Consiglio dei Gufi del Natale, Evento della Gazzetta del Profeta

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view post Posted on 31/12/2020, 16:23
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[OffGdr] Il Consiglio dei Gufi del Natale è un evento riservato ai soli giornalisti (anche freelance) della Gazzetta del Profeta. È un incontro di spicco nel mondo magico, nell'espressione di una tradizionale cena natalizia per omaggiare chi abbia contribuito ai migliori risultati del giornale durante l'anno; è ambientato il 23 Dicembre alla Redazione di Londra, dove il topic tornerà alla sua conclusione – così da non occultare gli articoli pubblicati nel frattempo. Per scoprire le rispettive pagine, basta un click sui gufetti. L'evento durerà un mese, durante il quale i partecipanti potranno liberamente vivere la festa.

È richiesto però almeno un post di partecipazione per ricevere il Dono del Gufo – è a pagina tre ed è per tutti i giornalisti, in evento il dono si rivela a fine serata. A nome della Redazione del Profeta, è con infinito piacere che porgo davvero il mio ringraziamento più sentito per il vostro lavoro, la vostra inventiva e i vostri straordinari articoli. E con piacere vi auguro buone feste e una deliziosa serata.

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giorni prima, l'invito
Sette giorni prima del Ventitré di Dicembre, al calar della sera, una schiera di postini abbandonò all'unisono i trespoli dell'estesa Guferia della Redazione del Profeta – gufi reali, barbagianni e civette inseguirono invisibili sentieri tratteggiati nel cielo, e ai loro occhietti consapevoli si adagiò di grazia l'incedere della notte. Vedevano oltre, l'uno con una destinazione diversa dall'altro, e nel volo comune strillarono versetti acuti come di saluto. Il piumaggio variopinto si infranse cristallino al chiarore delle stelle, tutte superstiti di un firmamento che a sua volta si ritirava dormiente. Un incauto aggrovigliarsi di nuvole occultava invece un solitario spicchio di luna, rendendo la visibilità eternamente impercettibile. Al favore delle ombre, chiunque avesse sollevato attenzione verso l'alto non avrebbe potuto accorgersi così nitidamente del curioso drappello di creature, e d'altronde per i Messaggeri del Profeta il buio altro non era che fidato compagno di lunga data. Ad un tratto, sulle guglie di spicco di Westminster, molti tra loro giunsero a dividersi – alcuni virarono dolcemente verso destra, altri proseguirono dritto, altri ancora verso sinistra. Il triumvirato dei Cieli si spezzava, e prima della mezzanotte già si sarebbe ritrovato. Le strade, in basso, andavano affievolendosi di passanti nei loro cappotti variopinti, e il suono squillante delle automobili scivolava via al più pacato silenzio del riposo. Soltanto il Tamigi, in mulinelli d'acqua e in bagliori d'argento, intonava continuamente una melodia spenta, lo sciabordio di onde in contatto che nel tempo molti avevano dimenticato di ascoltare. Oltre, sempre oltre, quegli stessi rapaci si disperdevano come sentinelle, e chi tra gli artigli e chi in becco, ciascuno a proprio modo stringeva una missiva preziosa: una lettera di immacolato candore, stilizzata appena di linee dorate. Di pergamena pregiata e con un sigillo di ceralacca in superficie, ricamava in grafia elegante l'inconfondibile dicitura della Gazzetta del Profeta – il mittente era nitido, una piuma color del deserto guidava rapidamente verso la parte anteriore, lì dove il nome del destinatario impreziosiva la carta in stile calligrafico. Così graziosa, la lettera seguiva la raffinatezza dell'involucro. Iniziavano tutte allo stesso modo, rivolgendosi cortesemente a chi di dovuto. Già alle battute d'apertura sarebbe stato evidente si trattasse di un invito.
E l'invito, per ogni ricevente, sfumava in privilegio.

Nel tempo delle ultime pagine, la lettura volge all'indietro alla ricerca di testimonianze, di citazioni, di tutte quelle parti salienti cui l'inchiostro ha saputo rendere gloriosa giustizia. Come raffinati segnalibri ne immortala ogni paragrafo ben riuscito, a memoria perpetua di quel che è stato e di quel che nuovamente potrà essere. Ne indaga misteri, occasioni, finanche stravaganti voli pindarici, lasciandone il segno fin nel profondo. Diventa carta di valore, il prodigio di una piuma che traccia l'esistenza sulla pergamena – perché le parole, è evidente, hanno una direzione. Un arrivo, sostiene il buon Amilia, così come un inizio. Quanto tratteggiato allora giunge in conferma di un operato ben più intimo, ben più personale; un lavoro certosino, un impegno altrettanto fondamentale, che ha di per sé parimenti un esordio, e parimenti un epilogo. E nell'uno e nell'altro, come in condivisione, il raccolto maturo ha il volto di una pagina scritta, e di una seconda, e di una terza, e così fino all'ultima pagina. Di quel che è stato espresso, di quel che è stato rivelato, e di quel che intimamente cristallizza il Pensiero in scrittura. Un giornale, di qualsivoglia tematica, intreccia vivamente geometrie di origini – versatili, culturalmente diverse, e l'una e l'altra per tale ragione perfino più vivaci. Un giornale, come il Nostro, tesse ragnatele d'inchiostro brillante. Un calamaio che eternamente si colma, e che mai si consuma: allora è la Piuma, quella del Giornalista più veritiero, a porsi come maestoso contatto; allora è la Piuma, tanto pretenziosa quanto al cuore incline, ad esprimere la sacralità d'inventiva, compiendo la volontà del Genio. Perché la scrittura, è risaputo, testimonia qualità singolare – non è comune, non è di tutti, e una buona calligrafia altro non resta che cornice visivamente preziosa. Perché la scrittura, profonda più di ogni altro sentimento, è cameratismo di cuore e di mente, e di intelletto, e di spirito, e della più fervida fantasia. Quello che esprime è più di un legame d'inchiostro, si articola nell'identità riservata dell'uno, e non necessariamente di tanti altri. Così la pagina, l'ultima pagina, è una pagina d'insieme – di quel che è stato, di quel che è sentito. Una pagina di quel che è stato tracciato, poiché già provato fin sottopelle. Una febbrile, frenetica padronanza di un'arte, come volo di civetta, che rivela in sé talento, predisposizione, e affinità tra tutte le virtù d'uomo. Così la Piuma è all'apparenza per tutti. Ma quel di cui ha bisogno è istintivo, forse innato, di certo è dapprima soggettiva condivisione. Cerca sacrificio, dedizione, e quanto più il cuore pone esperienza di vita, tanto più la Piuma assorbe inchiostro di pregio. Per voi sfuma in uno scettro, e all'ultima pagina trascrive gesta compiute, e peripezie sorprendenti. All'ultima pagina, la Piuma è per voi memoria.

Con la presente la Gazzetta del Profeta è lieta di invitarla al Consiglio dei Gufi del Natale, il tradizionale evento di fine anno che si terrà il prossimo 23 Dicembre, alle 8 pm, presso la Redazione di Londra. Nella declinazione di una cena natalizia – impreziosita dalla cuisine française del rinomato Chef Gautier –, l'evento diventa attesa occasione per ringraziare chi, come Lei, abbia contribuito durante l'anno al successo del Nostro giornale. Scoprirà la raffinatezza delle decorazioni dei migliori artigiani del paese, il delizioso banchetto del già citato cuoco, così come la presenza di numerosi collaboratori di redazione, al pari dei rappresentanti di tutte le rubriche letterarie che hanno nutrito i nostri migliori, assidui lettori. La serata di festeggiamenti accoglierà scrittori, giornalisti, artisti e fotografi, tutti nostri collaboratori. Nell'augurio a voce unanime di ritrovarla tra i nostri partecipanti, La preghiamo cortesemente di considerare un dress code elegante, e che richiami la simbologia dei Gufi, e di tutti i nostri Messaggeri dei Cieli.
Decorazioni, accessori e/o abiti di piume, come da tradizione, saranno squisitamente appropriati. All'ingresso, inoltre, La preghiamo di mostrare il presente invito.

Con il più vivido, sincero ringraziamento per il Suo impegno come Giornalista della Nostra Redazione, speriamo di omaggiare la Sua persona con il nostro tradizionale evento,
e Le auguriamo di trascorrere festività d'incanto.

