. Ao mesmo tempo, estava convencido de que os pestinhas eram capazes de grande bondade, especialmente quando lidavam com professores que demonstravam ter uma alma doce, genuinamente apaixonados pelo assunto, empáticos. Havia muitos casos contrários e muitos foram os anos de vida que esses canalhas lhe tiraram. Justamente, alguns diriam. Nessa perspectiva, viu Daddy deixar seus trapos aos 27 anos, só porque Camillo decidiu quebrar sua vontade de viver, liderando a rebelião.
Depois Abith. Duas sílabas, como todos os elfos domésticos - poucas exceções. Camillo assentiu silenciosamente quando Adeline disse que gostaria de apresentá-lo a ela, deixando uma pincelada de azul e amarelo no éter.
«Se você gosta de cozinhar, não acho que os elfos ficariam ofendidos se você quisesse passar na cozinha de vez em quando. Eu geralmente os suborno, como esta manhã, mas os professores têm vida fácil». Comentou, convencido de que não fariam problemas se Adeline Walker decidisse visitá-los. A professora gentil e animada que nunca os ofenderia ou tratava como seres inferiores. A sua aura doce era um incentivo para recebê-la com alegria, especialmente se Abith garantia por ela. Ela poderia ficar tranquila. Invadia a cozinha sempre que quisesse.
Chris Nolan se tornou, por alguns instantes, a musa inspiradora da doce feiticeira de poções. Breendbergh tinha esticado os ouvidos para o grande intriga temporal que lhe foi apresentada como uma simples pergunta, mas que não era nada simples. Manobras de pinça, singularidades, deformação do espaço-tempo, faltava apenas el señor de la noche e o jogo estaria completo. Ele anexou um sorriso à pergunta, pendurando todas as resistências e prometeu ser cristalino.
«Hoje correu tudo bem para mim». Ele explicou de forma direta, segurando seu caderno contra o peito.
«Encontrei dois fornecedores. Com o primeiro, correu muito mal». Expressão triste, como uma criança. Mas ele não estava brincando, hein! Eu enfatizo o "muito" para dizer que ele saiu daquela reunião com um band-aid na parte de trás da cabeça e alguns fragmentos de madeira que não conseguiu remover da nuca; ele cuidaria disso no dia seguinte. Além disso, manchou de sangue uma de suas camisas favoritas, o que o deprimiu um pouco. Apesar de todas as vezes que ele teve que lidar com o problema, ainda não havia encontrado uma maneira de remover completamente as manchas. Mas ele deu algumas boas gargalhadas. E além disso, parecia o sobrinho ilegítimo de Marsellus Wallace. Adeline nunca teria notado pelo espelho-chamada.
«Com o segundo correu muito bem: ele é um atacadista de madeira para vassouras. Já te disse que odeio vassouras? Eu simplesmente não consigo aceitá-las como meio de transporte, sempre me sinto como um zelador voador quando subo nelas». Explicou, gesticulando piruetas no ar com a mão esquerda como se isso pudesse reforçar suas convicções. Azul e amarelo a seguir, em uma espiral que lembrava muito duas molas entrelaçadas.
«Depois saímos para jantar para fechar o acordo e nos matamos, primeiro com Vermute doce e Medusa. Depois com Gin e Medusa. Ele concordou. Ele tinha ouvido direito». Medusas.
M e d u s a s.
«Medusa não é o nome de algum tipo de destilado. Estou falando do animal marinho mesmo. O pub onde estou é de propriedade de um mago que cria um certo tipo de medusa e as serve de todas as formas. Imagine que quando você pede uma bebida, você pode escolher se quer a medusa na bebida ou apenas o suco. O barman tem aquele tipo de espremedor de frutas cítricas». Ele imitou com ambas as mãos o movimento de espremer as alças da coisa, como se tivesse que espremer um limão. Mas ao invés do limão, ele viu várias medusas indo ao encontro de seu criador, dentro daquela armadilha mortal. Com um olhar traumatizado, ele arregalou os olhos por um momento antes de se recompor.
«Eu normalmente não bebo, mas vou te contar uma curiosidade: o veneno dessas medusas anula os efeitos do álcool. O problema é que o álcool não anula o efeito das medusas. Acho que é por isso que eu deixo essas trilhas coloridas, mas pensei que só eu as via. Sinceramente, não sei por quanto tempo mais elas vão me perseguir». Ele omitiu algumas informações técnicas sobre os efeitos milagrosos do veneno desse tipo específico de medusa: histeria, paranoia, pessoas nas paredes, vontade de viver, sonolência, diversão, camas-barco e caderninhos embarcados. Embarcados para sabe-se lá onde, talvez uma vida longe de seus abraços. Ele se lembrou de ter escrito algo lá.
«Ah, falando nisso, o caderninho». Ele constatou, aceitando a existência do bloco de notas. No momento em que se lembrou do que havia escrito, suas bochechas esquentaram novamente e suas orelhas começaram a convogar todo o sangue que podiam conter, como se não fossem feitas principalmente de cartilagem, mas de êmbolos.
Ele virou a página despreocupadamente, o dado estava lançado. Folha em branco, exceto pela frase que já havia mostrado a ela, um rabisco feio para separá-la da próxima, e a próxima, roubada inconscientemente de um poeta de outro lugar.
[-Você... é colorido!?-] e ele respondeu naturalmente. "Você também é colorida. E você é tão linda que meu peito" (nt.: seu coração) "bate como se eu tivesse dois corações".
Naquele ponto, foi natural se perguntar se havia realmente alguém nas paredes. Ele não ouvia mais sons. Talvez, pensou, a taquicardia tinha seguido seu curso. Ele, sendo o idiota que era, não pensou em como ela poderia reagir, mas para ele, foi uma observação genuína.
Abro um parêntese para dizer que ele sempre odiou o "você está bonito/a" como elogio, especialmente seguido por palavras como "hoje à noite" e precedido por palavras como "realmente", em uma sequência infinita que eu não vou dissecar aqui. Na verdade, refletindo, ele não conseguia entender essa gafe, mas o que ele realmente queria dizer a Adeline era que... bem, ele estava feliz em vê-la.
Ele espiou do canto do caderninho, com olhos sérios surgindo, não para pedir perdão, mas para transmitir a confiança de sua próxima fala.
«De qualquer forma, bem feito para os quadros se você os sujou, eles são bisbilhoteiros chatos».
Nada mais, como se fosse a coisa mais natural do mundo.
Ah, as medusas! Sempre elas envolvidas quando as coisas ficavam caóticas.
Ele não ficaria surpreso se Adeline decidisse desligar o telefone. Foi justamente no final de toda aquela dança que ele percebeu que era um idiota.



