Where is your head Baby Jane?, Contest: "What ever happened to Baby Jane?"

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view post Posted on 28/7/2022, 16:54
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Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

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Camille Donovan
Era solo una bambola rotta.
Sognava un ragazzo con la colla che si innamorasse di lei.

- Atticus -

«Non sono proprio riuscito a portare a termine l’esercitazione Merlino ladro! Troppo difficile per me…»
«Sei solo estremamente pigro, dovresti imparare a concentrarti di più, altrimenti come pensi che la bacchetta risponda correttamente a ciò che chiedi?»
«Probabile, ma-»
Le chiacchere tra compagni si perdevano, sfumando come un sottofondo musicale lungo il corridoio del Terzo Piano fino a spegnersi. Tutti studenti radunati appena fuori dall’aula d’Incantesimi, l’ultima lezione per quel giorno. Le loro siluette si allontanavano, si sfocavano, fino a sparire altrove per impegnare il tempo libero tra ligio dovere e passioni personali. Di norma lei avrebbe dovuto impiegare quelle ore per portare a termine alcuni compiti per l’indomani, ma di fatto preferì dare la precedenza a tutt’altro: scrivere a casa.
Aveva programmato di recarsi in Guferia prima di rientrare in Sala Comune a studiare, altrimenti avrebbe rischiato di perdersi tra manuali, pergamene ed inchiostro e chissà cos’altro dimenticando di dare regolarmente sue notizie come al solito.
«Hai sentito dell’ultimo scherzo di Pix?»
«Forse sì, ma ne combina talmente tante che ho perso il conto…» due Corvonero stavano parlottando tranquillamente vicino ad una delle finestre. La luce pomeridiana filtrava attraverso le vetrate, baciando caldamente le loro guance rosee.
Pix, dicevano. Quel poltergeist diventava sempre più molesto, le persecuzioni eccessive a carico di Prefetti e Caposcuola durante le ronde lo confermavano. Poteva raccontare diversi aneddoti divertenti, se così si potevano definire, alla sua famiglia a riguardo. Chissà chi era stavolta la sua povera vittima?
Si voltò di spalle incamminandosi, non poteva fermarsi in quel momento per approfondire la questione purtroppo.
«Ma sì, dai, la bambola di porcellana di Mr. Cravenmoore!» silenzio, solo il ticchettio dei suoi passi lo rompeva. Un’espressione perplessa le comparve sul viso, ma proseguì senza indugiare.
«Oh, non pensavo a Pix piacessero le bambole»
«Sei proprio disinformata, non capi-» queste le ultime parole che le giunsero in un soffio leggero alle orecchie mentre imboccava le scale, pronta a salire fino alla Torre di Divinazione. Neanche i Docenti venivano risparmiati a quanto pare. Si sarebbe sicuramente messa in pari con i pettegolezzi, la faccenda la incuriosiva, magari poteva essere utile a qualcosa. Qualsiasi cosa fosse. Probabilmente c’era persino un avviso in bella mostra sulla bacheca al Piano Terra, ma quel giorno non ci aveva fatto proprio caso.
Ormai aveva imparato a conoscere abbastanza bene quell’essere fastidioso, forse poteva abbindolarlo per farlo desistere dalle sue pessime intenzioni, o estorcere eventuali informazioni per aiutare. Forse.
Si ritrovò a percorrere la familiare scala a chiocciola in un silenzio surreale, stretta e avvolgente come quella dei Sotterranei. Trovava quell’alla del Castello meravigliosa, tranquilla, il luogo ideale per pensare e nascondersi dalla folla, oltre che per inviare della semplice corrispondenza. Gradino dopo gradino raggiunse l’ingresso della Guferia, varcandone immediatamente la soglia.
Venne accolta dal placido bubolio delle creature che l’abitavano, appostati in appositi anfratti di nuda pietra o su personali trespoli, ma lei ne cercava uno in particolare: Anacleto. Il Gufo della scuola che poteva definire amico, il suo postino di fiducia. Non faticò a scorgere la sua figura minuta, con le piume tutte arruffate, appisolata su un supporto adiacente alla parete che dava verso l’esterno.
Senza fare troppo rumore gli si avvicinò cautamente, per poi carezzarlo dolcemente sulla morbida testolina. L’essere destato d’improvvisò lo infastidì, era evidente. Arruffò ulteriormente le piume, emettendo un profondo bubolio di protesta.
«Mi dispiace disturbarti, ma devi farmi assolutamente un favore…» gli sussurrò «Suppongo sai già quale…» un sorriso tenero le incurvò le labbra «E no, non mi sono dimenticata della tua amata ricompensa…» frugò nella tracolla, estraendone un sacchettino colmo di biscottini che sventolò con aria soddisfatta davanti al becco di Anacleto «Ho la tua attenzione adesso?» per tutta risposta, l’altro provò ad acciuffare inutilmente le golosità che stringeva tra le dita «Aspetta, non avere fretta!» con calma recuperò uno dei biscotti, porgendolo al piccoletto che si mise ad assaporarlo di gusto. La strada da percorrere era lunga, quindi decise di scusarsi in anticipo dandogliene altri due. Certo non parve sazio, ma il resto lo avrebbe ricevuto a missione compiuta.
«Prima la consegna! E ti assicuro che una volta arrivato a destinazione ne avrai altrettanti, promesso!» si era premurata di mettere un post scriptum in merito in calce alla lettera. «Allora, devi portare questa ai miei genitori, li troverai presso un piccolo cottage fuori Bath. Occhio a non smarrirti, mi raccomando!» legò tutto accuratamente alla zampetta destra con un nastrino rosso, prendendo poi in braccio il volatile.
Chiunque fosse entrato in quel momento, l’avrebbe vista liberare Anacleto dalla finestrella. Lo osservava spiccare il volo verso l’alto, libero nella brezza.
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Edited by Camille Donovan - 19/8/2022, 11:53
 