Cordialmente,
la Redazione della Gazzetta del Profeta


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Redazione, la Capitale
Al risveglio del Ventitré di Dicembre, la Capitale inglese si agghindava di bianco. La neve, a lungo attesa nei giorni precedenti, era finalmente entrata in scena, ed era come assistere ad uno spettacolo giunto all'atto maestro. Alle prime ore dell'alba, nugoli di cristalli di ghiaccio brillavano in perlacei giochi d'incastro, vestendo strade grigie di un manto celestiale; impreziosivano in quel modo le lunghe schiere di panchine di ferro battuto, talvolta adagiandosi tra rametti di cespugli e di alberi sempreverde. Sui giardini londinesi, in effetti, la neve si rivelava sempre più d'incanto, e al sorgere del giorno attirava dolcemente lo sguardo sognante dei più – bambini, genitori, adulti, in una magia tanto naturale da non porgere distinzione. Il campanile più gettonato, nel battito di cuore pulsante della città, cullò il risveglio con l'armonia di suoni familiari: un ticchettio lento, una melodia che tutti gli abitanti avrebbero sempre riconosciuto. Impetuoso, il Tamigi sospirava a sua volta, districandosi nei flutti di onde concentriche: al fiume tornava lo sguardo di Westminster, e a tacita voce si scambiavano l'augurio di un freddo, gelido, eppure ottimo inizio. Il Natale, ebbro di promesse, si avvicinava ormai a vista d'occhio, e sul Calendario dell'Avvento le crocette rosse si affaccendavano come lucette d'anteprima – mancava poco, ormai era evidente, e in molti si invischiavano negli ultimi regali, entrando ed uscendo così da uno e più negozietti lì nei dintorni. Era un via vai continuo, tanto variopinto nei colori quanto nelle voci; un cicaleccio rapidissimo, da un punto all'altro, e spesso capitava di afferrare al volo uno scorcio di conversazione.
Un uomo anziano, sovrappensiero, parve incuriosito infatti proprio da una coppia, entrambi ben più giovani di lui. Il primo, elegantissimo in un montgomery scuro, aveva appena passato la propria sciarpa attorno al collo dell'altro, e gli sorrideva come in una di quelle scene da romanzetti romantici. Cercava di restargli accanto, a dispetto della fiumana di passanti sullo stesso marciapiede: ogni volta che si staccavano, infatti, tornavano subito insieme. Parlavano di... Gufi, e di un Consiglio. Proprio così.
Certo di aver sentito male a causa dell'età, l'anziano alla fine aveva ripreso a passo spedito; ringraziava il semaforo rosso lì di fronte, in effetti, perché soltanto in quel modo poté raggiungere la coppia. Ho un abito di piume che si trasfigurano da sole, allora sentì dire dal primo. Il cappotto di Augurey è un tocco di classe, commentò il secondo. Il vecchietto, sorridente, si guardò attorno come per condivisione – a dispetto del capannello di londinesi e di turisti, però, appariva come l'unico ficcanaso nei riguardi dei due giovanotti. Augurey gli sembrò un modo un po' francese per porgere gli auguri, e d'altronde le mode degli adolescenti lo stizzivano sempre di più. Ai suoi tempi... Il pensiero, lento, riuscì a distrarlo. Quando una donna lo spinse al braccio destro – Mi perdoni, mi perdoni – si accorse in ritardo dello scatto del verde pedonale al semaforo. Lasciò che molti lo superassero e lui, invece, rimase lì. Ad inseguire la coppia di innamorati, entrambi sorridenti. Rimase lì fino al successivo rosso, bloccato all'argine di una strada che non aveva destinazione, non per lui. Pensò ancora ai ragazzi, anche nel pomeriggio. Quando dalla finestra circolare di casa adocchiò un paio di gufi, gli parve una coincidenza. Strabuzzò gli occhi, velati com'erano, pensando per un attimo, soltanto per un attimo, di aver visto quegli stessi gufi con una lettera scintillante tra gli artigli. Le ultime mode, com'erano curiose. Ai suoi tempi, borbottò.
Ai suoi tempi...

***

Gli uffici principali della Redazione della Gazzetta del Profeta si trovavano lì, a Londra. Come pietra d'ardesia, l'imponente edificio vecchio stile si incastonava perfettamente tra una schiera ben gremita di altre casette, altri palazzi, altri negozietti. Ai più non dava altro che l'impressione di essere una struttura molto raffinata, di numerosi piani, forse il domicilio di un'azienda ministeriale oppure più semplicemente quello di avvocati di spicco. E così si realizzava agli sporadici visitatori più incuriositi, poiché il palazzo era intessuto di potenti sortilegi disillusori fino al tetto. Il Profeta, in effetti, era più di un'istituzione qualunque – si trattava del giornale più in voga, rinomato e seguito dell'intero mondo magico, e bizzarramente restava da anni lì, sotto sguardi ai quali non era destinato. Così imponente, era artisticamente circondato da una serie di cespuglietti sempreverde, un marciapiede delimitato da un'inferriata con una e più colonnine in simil-marmo, e sporadici lampioni comunali lungo la strada. Quella sera vestiva di bianco a sua volta, come la Capitale. La neve scendeva dai tetti più alti, fino a perdersi a vista d'occhio, e alcuni fiocchi scivolavano fin sulle testoline di una coppia di civette. Erano l'una a poca distanza dall'altra, entrambe sulle lanterne svettanti verso il cielo, proprio all'ingresso principale della Redazione. Con loro, al centro esatto, due uomini in completo raffinato sorridevano cortesemente, chiedendo agli ospiti che si susseguivano di mostrare loro un cartoncino – per alcuni non-maghi di passaggio, di fretta verso le loro abitazioni, cominciò a girare l'idea che vi fosse una serata di gala per i dipendenti degli uffici, e in effetti... era proprio così. L'invito aveva raggiunto chi di dovuto – tra giornalisti, ospiti d'eccezione, rappresentanti editoriali – già nei giorni precedenti, e le lancette si affrettavano a battere le otto in punto del Ventitré di Dicembre. Solitario, un barbagianni volgeva i grandi occhi color petrolio da un lato all'altro, e accompagnava in quel modo l'incedere degli invitati oltre il cancello, oltre il varco, e fino all'incredibile portone d'ingresso. Oltre il passo d'esordio, infatti, la magia finalmente sfumava liberamente – lanterne sospese a mezz'aria, fuochi fatui in danza solitaria, e petali rosseggianti in volo come crisalidi appena dischiuse dai cespugli farfallini di contorno. Una luce soffusa, all'esterno: il viale principale era privo di neve, appena bagnato dai cristalli di ghiaccio delicatamente disciolti sull'acciottolato. Il via vai di chi in arrivo veniva dolcemente accompagnato dai convenevoli ricamati a misura, da parte dei maghi all'ingresso. Buonasera, buonasera a lei; è delizioso ritrovarla; la prego, da questa parte – era un cicaleccio di voce unanime, a memoria di una poesia di sottofondo. Gli ospiti stessi, talvolta riconoscendosi, apparivano deliziati nell'atmosfera natalizia della sera d'inverno, e si scambiavano educatamente complimenti per gli abiti, per gli articoli, per il proprio operato giornalistico, e così via discorrendo. Il verso stridulo di un Gufo Reale, sul cornicione del tetto più alto del palazzo, quasi passò inosservato. Erano lì, maghi e gufi – e spesso gli uni erano gli altri.

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sala del ricevimento
I festeggiamenti si svolgevano al pianoterra, nella sala delle conferenze. Alcuni già avevano avuto modo di visitarla, per altri sarebbe stata la prima valida occasione: all'interno del palazzo, infatti, l'atrio risultava quasi inusuale per tanti giornalisti. Mancava la frenesia così tipica per la sede: gruppi di persone da un punto all'altro, sortilegi in attivazione sulle più svariate Passaporte, scintillanti guizzi di fiamme smeraldine nei camini di metropolvere continuamente attivi, e quei fogli di giornale, quelle pergamene in volo confusionario, le piume prendi-appunti, i taccuini e le copie di giornale, tutto era dormiente. La Redazione, quella sera, accoglieva un momento di serenità, privo di lavoro ma non di colpi di scena – e gli Osservatori si mischiavano alla folla, e i Giornalisti vestivano abiti di gala, e tutto era calmo, pacato, serafico. Per i più veterani, giornalisti di professione vera e propria, non poteva sfuggire la saletta limitrofa all'atrio, lì dove un camino restava acceso, e blocchetti incantati attendevano una e più notizie possibilmente in arrivo. Il Profeta, si sapeva, non si fermava mai per davvero, e tutto osservava, tutto inseguiva.
Decorazioni natalizie, invece, impreziosivano tanto il pianoterra quanto la saletta indicata all'occorrenza da altri maghi: tutto intorno c'erano gufi, almeno loro restavano come senso di familiarità di quel luogo, molti appollaiati su lanterne in volo, sulle scrivanie e sui trespoli lì da sempre. La festa omaggiava loro fin nel nome e nella simbologia. Altri barbagianni, civette e di tanto in tanto volatili magici sonnecchiavano sui bordi di una maestosa, solenne fontana marmorea; era una struttura che richiamava la Fontana dell'Inchiostro Sempiterno, ai piani superiori della Redazione, che soltanto i giornalisti lì d'ufficio potevano aver ammirato nel corso della propria carriera. In versione ridotta, altrettanto magnifica, quella splendente fontana zampillava acqua velata di gocce d'inchiostro, e lì due streghe – una per lato – invitavano gli ospiti a fermarsi per un istante: offrivano loro una piuma di lusso, e chiedevano cortesemente di firmare la propria partecipazione su un grande libro sospeso a sua volta, in perfetta stabilità. Ad ogni modo, era una scelta – di lato, infatti, un lungo tappeto argenteo, velato di ricami dorati, guidava gli ospiti nella sala delle conferenze. L'atmosfera natalizia saliva alle stelle, fin dalla soglia si scorgevano abeti intervallati da statue di gufo a grandezza umana, tutti in successione alle pareti laterali. Lì dove solitamente svettavano sedie, poltrone, postazioni per scrittori, fotografi e giornalisti, quella sera si adagiava invece un lunghissimo tavolo rettangolare, tanto da perdersi fino alla fine della stanza. Un impercettibile incanto d'estensione rendeva tutto più spazioso: il soffitto si tingeva come cielo aperto, la notte della sera puntellata di stelle, una mezzaluna e cristalli di neve in dissolvenza; lo sguardo degli invitati si perdeva nell'infinito scorcio d'universo, mentre in tutta la sala i Messaggeri del Profeta guizzavano da trespoli, tane create in buche sui tronchi, e rametti di tutti gli alberi di contorno. Era una serata tranquilla, e il solito palco sul fondo che accoglieva interviste e servizi giornalistici si era ristretto. Sullo stesso si adagiavano alcuni strumenti musicali ai lati, come violini, flauti e un'arpa, tutti incantati per suonare in autonomia: la melodia non aveva parole, e cullava gli invitati come dolce sottofondo. Al centro esatto del palco, invece, svettava un abete imponente, ben più alto di quelli alle pareti lungo l'intera sala. Fin da lontano brillava di luci, fasci dorati e argentei, palline coloratissime in stoffa pastello: da vicino sarebbe apparso perfino più dettagliato, con ceramiche di fate in volo, minuti babbo natale in slitte incantate che girovagavano in più direzioni, pupazzetti e cristalli di neve che mai si scioglieva, tutte decorazioni realizzate da noti artigiani del mondo magico. C'erano gufetti tra i rametti scintillanti, alcuni finti come vivide statuette animate, altri invece verissimi. Perfino il puntale dell'Abete di Natale era nella forma di un Gufo più grande, in ceramica a sua volta, e spalancava di tanto in tanto le ampie ali come ad accogliere i visitatori: sulla testolina piumata vi si adagiava un vero e proprio cappellino natalizio, con tanto di pon-pon. Alla base dell'albero sul palco, circondato da strumenti, vi si sparpagliavano tantissimi pacchetti regalo: se anche apparivano di colori diversi, con fiocchi e nastrini bene abbinati tra di loro, erano tutti rettangolari e il contenuto era identico. C'era un gufetto di legno in superficie, a fine serata ogni invitato avrebbe ricevuto il Dono del Gufo.