Il post è da intendersi in inglese

speravate di trovare la traduzione eh?

E invece
 
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CodiceLe piaceva perché la seguiva nelle sue scombinate, caotiche, rapidissime giostre emotive, di pensiero e di parola – ma al tempo stesso riusciva a rallentarne appena il passo – o battito, o respiro, dir si voglia.
Aveva annuito silenziosa alle parole dell’olandese, rassicuranti sul fronte “cucina”: la sua principale preoccupazione era che potesse risultare d’intralcio là in mezzo – ma sperava anche che ritagliandosi un suo minuscolo angolino, e nelle ore più tranquille.. le mancava cucinare, e soprattutto le serviva. Era una sua valvola di sfogo non indifferente – oltre che uno dei suoi principali canali comunicativi, e l’esserne privata quasi dall’oggi al domani l’aveva temporaneamente destabilizzata.
Ad ogni modo.
Strizzò per un paio di secondi gli occhi in una chiara espressione di lieta quiete mentre – a suo dire, “finalmente” – era il suo turno di ascoltare storie.
-A me oggi è andata ok.-
Adeline riaprì l’occhione verde sbirciando i lineamenti del mago con fare a metà tra la curiosità e la vaga tristezza per quel mesto “ok”: -Ho incontrato due fornitori. Con il primo è andata molto male.-
Stringiticuore.
Londra spalancò nuovamente al mondo anche l’iride blu, palesemente spaventata e triste al contempo: in che senso molto male? Aveva perso semplicemente una buona occasione o magari del denaro – aveva fatto a cazzotti – si era preso a parole – erano volati schiantesimi o peggio??
Cosa – significava - “molto male” - che parametro di giudizio utilizzava Camillo, quale metro, quale misura – su che livelli di “male” si stava muovendo?
La strega continuò ad ogni modo ad ascoltare con attenzione il Tasso – studiandone ferina i tratti e la mimica con quel vago serio cipiglio ora, che spesso le muoveva i lineamenti quando si concentrava enormemente su qualcosa o qualcuno - erano spesso i suoi pazienti al San Mungo, o pozioni particolarmente laboriose - in ogni caso diventava talmente pensierosa e iperconcentrata che un orecchio attento, avrebbe potuto udire il sommesso brusio dei suoi pensieri – oltre che del suo attuale disappunto e preoccupazione.
L’unico elemento che di fatto riuscì a smuovere l’animo in fermento fu un completo cambio di rotta, quando l’olandese le mostrò la scritta accennata poco prima: Adeline era talmente focalizzata su tutt’altro, che in un primo momento lo sguardo di bosco e di mare scandagliò con precisione millimetrica l’oggetto di per sé – ma senza effettivamente interiorizzarne il contenuto.
Poi.. ci fu una parte di lei, che si sciolse di botto, come neve al sole – solo, molto più in fretta: i lineamenti del viso si ammorbidirono e le iridi tornarono a brillare di una luce più serena di quella seraficamente metodica e attenta di poco prima.
Certo, l’argomento non era assolutamente concluso, anzi, era forse forse appena iniziato..
Ma Camillo era vivo – quantomeno – le stava parlando, non sembrava apparentemente in fin di vita, e soprattutto stava condividendo con lei un pensiero e/o sensazione bellissimi – specifichiamo, li stava c o n d i v i d e n d o come se fosse la cosa più naturale e semplice di questo universo – beh, ok, il rossore non era scappato alle iridi verde-blu, ma il gesto per lei valeva ben altro.
Era.. wow.
Era un wow.
Era un wow – ed era accidenti simile a lei.

In un mondo in cui le persone impiegavano tre secondi netti a sparare cattiverie e una vita intera per condividere “banalità” gentili, semplicemente delicate – Adeline aveva ormai interiorizzato da tempo quanto fosse difficile per l’universo circostante muoversi come lei – che, banalmente se pensava qualcosa di carino rullo di tamburi lo diceva e basta.
O cercava come minimo di agire di conseguenza solitamente con chili e chili di calorie zuccherine - ma accidenti la difficoltà del mondo nell’esprimersi in tal senso era talvolta, per la sua modestissima opinione, al limite del “senza senso” – questo mondo inciampava, quasi tutte le volte, e Adeline lo vedeva ruzzolare giù, ingambatosi nel nulla cosmico – o peggio, ingambatosi in un imbarazzo inopportuno, magari con la spintarella poco simpatica di qualche trauma passato ok, comprensibile - ma anche u f f..
Altro randomico motivo di solitudine fondamenta dell’animo dorato della londinese.
Non aveva ancora trovato nessuno di simile a lei, in questi termini.
Non aveva ancora trovato un Camillo, con quadernetto “No Probblama” agganciato al petto – anzi, a quanto pare agganciato direttamente al cuore – o ai cuori, a questo punto -
Adeline poteva benissimo credere che il mago ne avesse due, e non di certo per una qualsiasi motivazione legata a lei.
Quel mago, era nato semplicemente così.
Che ci credesse o meno anche lui - lei, ci avrebbe creduto per entrambi.