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Draven Enrik Shaw
Era solo una bambola rotta.
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- Atticus -

Era, forse, la prima volta in tutti quegli anni di studi che Draven si ritrovava nella condizione ideale per fare i compiti in santa pace, senza fastidiosi esseri umani di contorno. Erano ancora tutti a lezione ed era bellissimo. Solo un rumore a spezzare il silenzio: quello delle catene del Barone Sanguinario che fluttuava da parete a parete, attraversando la sala comune come se fosse in attesa di qualcosa.
Il clangore delle catene a un certo punto era diventato così perpetuo, quasi armonico, da trasformarsi in un sottofondo non del tutto spiacevole. Quantomeno, Draven non se ne lamentava. L’unico problema di quella condizione era che il Barone non voleva smettere di fissarlo… Draven aveva cercato di ignorarlo e aveva mantenuto lo sguardo, imperterrito, sui propri libri. Ci aveva provato davvero con molto impegno e aveva finito solo col buttare via una serie di pergamene per errori di scrittura banalissimi, dovuti a quella maledetta sensazione di essere osservato in maniera insistente. Non aveva la minima idea di quanto tempo fosse passato, ma era sicuro che ben presto quell’idillio sarebbe stato interrotto dall’arrivo di mocciosi esuberanti e caotici. Era veramente così assurdo riuscire a ricavarsi della privacy e del silenzio in quella scuola? Scocciato, incrociò le braccia sulla scrivania e alzò lo sguardo in direzione del fantasma, trovando i suoi occhi pallidi rivolti verso di lui. Non ci provò nemmeno a fingere che non fosse stato a guardarlo per tutto quel tempo. L’intenzione di Draven era quella di restare a fissarlo di rimando finché non si fosse reso conto che gli stava dando fastidio; c’era da dire che, come fantasma, doveva aver acquisito una pazienza senza eguali. Da vivo, però, Draven gli aveva dato parecchio filo da torcere nel corso degli anni.

Giovane, potrei avere qualcosa da chiederti.

Lo sguardo di Draven si incupì inevitabilmente al suono di quelle parole, temendo il peggio. L’espressione sul viso, però, non mostrò alcuna ostilità; orgoglioso di aver vinto a un gioco di sguardi contro il Barone Sanguinario, non era riuscito a mostrarsi più scocciato di così.
Non ricevendo alcun rifiuto da parte di Draven, il Barone proseguì.

Sai, ero a fare una passeggiata nella Torre di Divinazione e mi è parso di udire, per caso, raccontar dalla Dama Grigia di come Pix abbia di nuovo mancato di rispetto a un Professore.

La posa di Draven cambiò. Più avvilito di parola in parola, già convinto che potesse trattarsi di uno dei suoi lunghissimi racconti, spostò una mano chiusa a pugno a sorreggersi il viso. Gli occhi pronti a un forzato riposino pomeridiano nel caso in cui il disagio del fantasma si fosse protratto a lungo.

Pare ci sia una testa in guferia che le ha fatto prendere un bello spavento.

Una testa?

Una testa.

L’espressione annoiata e un po’ afflitta di Draven non aveva minimamente vacillato al suono di quella notizia. Nemmeno la sua innata curiosità lo spronò a chiedere qualcosa a riguardo. Voleva solo essere lasciato da solo e fare i compiti in pace!

E cosa c’entra con quello che vorrebbe chiedermi?

La Dama Grigia è timorosa nei miei confronti, ma se un valoroso giovane della mia casa l’aiutasse a liberarsi di questo tedio potrebbe esser considerato un gesto premuroso da parte mia, non trovi?

Solo a quel punto Draven si concesse di sbuffare senza alcun ritegno. Eccola lì la richiesta, velata da un panegirico inutile. Non c’era verso di riuscire a convincere il Barone Sanguinario a non fargli avere ciò che chiedeva, per cui, senza nemmeno esitare, chiuse i libri sulla scrivania e si alzò dalla sedia. Meglio assecondarlo che perdere altro tempo per cercare una trattativa.

