La leggenda narra che
Litha,
dea del sole, avesse una sorella di nome
Muninn, soprannominata
dea dell'oscurità e
amica dei corvi, nacquero il giorno del solstizio d'estate. Nonostante fossero gemelle, il loro aspetto era completamente diverso: la prima aveva occhi dorati e capelli biondi e splendenti simili a quelli di un angelo, mentre la seconda aveva una chioma fluente di capelli corvini e ondulati, la pelle chiara come la luna e un paio di
occhi neri come quelli dei corvi.
Sin da piccola, Litha, amava il sole, adorava sentire il suo calore sulla pelle che veniva pian piano resa dorata da esso. La grande stella aveva un'influenza positiva su di lei, la rendeva sempre più forte e più bella. Anche a Muninn il sole piaceva, ma la sua pelle diafana e troppo delicata non le permetteva di stare a contatto con esso troppo a lungo a differenza di sua sorella. Esso la indeboliva molto e le faceva male agli occhi. Questo però non la faceva desistere, passava mattinate intere ad ammirarlo con i suoi occhi neri tanto da arrivare alla sera con le pupille che quasi le bruciavano. Il giorno del loro diciottesimo compleanno (data in cui avviene il solstizio d'estate) il sole splendeva nella sua massima potenza sprigionando un calore più forte rispetto a quello che emanava durante il resto dell'anno. Quello fu l'ultimo compleanno in cui la giovane Muninn poté guardare la grande stella con i suoi occhi: i potenti raggi sprigionati da essa la resero cieca.
Non poter osservare più il sole - che nonostante tutto - era la cosa che più aveva amato nella sua vita, le lacerava il cuore ogni giorno di più. I suoi bellissimi occhi neri con il passare del tempo diventarono
vitrei e la sua voglia di vivere sbiadì insieme ad essi. La ragazza non sopportava più ascoltare sua sorella che allegramente le parlava del sole e dell'estate, pensando forse di farle un favore. Al contrario, Muninn si rattristava ogni giorno che passava, pensando che mai più avrebbe potuto ammirare la cosa più bella che l'universo avesse mai generato. Così, il giorno prima del loro diciannovesimo compleanno la ragazza scappò nella foresta e ne Litha, ne i suoi genitori, la rividero mai più.
Muninn era decisa a lasciarsi morire, si sedette ai piedi di un albero, non avrebbe bevuto né mangiato, sarebbe perita lentamente nello stesso modo in cui i suoi occhi avevano perso il colore che li contraddistingueva. Si sarebbe fatta inghiottire dall'oscurità che ormai riempiva da tempo la sua esistenza. Il gracchiare dei corvi intorno a lei le fece pensare che erano lì per cibarsi delle sue carni, invece quelle bestiole sembravano provare attrazione nei suoi confronti, non avevano cattive intenzioni, anzi. Dopo due giorni, rendendosi conto del suo stato, quegli uccelli dal manto corvino, contro ogni legge della natura, cominciarono a portarle del cibo: piccoli animali che loro stessi avevano cacciato per la giovane. Ma la ragazza non ne voleva sapere di mangiare. Passarono due mesi, anche una creatura come Muninn non poteva più resistere alla sete e alla fame, la morte sarebbe sopraggiunta di lì a poco. Eppure, proprio quando stava per perdere le forze quasi del tutto - quello strano affetto che quelle creature sembravano provare per lei - fece scattare nel suo cuore una scintilla: aveva agognato la morte per tutto quel tempo e proprio quando quest'ultima stava finalmente per raggiungerla… si rese conto di voler ancora vivere. Cominciò a mangiare tutto quello che i corvi le portavano senza fare la schizzinosa, e quando ebbe abbastanza forza per alzarsi si cercò da bere. Visse nascosta nella foresta per anni, i suoi genitori e sua sorella non la trovarono mai, o forse nemmeno provarono a cercarla. Ma a Muninn andava bene così.
Il legame che venne a crearsi tra lei e quegli uccelli divenne sempre più forte con il passare del tempo. Crebbe così tanto da creare una sorta di connessione con loro così potente da riuscire a vedere attraverso i loro occhi.
Finalmente poteva guardare nuovamente il sole, ma Muninn aveva vissuto così tanto nelle tenebre che ormai faceva parte di esse.