Londra scosse la testolina dorata, strizzando nuovamente gli occhi per riassestare pensieri e parole a venire: riaprì lo sguardo sul mondo e lo fissò in quello nocciola del mago, anche se attraverso quel piccolo specchio.
-Spero ti piacciano i polpi.-
Esordì quindi senza senso, diranno gli stolti - e invece no perché la mente dorata della Bronzo Blu era già volata oltre: -Tu hai due cuori- perché questo di certo non era tema di discussione -Nel momento in cui le dinamiche di relazione amicale ci uniscono – con il mio fanno tre in totale. Insieme siamo un polpo! -
Come discorso non faceva proprio una piega sono indecisa se commentare con un poco poco sardonico “Fu-sio-neeeee” o con un più tranquillo “Eddai cicci, provate a mettermela in discussione, dai d a i” – scegliete voi a piacere.
Aveva un sorriso smagliante in viso – e aveva persino dimenticato le sue amate fragole.
Ma la sua testolina dorata non aveva dimenticato tutto il resto – motivo per cui, dopo un pacifico commento ancora ridacchiante -Non sono dei pettegoli e non sono dei rompiscatole.. quelle cornici e quei colori, sono letteralmente tutto il loro mondo – piccini, non credi?- Londra prese un grosso respiro – tornando a crucciare un po' labbra e sguardo con quel suo fare da capriccio infantile, che copriva poi spesso e volentieri una reale preoccupazione.
-Sono contenta per il secondo incontro – avrei qualcosa da ridire sulle scope dato che ai tempi giocavo a Quidditch – ma non è questo il punto – e non lo è neanche il fatto che ti sia scolato delle meduse che ti fanno sembrare uno di quei.. quei neon luminosi se li osservi da ubriaco – o con gli occhiali appannati dalla pioggia. - piccolo sbuffo indispettito mentre Londra metteva da parte fragole e cannuccia, spostava la bacchetta perché il Lumos avesse più senso di esistere e avvicinava a sé il suo specchietto -Spiegami.-
Aveva il visino serissimo mentre condivideva la sua richiesta.
E già tanto che teneva così tanto alla condivisione, aggiunse: -Ho bisogno di chiarezza – o mi preoccupo, mi preoccupo tanto - e magari anche di qualche priorità condivisa, mh, perché se adesso mi dici che hai dato coscientemente precedenza alla mia sonora culata di stamattina piuttosto che ad altro.. prometto che troverò il modo di lanciarti qualcosa in testa a distanza – specchio o non specchio, non potresti sfuggirmi per sempre Breendbergh.-
Occhiataccia sospettosa, secondo sbuffo indispettito e impaziente.
-Quindi parlami – e poi ricordati di segnarmi quel posto con le meduse - smorfietta buffa -Le voglio anche io le scie colorate intorno.-

Ecco.