Faccia in modo che nessuno mi rubi il posto. E non sporchi di sangue le mie cose. – si limitò a rispondere, prima di uscire dalla sala comune a passo svelto.
Più scocciato che mai, Draven si diresse verso la torre di divinazione senza badare nemmeno a chi gli passasse vicino. Come un cavallo da corsa, aveva occhi e orecchie parate con l’intento di evitare qualsiasi sguardo o presumibile conversazione di circostanza che avrebbe potuto ritardare il suo rientro in sala comune. Di qualsiasi cosa si trattasse, questa storia della testa, l’avrebbe risolta in fretta.
Raggiunta la torre, salì i gradini che portavano alla guferia a gruppi di tre. Mani in tasca, maniche della camicia tirate su fino ai gomiti e cravatta allentata sul collo a coronare un’espressione a dir poco irritata. Con l’ennesimo sbuffo, attraversò l’arco d’ingresso alla guferia. Oltre a una serie di sporchissimi rapaci di ogni tipo, intravide la figura di Camille.

Hai visto una testa da qualche parte? Pix ha nascosto una testa in guferia, ha spaventato la Dama Grigia. Conoscendolo, non sarà mai facilmente raggiungibile…
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Edited by Draven. - 28/7/2022, 23:05
 
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view post Posted on 29/7/2022, 17:54
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- Atticus -

Anacleto stava diventando un puntino sfocato lontano nel cielo. Volava beato tra le candide nuvole cosparse qui e là, come colorati fiori selvatici che spezzavano la monotonia cromatica in un prato primaverile. Adesso che la lettera era in zampette sicure, poteva tornare ai suoi doveri di studentessa. Oppure, perché no, rimandare ancora un pochino per informarsi nell’immediato su quanto accaduto al Professor. Cravenmoore.
Proprio mentre si girava su sé stessa per uscire dalla Guferia, meditando sulla direzione definitiva da prendere, una voce familiare la fece bloccare di colpo come una statua. Sobbalzò leggermente, presa completamente alla sprovvista da una seconda figura davanti a sé.
«Shaw!» lo accolse. Squadrò il collega neo-Prefetto, incuriosita dalle parole che gli uscirono di bocca «Una testa? Ma cosa….» sgranò gli occhi incredula. Questa era nuova, parti del corpo sparse in giro e nessuno se ne preoccupava? Inarcò le sopracciglia, ancora più stupita di scoprire chi era il responsabile «Aspetta un attimo, hai detto Pix?» un guizzo improvviso, un lampo nelle iridi, come se l’altro avesse detto una parola chiave per sollecitarle la memoria. Quello scherzo - di qualunque scherzo si trattasse - era sulla bocca di tutti, era innegabile. Possibile che fosse davvero l’ultima in quella scuola a sapere le cose?
«Certo non ha proprio altro a cui dedicarsi quell’odioso spiritello! Ne parlavano due Corvonero poco fa, credo abbia a che fare con una bambola del Professor. Cravenmoore, o qualcosa del genere…» tutto ciò cominciava a risultarle sempre più assurdo e contorto, ma il puzzle un po’ più completo in fin dei conti. «Comunque non mi è parso di vedere niente di simile in giro, purtroppo…» il tono era sinceramente dispiaciuto. Ma a tutto c’era una soluzione, se era davvero lì non potevano arrendersi al primo ostacolo che incontravano sul proprio cammino. «Almeno, non in posti facilmente accessibili in effetti!» alzò lo sguardo, provando a riflettere su dove potesse aver nascosto un frammento di bambola quel dannato poltergeist. Un’espressione assorta si fece largo sul suo viso.
Fin dove si sarebbe spinto prima che qualcuno del personale, se non addirittura il Preside in persona, contattasse la divisione “Esseri e Spiriti” del Ministero per cacciarlo dal Castello una volta per tutte? Quali erano i suoi limiti? Sempre che ne avesse, ovvio. Spesso si chiedeva cosa passasse nella testolina eterea e malefica di Pix. Si superava continuamente con i suoi misfatti, come gli architettava era un arcano che l’assillava da diverso tempo ormai. Sarebbe mai giunta ad una conclusione plausibile? Onestamente cominciava a vacillare sull’argomento.
«Se è qui, le opzioni sono due probabilmente. Nessuna delle quali, però, sarà piacevole sadico com’è….» esordì di getto, con il naso ancora per aria. Sperava di aiutare il ragazzo a sbrogliare la situazione velocemente.
Fortunatamente non c’erano molti modi per rendere “invisibile” qualcosa dentro quel locale ristretto, o così credeva. Tornò a posare le iridi marroni su di lui «Può averla nascosta in alto, magari in una delle cavità dove alloggiano i Gufi…» ammiccò verso la volta della torretta con l’indice destro. Oltretutto le sembrò piuttosto macabro, immaginava l’orrore provato dalla povera Dama Grigia al cospetto di una testa decapitata, seppur finta, che la osservava inespressiva da un loculo. Rabbrividì. Una scossa appena percettibilmente le corse lungo la spina dorsale, come se fosse stata colpita da uno sbuffo gelato in pieno inverno. La pelle d’oca fece prepotentemente capolino sulle braccia, ben nascoste dal tessuto scuro della divisa.
«Oppure…» arricciò le labbra, indecisa se proseguire. Valutò per una frazione di secondo la sensatezza dell’ipotesi «…da qualche parte sul pavimento, tra le piume e il resto ammonticchiato in giro…» ne indicò con il capo un esempio lì vicino. Meno raccapricciante forse, ma il tal caso c’era da sporcarsi parecchio le mani per rimestare nella melma maleodorante. Se fosse stata costretta ad “immergersi” lì in mezzo, l’unico modo per procedere era fingere di giocare con il fango. Sì con il fango, come quando da bambini, dopo un temporale, quando il terreno è ancora pregno e profuma di buono, si costruiscono castelli con esso.
«Vedrai che prima o poi la troveremo!» ne era assolutamente convinta «Allora, da dove preferisci iniziare?» fece spallucce, rimettendo la decisione nelle mani di Draven. Preferire era un parolone, diciamo che si trattava di scegliere la prospettiva meno spinosa. Scaricò l’ingombrante tracolla in un angolo libero, arrotolandosi poi le maniche fino al gomito, pronta a darsi da fare. Lei sicuramente non l’avrebbe data vinta a Pix, non stavolta.
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Edited by Camille Donovan - 19/8/2022, 11:59
 