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Chef Gautier
Era al centro dell'intera sala che si incastonava un lungo tavolo ben lontano dalle pareti. Vedeva già qualcuno prendere posto, in modo molto libero, nella semplicità di vecchi incontri e di amicizie e conoscenze in visibilio. Il tavolo guadagnava postazione di spicco, imbandito dall'inizio alla fine per metri e metri: una tovaglia di seta argentea ne vestiva il suo legno di cedro, e tutto era già apparecchiato per la festa. Una serie di piatti, bicchieri, calici e posate scintillava nella ceramica eterea, e per chi più esperto e più appassionato sarebbe stato evidente si trattasse di quella particolarissima, raffinata collezione artigianale cui il giornale aveva accennato in passato – ricordava infatti le deliziose tazze di porcellana e di ceramica di Madama Piediburro. Nastrini argentei dischiusi su campanellini scintillanti, pigne e rametti di vischio abbellivano tutto ordinatamente, e preziosi candelabri in rifiniture argentee e bronzee adornavano il tavolo in graziose fiammelle, aromatizzando la sala in profumi mai grevi, e sempre morbidi sulle note di spezie, di fiori, e di essenze naturali. Quello che poteva forse sorprendere, ad ogni modo, era come le bottiglie di vino elfico, idromele barricato, vin brulé, champagne e altri liquori d'ambra fossero state disposte a cerchio attorno le candele, come una corona di uno e più bagliori; si sospendevano appena, a riempire per magia le coppe e i calici degli invitati. Lo stesso accadeva per bevande meno alcoliche, tra ginger ale, drink speziati, succhi di zucca, di frutta, di latte di mandorla, e tanti altri ancora. In carta pergamenata, stretta tra gli artigli di una statuetta di gufo intagliato in legno, il menu di Chef Gautier si svelava allo sguardo dei commensali con le promesse di piatti francesi e britannici, di tradizione natalizia e non soltanto. Descrizioni in sinuosa calligrafia, una e più portate previste, e verso la fine una vivace, stravagante dicitura: Distillat "Hibou Grand-duc", seguito subito dopo da Promenade traditionelle en traîneau de Noël. Non v'era traduzione, né avanti né sul retro della carta. La firma, a caratteri altrettanto raffinati, segnava il nome Chef Gautier, e lì concludeva. Di certo sarebbe stato chiaro per tutti entro fine serata, ad ogni modo fin dalla lettera d'invito era stato annunciata una cena con i fiocchi, improntata soprattutto alla cuisine française. Gautier, per chi più invischiato nel mondo magico oltremanica, era uno dei cuochi più rinomati in Francia, e spesso era stato contattato da mecenati di spicco in tutta Europa. Per rinverdire una collaborazione internazionale, Chef Gautier era stato chiamato dalla Gazzetta di Londra con tutti gli onori necessari; c'era chi sussurrava si trattasse di una scelta più accurata, per l'avvio di una rubrica che il Giornale non aveva ancora annunciato. Comunque, il menù era lì all'occorrenza, pian piano durante la serata le varie portate sarebbero comparse armoniosamente – in una e più decorazioni d'eccellenza – nei piatti di ceramica dell'uno e l'altro tra i commensali, all'unisono. Sul tavolo già c'erano numerosi dolci, pasticcini e torte, in attesa semplicemente di essere presi in tutta tranquillità dai commensali. Accanto agli artistici cupcake, pudding e cracker di tradizione britannica, l'uno e l'altro nelle variopinte versioni di omini e gufetti di marzapane, e piume zuccherine, c'erano invece i piatti promessi del Natale francese: i classici bredele, curiosissimi biscotti di una e più forme – stelle, cappellini, abeti, altri gufetti, civette, corvi, e via discorrendo – e ai gusti speziati di cannella, chiodi di garofano, zenzero e vaniglia; il più familiare tronchetto natalizio, Bûche de Noël, ricoperto di uno e più strati di cioccolato e ricamato di geometrie di glassa di zucchero, e con un ripieno di squisita marmellata di fichi d'Abissinia; imponente da un punto all'altro della tavolata, v'era inoltre il croquembouche, come deliziosa piramide di bignè di pasta choux, velati da crema chantilly e un soffio di celestino essiccato tanto da rendere i pasticcini brillanti nelle sfumature azzurrine; non mancavano altre torte francesi più gettonate in periodo natalizio: la Galette des Rois, la Torta dei Re, una deliziosa pasta sfoglia a base di mandorle, mele e cioccolato, custode di un fagiolo luminoso, benaugurante per chi l'avrebbe trovato; la Tarte Tatin, torta capovolta di mele caramellate in burro, zucchero, e velata appena di petali d'ocra di giunchiglia magica; e così via, in uno e più sapori, gusti, profumi. Era bizzarro, a ben vedere, che vi fossero più dolci che piatti salati – che vi fosse lo zampino di qualcuno in particolare? Ad ogni modo, il menù anticipava altre portate, a scandire l'intera cena: dalle amuses bouches, bocconcini di caviale di salmone oppure plimpi, con una delicata grattugia di mandarino e di limone; tartine di paté de foie gras accompagnate da rametti di agrifoglio in pastella e bacche di mirtilli; le immancabili escargot, servite in conchiglie adamantine, veri e propri gusci argentei d'Occamy; e via di piatti più stuzzicanti, dai plateaux de fromages – in particolare chèvre, fresco e cremoso su tartine e foglie d'insalata; bleu, tipicamente venato di blu e dal sapore più rustico; saint-nectaire, più consistente e bagnato di miele d'ape e di glumbumble; da lì in poi, intervallati da brindisi, sarebbero arrivate le rinomate chele di schiopodo, fiammeggianti in fiammelle decorative, mai brucianti; e il piatto principale della canard à l'orange, l'anatra all'arancia, con batuffoli di maionese di contorno. E altro ancora, fino a quel curioso brindisi finale che il menù sottolineava. Chef Gautier avrebbe dato il meglio di sé, e per una sera Londra poteva spaziare tra confini culinari.