 
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CodiceLe parole erano da sempre uno degli incantesimi più potenti nell'arsenale di Camillo. A volte parlava a macchinetta e sparava una marea di sciocchezze, così rintronanti che nemmeno un Confundus – o una mazzata in testa – sarebbe stato in grado di eguagliare metà di un suo pippone. Altre volte, spontaneamente, si lasciava sfuggire qualche pensiero dolce, riflessioni genuine che riservava per coloro ai quali voleva bene davvero; e più era forte il legame d'affetto che stringeva con l'altro, più quell'esperienza diventava intensa, per entrambi.
Adeline doveva aver capito, ormai, che il suo studente non era uno che si faceva problemi a dire – o scrivere – le cose in faccia ai suoi interlocutori. Che fosse perché, colto dall'ira, rimbeccava una guardia, che fosse perché, in un moto di disapprovazione, rimproverava qualcuno a cui teneva, anche a rischio di diventare inopportuno, incoerente.
Ma quella volta il pennarello aveva tracciato linee morbide ed indelebili sul foglio di carta bianca, tratti gentili, portatori di una riflessione spontanea, in un'attesa breve che gli sembrò infinita, prima che queste venissero svelate agli occhi bicromi della professoressa. Quelli nocciola di Camillo erano andati in cerca di qualche dettaglio rivelatore, manifestazione dei pensieri dell'altra, colto improvvisamente dal profondo timore di aver superato una linea che non avrebbe dovuto oltrepassare.
Nel momento piú buio, quello in cui il timore stava per tramutarsi in panico, nel processo di una lenta realizzazione, vide il viso dolce di Adeline ammorbidirsi ed illuminarsi di una luce calda e accogliente. Qualcosa che trafiggeva il vetro dello specchio comunicante come una lama affilata. Qualcosa che lo sezionava in mille fettine, lembi di morte, e qualcosa che lo pungeva, come l'intreccio di un ago e del suo filo pronti a rimettere insieme i pezzi di ciò che era una volta. Una persona sicura. Quella che, per forza di cose, voleva dare l'impressione di avere sempre tutto sotto controllo. La stessa che ora si trovava distrutta e riaggiustata da un solo sguardo luminoso e da un sorriso sereno.
Era felice, sinceramente felice, che l'amica non avesse frainteso le sue parole. Era altrettanto felice che le avesse accolte con la medesima spensieratezza con cui lui le aveva tracciate sul suo quaderno. Era felice di vederla, ancora, ancor di piú di quando lo specchio aveva rivelato i suoi tratti soffici e carezzevoli dopo una lunga giornata d'attesa.
Le persone nelle pareti si erano date alla pazza gioia, e ora bussavano e grattavano incessantemente, neanche avessero voluto farsi strada attraverso mattoni e intonaco. Si lasciò distrarre per un momento, trascinato via da chissà che pensiero, con il solito sorriso ebete ed un po' sottratto alla realtà.
Quando il senno gli tornò in corpo, fu perché gli venne chiesto qualcosa riguardo i polipi. Lui amava i polipi e annuì. Li amava davvero in tutte le salse: piastrati, nell'insalata di patate, con qualche tipo di pasta e anche, soprattutto, in qualche ricetta orientale. Non proprio in tutte, se prendiamo la questione in senso lato, mai aveva capito l'ossessione di alcuni per… neanche sto a dirvelo.
Ciò che conta è che si ritrovò inconsciamente ad annuire, lasciando nuovamente residui dei suoi spostamenti in tinte di blu e di giallo.
Loro due erano un polipo. Tre cuori. Come poteva una metafora assurda e così surreale, avere allo stesso così tanto senso?
Ascoltò tutta la spiegazione, neanche fosse stato un documentario di National Geographic sui cefalopodi, e poi ciò che ne seguì.
Aveva visto Adeline prendere le difese dei quadri, e l'aveva vista adombrarsi, come coperta da un velo di eccessiva serietà, mentre gli spiegava del suo desiderio di ricevere chiarimenti. Li avrebbe ricevuti, a tempo debito. Ma in quel momento lui aveva smesso di sentirsi una medusa, ed era erantrato in modalità polipo. Due terzi, per essere pignoli, almeno a livello cardiaco.
Avrebbe voluto abbracciarla, per poi dirle che andava tutto bene, che non doveva preoccuparsi per lui, ma non sarebbe riuscito nemmeno volendo. Al di là del dolore fisico che i gesti d'affetto, donati e ricevuti, gli impartivano, la distanza che li divideva era reale. Ed anche se quegli specchi attenuavano un po' il senso di lontananza, mettendoli in comunicazione, non avrebbe potuto toccarla neppure rompendo la superficie riflettente a cui si trovava di fronte. Quello che fece, in virtù degli ostacoli che si ritrovava ad affrontare, fu di sollevarsi con le braccia protese in direzione del vetro e verso la sua cornice, sganciarla dal cacciavite che la teneva ancorata a tutto l'ambaradan di cavi e lampadario, e prendere l'artefatto tra le mani.
Si ributtò quindi nel letto, spostando il quadernino ed il pennarello, per poi stendersi sul fianco, con la guancia appoggiata al cuscino e gli occhi stanchi che seguivano i lineamenti del viso di Adeline come una carezza. Sistemò l'oggetto in modo che potesse continuare ad inquadrarlo, tenendolo distante dal viso per quanto possibile, sempre con un braccio steso e la mano a sorreggerlo. Anche lo specchio era orizzontale, in balia di quel letto che a tratti gli ricordava essere una barchetta alla deriva del nonnulla. Blu e giallo.
«Mi vedi?» Le chiese, pronto a regolare lo specchio che teneva sul pizzo del cuscino, mentre lui se ne stava affondato sul lato opposto. Trovata una posizione che andasse a genio ad entrambi avrebbe commentato; di tempo in effetti se n'era preso parecchio.
«Se conti che abbiamo quattro arti a testa, otto in totale… non saprei, mi sembra una coincidenza molto buffa. Ma trovo carino il fatto che in due si faccia un polipo». Spiegò, con quella sua espressione accogliente e confortevole, al netto di quanto sonno avesse in corpo – e un po', la sua faccia, questo non riusciva a celarlo. Si risparmiò inutili precisazioni su quante parti extra avanzassero, tipo il fatto di avere due teste. Il polipo era perfetto così e nessuno doveva toccarlo. Specialmente i Giapponesi.
«Sei tenera ad empatizzare con i quadri, anche io penso che la loro condizione sia… agrodolce tanto per rimanere in tema di ricette ma non mi dimentico nemmeno del fatto che sono reminiscenze di una vita vissuta e giunta al suo decorso naturale. Ora formano un sistema di sorveglianza che farebbe tornare in vita Orwell per venire a dirci che ce l'aveva detto». Neanche fosse stato veramente 1984. «Gli dà il diritto di raccontare a tutto il Castello che ho dato un bacetto alla mia ragazza nei corridoi, quando, come e con quanta passione? Stesso discorso vale per i fantasmi». Il senso del discorso era che loro la loro vita l'avevano vissuta in santa pace, chi piú chi meno – sicuramente il Frate Grasso, suo acerrimo nemico, se l'era passata meglio dello Spettro di Grifondoro – ma ora era finita e dovevano lasciare un po' di privacy alle nuove generazioni, perché fossero loro a campare serene. Cosa che, vi assicuro, non facevano. Forse era anche per quello che gli era sfuggito quel commento sul fatto che fosse giusto rifilargli qualche dispetto. Fosse stato per lui, in realtà, non ci sarebbe stata la necessità di ricorrere a tanto; vivi e lascia vivere, qualche chiacchiera di passaggio e via! Ma ora bisognava sbrogliare l'ultimo nodo rimasto.
«Con il fornitore è andata male perché ha provato a rifilarmi una ciofeca invendibile, mi ha fatto perdere due ore ed è diventato aggressivo quando mi sono rifiutato di chiudere l'accordo». Rispose tagliando corto, omettendo un po' di dettagli.
«Ma me la so cavare, vanno così queste cose; domani torno. Come vedi sono qui, sto bene, ti sto…» Si era reso conto che stava accarezzando il bordo della cornice – fuori dall'inquadratura – con la punta dei polpastrelli, un po' come gli capitava di fare…
Si bloccò, irrigidendosi e chiudendosi a riccio, almeno da un punto di vista emotivo. Almeno per un momento.
«Ti sto parlando. E penso che non sia una priorità sciocca desiderare il tuo benessere psicofisico, sapere che non ti fai del male e che i marmocchi non si approfittino di te perché sei l'insegnante nuova, quella gentile». Le avevano pure fatto i muffin, in realtà, meglio di così non si poteva. Il tono, neanche a dirlo, era drasticamente cambiato ed ora, raccogliendo tutte le forze che gli erano rimaste per poter resistere al veleno di medusa, Camillo si era fatto molto piú serio.
«So che sei adulta e vaccinata, non voglio sembrare troppo apprensivo». Confessò, alla fine. Senza aggiungere altro, ma domandandole con lo sguardo curioso se trovasse tanto strano che una persona che le voleva bene si allertasse quando c'erano tutti i segnali, in effetti, per andare nel panico. Primo tra i tanti, la smorfia di dolore che ogni tanto compariva sul suo viso.
Ignorò la questione dei drink con la medusa, perché il suo primo impulso era stato quello di invitarla, al diavolo tutto, pur di vederla di persona. E invece, le circostanze suggerivano fosse la cosa piú stupida che potesse fare. La vera linea da non oltrepassare.
Messo com'era, corpo e anima, sentiva che era meglio buttar giú la chiamata e dormirci sopra, piuttosto che combinare il piú grande casino della sua intera esistenza – e di casini ne aveva fatti così tanti, che non sarebbero bastati tutti i quadri di Hogwarts per raccontarli.
Voleva solo dirle "buonanotte", e sperava di poterglielo dire presto.