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Draven Enrik Shaw
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- Atticus -

Quanti secoli erano passati da quando il Barone Sanguinario aveva ferito i sentimenti della Dama Grigia? Sua nonna gli aveva raccontato che la donna, ormai fantasma di Corvonero, era stata uccisa dal Barone stesso, perché non aveva ricambiato il suo amore, o qualcosa del genere. Non sapeva nemmeno se quella storia fosse vera, era difficile reperire informazioni sui fantasmi di Hogwarts, nonostante esistessero libri a loro dedicati: le fonti di ricerca risultavano poco credibili… Ossia loro stessi, che continuavano a vagare nel mondo mortale senza più ricordi tangibili, mescolati a fantasie, come se avessero ancora la possibilità di risolvere in morte questioni lasciate in sospeso in vita. Di fatti, anche da fantasma, il Barone continuava la sua penitenza, giorno dopo giorno, portando quelle catene al collo che strascicava sui pavimenti di Hogwarts a tutte le ore del giorno e della notte. A certi errori non poteva esserci rimedio; almeno, Draven la vedeva così. E, se Pix aveva staccato la testa a un professore, probabilmente non c’era rimedio nemmeno a quello…
In tutta onestà, non aveva ancora ben chiara la situazione; con altrettanta onestà, nemmeno gli interessava. Era lì per aiutare il fantasma della sua casa a sentirsi un po’ meno peggio con se stesso, così da avere la vita più facile lui in sala comune (perché, quando il Barone era depresso, urlava come un dannato). Una testa era una testa! L’avrebbe trovata anche senza conoscere il contesto. Camille, però, giunse prontamente in suo soccorso, rimediando a quella pigrizia mentale che aveva colpito l’innata curiosità del Serpeverde, nascosta dietro al nervosismo di una situazione in cui era stato coinvolto contro la propria volontà: a detta sua, la testa doveva essere di una bambola appartenente al professore di cura delle creature magiche. Sospirò, alzando lo sguardo al cielo.
Aveva ancora diverse ore di giorno davanti a sé. Non che importasse, visto che in sala comune c’era sempre la stessa luce giorno e notte. Era più una cosa psicologica, che gli impediva di concentrarsi sullo studio se era passato il tramonto. Voleva andare a studiare, stava perdendo un sacco di tempo!
Sospirò di nuovo, stavolta quasi sbuffando. Le intuizioni di Camille le aveva pensate anche lui stesso, ma aveva finto di non averlo fatto per non voler affrontare l’ipotesi di dover avanzare di un passo verso lo schifo che lo circondava. Di tutta la scuola, forse quello era l’unico posto che ripudiava. Già non andava d’accordo in generale con gli animali, figuriamoci quanta tolleranza poteva avere con i loro escrementi…
Fece un passo indietro, fermandosi a ridosso dell’entrata della guferia. Impugnò la bacchetta nella sinistra e la puntò davanti a sé, in un punto indefinito; guardò sia verso l’alto che verso il basso.

Accio testa! – esclamò, guardandosi intorno nella speranza che quella cosa apparisse davanti ai loro occhi semplicemente perché appellata. Nel mondo magico poteva capitare che le questioni fossero risolte in maniera così facile; ci aveva voluto provare, ma per diversi secondi non successe nulla. Il Barone era stato inequivocabile solo su questo: la testa era in guferia, quindi era lì di sicuro. Se non era ancora apparsa, poteva dipendere solo da quanto dispettoso era stato Pix nel nasconderla.