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ospiti della sera
Non restava che accomodarsi, e nell'incanto del ricevimento le sedie foderate di stoffa di raso bianco e dorato si animavano all'arrivo dei commensali per accompagnarli al tavolo come invisibili camerieri d'altri tempi. Ciascuno poteva scegliere dove sedersi, quella sera non c'era distinzione – a capotavola, infatti, non v'erano sedie, ma ad ogni lato una statua di gufo a grandezza uomo, l'una e l'altra che si scrutavano in sguardi eterni. I gufi veri, dai piumaggi svariati, erano invece in tutta la sala, talvolta volando da un punto all'altro, talvolta fermandosi dove potevano – mai avrebbero però raggiunto la tavola; mai avrebbero disturbato i commensali, e per loro altri gustosi cibi sarebbero arrivati allo stesso tempo: erano i postini della Redazione del Profeta, ed erano ben più rispettosi. Soltanto qualcuno, più furfantello, si muoveva in volo con una certa frenesia: se Zorro scrutava con occhi rosseggianti e spazientiti tra gli invitati, Cariño volava in cerchio tra le stelle, sul soffitto, nella speranza di vedere lei, lei tra tutti. Era seducente l'armocromia degli abiti degli ospiti in sala. L'invito aveva richiesto cortesemente di considerare la simbologia dei gufi per la scelta raffinata del proprio abbigliamento, e l'interpretazione di risposta tra maghi e streghe risultava ben più creativa di ogni aspettativa. Abiti di piume, alcuni ben più vistosi degli altri, vestivano elegantemente le figure di uno e più giornalisti, fotografi, reporter, redattori, e ospiti d'eccezione; c'era una delegazione del Settimanale delle Streghe, in collaborazione con il Profeta da anni, e in molti indossavano abiti di paillettes e piume di una e più tinte; si muovevano in gruppetti, le streghe-giornaliste di moda sembravano ballerine nei loro vestiti sfavillanti e cortissimi, alcune con copricapo da altre piume vistosissime; c'erano poi maghi, giornalisti d'oltreoceano, in giro per il mondo magico da anni e di rientro in Capitale e in Redazione almeno per quel periodo festivo: chi vestiva cappotti di piume di corvo, chi di piume semplicemente color d'inchiostro, chi invece aveva osato di più con giacche e completi di seta con venature smeraldine e anelli, gioielli e collane di piume d'Augurey; c'era chi aveva una veste di ricami e di alamari di zaffiro, con piume celestine di Jobberknoll; e chi, tra altre streghe, aveva scelto abiti ottocenteschi in gonne ampie e pieghe voluttuose, in piume che scivolavano dolcemente verso il basso a coprire scarpette d'avorio e cristallo; c'era soltanto l'imbarazzo della scelta, qualcuno di carattere più eccentrico aveva trasfigurato parte del proprio corpo in richiami di piume, becchi e occhietti da gufo, e somigliava ad una sfilata di moda a tutto tondo. Mentre saluti, abbracci e bacetti sulle guance si susseguivano in voci d'estasi, la sala del ricevimento si riempiva sempre di più. Ben presto il tavolo sarebbe stato occupato dai suoi invitati, e i festeggiamenti erano già in corso d'opera. Seraphinus Bagley, il Capo-Redattore, si aggirava tra l'uno e l'altro con deliziosa partecipazione, ma sembrava ben più impegnato al cicaleccio degli ultimi eventi mondani. Quella festa era semplice condivisione, e inneggiava al Natale come l'eco di una vita d'incanto. In un abito ben più semplice, sulle venature più scure del nero gessato, un giovane stregone sorrideva con cortesia, si complimentava all'uno e all'altro, concedeva inchini e cenni accurati del volto; procedeva allora verso la fine del tavolo, oltre gli invitati, fino a guadagnare il centro del palco. La musica, soffusa, parve invitare in note più alte ad un attimo di attenzione da parte degli ospiti in sala. Quando girò sui tacchi, lì sul palco, l'abito lungo brillò nel piumaggio di velluto nero in bagliori argentei, a coprire fin oltre le caviglie e gli stivaletti. Al di sotto, un completo in giacca e pantaloni di seta nera attingeva alla semplicità dell'insieme, mentre soltanto al collo si scorgeva un curiosissimo papillon come piuma purpurea di Fwooper. Sorrideva, Oliver Brior. Grato di essere lì, grato di un sogno d'infinita rivelazione; un gufo gli s'accostò di grazia e gli si pose davanti, mutando lì per incanto in un'asta di microfono. Socchiuse gli occhi, ad assaporare il momento, e silenziosamente il proprio Fwooper lo raggiunse fino a sistemarsi sulla spalla destra. Il contrasto delle sfumature cremisi del piumaggio della Creatura sul nero lucente dell'abito del Mago brillò in armonia, e così cominciò.
«Buonasera, buonasera a tutti voi.» Gentile, pacato, sereno: era il sogno di una vita, e il ruolo che aveva cercato con tutto il suo cuore. Poche parole, si era ripromesso: ringraziò allora gli invitati, si congratulò gioiosamente dei loro abiti e del loro estro più vivido, accennò e omaggiò ancora una volta Chef Gautier per il delizioso banchetto che di lì a breve avrebbero gustato tutti insieme, e distribuì messaggi d'onore e di grazia per la Redazione, per il Profeta, per il Giornale, e soprattutto per tutti, tutti i colleghi lì presenti. Era un privilegio essere lì. Concluse in fretta.
«La Gazzetta del Profeta è una testimonianza.» Il Fwooper, sulla spalla, dispiegò le ali sottili, lucenti come rubini. «Del mondo magico, degli eventi che si inseguono, delle rivelazioni che viviamo quotidianamente. La piuma di ciascuno di voi rende gloria all'inchiostro di una vita, di ogni vita. Così quando tratteggiate la prima goccia, lì su carta, concedete potere alle vostre parole, le rendete da quel momento libere, e condivisibili. Le vostre piume, le vostre fotografie, le vostre testimonianze.» Ripeté volutamente la parola d'esordio.
«Sono eterne Si sentì la nota di profumo di libri. «E l'eternità è pregio, ed è beneficio. Perché da quel momento, da quel primo momento, il vostro nome diventa storia parimenti ai vostri scritti. Così, stasera, ciascuno di voi è memoria indelebile. Ringrazio ancora Mr Bagley per aver permesso l'organizzazione di questa splendida festa, e ringrazio tutti voi per l'impegno dedicato al nostro Giornale, e per tutto l'impegno che verrà in futuro. A fine serata invito ciascuno a portare via con sé uno dei pacchetti alle mie spalle, è un piccolo, piccolissimo omaggio per voi da parte della Gazzetta. Oh, e prima di dimenticare.» Parve annuire. «Vi attendiamo per il tradizionale tour in slitta di gufo. Buona serata a tutti voi.» Un sorriso gentile, un inchino veloce; si allontanò dal palco di fretta, appena imbarazzato, mentre il Fwooper spiccava il volo a nascondersi tra l'abete, mentre il microfono tornava ad essere un gufo, e mentre la musica riprendeva tutto intorno. Il Consiglio dei Gufi del Natale era ufficialmente iniziato.

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Dono di Natale
Benvenuti di nuovo alla serata di festeggiamenti: come anticipato, siete liberi di agire come desiderate, anche per la cena e per il menù avete piena autonomia. A fine evento ci sarà una sorpresa annunciata, restate e non ve ne pentirete. Il dono che ciascun giornalista riceve (e che potete naturalmente già aggiungere in scheda) verrà consegnato verso la fine, e contiene:

Libro G.U.F.I., Grande Unico Folklore Internazionale di Dinari Amilia (+1 Punto Mana)
Gufo il Saggio È un morbidissimo peluche a forma di Gufo, richiamo della Gazzetta del Profeta. Come ogni gufo che si rispetti, sembra essere dotato di un'infinita saggezza... seppur particolare. Il peluche, infatti, è incantato per bubolare frasi come "Anche il Crup del Ministro ha solo due code", "Se si morde da sola è una Fata Mordace", "La Salamandra va presa finché è calda", "Non dire Snaso se non hai l'oro" e così via.

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view post Posted on 2/1/2021, 23:32
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You can own the Earth and still, all you'll own is Earth until You can paint with all the colors of the wind