 
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view post Posted on 16/7/2023, 17:33
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Codice-Mi vedi?-
Ottima domanda.
La luce riflessa data dai lineamenti dell’olandese – già di per sé trasmessi via magica attraverso i due specchietti comunicanti - era perfettamente convogliata nelle pupille di Londra e quindi riflessa contro le retine, e il tutto nel suo complesso era adeguatamente trasformato in impulsi elettrici conformi e quindi elaborati in qualità di informazioni precise – forme, colori, profondità - dal cervellino dorato di Adeline.
In sostanza dopo aver evitato a tutti un intero excursus su come funzioni nel dettaglio il sistema visivo umano , Londra lo vedeva e.. non lo vedeva – al medesimo tempo.
Le iridi avevano seguito incuriosite e contente questo come life style ormai i movimenti di Camillo – sebbene in fremente attesa di una sua risposta – mentre lui sembrava armeggiare con il suo specchietto, prenderlo in mano e quindi cambiare quasi totalmente posizione e prospettiva: adesso il Tasso appariva sempre steso sul suo letto ma più accoccolato tra i cuscini, lo sguardo nocciola presente ma stanco.
Ecco.
Adeline non vedeva altro – non vedeva quanta stanchezza celassero davvero quelle iridi, non vedeva poi cosa a sua volta celasse quella stessa stanchezza – non vedeva le ferite fisiche e non, non vedeva le omissioni – e questo feriva lei, sebbene ancora, non vedesse neanche questo.
Vedeva dei frammenti, vedeva solo alcune parti, alcuni dettagli del quadro animato che era nel complesso l’olandese – non vedeva ancora le pennellate di base che davano luce e oscurità a quelle più superficiali, non vedeva tutta quella gamma di colori e/o particolari che Camillo stesso sceglieva accuratamente di nasconderle alla vista accidenti - al netto di tutto potremmo dire che Londra vedeva - ma così poco, in una maniera così limitata –
e a fronte di un’inaspettata quanto ben accolta chiarezza rispetto ad alcuni dei suoi pensieri più teneri rivolti ad Adeline stessa, il mago sembrava stesse riequilibrando i conti rimanendo comunque assolutamente vago, o meglio, scarno, frettoloso rispetto alla richiesta esplicita di spiegazioni della ex Bronzo Blu, spendendo più parole per commentare la vita di un quadro – piuttosto che per la sua.
Adeline vedeva poco – e questo non le bastava - le stringeva il costato in una morsa dolorosa – non le interessava che così tante attenzioni del mago rispondessero a lei se poi quelle restanti rimanevano così superficiali e frettolose nei confronti del mago stesso “è diventato aggressivo – ma io me la so cavare” che – cosa – significava.
Questa noncuranza assoluta nei suoi confronti, questo tagliare corto – c’erano parti della storia di vita di Camillo – così come di quella di Adeline – che entrambi vicendevolmente avrebbero scoperto solo grazie al tempo concesso ad entrambi, vicendevolmente - ma queste di parti, al netto di tutto..

Le dita di Londra corsero inconsapevolmente alla delicata collanina che da qualche tempo le adornava il collo, iniziando a giocherellare con il piccolo ciondolo – vero protagonista in realtà, dato che era il nodo dorato regalatole dall’olandese stesso durante il loro primo incontro entro le mura del castello.
Attualmente sembrava fungere da piccolo antistress – motivo per cui fu effettivamente grazie al confortante contatto con quell’oggettino portatore tangibile di un senso e di un significato, di una realtà talmente impalpabile nel quotidiano – che la londinese riuscì a confinare la marea di pensieri ed emozioni che sino a quel momento l’avevano silenziosamente travolta – in un angolino preciso della sua mente e del suo cuoricino.
-Ne hanno il diritto per il solo fatto che poi io voglio sapere quanti più dettagli possibili, pop corn dolci alla mano!- Adeline ridacchiò appena, scherzosa, e indirizzò un occhiolino al Tasso sebbene la mente fosse comunque assorbita altrove -Ma capisco quel che intendi.. il punto è che – anche in questo senso, hanno una vita altrettanto piccola e peraltro in qualità di mere ombre di personalità ben più complesse.. in fondo fanno semplicemente ciò che possono e riescono.-
Londra sospirò appena, pensierosa o forse triste – o forse entrambe le cose, ma non di certo per i quadri.
Lasciò anche che un tiepido silenzio riempisse lo spazio che li divideva, mentre lo sguardo di bosco e di mare continuava nel suo imperterrito studio dei lineamenti dell’olandese.
-Sono assolutamente convinta che tu te la sappia cavare, ti credo davvero.- riprese a parlare tenendo lo specchietto con entrambe le mani e avvicinandolo ancor di più al viso, come se così facendo si avvicinasse maggiormente al mago e non inquadrasse invece in maniera particolarmente zoomata giusto giusto occhi, naso e bocca -Ma preferirei che.. non fossi obbligato a farlo – o meglio, che quantomeno chiedessi aiuto - e che sapessi in generale di non essere solo, ecco.-
Sgranò un po' gli occhioni come se stesse per rivelare chissà quale segreto: -Apprensivo va bene, ma dovresti esserlo anche un po' per te stesso. Altrimenti devo esserlo io per entrambi – e ho già il mio da fare con i pettegolezzi dei quadri, sai?-
Avvicinò ulteriormente lo specchietto al viso, inquadrando un solo occhio quello verde a fare i precisi come a voler squadrare meglio il Tasso: -E sono convinta che una mia culata sia ben diversa dall’aggressione volontaria di qualcuno – o mi stai per caso dicendo che la prossima volta dovrei prima insistere per farti raccontare di un’innocua ipotetica storta alla caviglia, e solo dopo - sotto tua esplicita richiesta peraltro - riferirti di essere stata aggredita? -
Riallontanò lo specchio, pur tenendolo ancora con entrambe le mani e inquadrandosi il visino serio – a dispetto del muscolo cardiaco che si era nuovamente stretto dolorosamente all’idea dell’aggressione.
Non voleva insistere o mettere alle strette Camillo – aveva chiarito il punto, e tanto le bastava per ora – sperava solo che questo fosse sufficiente perché, per l’appunto, una realtà alternativa come quella in cui una culata assumeva più valore ed importanza di un’aggressione.. non si ripetesse più.
Tralasciando tutte le varie ed eventuali che nel mentre avevano preso parte alla mareggiata emotiva di Londra, tra cui sì la preoccupazione, ma anche il dispetto, persino la rabbia data dall’esclusione a priori che il mago aveva scelto di imporle – aveva di nuovo deciso lui per lei, durante il suo colloquio di orientamento lui aveva stabilito di non essere stato abbastanza e – peggio del peggio – adesso sempre lui aveva stabilito che una banalissima sederata avesse priorità rispetto ad un’aggressione - già a distanza non sarebbe potuta intervenire – ma così era proprio una beffa aggiunta al danno accidenti - -
Si mordicchiò l’interno delle guance prima di - ancora - risospingere la sua bufera interna in un nuovo angolino del suo animo in tormenta – angolino che chiaramente doveva chiudere e saldare meglio del primo dato che questo era durato pressappoco qualche secondo.
Lo sguardo così, tornò attento lungo i lineamenti dell’olandese, carezzandoli appena a distanza – e un piccolo sorrisino di tenerezza prese vita tra le labbra di Londra: ..era stanco.
Con un silenzioso incantesimo di appello il catalizzatore attirò a sè il libro colpevole! che aveva tanto assorbito i pensieri di Adeline quella fantomatica mattina - atterrando lieve accanto a lei.
-Ti va se ti leggo qualcosa?-

