Per uno preciso e ordinato come Draven, avere la mente affollata di pensieri e preoccupazioni era qualcosa di incontrollabile; considerando che, purtroppo, la sua natura era un vero e proprio ossimoro, nel corso degli anni aveva finito col farci l’abitudine. Essere distratti, perennemente, da un flusso di pensieri – spesso inutile – non doveva necessariamente impedirgli di concentrarsi su qualsiasi cosa fosse che meritava la propria totale attenzione. Eppure, nelle ultime settimane, gli sembrava di aver perso quella capacità, quell’interesse in grado di sovrastare qualsiasi ansia o preoccupazione gli tenesse la mente occupata, perché era diventata troppo pressante per essere gestita. Dormiva poco, il più delle volte con gli incubi, si era accorto di aver perso peso ma, soprattutto, l’esecuzione di qualsiasi incantesimo che richiedesse un minimo di concentrazione e intento gli veniva male, o non gli veniva affatto. Sapeva di dover risolvere la situazione, e alla svelta; si era interrogato per giorni e giorni in cerca di una valida soluzione, senza mai alcun risultato… Poi, durante un pomeriggio di lavoro da Sinister, aveva avuto l’illuminazione.
Il suo primo giorno di lavoro presso il negozio di Magie Sinister non avrebbe mai potuto dimenticarlo nemmeno se avesse voluto. A parte per il fatto che era stato il giorno in cui aveva conosciuto Casey, con la quale aveva instaurato un bel rapporto di amicizia, quello era stato il momento in cui, per la prima volta fuori dall’orario di lezioni, era venuto a contatto con le proprie paure più profonde e aveva fatto la conoscenza di un molliccio ben più aggressivo di quello conosciuto al secondo anno. Se non fosse stato proprio per Casey, infatti, che aveva reagito tempestivamente alla minaccia, non l’avrebbe scampata tanto facilmente.
Era assurdo che non ci fosse arrivato prima. Chiedendosi ripetutamente per ore, giorni e settimane quale fosse la radice delle proprie preoccupazioni e quale potesse essere il modo migliore per farsele passare, non lo aveva capito finché non si era ritrovato di nuovo a dover scendere nello scantinato di Sinister. Era successo in un pomeriggio in cui, nel negozio, erano presenti solo lui e il vecchio padrone; Sinister gli aveva chiesto di prendere la scatola di appendici di purvincolo. Draven si era distratto pensando alle proprietà magiche che quelle creature avessero, una volta fatte a pezzi, per il bene di una resistenza magica poco convenzionale e lecita, quando con la coda degli occhi, vedendo il fondo buio dello scantinato, si era ricordato del molliccio stordito da Casey.
Ed eccola lì, l’illuminazione. Forse non erano le sue paure infantili a preoccuparlo al punto da renderlo così mediocre nella quotidianità, ma batterle poteva essere un buon punto di partenza.
Dopotutto, ogni suo problema era sempre derivato dalla famiglia disfunzionale e omertosa nella quale era nato e cresciuto, proprio come le sue più grandi paure.
Così, senza alcuna esitazione, il mattino seguente aveva chiesto un appuntamento privato al Professor Toobl ed era riuscito a ottenerlo per quella stessa giornata.
Dover aspettare pazientemente la fine delle lezioni non era poi così grave, anzi. Era stato fortunato che il Professore si fosse subito reso disponibile. Non era sceso troppo nei dettagli sul perché della sua richiesta, gli aveva solo accennato di volergli chiedere dei consigli o dei suggerimenti riguardo i mollicci; era dovuto sembrare strano che uno studente già al terzo anno potesse avere dei problemi riguardo la gestione di un incantesimo che, in teoria, avrebbe dovuto saper gestire già da molto tempo, ma a tempo debito avrebbe capito, o Draven avrebbe spiegato, che il problema non era nell’esecuzione, ma nella testa, nella concentrazione. E il giovane Serpeverde sperava vivamente che imparare a superare quel piccolo ostacolo così spaventoso gli sarebbe stato d’aiuto, un passo avanti verso un qualche tipo di miglioramento.
A fine giornata, quando il sole primaverile aveva già iniziato a tramontare, si era fatto coraggio e si era diretto verso l’aula di Difesa Contro le Arti Oscure, così come d’accordi con il Professor Toobl. Se quella stessa mattina non aveva minimamente esitato nell’andare a parlargli, ora che si trovava lì per mettere in atto tutte quelle buone intenzioni sul voler ritrovare un po’ di ‘armonia mentale’ togliendosi di dosso uno dei tanti pesi che lo tediavano, non era più sicuro che affrontare un maledetto molliccio o sentirsi dare lezioni di vita da qualcuno ben più esperto di lui potesse essergli di alcun aiuto… Ma ormai, non poteva tornare indietro.
Anche questo, purtroppo o per fortuna, in base ai casi, faceva parte della sua natura: prendere delle decisioni d’istinto e poi pentirsene.
Dopo un lungo e profondo sospiro, varcò le soglie dell’aula e si diresse spedito verso la scalinata in marmo che lo avrebbe condotto all’ufficio del Professore.
Incredibile come una delle sue aule preferite fu in grado di provocargli un grosso senso di oppressione, per via delle circostanze. Forse la stava prendendo un po’ troppo seriamente…
Continuando a sospirare tra sé e sé, si avvicinò al portone in legno in cima alle scale e bussò tre volte. In attesa che i battenti si aprissero, sicuro che il Professore fosse in ufficio a quell’ora, si voltò a guardare i libri sulla parete destra dell’aula, che gli infondevano sempre un forte senso di appartenenza, nonostante non ne avesse mai letto uno, e si chiese se, un giorno, sarebbe riuscito a imparare tutti i segreti della magia e a diventare il grande mago che sognava di diventare.
Se avesse continuato ad arrovellarsi sul proprio passato o sui cosiddetti 'problemi adolescenziali' non sarebbe arrivato tanto lontano, però.
Buonasera, Professore.