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Alice Wagner
Gryffyndor ❀ 14 y.o ❀ OutfitScheda
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Alice sospirò fissando la sua immagine allo specchio, si sentiva stupida quando si vestiva in maniera elegante. Nonostante ciò si era molto impegnata, aveva cercato di fare del suo meglio per rendersi più aggraziata. Dopotutto il consiglio dei Gufi del Natale era un evento che richiedeva un certo dress code; sulla lettera che aveva ricevuto c'era scritto che ci sarebbe stato perfino un buffet di cucina francese, il che fece pensare ad Alice ad un tipo di contesto decisamente di classe. Ancora una volta non era nel suo ambiente e ancora una volta si chiedeva se sarebbe stata capace di non fare qualche figuraccia enorme. Non che le importasse più di tanto in realtà. O almeno così si raccontava. In fondo cosa m'importa di cosa pensano gli altri. Indossava un vestito bianco, corto fino al ginocchio, aderente sulla parte del busto e più morbido sulla gonna. Il vestito era decorato con piccole Paillette e diverse piume erano cucite sull'orlo della gonna. Si era stati caldamente invitati ad indossare qualcosa che ricordasse le piume ed i gufi e per questo motivo Alice aveva optato per quell'abito. Aveva sistemato i capelli in una pettinatura in parte intrecciata, dove un fermaglio teneva ferme alcune ciocche. Il resto dei capelli scendevano poi morbidi e delicati sulla schiena, in piccoli boccoli rossicci. Osservò Vivienne ancora presa da una partita di scacchi magici in compagnia di Rose, era incredibile come riuscissero a rimanere in stallo per ore intere, riflettendo sulla mossa successiva. Giurava di averle viste in quella stessa posizione mezz'ora fa. Ridacchiò ripensando a quanto lei fosse pessima negli scacchi, tanto che la sua partita totale era durata dieci minuti. Sarebbe voluta restare con loro e invece le toccava.... fare la signorina che si comportava bene e che rigava dritto. Lei adorava le feste ed i divertimenti ed era sempre piuttosto eccitata per ogni tipo di novità, ma a volte doveva frenare il suo entusiasmo o avrebbe finito per diventare decisamente rumorosa. E questo non era considerato elegante, giusto? << Be' allora io vado>> si congedò dalle due che non fecero altro che riempirla di complimenti e dirle di divertirsi. Seh come no, se non inciampo tra due secondi, con questi tacchi, è un miracolo!Anche Emma aveva ricevuto l'invito e la consolava il fatto che non sarebbe stata completamente sola in una sala piena di intellettualoidi. Forse sarebbe stata capace di scambiare qualche parola perfino con Oliver, nonostante essendo lui stesso un pezzo grosso sarebbe stato sicuramente circondato da mille persone. Si era data appuntamento con Emma direttamente lì, così da obbligarsi ad uscire e non finire per corrompere anche la povera ragazzina a restare al castello.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Alice non era mai stata in nessuno degli uffici principali della gazzetta, per cui ci mise un po' di tempo a trovarli. Cocciutamente aveva deciso di non chiedere aiuto a nessuno, ma come ogni volta in città le succedeva di perdersi. Come cavolo faceva la gente ad orientarsi in mezzo a quel casino? Piccoli fiocchi di neve scendevano copiosi dal cielo ingrigito di Londra e si posavano su quello che era un panorama imbiancato. Alice si strinse nel cappotto e affrettò il passo, l'aria gelida le stava procurando non pochi brividi. Teneva la lettera stretta nella mano destra e la bacchetta infilata come al solito in una piega del vestito, così camuffata da non poter essere notata. Ad un tratto si ritrovò di fronte ad un grosso ed imponente edificio che aveva l'aria di essere il posto giusto per lei insomma quanti edifici pomposi possono esserci qui a Londra giusto? Ma nonostante la sua sventatezza ed il suo azzardo, fu piuttosto fortunata. L'edificio era infatti proprio giusto e nel viale d'entrata si potevano già ammirare le incredibili decorazioni che erano stare create appositamente per l'evento. Alice sorrise ampiamente, catturata da tutta quella bellezza; alcune persone si erano già radunate e lei al momento non sembrava che persa. Rimase ancora imbambolata per qualche secondo, poi finalmente le fu suggerito da qualcuno dello staff di procedere verso il pianoterra. Alice allungò l'invito, leggermente bagnaticcio per via della neve, e proseguì all'interno. Ora, tutto ciò che i suoi occhi catturavano, ogni decorazione, ogni piccolo angolo incantato era per lei un'assoluta novità. Alice era come al solito estremamente entusiasta, il sorriso le illuminò il viso ancora una volta mentre si faceva strada verso la sala. Okay devo ammetterlo. Non è stata una cattiva idea venire. Anzi, è proprio una figata tutto ciò. Qualcuno dello staff le si avvicinò per prenderle la giacca, il che Alice pensò fosse totalmente strano. Da quando le persone non sapevano più togliersi da sole i vestiti? Decise comunque di comportarsi da gran signora, come se sapesse esattamente cosa stesse accadendo. In realtà sperava solo che l'avrebbe ritrovata a fine serata. In qualche modo. Faceva parecchio freddo fuori. Si ritrovò di fronte ad una fontana di marmo, dove zampillava dell'inchiostro, due streghe le chiesero di firmare la sua partecipazione ed Alice acconsentì aggiungendo la sua firma a caratteri rotondeggianti. Finalmente ebbe accesso alla grossa sala dove si sarebbero tenuti i festeggiamenti e inutile dire, rimase senza fiato. Il soffitto era semplicemente fantastico, pieno di dettagli incredibili tanto da renderlo vero, la musica di sottofondo rilassante e piacevole e tutti i gufi che completavano l'atmosfera rendevano il tutto perfetto. Alice rimase ad ammirare il grosso abete che si trovava nel centro della sala. Era davvero imponente, ma le dava un senso di calore e protezione. Ad un tratto la musica si interruppe e sul palco comparve Oliver, perfettamente vestito e con la sua solita eleganza a fargli da seguito, iniziò a fare un discorso. Alice si voltò per inquadrarlo meglio. Era molto bravo a parlare e a fare cose da adulto, doveva ammetterlo. Riusciva a trovare sempre le parole giuste e sapeva esprimere i concetti con una sensibilità che colpiva il cuore delle persone. Questo era ciò che Alice pensava di lui, lo riteneva sicuramente una persona eccezionale ed era felice che fosse il loro caposcuola e che avesse un ruolo così importante alla gazzetta, se lo era meritato tutto. Applaudì un po' più sonoramente del resto del pubblico, come una madre fiera, sorridendo. Chiaramente non avrebbe potuto urlare un Vai Oliver! lì in mezzo o alla signora ingioiellata al suo fianco sarebbe venuto un infarto.

narrato -«parlato» - pensato
 
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view post Posted on 5/1/2021, 20:51
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Siri
Jensen
«Alle feste della scuola io ero quella che suonava. Non mi hanno mai aperto.»

► Mood: Anxiety ► Età: 12 anni ► Ruolo: Studentessa ► Outfit: 1 - 2

C
erimonia per i giornalisti, giorno importante, abiti eleganti, gufi, piume, scritte. Non era di certo un bel riassunto, ma era quello a cui Siri stava pensando, quando ricevette quell'invito di partecipazione. Lei?! Sì aveva in qualche modo contribuito, magari portando caffé e circolari in giro, ma solo per il castello. Lavorava per mezzo della gazzetta, come giornalista freelance, scrivendo articolo ad Hogwarts che in parte c'entravano con gli eventi del castello stesso, ma molto di rado, per lo più parlava di Quidditch, ma anche di eventi di attualità. Fatto sta che ora aveva quell'invito e non partecipare di certo l'avrebbe messa in ridicolo. Non aveva abiti con le piume, ma aveva un bellissimo abito azzurro/turchese da poter indossare, un vestitino se dovevamo essere precisi, con gufi ricamati sull'estremità. Probabilmente era troppo "scoperto" per il clima di quel tempo, ma aveva come proteggersi. Indossava dei tacchi arancioni, abbastanza aperti e i suoi capelli non li aveva ritoccati, voleva che fossero quanto più naturali possibili, oltre che corti come li portava di solito lei. Il trucco era minimo, giusto per sottolineare la sua carnagione chiara, molto più nordica della Scozia, un semplice rossetto e una passata tenue di ombretto. Un altro pezzo dell'abito portava con sé, un mantello, nero e dal tessuto pesante e caldo, rinforzato sulle spalle e sul cappuccio da delle piume simili a quelle di un corvo, misto ad un gufo. Esse infatti iniziavano nere, ma ottenevano una mutazione cromatica in quello che doveva essere un verde smeraldo, ma meno scuro. Ora cos'altro mancava? L'accompagnatore! In realtà non doveva andarci con nessuno, ma doveva arriva a Londra in qualche modo. Il mezzo di trasporto fu la prima cosa che Siri cercò, ancor prima dell'abito. Senza accompagnatore, non avrebbe avuto alcun occasione per raggiungere la cerimonia. E qui entrò in scena la spettacolare collaborazione con Camillo! Tassorosso, alto, un po' babbano (come Siri d'altronde), e con la patente (di smaterializzazione, ma anche per la macchina, Camillo con la Ferrari è meglio di un Camillo senza)! Era tutto pronto? Sì! Appuntamento ad Hogsmeade, dove ci andò per l'appunto con Camillo stesso. Non sapeva cosa doveva fare, ma di certo sapeva che dopo quella serata, avrebbe dovuto ricambiare con un qualche cibo, di solito era il regalo migliore. Giunti al paese, il tassorosso espresse la sua voglia di utilizzare la zona costiera per muoversi e che non sarebbe stato poi tanto semplice. Chiedendo a Siri se fosse la sua prima volta o se avesse già viaggiato in quel modo.
«No..., ma ne ho sentito parlare a lezione. La smaaaaaeoooo-» era chiaro che mentre stesse parlando, la giovane toccò l'avambraccio di Camillo, messo a disposizione per lei. Venne trascinata in una sorta di vortice o miscuglio di corpi, insomma nel dettaglio neanche io so cosa accadde. Da paesino di maghi, raggiunsero Sunderland City, una città che si trovava in Inghilterra e che affacciava sul Mare del Nord. All'arrivo Camillo sembrava stare in perfetta armonia con sé stesso, ma questo non lo era per Siri che vomitò a pochi centimetri dalle scarpe del suo compare.
«Aspetta..devo..prendere...» vomitò nuovamente, inutile continuare, ma dopo quel secondo momento, tornò in sé, tranquillamente anche, più o meno, cercando di rendersi presentabile come meglio poteva e riafferrando il braccio di Camillo. Hartlepool, Middlesbrough, Whitby, Scarborough, Bridlington, Homsea, Hull, Scunthorpe, Lincoln, Grantham, Peterborough, Bedford, Stevenage e arrivarono infine a Londra. Il viaggio era stato nettamente lungo, formato da tante tappe, ma adesso erano giunti lì, finalmente anche, lo stomaco di Siri non voleva arrivare a vomitare anche il polmone. Ringraziare Camillo era il minimo che la ragazza potesse fare e di certo rimanere lì con lei, almeno per constatare che stesse bene, fu un altro regalo per la giovane, prima che le due strade si dividessero. Mal di pancia a parte, adesso stava bene, stanca, ma bene e per sua fortuna il mantello in piume la faceva sentire al caldo. L'arrivò all'enorme edificio fu un'altra peripezia, mas i trattava semplicemente di ricordarsi bene le indicazioni, inoltre i vari gufi svolazzanti e l'arredo esterno molto alla Downton Abbey e un'altra cosa certa era la presenza di un arredo molto elegante e vintage. Siri respirò a pieni polmoni, doveva calmarsi, mettere le cose a fuoco e sicuramente rilassarsi un attimo, adesso andava tutto bene e non doveva sentirsi osservata o inferiore (dopotutto era nana, quindi oggettivamente avrebbero abbassato lo sguardo in segno di reverenza, no si scherza). Mostrò il suo invito alle "guardie" o "mascotte" che si trovavano dinanzi all'entrata, così da dimostrare non solo di essere una strega, ma anche di essere stata invitata e che non stava cercando di imbucarsi. All'interno si stava bene, anche se voleva continuare a portare quel suo mantello scuro con le piume, così da non sfigurare con il suo vero vestito, inoltre le luci rendevano l'intera casa molto natalizia, ma anche molto calorosa. Al pian terreno vi era anche la sala in cui si sarebbe svolta l'intera cena, ma era possibile notare non solo vari invitati ben vestiti e che facevano il loro figurone, dove per Siri l'intera faccenda si stava ancora di più inasprendo, ma anche la presenza di gufi svolazzanti, tranquillità e una certa eleganza in ogni gesto. Per sua fortuna arrivò prima dell'esibizione di Oliver, che più che esibizione era una sorta di saluto formale e mini discorso per poter aprire l'intera serata e far godere ai vari ospiti la serata per intero. Siri rimase davvero molto emozionata da quell'entrata, ma anche per il gufo che venne trasfigurato in un microfono, colpo di scena che la ragazza non si aspettò affatto. Dopodiché da brava bimba mangiona, si avvicinò al tavolo in cui ci sarebbe stata l'intera celebrazione, intravedendo i vari dolci e provando i vari assaggini di quella cucina molto altolocata, probabilmente di stampo francese, come era visibile da alcune scritte che parlavano dello chef. Non male davvero, non si sentiva propriamente a suo agio, ma il calore dell'edificio e la presenza di persone, riusciva a calmarla fin dove poteva e anche il cibo, per quanto seguisse il sentiero della nouvelle cuisine, c'era anche da ammettere che fosse letteralmente sublime e buona.

