steady blue in an unsteady future, Colloquio di Orientamento

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Megan M. Haven
view post Posted on 28/9/2023, 21:22 by: Megan M. Haven
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Ocean eyes.

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C’era una linea sottile che separava ciò che era giusto da ciò che invece non lo era. Saperne riconoscere il più piccolo tratto distintivo significava poterne analizzare almeno una minima parte, percorrere quella traiettoria e mettere in discussione il proprio ‘io’.
Ma Megan da tempo non aveva più raziocinio in entrambe le cose, non perlomeno quando riguardavano lei. Per anni aveva sfogliato margherite su prati arsi, cercato conforto nei ricordi e pensato che sarebbero bastati per vivere, o semplicemente, per dimenticare quel che di più tragico l’aveva colpita. Ma vi era rimasta solo una distesa di steli, poggiati su ceneri ancora calde: se avesse smosso la terra sarebbe bruciata.

Il vento che smuoveva le vesti, accarezzava la pelle diafana e il respiro, lento, fluiva nei polmoni liberi dal peso che fino a qualche istante prima aveva tentato di soffocarla. Un nugolo di parole, grovigli inestricabili della sua vita che tentavano di sciogliersi, stringere nodi sempre più piccoli fino ad annullarsi. La sensazione di assoluta leggerezza si posò su di Megan gli istanti necessari per farle vedere con occhi diversi ciò che aveva davanti. Distese infinite di montagne, che si perdevano in confini immaginari.
Scostò lo sguardo non appena sentì Daddy avvicinarsi. Aveva buttato la sigaretta e ora stringeva la sua mano in un lasso di tempo che non riuscì a calcolare. Quel gesto inaspettato accelerò il suo cuore; dischiuse le labbra e le iridi blu oceano lo seguirono prima di tornare a guardare quelle di lui.
La vulnerabilità di quegli istanti avrebbe potuto permettere che l’ennesima pietra venisse lanciata su di lei e mai come in quel momento seppe quanto si fosse affidata al ragazzo. Nello scenario ipotetico su cui in quegli infinitesimali attimi aveva immaginato di sentire un altro dolore lacerarle il petto scoprì, invece, conforto. E la paura, in tal modo, si mostrava sempre una costante. Se Daddy avesse avuto meno cognizione di chi aveva davanti, probabilmente avrebbe scelto parole diverse. Gesti e sguardi, lasciati andare ad una sensibilità che Megan riscopriva e che confermava quando quella notte di qualche anno fa aveva visto sotto l’albero che li aveva accolti.
Le parole allora, a seguito di quella carezza che inevitabilmente toccò le corde profonde del suo cuore, ebbero un effetto inaspettato: le entrarono dentro come il calore di un camino appena acceso in una stanza fredda e disagevole. Gli occhi si riempirono di lacrime tenute in equilibrio da un solo battito di ciglia. Megan non si accorse quando scesero lungo le gote, non finché un sorriso lieve e soave ne assaporò la sapidità.
Ma cosa realmente la faceva piangere in quel momento?
Era gratitudine. Sapeva che dietro il filo conduttore di quelle sillabe non v’era alcuna falsità, oltremodo sapeva che non avrebbe potuto cambiare il suo percorso, né i suoi pensieri. E allora rimpianse di non averle potute ascoltare prima, quando non era troppo tardi per comprenderle davvero, per fuggire dal buio, per abbracciarle una ad una e annullare il resto.
Strinse la mano di Lui e in fretta portò via, con quella libera, le lacrime lungo le guance.
«Vorrei aver potuto sentire tutto questo molto prima, probabilmente avrebbe cambiato ogni cosa» disse con voce flebile, emozionata. Il sorriso amaro lasciò arricciare le labbra in un moto involontario. Tirò su con il naso e scosse la testa. «Scusa... Non pensavo sarebbe finita così» sorrise, il lieve imbarazzo mascherò la costellazione di lentiggini.
«Ma è un bel momento questo, dopotutto. Qualcosa che conserverò per sempre. A volte dimentico come è sentirsi leggeri - anche se dura per pochi attimi - senza temere che tutto crolli l’istante seguente».
Si girò a guardare il panorama ancora una volta. Si sentì al sicuro lassù, si sentiva al sicuro con lui. Allo stesso modo avvertì il peso di quegli istanti, come se nel tacito silenzio che s’era fatto spazio tra un discorso e l’altro, si fosse suggellata una promessa.
Il tarlo si era assopito nella testa, sconvolto dallo sciabordio di sensazioni che l’aveva scossa; tuttavia, presto o tardi sarebbe tornato e allora tutto avrebbe ripreso ad esistere, a fare male.
«Grazie per tutto… Tutto questo» aggiunse poi e strinse ancora una volta la presa, «so che ci sei».
Era tornata a guardarlo.
Ma non dovresti, avrebbe voluto aggiungere.

 
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