Credo sia incastrata da qualche parte. – disse, lasciandosi andare a un altro sbuffo irritato, mentre il viso si contorse in un’espressione tra il nervoso e il disgustato. In alto la fobia delle altezze, in basso escrementi e borre…
Optò per la cosa meno peggiore.
Rimise in tasca la bacchetta e cominciò ad arrampicarsi tra le cuccette dei rapaci. Non aveva tenuto conto del fatto che anche lì potesse essere terribilmente sporco, per usare un eufemismo.

Iniziamo dall’alto. Tu cerca di là. – disse poi a Camille, riferendosi all’altro lato della guferia. In due avrebbero fatto sicuramente prima o, almeno, ci sperava; non voleva passare lì dentro un minuto in più del necessario.
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view post Posted on 4/8/2022, 18:58
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- Atticus -

Sì, Pix non avrebbe reso loro la vita facile. Quando mai lo faceva? Godeva nel vedere arrancare gli altri, soprattutto i primini più indifesi. Rideva di gusto, mostrando i dentini affilati come coltelli, se qualcuno lo pregava in ginocchio di smettere con i suoi perfidi scherzi. Spesso bastava ignorarlo per farlo stufare nel giro di pochi secondi; cose del genere però non potevano rimanere impunite, poco ma sicuro.
Draven sperava di risolverla velocemente, fin troppo velocemente per gli standard di quell’essere odioso quanto una zecca nei pantaloni in piena estate.
«Nessun problema, faremo alla vecchia maniera!» affermò senza farsi troppi crucci mentali, l’esatto opposto del suo collega. Non le pareva molto a suo agio in quella stanza. Forse era tutto più piacevole se si considerava esclusivamente la compagnia dei volatili che almeno, al contrario delle persone che popolavano la Sala Comune, non solevano interromperla ogni cinque minuti mentre era intenta a scrivere la corrispondenza. La guardavano e basta con aria curiosa.
«Ottimo, se trovo qualcosa ti avviso subito!» concordò.
Dividendosi gli spazi avrebbero impiegato la metà del tempo, almeno lo sperava. Si diresse a passi decisi dall’altro lato della Guferia, magari il pezzo di bambola era davvero incastrato in una delle “confortevoli” tane seminate lungo la parete.
Davanti ad esse però non mancavano alcune sorprese poco gradite, tanto per cominciare rischiò di finire schiena a terra per aver calpestato qualcosa di sdrucciolevole, forse un sottile strato di melma residua. Senza contare che alcuni mucchietti di chissà cosa ostacolavano il cammino, per cui toccava evitarli con qualche difficoltà.
Dopo aver dato finalmente un’occhiata a quelli più in basso senza risultati, si sorresse all’arcata del piccolo alloggio in pietra e, un piede e poi l’altro, cominciò a salire per perlustrale la fila successiva. La maggior parte dei volatili sembrava assente, per cui poteva agire senza eccessivi intoppi. Anche nella seconda fila che visionò non c’era niente, a parte qualche manciata di soffici piume marroncine e delle sottilissime ragnatele agli angoli. Probabilmente, a fine giornata, entrambi avrebbero avuto bisogno di un bel bagno caldo. Prima di procedere con la fila superiore, si passò le mani, una per volta per non sbilanciarsi, sui pantaloni per scuotere una parte della sporcizia. Tentò di arrivare ancora più in alto, facendo leva con le braccia e inserendo con estrema attenzione i piedi negli anfratti in cui aveva appena rovistato, accertandosi di non cadere. Allungò il braccio destro, tastando accuratamente l’interno di quello immediatamente sopra: niente.
Si spostò lateralmente per controllare quello di fianco, un po’ come un ragnetto che passeggia allegramente sulle superfici verticali senza battere ciglio. Stavolta però, quando provò solamente a far avanzare le dita nell’apertura, avvertì un colpo sul dorso della mano.
«Ahia! Ma Merlino ladro!» la ritirò alla velocità della luce, per fortuna senza perdere la presa con l’altra. Non si era accorta che il proprietario era a casa. Una civetta color caramello spiccò il volo infastidita, rasentandole la testa. Quel colpo era il suo becco intento a scacciarla come una mosca, una goccia vermiglia che risaltava sulla pelle rosea segnava il punto esatto dove l’aveva colta. «Accidenti!» sibilò a denti stretti. Non aveva riflettuto abbastanza sulla presenza di possibili inquilini scontrosi.
Non si curò più di tanto del graffio e andò oltre, magari era la volta buona, in barba al molesto poltergeist. Forse era davvero fortunata, perché nel successivo con i polpastrelli sfiorò qualcosa di freddo ed estremamente liscio. Il problema era che non riusciva a vedere cosa stava toccando, tanto meno ad estrarlo da lì. Percepì qualcosa di più ruvido e pieno di asperità di fianco, forse lo sperone di roccia che fungeva da trespolo ora stava bloccando l’oggetto che tanto desideravano riportare al legittimo proprietario.
Si mise in punta di piedi per quanto le fosse concesso, ma fu inutile, non riusciva comunque a prenderlo. Lo mosse appena, ma senza riuscire a liberarlo completamente.
«Shaw, credo sia qui!» richiamò l’attenzione del Serpeverde «Ma non riesco ad estrarla, sono troppo bassa e non ci arrivo…» cominciava a rimpiangere la mancanza di qualche centimetro, non si era mai resa conto fino a quel momento di quanto potessero esserle utili.
«Vedi se riesci tu, altrimenti qualcosa ci inventiamo….» dal terreno la separavano due file di tane per Gufi.
«E attento a non scivolare quando ti avvicini, c’è uno stato di fanghiglia viscida lì sul pavimento!» si raccomandò, ammiccando in un punto alla sua sinistra.
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view post Posted on 5/8/2022, 23:59
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Draven Enrik Shaw
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- Atticus -