 
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view post Posted on 5/1/2021, 23:21
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People say the darkness is where secrets are best hidden Nemmeno quando si prefissava dei piani Lucien riusciva a non sabotarli prestando fede al progetto originario. Aveva previsto di fare ritorno in Scozia dai familiari durante le festività comandate, ma alla fine si era ritrovato a trascorrere diversi giorni nella capitale britannica per presenziare ad eventi mondani. Se di norma avrebbe evitato di unirsi alle masse, si trattava di occasioni eccezionali che meritavano una forzatura della sua naturale inclinazione alla solitudine.
Nella fattispecie, quella sera avrebbe presenziato al Consiglio dei Gufi del Natale, un evento riservato ai giornalisti della Gazzetta del Profeta. L'invito era planato una settimana prima presso la sua dimora, artigliato dalle piccole zampe di un elegante barbagianni dal piumaggio chiaro e vaporoso. La missiva, consegnata con spiccata efficienza al Guardiacaccia, trasudava grazia e ricercatezza ed si faceva promotrice di un messaggio tanto inatteso quanto apprezzato.
Non essendo di certo uno dei collaboratori freelance più anziani, Lucien Cravenmoore non si sarebbe aspettato di ricevere l'invito, ma nel momento in cui ne aveva preso coscienza, esso si era aggiunto agli altri impegni imperdibili che avevano sfumato i suoi piani.
Ad installare una modulata ansia, fu la richiesta di un singolare stesso code. Già la vita sociale di Lucien non poteva essere comparata a quella di un mago di spicco della società magica - era già tanto se disponeva di qualche capo elegante che avrebbe sfruttato al Gran Galà di Capodanno - ma...le piume?
Accigliato ad una prima lettura, il mago aveva speso le poche ore di libertà della giornata setacciando la Foresta Proibita alla ricerca di un bottino utile alla sua causa, composto da piume trovate a giacere nel sottobosco. Appartenenti a diverse creature ed animali tra cui riconobbe civette, poiane, Jobberknoll - per il suo gusto personale mancavano giusto quelle vivaci di Fenici e Fwooper, per ovvi motivi impossibili da trovare in quello spicchio di mondo - li aveva intrecciati in modo da fonderli agli abiti che avrebbe indossato per l'occasione. Aggiunse giusto delle piume di Occamy reperite durante un viaggio di alcuni anni prima in India alla ricerca di ingredienti per pozioni. Così si era spesa l'ultimo giorno a Hogwarts prima che le tanto agognate vaganze arrivassero anche per lui, trasportandolo nella caotica capitale britannica al suono di un crack.
La sera del 23 dicembre era quindi giunta su rapide ali ed il mago si era ritrovato di fronte agli uffici principali della Redazione della Gazzetta del Profeta.
Era la prima volta che Lucien vi posava lo sguardo poichè i propri articoli, per questioni di praticità, erano sempre stati oggetto di meccaniche epistolari. Trovarsi di fronte al cuore pulsante della testata magica gli incuteva un certa soggezione e tachicardia allo stesso tempo. La cornice lattiginosa che ne ammantava la silhouette tingeva di bianco anche le scarpe calzate dal Guardiacaccia, esclusiva di un'eleganza solo accennata e che, viste le sue abitudini, risultava già fin troppo marcata. Oltrepassò il confine invisibile per farsi nuovamente parte integrante della magia di cui era intriso l'edificio, assaporandone appieno le sconfinate sfaccettature. Introdottosi in un mix culturale e sociale di invitati dai volti sconosciuti, si lasciò conquistare dall'atmosfera natalizia che vibrava nell'ambiente.
Notò con curiosità blocchetti incantati pronti a trascrivere le più succulenti notizie. Il bubulare tipico dei gufi che svolazzavano ogni dove era la componente che, da buon amante di animali e creature, maggiormente galvanizzava il mago. L'orecchino che gli pinzava il lobo sinistro, raffigurante il muso di un gufo, strizzava l'occhietto giallognolo in ogni direzione.
Raggiunse la raffinata fontana zampillante fiumi d'inchiostro e, ricevuta una piuma di lusso, si prodigò per firmare la propria presenza su un libro fluttuante. Pur pizzicato dal desiderio di curiosare un po' ovunque in quel luogo a lui sconosciuto, il Guardiacaccia avvertì un borbottio all'altezza dello stomaco che lo condusse al tavolo riccamente addobbato.
L'offerta culinaria non aveva nulla da invidiare ai banchetti del castello, le note dolci esalate dalle candele si miscelavano a quelle dei piatti ancora preclusi alla vista ma che il menù di Chef Gautier prometteva essere decisamente invitanti. Il mago sorrise di sottecchi leggendo senza difficoltà alcuna le scritte in francese, sua lingua madre, addocchiando piatti tipici della cuisine française che fino a quella sera aveva solo sentito nominare, troppo raffinati per il mondo dal quale proveniva.
Se normalmente prediligeva tenere il dolce a fine pasto, la fame si faceva troppo premente per non lasciarsi tentare dai bredele gufosi di vaniglia e zenzero e dai bignè di pasta choux turchini. Ma ci sarebbe stato tempo per riempire 1,81 m d'uomo.
Si accomodò su una delle sedie foderate di stoffa di raso bianco e dorato, deliziandosi con la visione dei gufi svolazzanti finché il suo sguardo non fu catturato da ospiti d'eccezione.
Le streghe-giornaliste di moda avrebbero attratto qualsiasi sguardo maschile, ma stava nei dettagli stilistici la vera chiave della loro avvenenza. In un certo modo gli rammentarono le studentesse di Beauxbatons che gli era capitato di rimirare in alcune occasioni in terra natia.
Finché un giovane mago dal singolare papillon non conquistò letteralmente il palco. Con le accorate parole e la raffinata presenza, e Lucien non poté non sorridere due volte.
La prima alla vista del Fwooper silenziato a dovere, le cui piume sgargianti erano state il vezzo maggiore dei suoi anni da studente, così ammaliato da quei colori da non farsi mancare una sola volta una piuma d'eccezione.
La seconda quando sentì nominare il tour in slitta di gufo.

giornalista freelance | rubrica delle creature magiche | scheda | outfit



Edited by Atonement. - 5/1/2021, 23:49
 
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view post Posted on 13/1/2021, 18:15
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LA MANGIAMORTE

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Non aveva la minima idea di spendere dei soldi per un abito fatto di piume, prima di tutto perché riteneva la cosa, da buona scozzese, una spesa inutile dato che probabilmente non avrebbe mai più rimesso qualcosa di così ridicolo, secondo, non voleva sembrare uno struzzo o peggio ancora un tacchino che ciondolava in giro per una sala elegante. Decise quindi di optare per una mise dal taglio maschile e solo i tacchi e la maglia in pizzo che le lasciava scoperta la schiena e lo sterno, le donavano un tocco di algida femminilità. Per il resto aveva deciso di legarsi i capelli in una coda alta e composta, apparendo quanto più informale ed elegante possibile. Avrebbe volentieri snobbato l’evento, anche perché la presenza di Jolene poteva essere un disturbo alla sua quiete, ma Bagley sicuramente le avrebbe piazzato una ramanzina non indifferente se avesse mancato tale celebrazione. Così, con tutti i suoi ninnoli onnipresenti e la bacchetta nella fondina alla cintura, aveva gettato l’invito nel fondo della tasca e afferrato una mantella di lana scura da gettarsi sulle spalle, per infine afferrare una manciata di metropolvere e sbucare nel luogo più vicino utile per raggiungere la gazzetta del profeta. L’era stato precluso l’utilizzo quel giorno del proprio camino e dovette quindi sobbarcarsi una tediosa camminata sotto la neve, imprecando a denti stetti fin tanto che, raggiunse il palazzo dove poco tempo prima aveva incrociato la presenza di Romeo. Fece il suo ingresso presentando l’invito e si accodò ad alcuni ospiti che non conosceva. Bagley aveva fatto le cose in grande e si respirava una fastidiosa atmosfera natalizia con addobbi sparsi in giro e gufi in ogni dove. Era palesemente fuori tema ma non le interessava nulla. Entrata nella sala, sfarzosa e ben lontana dalla fastidiosa quotidianità scorse alcuni visi conosciuti e notò anche la presenza di alcune mocciose, pensando a quanto fosse fuori luogo la loro presenza lí.