 
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CodiceVedere Adeline stringere la coppia di anelli che portava al collo come una catenina aiutò l’olandese a riprendere contatto con la realtà. Quello che poteva sembrare un gesto istintivo, gli arrivò in petto come una freccia scoccata dal destino - o dal buonsenso, o ancora, dall’inconscio della professoressa Walker. Se le dita affusolate della dolce pozionista erano andate a sfiorare il simbolo del loro legame, significava che in qualche modo ad esso si stava appellando.
Si trattava anche un po’ di “prendersi le proprie responsabilità”, o almeno questo si era detto. Quando volevi portare avanti un rapporto così intimo, come poteva essere una sincera amicizia, era inutile tentare di negare all’altro la possibilità di accedere alla tua vita e pretendere invece di intrufolarti in quella dell’altro, come e quando ti pareva. La faceva facile, lui. Provava a darla a bere a tutti la balla che tutto gli scorresse addosso come l’acqua e che il sentiero della sua esistenza fosse una gitarella in barca. Il letto ballava, in effetti e per una ridondante coincidenza, come una barca. Eppure, sebbene il contesto fosse diverso, la lezione l’aveva imparata mandando a rotoli un rapporto a cui teneva profondamente. Non voleva succedesse di nuovo.
Al netto di tutto ciò, trovava buffo il modo in cui Lì lo squadrava, le sue espressioni facciali, la maniera in cui le sue movenze si incastravano in una perfetta simbiosi con quelli che erano i concetti ed i pensieri che gli trasmetteva a parole. C’era un po’ di tutto in quel piccolo pezzo di vetro, perché dall’altra parte c’era ancora di più. Non nego che questo dettaglio trascurabile - ed al contempo per lui intrascurabile - gli strappò qualche sorriso; o meglio, andò ad allargare quello che in principio si era ormai appropriato del suo viso facendone da padrone, salvo qualche sporadico momento di serietà. Era un sorriso che mutava e di volta in volta aveva un sapore differente, perché magari qualcosa lo divertiva davvero, perché a volte era la dolcezza che ritrovava nelle parole dell'altra a donargli un senso di serenità tale che le sue labbra non potevano evitare di incurvarsi beatamente.
C'era anche dell'altro. Quando veniva ripreso per essersi aggrappato ad una logica tanto fiacca, la sua espressione mutava e si appiattiva. Poi la stanchezza giocava un ruolo fondamentale in quello che era ormai un viso sfatto da una lunga giornata. In linea generale era felice, anche nel momento in cui il confronto si faceva piú intenso, e questa felicità nulla gliel'avrebbe negata. Nemmeno il pensiero piú mesto. Nemmeno il non sapere cosa gli passasse per la testa. Nemmeno l'essere stato un po' idiota.
Fu l'idea della storia della buonanotte a riaccendere negli occhi nocciola del mago una scintilla di vita. Quel "non funziona così", che un po' si era trasformato in un: ora che hai trovato la chiave per mettere in discussione la mia intera filosofia di vita, vuoi proprio mandarmi a fare la nanna come i bimbi?
Finalmente lo zombie si mosse, scuotendo la testa in un'esplosione di giallo e di blu, un verdino che piú che verdino si poteva dire fosse blallo.
«Io non voglio che mi leggi una storia, ma che me ne racconti una tutta tua, se ti fa piacere. Però prima c'è un discorsone che voglio farti».
Tono dolce, pausa drammatica, giusto il tempo di sistemare lo specchietto e affondarci lo sguardo all'interno, studiando con curiosità vorace l'immagine di una Adeline che aveva avuto il coraggio, non solo di proporgli la storia della ninna nanna, ma che si era addirittura preparata un bel librozzo adatto allo scopo. Non poteva crederci.
«Se capovolgi così la prospettiva hai perfettamente ragione e non posso ribattere nulla. È che sai… mettiti nei miei panni, non ti leggo nel pensiero, né seguo il corso del professor Drake: se ti vedo dolorante è ovvio che faccio un infarto e penso al peggio. Poi in quella che d'ora in avanti chiameremo Scala Breendbergh, per quantificare la catastroficità delle sfighe quotidiane, ruzzolare lungo una rampa di scale ha un punteggio ben piú alto di una scaramuccia per una sciocchezza. Tu hai un ematoma, io un cerottino».
Provò a spiegarle mentre tornava seduto sul letto, e la mano riposizionava lo specchio di conseguenza. Ennesima scia di colori sparpagliata nell'etere. Le fece una linguaccia, tanto per, prima di inquadrare la medicazione minuscola dietro la nuca e tornare a reinquadrarsi il viso, un po' perplesso.
«Cercavo legno per bacchette, qualcosa di qualità, il mastro boscaiolo di noi altri, dopo essersela tirata per quasi due ore, mi ha dato una tavola di compensato come campione, io gli ho riso in faccia, per ovvie ragioni, e me l'ha sbattuta dietro la nuca. Ovviamente faceva così schifo che si è rotta e mi ha lasciato un graffietto. Una sciocchezza, davvero».
Cercò di raccontare la storia nel modo più serio possibile, con il solito tono calmo in stile Alberto-Angela-ti-mostra-le-pitture-rupestri, ma non riuscì ad essere altrettanto professionale, considerata l'ironia della faccenda.
«Io ci provo ad autoconservarmi, ma tanto non funziona». Confessò, abbassando lo sguardo un po' amareggiato. Si sfilò la cravatta con la mano libera ed aprì il primo bottone della camicia, rivelando un taglio fresco, appena rimarginato sul collo. «Questo non c'era l'ultima volta che ci siam visti, è di un ragazzino che ha provato a sgozzarmi con un cucchiaio, a Brixton, dopo essere comparso da un tombino. E ho perso il conto di tutte le volte che ho preso fuoco… questa settimana. Ormai neanche ci faccio piú caso. Sul momento queste cose mi fanno anche incazzare, perché penso sempre che avrei potuto gestirmela meglio, e non mi va di parlarne a caldo, perché mi sento un po' un cretino». Non sapeva, in vero, se potesse essere rassicurante per l'altra. Certamente no, ma almeno non le stava nascondendo il fatto che attirasse mazzate e altri malanni come un magnete ambulante – alcuni meritati, altri altrettanto meritati. C'era un ma in tutta quella faccenda.
«Ma devo dire che tutte queste disavventure si trasformano in storie buffe e un po' surreali, alla fine. Ne ho davvero tante da raccontarti, tante quanti sono i segni che mi hanno lasciato sulla pelle, e oltre. Ti prometto che lo farò e che ci faremo una barca di risate, dammi solo il tempo di metabolizzarle e non ti risparmierò i dettagli. Funziono così purtroppo».
Tornò a guardarla, un po' piú sereno, sperando che non lo odiasse per la verve suicida e lo stoicismo che affiancava alla sua condizione.
«Nel repertorio di scemenze ho anche racconti di viaggi nel tempo e altre scemenze new age, come sètte di aracnofili satanici e maestri di kung-fu incontrati in lavanderie a secco, se ti affascinano».
Arrivò dritto al punto.
«Ma se mi trascino avanti è solo perché alla fine di tutte queste tarantelle, poi torno dalle poche persone che amo e possiamo sganasciarci. Io sono una barzelletta con le ginocchia e ho fatto pace con la mia vita, almeno su questo fronte, ma per come ti vedo io, tu non lo sei. E se rischi di scavezzarti l'osso del collo, non è una gag divertente. Non lo è per me. È un disastro, mi fa star male, piú di ogni combustione, più di ogni coltellata o di una combo di pizze palesemente fregata a Tekken 2».
Buttò fuori tutto, tutto d'un fiato.
«Vivi una vita bella, cerca di stare bene, di arrivare a fine giornata! Non ti meriti una rampa di scale fatta con lo slittino invisibile e intangibile, ma l'affetto di chi ti vuole bene, quindi sì, sei in cima alla Scala Breendbergh, questa volta, spero converrai con me».
Chiuse il discorso, prima del TSO. Fanculo i quadri, fanculo anche ai fantasmi. Anche il veleno di medusa, già che ci siamo, che un po' come il Quaalude di The Wolf of Wall Street, se sopravvivevi al sonno indotto, ti faceva straparlare.
Aveva voglia di tagliarsi la lingua con le forbici arrotondate. Il caricabatterie appeso al soffitto iniziava ad avere un certo fascino. Fanculo anche a quei due oggetti in particolare. Ma soprattutto, si era detto, "fanculo a me, devo darmi una regolata, non posso andare avanti così".