Nella sfortuna di essere stato coinvolto in una questione di cui gli importava meno di zero, era stato quantomeno fortunato a trovare Camille in guferia proprio in quel momento. Innanzitutto, perché, rispetto a chiunque altro, non era poi così fastidiosa; in secondo luogo, perché era disponibile a livelli melliflui. Sapeva che avrebbe potuto contare sul suo aiuto ancor prima di chiederglielo. Che poi, a dirla tutta, nemmeno glielo aveva chiesto… Lo aveva proprio dato per scontato.
La Tassorosso, però, non aveva fatto una piega in risposta alle parole di Draven; si era rimboccata le maniche e, come se non avesse aspettato altro che rendersi utile, gli aveva dato subito retta.
Draven annuì alle sue parole, era sottinteso che dividendosi l’area da perlustrare ci avrebbero impiegato poco a trovare quella maledetta testa. Tenne, però, lo sguardo fisso davanti a sé. Quella scalata verso confini inesplorati da mani umane, per ovvi motivi, richiedeva la sua totale concentrazione. C’era veramente lo schifo più impensabile in quelle cuccette. Si chiese se fossero ridotte in quello stato perché lasciate a marcire per il coprofago piacere dei rapaci o se fossero in quello stato nonostante gli elfi del castello fossero addetti a pulire anche la guferia a giorni alterni o giù di lì… E l’ipotesi che nonostante la continua pulizia di quel luogo ci potesse essere così… tanto… Gli fece venire un conato di vomito.
Chiuse gli occhi e si tappò il naso affondando il viso nell’incavo del gomito.
Per averlo costretto a una simile situazione, avrebbe chiesto al Barone di punire Pix per i prossimi tre mesi, almeno.
L’imprecazione più tenera che le proprie orecchie avessero mai udito lo ridestò da quel momento di totale disgusto. Addirittura, e nonostante il nervosismo, gli sfuggì un mezzo sorriso.

Merlino ladro…? – ripeté, divertito, voltandosi verso Camille. Immaginò che potesse essersi fatta male in qualche modo, ma ipotizzò anche che se si fosse ferita gravemente avrebbe imprecato con più intenzione.
L’aver alzato la voce, per potersi far sentire da lei, comportò l’inevitabile reazione di quelle schifide creature volatili ancora presenti nelle loro schifide cuccette. Rischiò di perdere equilibrio nel tentativo di sorreggersi a mezz’aria e proteggersi la testa da eventuali aggressioni.

Che vita di merda… - bisbigliò tra sé e sé, fin troppo letteralmente… vista la situazione.
Scese lentamente per tornare con i piedi per terra e, guardando dove camminava, nel vano tentativo di non sporcarsi più del necessario, si avviò per raggiungere Camille.
Alzando lo sguardo verso la ragazza, ebbe l’impressione che si fosse arrampicata ben più in alto di quanto avesse appena fatto lui. L’idea di raggiungerla non lo entusiasmava affatto, ma si rese razionalmente conto che fosse solo una specie di effetto ottico, visto che aveva superato solo due file di cuccette. A meno che, da quel lato, non fossero più alte. L’ipotesi dell’asimmetria bastava da sola a fargli venire i brividi; unita al contesto, si sentì ancora più irritato.
Sospirò, per l’ennesima volta, poi riprese la scalata, stavolta dal lato della Tassorosso. Ignorando volutamente le condizioni in cui riversavano le proprie mani e i propri vestiti, a quel punto.