"Che razza di party…”

Pensò. Decise così che avrebbe finito la cena il prima possibile per questo prese posto in maniera frettolosa, liberandosi della mantella e della giacca, senza contare chi aveva davanti e risparmiando dal presentarsi. Era di malumore e glielo si poteva leggere sul volto indispettito mentre afferrava il menù, che con orrore, realizzò che era scritto in francese. Assunse un espressione d'incredulità, osservando il foglio fronte e retro un paio di volte, per poi sollevare gli occhi al cielo e lasciarsi andare ad un imprecazione sottovoce

-Ma porco gramo…-

Che tuttavia non potè sfuggire a chi come Lucien, o forse le due giovani studentesse, le stavano vicino. Appoggiò con un gesto stizzito il foglio dove l’aveva trovato affrettandosi a versarsi un bicchiere di vino senza chiedere se i presenti volessero favorire, in un mero gesto egoistico. Quella bottiglia era sua, fine del discorso. Il tutto mentre Oliver Brior, il galoppino di Bagley, o almeno così pensava Rowena, prendeva parola e snocciolava il suo discorso.



//Interazione con tutti i presenti se vorrete. Perdonami Olly se Rowe è una rompiboccini//
 
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view post Posted on 15/1/2021, 20:57
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Fu sufficiente un unico passo nell'incanto natalizio della Redazione per convincerti, senza più ombra di dubbio, che avevi fatto la scelta giusta quando ti eri decisa a presentarti. A lungo avevi esitato, divisa tra considerazioni di natura più o meno intima, più o meno pratica. Sostavi in un periodo in cui, a guardare alle tue spalle o al divenire, eri indifferentemente circondata da eventi mondani più o meno estesi – a partire dal ballo scolastico, quell'incanto fatato, fino alla considerazione che il giorno dopo, alla vigilia, saresti partita di buon mattino per la casa delle vacanze. Così tanti stimoli si accalcavano alla tua attenzione e poi, dopo averti spremuto fino all'ultima goccia di gioia e divertimento, ti lasciavano come avvizzita, a trascorrere ore di solitudine in cui languivi con un libro indolentemente gettato sul petto e gli occhi girati dentro te stessa. Probabilmente era stato in uno di quei momenti che, studiandoti attraverso uno sguardo velato e mormorando a tempo con uno dei tuoi amati dischi, avevi sentito la musica portarti tra le sue braccia la convinzione che ne sarebbe valsa la pena, che non avresti potuto mancare ad una celebrazione che, egoisticamente, intendevi considerare come il coronamento di un tuo personale percorso. Perché era questo, in fondo, che la Gazzetta rappresentava per te. Oltre all'affetto per Ariel e Oliver, che lì spendevano tanta parte del loro tempo, oltre alla prospettiva di vedere volti che ad ogni modo non si sarebbero assentati a lungo – al di là di tutto ciò, il giornalismo apparteneva a te, era il tuo traguardo ed intendevi festeggiarlo come meritava. Guardatemi, avrai pensato, le mie passioni non sono solo indolenza, si esprimono in parole concrete.
E così, eccoti lì, a sorridere agli addetti alla sicurezza mentre mostravi loro il tuo invito. I tuoi occhi brillavano, e la piega morbida delle tue labbra era il coronamento di un incanto di cui non avevi mancato di compiacerti quando ti eri rimirata nello specchio, appena prima di partire. Avevi scelto tutto con una cura volta a farti splendere – e splendevi davvero, mentre proseguivi verso la fontana d'inchiostro. Ed era buffo, perché, pur avendo pensato ad ogni cosa, non ti eri curata di quella macchia scura sul lato dell'anulare destro, dove l'inchiostro, ancora l'inchiostro, tradiva come, solo pochi minuti prima di partire, ti fossi buttata a scrivere, in preda ai tuoi consueti impeti di ispirazione.
Ma era un dettaglio così piccolo, per poter oscurare la tua gioia. Qualcuno avrebbe potuto pensare che ti fossi macchiata nel firmare il registro delle partecipazioni, perché effettivamente fosti tra quelli che si fermarono ad adempiere anche a quel rituale. Volevi fare tutto per bene, ogni minimo gesto asseriva l'importanza di quella serata.
Dopo, accedesti alla festa vera e propria. I tuoi occhi si riempirono di ogni cosa, bevvero avidi di meraviglia. Avevi l'impressione che quella notte il mondo ti avesse riservato la sua nicchia più sfavillante, dove tutto era luce e tutto era bello. Assaporavi, come il pizzicore dello champagne, una risata che non lasciò mai la curva delle tue labbra chiuse. Avresti potuto ridere se qualcuno avesse sussurrato una battuta di spirito al tuo orecchio, ma la musica era l'unico suono distinguibile in un cicaleccio che non ti riguardava. Scivolavi dolcemente tra tanti sconosciuti, unita a tutti loro dalla stessa amabile lontananza. Ti beavi del tuo isolamento, che in quell'occasione significava osservazione privilegiata. Ammiravi vestiti di ogni colore, uno più sgargiante dell'altro – per te, avevano più importanza dei volti che vi fluttuavano sopra, così come lo scintillio dei gioielli superava di gran lunga quello di occhi che incontrasti solo superficialmente.
Alla fine riconoscesti qualcuno – quelle sembravano delle giovani studentesse di Hogwarts, e lì, troppo lontano quando ormai avevi già preso posto al tavolo infinito, lì i tratti di Lucien Cravenmoore sembravano un'intrusione della vita dentro ad un sogno sfavillante. Se solo avesse incrociato il tuo sguardo, gli avresti sorriso, e il gesto avrebbe fatto sentire anche te un po' più reale.
Lasciasti che la bottiglia di champagne inclinasse il suo collo sinuoso per riempirti il calice di frizzante liquido ambrato. A quel punto il palco divenne il luogo di qualcun altro che potevi chiamare per nome: Oliver incantò tutta la sala con la sua capacità di tessere significati tanto eterei quanto potenti, ed eri sicura che le sue parole facessero sentire tutti più uniti in quella maglia brillante che eravate quella sera – perché così era per te, e non potevi credere che qualcuno si discostasse dalla tua sensibilità. Il calice di cristallo rifletteva la luminosità del vostro mondo, e dietro di esso il tuo viso si accendeva di riflessi bianchi e dorati.

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Menzione a Lucien e Oliver.
 
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view post Posted on 16/1/2021, 20:08
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Ognuno di noi è una luna: ha un lato oscuro che non mostra mai a nessuno.

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Emma Green
Quante volte ti ho detto che non devi frugare nella roba delle mie compagne di stanza? Snooty sbadiglió, era più che evidente che le strigliate della sua padroncina lo annoiavano a morte. Un giorno di questi sarò costretta a trasformarti in una ciotolina per cani... te l'ho già detto! il gatto aveva iniziato a leccarsi la zampa, le parole di rimprovero di Emma vennero completamente ignorate. Certe volte pensava che sarebbe stato meglio se avesse comprato un rospo o un topo, sicuramente non sarebbero stati così dispettosi. La Grifondoro roteò gli occhi infastidita Come devo fare con te, gatto spocchioso? in effetti lo era di nome e di fatto. Emma decise di lasciare perdere il suo micio per il momento: doveva prepararsi, per una volta nella sua vita non voleva fare tardi, almeno non troppo. Qualche giorno addietro aveva ricevuto l'invito a partecipare al Consiglio dei Gufi: un evento a cui avrebbero partecipato i maghi e le streghe che scrivevano articoli per la Gazzetta, e indovinate chi lo aveva organizzato? Esatto, proprio Oliver, quindi Emma non avrebbe mai potuto mancare. Sembro un'oca ... disse al suo riflesso nello specchio. Aveva indossato un vestito decorato da delicate piume per essere in tema con l'evento. Aveva usato nuovamente una di quelle tinte babbane per rendere biondi i suoi capelli. Aveve appuntamento lì con Alice che era già uscita da un bel po', non come lei che tardava sempre e comunque come se non potesse farne a meno... era una ritardataria cronica, una di quelle che la mattina si svegliano un'ora prima delle lezioni per fare tardi con più calma. Quando finì finalmente di prepararsi, stranamente non era poi così tardi.
Uscì per dirigersi alla Gazzetta, ormai quel luogo era abbastanza familiare per lei. La festa si sarebbe svolta al pianoterra e non appena Emma giunse lì, il suo primo pensiero fu quello di cercare Alice, ok no... in realtà cercò Oliver tra la gente già presente e capì di essere arrivata in tempo per sentire il suo discorso. Ma com'era elegante? Emma non aveva parole... e si sentì così inadatta con il suo stupido vestito piumato. Qualcuno mi chiederà un uovo... mormorò fra sé e sé. Comunque sia non ci pensò più di tanto, ascoltò attentamente le parole di Oliver come se fosse l'unico a trovarsi in quella stanza.
↳PS: 106 ↳PC: 54 ↳PM: 55 ↳PE: 1