 
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view post Posted on 18/7/2023, 19:35
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Codice-Io non voglio che mi leggi una storia, ma che me ne racconti una tutta tua, se ti fa piacere. Però prima c'è un discorsone che voglio farti.-
Le dita di Londra stavano già sfiorando la rigida copertina del libro appena appellato, quando un’improvvisa fiammella si riaccese nei tratti e nei toni dell’olandese: un discorsone?
Tutti quelli che vuoi.
Adeline inclinò con quel suo consumato gesto la testolina dorata, in quieta attesa e attenzione – e si interessò effettivamente appieno, a tutto il suo discorso.

La “Scala Breendbergh” a onor del vero, la fece appena sorridere – accenno di sorriso che scomparve tuttavia l’attimo in cui il mago inquadrò la ferita riportata alla nuca: la londinese storse il naso, in palese disappunto, l’occhio da Medimag che nei limiti del possibile sondava con fare clinico il taglio e la medicazione – nel tempo peraltro appena concessole dato che il battito di ciglia seguente a ricambiarle lo sguardo c'erano nuovamente le iridi color nocciola.
Peraltro rimase comunque in silenzio Adeline, in tacita riflessione e rapido apprendimento relazionale/amicale: a quanto pare, con quel mago, struggersi l’animo per la preoccupazione e/o la mente e i pensieri alla ricerca di mille e una strategie di prevenzione.. non era affatto la tattica migliore. Per nessuno dei due in effetti.
Si parlava di scienza militare qui - a quale pro infinite angosce e apprensioni – potenzialmente asfissianti peraltro – se chiaramente Camillo se la viaggiava su ben altre linee di battaglia contro chi poi, contro il mondo o contro sé stesso? Magari contro entrambi, di certo non contro nessuno - in completa autonomia e indipendenza peraltro.
In fondo questo vocabolario Adeline stessa lo conosceva sin troppo bene.
Probabilmente – si ritrovò a concludere con una spunta mentale da “ipotesi da confermare, rettificare o disconfermare” – era più utile un settaggio completamente diverso con quel mago: una presenza costante – ad ogni modo accogliente, di cura esiste nel mondo di CittàLaggiù, un dizionario in cui, affiancata a queste parole, c’è stampata la foto di Adeline Walker ma più reagente sul versante pratico e di realtà effettiva – per la serie “nessuno gli impedirà di farsi spaccare la schiena, tanto meno le mie paranoie e le diverse varianti di Ommerlino Millo non lo fare, ti prego – ma magari un giorno, mi permetterà quantomeno di fargli una medicazione come si deve”.
O essere aggiornata in anticipo persino, sulla possibilità che qualcosa vada storto – per come stavano al momento le cose, pura fantascienza questa – Adeline razionalizzò cristallina questa consapevolezza mentre il Tasso le mostrava un magnifico taglio appena rimarginato - ”Pura fantascienza, per l’appunto” - ma magari, procedendo per gradi..
Ci teneva troppo Londra alla libertà, all’autonomia conquistate, per anche solo immaginare di tarpare le ali al chiunque per sue mere preoccupazioni e inquietudini – anche se con alla base tutto il bene e l’affetto di questo mondo da parte sua, anche se con potenziali ferite e dolori nel futuro di quello stesso “chiunque”.
In altre parole “prendersi cura ed esserci” .. ma era anche convinta che ci fosse modo e modo per ciascuno.
E magari, per Camillo, era questo il modo migliore.
Per ora – peraltro – il Camillo del qui ed ora non era certamente il Camillo di cinque banalissimi anni prima – o cinque banalissimi anni dopo.