Stai bene? – le chiese, non appena si affiancò a lei. Le lanciò una rapida occhiata per verificare di persona e notò la beccata sul dorso della mano. Considerando cosa stavano facendo, sarebbe potuta andarle peggio. E anche a lui. Le fece cenno di fargli più spazio, indicando verso il basso, come a suggerirle di anticiparlo e cominciare a scendere, prima di protrarsi nel punto da lei indicato precedentemente. Cercò di allungare il braccio sinistro il più a fondo possibile, spingendosi in avanti anche con il busto per poter raggiungere quella maledetta testa incastrata tra due trespoli particolarmente rigidi, che non volevano minimamente smuoversi al suo tocco insistente. Come diavolo aveva fatto Pix a incastrarla così bene? Provò ad afferrare direttamente la testa, smettendo di provare ad allentare la presa dei trespoli, e tirò con tutta la forza che poté, considerata la posizione non proprio comoda.
La testa venne fuori dai trespoli dopo un po’ di insistenza, ma Draven finì per sbilanciarsi troppo all’indietro; nonostante Camille lo avesse avvisato della melma viscida in quel punto, non poté farci niente. Scivolò brutalmente all’indietro e ricadde di schiena a terra. Le collinette di escrementi e borre, che aveva cercato di ignorare fino a quel momento, funsero da cuscinetto. Se, da un lato, ne fu grato perché almeno da quei dieci metri di altezza non si era spaccato la schiena a metà nella caduta, dall’altro non poté che provare immenso disgusto. A occhi chiusi e con un’espressione arrabbiata che la diceva lunga sul filo dei propri pensieri, distese il braccio sinistro verso l’alto, in attesa che Camille andasse a recuperare la testa della bambola dalla propria mano. Se avesse commentato in qualche modo la situazione, l’avrebbe fatta volare giù dalla torre. Camille. Intendeva Camille, ma anche quella maledetta testa.
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view post Posted on 11/8/2022, 19:00
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Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

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Camille Donovan
Era solo una bambola rotta.
Sognava un ragazzo con la colla che si innamorasse di lei.

- Atticus -

Doveva sembrare assai ridicola lì, arrampicata su quella parete mentre si sforzava di raggiungere caparbiamente il suo obiettivo, un po’ come una scimmia che tenta di afferrare una banana troppo in alto sul suo albero. Se non fosse stato per Draven, sarebbe rimasta appesa ancora a lungo senza ottenere risultati concreti «Sì, tutto a posto. Solo una civetta a cui stavo poco simpatica evidentemente…» rispose all’altro, fornendogli contemporaneamente spazio di manovra. La ferita era minuscola, solo un puntino leggermente rossastro, niente di grave. Lentamente e con attenzione iniziò l’instabile discesa per tornare con i piedi ben piantati a terra, le dita che cercavano di mantenere una presa salda sulla pietra polverosa.
Non tutto però si risolve con semplicità e in maniera perfettamente pulita. La testa venne recuperata sì, ma sfortunatamente vide scivolare il Serpeverde sul pavimento sudicio, tra melma e chi più ne ha più ne metta. Non riuscì a desistere dal ridere piuttosto sonoramente, piegata in due e con le braccia che le avvolgevano il ventre. Aveva quasi le lacrime agli occhi, era una scenetta troppo divertente, o meglio tragicomica.
Provò a ricomporsi: il sorriso si affievolì, le braccia tornarono a distendersi lungo i fianchi. Dopodiché prese ciò che gli porgeva con la mancina e, attanagliata allo stomaco dai mordaci sensi di colpa, gli offrì la mano destra ben tesa per aiutarlo a rialzarsi se avesse messo l’orgoglio da parte e accettato l’invito.
«Scusa, non prendertela Shaw, capita anche ai migliori sappilo!» alla fine un po’ di sporcizia non ha mai ucciso nessuno, giusto? Ma, non lo nascondeva affatto, non poteva sopportare di lasciarlo andare a zonzo per il Castello in quello stato disastroso. Si trovava davanti ad una di quelle situazioni che facevano scattare in lei un insolito istinto da “mamma chioccia”, accentuato dal suo incarico come Prefetto probabilmente. Si sentiva costantemente responsabile verso gli altri: amici, conoscenti o meno. Persino verso i colleghi, come se non fossero in grado di cavarsela da soli. Doveva imparare a smorzare quel lato eccessivamente apprensivo, ma sicuramente non era quello il giorno adatto «Su, ti aiuto a darti una sistemata!» inoltre, era pienamente cosciente di dover ricambiare l’aver messo a disposizione i suoi centimetri d’altezza in più. Se glielo avesse permesso, avrebbe estratto la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e si sarebbe immaginata gli abiti immacolati, la viscida macchia che piano piano si schiariva fino a svanire in un puff, come risucchiata nel nulla cosmico. Con tale intensione ben impressa a fuoco nella mente, avrebbe compiuto una semplice rotazione in senso orario del polso, partendo dall’alto per poi scendere, mimando all’ultimo un colpetto in direzione della divisa dell’altro, senza però toccarla e pronunciando decisa «Gratta e Netta» avrebbe potuto ritenersi soddisfatta, la macchia sarebbe scomparsa in un men che non si dica sotto i loro occhi «Non funzionerà contro la puzza, ma direi che può andare per ora!» per l’odore disgustoso sarebbe servito ben altro purtroppo, con la magia non era ancora in grado di spargere aroma di violette nell’aria circostante. Ripose accuratamente il fedele mandorlo e, con il frammento di bambola ancora ben saldo nella sua presa, era pronta a consegnarlo assieme a Draven al legittimo proprietario. Mancava sempre diverso tempo all’ora di cena, sicuramente una capatina alla capanna prima di recarsi in Sala Grande non avrebbe causato un eccessivo ritardo sulle loro tabelle di marcia quotidiane. Tra l’altro in borsa aveva ancora qualche biscottino gufico, ne avrebbe approfittato per regalarne un paio alla golosona di Leviosa, dispensandole qualche coccola. Le mancava quel batuffolo di piume colorate, tra i vari impegni non era più riuscita a passare per farle un saluto e francamente se ne rammaricava parecchio.
«Credo sia il momento di restituirla. Immagino Mr. Cavenmoore sia impazzito quasi quanto noi a cercarla!?» quella sera, durante la ronda, Pix non sarebbe scampato ad una bella ramanzina da parte sua. Era indubbio che se ne sarebbe fregato e avrebbe proseguito imperterrito con i suoi misfatti, ma tentare non le avrebbe nuociuto. Forse una tirata di capelli o due, ma niente di peggio.
Hufflepuff Prefect | 15 y.o | Sheet

