Ha guardato quella lettera per giorni dopo averla aperta, ripassando le parole ivi descritte con minuzia quasi metodica, con una fissazione assolutamente personale. Il primo passo in direzione di un lontano obiettivo, così difficile da prendere, così duro da metabolizzare e sostenere. E’ tutto lì dentro, e perché si sente così? Non lo capisce, sente tantissime cose, tutte insieme, e non ha idea di cosa farci. A cosa servono tutti quei pensieri, quelle strane morse alla bocca dello stomaco, lo sfarfallio degli occhi?
Non l’ha mai imparato in tutti questi anni, eppure di tanto in tanto succede: è sempre preceduto da un evento, un qualcosa. Si sente così anche quando finisce un libro, eppure - nonostante legga da quando ha otto anni - non ha mai capito il perché. Perché quelle storie lo fanno sentire così?
Perché, ora, la sua storia lo fa sentire nello stesso identico modo?
Come se si fosse fatto un’iniezione di adrenalina, come se una tazzina di caffè si fosse riversata direttamente nelle sue arterie senza passare dallo stomaco.
Ora è mattina, sono le sette, e lui non è riuscito a prendere sonno per tutta la notte. Il mondo è strano, sapete? Non c’è mai stato davvero nulla del suo essere umano, dell’essere umani degli altri, che sia riuscito a spiegarsi fino ad oggi. Nulla, a parte la fisiologia, la chimica, tutte quelle scienze così vicine alla perfezione dall’essere un dato di fatto, un qualcosa che è così e basta.
Per quello adora i libri, adora il suo mestiere: non può esserci una risposta da sbagliare, ci sono sintomi, ci sono indizi: c’è una sola risposta, e lui si impegna sempre a conoscerla. Ma non sarebbe davvero umano se non sentisse certe cose, anche inconsapevolmente, come insetti che strisciano sotto la sua pelle. Come la strana sensazione del tepore di un camino il giorno di Natale.
Umano, troppo umano.
Gatto, il cibo è nella tua ciotola, ed anche nella tua seconda ciotola.
Idem per l’acqua.
Non comportarti male, non sporcare. E non uscire di nuovo dalla finestra.
Le frasi che tutti dicono ai propri gatti, no?
Infila la bacchetta nella borsa a tracolla che si è già sistemato addosso: è pronto, vestito, deciso ad uscire presto per poter essere perfettamente in orario come al solito. Impeccabile, un orologio svizzero pronto a spaccare il minuto ad ogni singolo appuntamento. Il suo completo cade perfettamente sul suo corpo perfettamente bilanciato dall’esercizio fisico, un semplice abito elegante grigio antracite, con una cravatta azzurra e scintillante che sembra quasi brillare sulla camicia bianca che porta lì sotto. Ai piedi delle scarpe eleganti e laccate, nere, mentre i capelli leggermente arruffati ed arricciati gli donano un’aria strana, come quella di un bambinone infilato negli abiti degli adulti.
[...]
Per più di due ore aspetta seduto su un muretto vicino al S.Mungo con una bottiglietta di succo alla pesca fra le mani, dosando ogni singolo sorso quasi fosse perfettamente diviso per ogni minuto, per ogni ora. Osserva chiunque passi con attenzione, allungando lo sguardo ogni cinque minuti esatti in direzione dell’orologio.
L’ultimo quarto d’ora lo passa a fissare la porta dell’ufficio della dottoressa Ashee e chiunque capiti di passare di lì, dai dottori ai pazienti. Con sé ha semplicemente una tracolla con dentro la sua bacchetta, un paio di documenti e qualcosina da mangiare e da bere perché, insomma, il nostro giovane aspirante medimago è un tipo previdente.
Ci ha messo un po' per arrivarci, fra indicazioni di altri medici e le scritte dei reparti, però la sua camminata non è stata poi così spiacevole. Ogni cosa sembra generare la sua curiosità, in un modo o nell'altro. Una semplice luce negli occhi, un'espressione che potrebbe sembrare apatica ad un primo sguardo, ma che nasconde un entusiasmo muto e sincero.
Una volta dentro, dopo aver bussato, ci mette qualche secondo prima di compiere un paio di passi all’interno della stanza, abituandosi lentamente alla scarsità di luce e prendendosi qualche secondo per osservare i dintorni e, ovviamente, la sua interlocutrice. Occhi che indagano, osservano, sostano sui dettagli minimi ed inconsistenti. I piedi sembrano quasi muoversi da soli quando raggiunge la sedia: si sbottona leggermente la giacca prima di sedersi, rigido e dritto.
Buongiorno dottoressa Ashee, la ringrazio per l’opportunità.
Annuisce lievemente ed abbozza un sorriso che sembra forzato, impacciatissimo come quello di qualcuno che sorride raramente. Ma non perchè abbia il muso o l’espressione irata, anzi, sembra quasi essere una glaciale e stoica presenza, con un livello d’attenzione così tesa da sembrare la corda di un violino.
Mi permetta di dirle che ha l’aspetto stanco, se è un problema posso tornare un altro giorno.
Ignorando il fatto che possa aver detto una cosa assolutamente scortese, pur senza volerlo, quella voce seria sembra nascondere un pizzico di preoccupazione ed apprensione involontarie, un qualcosa che anche la dottoressa potrà notare nello sguardo di Erich e nel tono della sua voce apparentemente meccanica.
Edited by JaggerK. - 18/5/2021, 18:37