Ad ogni modo - o forse sarebbe meglio dire "Al netto di tutto ciò.."
-La tua scala Breendbergh è carina - ma chiaramente incompleta, tassino bello.-
Wow, questo tono da Bronzo Blu le riusciva ancora parecchio bene.
Saranno state le mura di Hogwarts a risvegliarlo così cristallino – va a sapere.
In realtà l’espressione tra i lineamenti della londinese era chiaramente di tenera presa in giro, con tanto di smorfietta buffa a seguito.
-Ti esorterei a renderla più completa considerando quella che d’ora in avanti chiameremo “Scala Walker”, grazie.-
Ridacchiò divertita solo perché chiaramente non riusciva a tenere un atteggiamento da “finta seria” neanche sotto tortura, ma costrinse quanto meno la propria voce a non tingersi come suo solito di quei trilli che tanto spesso tradivano le sue emozioni – dato che comunque, a dispetto di tutto, il messaggio che voleva condividere era effettivamente serio: -La suddetta scala considera aspetti e variabili fondamentali che la prima ha totalmente ignorato, quali le condizioni di contesto, le cause e motivazioni, l’eventuale presenza di esterni – d’aiuto o avversi - nonché i vissuti soggettivi dell’individuo x soggetto della nostra valutazione.-
Le era persino partito il dito indice da maestrina, wow qui si che ti potrebbero dare della cornacchietta Bronzo Blu, complimenti.
-Ne consegue che considerando i sopracitati elementi – una scivolata in un contesto conosciuto e sicuro quale una rinomata scuola in cui peraltro ricopro un ruolo in qualche modo “protetto” da docente, senza motivazioni e cause rilevanti che non siano la mia sbadataggine e mancata coordinazione nella motricità nonché con la presenza di esterni, sì, ma solo con intenti di aiuto.. fa sì che il mio “ematoma” – unico elemento considerato dalla Scala Breendbergh in qualità di risultato ultimo di un’intera sequenza di azioni assolutamente più complessa di così, sia ben al di sotto di un taglio alla nuca - le sopracciglia dorate di Adeline si alzarono con fare esplicito assieme alle dita della mancina che andarono persino a tenere il conto, categoriche e tassative come pochi -Inferto in un luogo sconosciuto e non protetto - e uno -Con alla base un intento aggressivo e di violenza volontari e consapevoli - e due -alla presenza di terzi chiaramente ostili, origine effettiva di suddetta violenza- e t r e -E non ti sto ad elencare i più comuni vissuti emotivi conseguenti all’aggressività subita, peraltro con lesioni effettive! Inoltre ti vorrei ricordare come bonus, i miei svariati anni da Medimag! - le dita ondeggiarono limpidissime nel loro senso e significato, mentre Adeline riempiva le guance d’aria per sbuffare sonoramente – scoppiando a ridere l’istante successivo, assolutamente di cuore.
Non si era neanche resa conto di aver drizzato la schiena e di essersi protesa in avanti nel suo – cosa? splendore Bronzo Blu? – in ogni caso si rituffò tra i cuscini e quietò la risata in un mite sorriso.
Un respiro silenzioso.
-Non credo tu sia una barzelletta, sai.-
Inclinò ancora una volta la testolina dorata con fare meditabondo mentre passava e ripassava i lineamenti del mago -Magari ti piace pensarti così, o magari ti è più comodo, magari più strategico o funzionale? per “riuscire a trascinarti in avanti con l’idea poi di poterci ridere su” per elaborare tutto ciò che vivi – e che superi direi anche alla grande, in qualche astruso modo- scrollò appena il capo, sorridente ma seria nei toni -Ma per me, non sei una barzelletta. E posso crederci per entrambi, se serve – e poi, sai cosa?- si accigliò appena, pensierosa, con l’intento di condividere un’idea, un’ipotesi -Il pretendere, con sé stessi ma anche solo con gli altri, di essere una barzelletta, ha comunque il suo peso. Devi nascondere tutto il resto, tutto ciò che a tuo parere giudichi meno leggero e divertente.. Dai. Così nasconderesti anche le tue parti più belle, no?-
Gli sorrise radiosa.
-Ben contenta di essere disconfermata in ogni mia singola parola ad ogni modo.- sventolò leggera una mano, come se così dissolvesse tutto quel gran vociare peraltro assolutamente non richiesto - E certo, sei comunque anche divertente – oltre che una frana completa con le scale di valutazione – ma d’altronde questo passa il convento, giusto?-
Scoppiò a ridere ancora una volta e si coprì il volto con la mancina libera, scrollando appena la testolina.
Le serviva un ancoraggio alla realtà, di nuovo, si stava perdendo in storie e trame tutte sue.
E a proposito di storie..
-Adesso comunque sei chiaramente stanco, quindi mettiti comodo, ascolta – e soprattutto – taci Breendbergh.- la mancina di nuovo alzata con indice perentorio -O niente favola della buonanotte, intesi?-
Come se non fosse stata lei quella a proporla e ad avere una smisurata voglia di leggere e raccontare storie a qualcuno di caro.



[“..ora che hai trovato la chiave per mettere in discussione la mia intera filosofia di vita, vuoi proprio mandarmi a fare la nanna come i bimbi?”]
Veder crollare un’intera filosofia di vita stanca – quindi bimbo bello, a nanna.
A cercare di ricostruire qualcosa ci penserai domani, da riposato.







.. E spero per te, che tu abbia mangiato anche tutte le tue verdure oggi. Mh.



Edited by Adeline Walker - 18/7/2023, 21:10
 
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