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view post Posted on 19/8/2022, 10:38
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Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

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Draven Enrik Shaw
Era solo una bambola rotta.
Sognava un ragazzo con la colla che si innamorasse di lei.

- Atticus -

Era successo tutto per la testa di una bambola. Stentava a crederci. Aveva avuto solo un istante per poterla osservare e maledire prima della caduta. Gli occhi si erano chiusi d’istinto e non per le vertigini, ma per ciò che sapeva che avrebbe trovato alla fine di quel volo involontario dalle cuccette. Il suono che aveva fatto il proprio corpo a contatto con quella melma, per così definirla, lo aveva fatto rabbrividire. Si era irrigidito. D’istinto, però, aveva voluto salvaguardare le condizioni di quell’oggetto, per quanto possibile. Incredibilmente, visto il punto in cui Pix l’aveva incastrata, al momento era la cosa più pulita lì dentro, comprendendo anche lui e Camille. Era andato in guferia con l’intento di aiutare il Barone Sanguinario e liberarsi del fastidio di doverlo sentire lamentarsi per il resto della serata, ma ne usciva con l’intento di aiutare un professore che era stato preso in giro da quel maledetto poltergeist. Camille aveva avuto occhio e ci avevano messo anche poco a risolvere la questione. Erano stati bravi.
Cercò di giustificarsi mentalmente per impedirsi di pensare a come avrebbe potuto lanciare sia la testa che Camille giù dalla torre. Un misto di nervosismo e istinto omicida lo travolse come un fiume in piena; più l’odore pestilenziale gli penetrava nelle narici, più si sentiva peggio. Di bene in meglio, la risata della Tassorosso gli giunse nelle orecchie come una marcia funebre.

Sbrigati a prendere questa stupida testa, ok? – ribatté duramente in risposta alle sue parole. Ancora a occhi chiusi perché non poteva pensare di potersi guardare in quello stato.
Non appena Camille, preda di un divertimento che non faceva altro che renderlo più nervoso di secondo in secondo, gli si avvicinò per prendere l’oggetto, Draven ebbe entrambe le mani libere. Prese un respiro di incoraggiamento e le affondò nel terreno per fare leva a rimettersi in piedi. L’ennesimo conato di vomito gli impedì di maledire a voce alta la Tassorosso. Lo aveva aiutato, dovette ripetersi. E stava continuando a farlo! Se solo avesse avuto una minima idea dei modi in cui aveva pensato di ucciderla solo negli ultimi trenta secondi…
Le si piazzò davanti, in silenzio, un occhio aperto a fessura, solo l’indispensabile per poter vedere dove mettere i piedi; allargò appena le braccia e lasciò che Camille lo ripulisse.
Era sicuro che conoscesse qualche incantesimo in grado di coprire l’odore nauseabondo che aleggiava su di sé, ma era talmente incazzato da non riuscire a riflettere razionalmente.
Oh, le cose che avrebbe fatto patire a Pix per averlo condotto a una simile situazione…

Sì, immagino. – si limitò a rispondere alla ragazza, con un tono monocorde che lasciava intendere la totale assenza di buonumore.
Si affiancò a lei e le indicò l’uscita della guferia, facendola passare prima di lui attraverso lo stretto e basso arco d’ingresso, poi insieme a lei scese cautamente i gradini della torre; ci mancava solo che scivolasse anche lì.
Per tutto il tragitto fino alla capanna del guardiacaccia, Draven non emise il benché minimo suono. L’unico, involontario, era quello dei piedi che a ogni passo facevano scricchiolare le foglie secche sotto la suola delle scarpe.
Era ben consapevole che, prima o poi, avrebbe dovuto ringraziare Camille per il suo aiuto, ma quello non era il momento più adatto. Forse, lo avrebbe fatto dopo essersi lavato via di dosso quel terribile odore, lasciandosi alle spalle i lati traumatici dell’esperienza.
Giunti alla loro destinazione, salì i gradini della capanna del guardiacaccia e attese che Camille gli si affiancò, prima di bussare tre colpi sul portone in legno.

Professore, abbiamo una testa per lei.
Slytherin Prefect | 16 y.o | Sheet

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Fine Role.

 
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