| | Now I'm gonna reap what I sow, I'm left seeing red on my own. Got a feeling that I'm going under. |
F alsa. Come potevo darle torto? Conoscevo fin troppo bene il suo dolore. Era stato anche il mio. E in qualche modo, lo è ancora. Perché venir rifiutati dalla persona che dovrebbe amarti più di ogni altra cosa, è un sentimento che in pochi conoscono e, ai poveracci a cui è concessa tale orripilante conoscenza, non rimane molto di cui andar fieri. E poco valore hanno le frasi fatti, tutti i “il tuo passato ti ha reso quello che sei”, perché no, le mie esperienze non mi hanno resa più forte. È per superarle che ho dovuto tirare fuori una volontà che non avevo al momento in cui i castelli - tutti - hanno iniziato a crollarmi sulle spalle ancora troppo fragili per certi fardelli. Non è esattamente la stessa cosa, perché non c’è niente di peggio che sentirsi dire che le azioni altrui, quelle crudeli o volte a far del male - volenti o nolenti - ci hanno influenzato o, al più, plasmato. Siamo quello che siamo perché abbiamo lottato contro le macerie e abbiamo arrancato verso il cielo. Non per le rovine, ma perché contro di esse. E io… Io non volevo essere la rovina di nessuno, figuriamoci di Megan. Quel che provavo per lei, quel che tutt’ora ci lega, doveva essere il collante che ci avrebbe unito anche quando avrei lasciato Hogwarts e non la ragione per mandare tutto a puttane. « Tu non vuoi lasciarmi andare. È così? », scossi la testa, spingendo ancora contro la sua fronte. Nella forza che imponevo per allontanarla, sentivo di riuscire a tenerla più stretta me. Col volto tra le sue mani, mi sentii incapace di mentire. Ero troppo stanca di tenere un punto tanto debole, fin troppo in balia delle emozioni che quel contatto, quel non voler assolutamente rinunciare a me, mi provocavano. « Non è il meglio per me, Megan », le donai una risposta a detti stretti, pronunciando il suo nome per intero, enfatizzando con rabbia ogni lettera, offesa che potesse azzardarsi a pensarlo. La sincerità costa, ma chi ne avrebbe pagato davvero il prezzo? Nel riaprire gli occhi, non mi fu concesso il suo sguardo; erano le ombre a custodirlo mentre la luce, alle sue spalle, gettava tutta la sua attenzione su di me. Ero io a dover decidere, Lei non poteva far altro, aveva già tentato. Continuò a tenermi il volto tra le mani; il suo respiro, incerto e trattenuto, bagnava le mie labbra e le braccia, strette intorno al suo ventre, unite oltre la sua minuta, candida schiena, davano tutt’altro l’idea che fossi pronta a lasciarla andare. Urlavo parole al vento, che non si riflettevano nell’affanno con cui il mio corpo evitava le distanze. « Promettimi solo che la tua vita avrà sempre la priorità sulla mia. » E pur tirando indietro la testa per permettere a un fascio di luce di penetrare tra i nostri sguardi, non posso fare a meno di ricordare quanto pericolosamente fossero vicini i nostri volti. Non posso non pensare alla leggera confusione che mi aveva pervaso nel riflettere sul perché fosse così difficile lasciarla andare e cosa fosse ciò che spingeva lei a restare. « È l’unica condizione. L’unico modo. » Strinsi più forte la presa sui fianchi forse, perché a contatto con la pelle, mi parve di sentire la sua schiena inarcarsi. « Promettilo. E allora potrò permettermi di restare. » Non fu una supplica quella che mormorai perché mai nella vita mi sarei permessa di pregare nuovamente qualcuno. Mai più mi sarei umiliata o avrei permesso al tormento di aver la meglio sull’amor proprio. Tuttavia, non posso negarlo, la speranza spazzò, per un fugace eppur eterno momento, la nebbia nei miei occhi quando il tremolio della fiamma mi concesse di ammirare il mare nei suoi.
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