Edited by Miss Effe - 16/1/2021, 20:25
 
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view post Posted on 17/1/2021, 15:55
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Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

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Grazie ancora Oliver per l'invito :gufetto: :<31:

20210111-145559
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Prima dell'evento - Casa dei nonni
Il giorno dopo il ballo ad Hogwarts, appena tornata a Londra (dove avrebbe trascorso le vacanze con i genitori a casa dei nonni), si fece subito accompagnare per consegnare l'articolo che avrebbe deciso la sua candidatura come giornalista freelance per la Gazzetta del Profeta. Era già da un po' che pensava di fare questo passo, finalmente si era decisa. Amava fare nuove esperienze, specialmente ora che stava crescendo, e soprattutto imparare ad essere indipendente facendo qualche lavoretto. Stava già lavorando come garzone nel famoso negozio di scherzi di Zonko, ma voleva provare anche altro; inoltre aveva sentito che anche alcuni suoi concasati lavoravano lì, un incentivo in più per tentare. Sarebbe stato un ulteriore modo per consolidare i rapporti con loro.
Il giorno prima, insieme alla conferma di pubblicazione del suo articolo, le era stato recapitato l'invito per una festa Natalizia nella sede della Gazzetta. Non ci poteva credere, era felice per l'assunzione e incredula per l'invito ad un evento così esclusivo.
Adesso era lì, nella stanza degli ospiti a casa dei suoi nonni, a prepararsi per l'occasione, con i genitori che la stavano aspettando di sotto per accompagnarla. Inutile dire che erano orgogliosi di lei, ma allo stesso tempo nostalgici perché stava crescendo in fretta e presto non sarebbe più stata "la loro piccolina".
Intanto, come suo solito, Pinky stava rotolando senza sosta sul pavimento, con Felix alle calcagna che cercava di acchiapparla. Da quando il suo gatto aveva visto la puffola l'aveva scambiata per un nuovo giocattolo e lei doveva fare attenzione che non l'addentasse. Nel frattempo Kermit osservava la scena comodamente dal suo terrario, che per l'occasione era posato sul comò della camera.
-Ehi, voi due, vedete di fare i bravi mentre non ci sono. Non vi azzardate a combinare guai- li riproverò prima di uscire e dirigersi verso le scale.
-Ecco la mia principessa, sei veramente bellissima- l'accolse suo padre, che, se possibile, era più emozionato di lei.
-Vieni qua che ti faccio una foto tesoro, chissà quando ricapiterà di vederti così in tiro- le disse sua madre, con un sorriso e la macchinetta già pronta in mano.
-Oh, avanti mamma è proprio necessario?- ma, dopo aver puntato gli occhi al cielo, sorrise a sua volta è si mise in posa per lo scatto.
-Bene, direi che possiamo andare. Non vorrai far arrivare in ritardo nostra figlia- e con una strizzata d'occhio, Alexander, si rivolse complice alla tassina.
-Non solo ho sposato un brontolone, ma adesso ho pure una figlia tale e quale a lui. Per Godric, povera me- sospirò scherzosamente Monique, facendo ridere tutti.
Adesso erano pronti ad andare e per recarsi sul posto, onde evitare di trovare traffico o altri intoppi, utilizzarono la smaterializzazione, che era anche il metodo di viaggio preferito di Camille. Si mise tra i suoi genitori, poggiando le mani sui loro avambracci, pronta a partire.

Ora dell'evento - Redazione della Gazzetta del Profeta
La smaterializzazione l'aveva lasciata un attimo sotto sopra, ma come al solito era stata un'esperienza unica. Una volta usciti da quel vortice, dove spazio e tempo non esistevano e i corpi venivano trascinati come se non avessero peso, si ritrovarono davanti al luogo dell'evento.
-Mi raccomando, ci ritroviamo qui a fine serata. Divertiti tesoro- le disse sua madre.
-D'accordo. Vi prego, fate attenzione a Felix, non vorrei si mangiasse la puffola.- detto ciò, Camille salutò entrambi con un abbraccio e aspetto che si fossero smaterializzati prima di decidersi ad entrare. Si sentiva un po' a disagio, non aveva mai partecipato ad una cena formale e aveva paura di non essere adeguata. Con un filo l'imbarazzo si diresse alla porta e mostro l'invito, una volta ricevuto il via libera entrò. Come aveva immaginato il luogo era enorme, la cena si teneva nella sala al piano terra, per cui s'incammino seguendo alcuni invitati entrati poco prima di lei, non voleva correre il rischio di perdersi.
Alzando lo sguardo notò che alcuni Gufi, i protagonisti indiscussi della serata, stavano volando liberi tra gli ospiti. Si lasciò rapire dalle loro giravolte e dalla loro naturale eleganza, erano delle creature magnifiche e svolgevano un lavoro importante per la comunità magica, per cui era giusto omaggiarli.
Arrivata nella sala si ritrovò davanti un enorme tavolo, con su un buffet decisamente ricco, preparato da un rinomato chef aveva letto.
Prese posto sulla prima sedia libera, da lì intravide alcune facce familiari, stava per alzarsi di nuovo, giusto per fare un saluto, quando sul palco salì Oliver, il Caposcuola Grifondoro, nonché vice direttore della Gazzetta. A quel punto le sembrava scortese spostarsi, per cui si ripromise di salutare tutti dopo, in una circostanza migliore. Si mise quindi comoda e ascoltò attentamente le parole del ragazzo, tra l'altro molto elegante e aveva pure un adorabile Fwooper, opportunamente silenziato, sulla spalla.




 
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view post Posted on 19/1/2021, 19:46
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upFeQDsTutto intorno, nella grande Sala adibita a festa, era un caleidoscopio di luci, voci, suoni, piume e Gufi. Le sfumature tenui del bianco e dell’avorio, accompagnate da argenti e chiari dorati, si accostavano alle note più accese dei colori natalizi. Statue di gufi adornavano il salone ed ogni cosa era stata sapientemente predisposta per celebrare il simbolo e l’anima della Gazzetta. L’Aria stessa, tra i profumi di spezie ed aromi, era intrisa del vago sentore di carta e inchiostro fresco. Un profumo rassicurante, pensò Atena.
Quella sera indossava un abito bianco, una sottile cintura con piume dorate le cingeva la vita e alcuni ricami dello stesso colore impreziosivano il tessuto lungo i bordi. Sulle spalle, il taglio del vestito era ripiegato su se stesso, quasi ad abbozzare delle ali. E proprio lì, accompagnatrice placida e attenta, era appollaiata Leda. La civetta bianca l’aveva osservata a lungo, nei giorni precedenti, da quando l’invito alla serata era planato sulla scrivania della Docente, sino ai preparativi degli ultimi minuti. Con ogni probabilità aveva passato le notti a rimuginare e chissà quali pensieri avevano attraversato la sua mente nelle lunghe ore di volo tra lo spazio beato del cielo. Infine, con una nonchalance degna dei migliori attori, si era appollaiata sulla sua spalla proprio nel momento in cui la ragazza si accingeva a chiudere la porta alle sue spalle. A nulla era valso lo sguardo interrogativo della Docente, né il suo sorpreso “Embè?”. Lei aveva arruffato le piume, stringendo appena la presa con le unghie come per ribadire il concetto, ostinata nel rifiuto di tornare sulle proprie decisioni. E così, con un'alzata di spalle, la ragazza se l'era portata con sé.
Per quanto riguarda Atena, invece, una sola era la motivazione per cui aveva accettato l’invito. Fu proprio in quel momento che il motivo in questione stava prendendo posto sul palco: Oliver Brior. Garbato, brillante, un po’ sui generis, con quel papillon intorno al collo e il Fwooper sulla spalla – Atena sorrise tra sé. Il ragazzo si sapeva distinguere, non v’era dubbio, ma con la naturalezza tipica del suo carattere, senza traccia di arroganza. Da tempo il giovane era entrato a tutti gli effetti nelle sue grazie e nonostante non avesse avuto molte occasioni per conoscerlo al di fuori delle aule scolastiche, era fiera di lui. Instancabile, sempre in prima linea in ogni iniziativa, dal Crepa al lavoro presso lo store musicale, fino agli incarichi di Caposcuola. Un punto di riferimento saldo per la sua Casata e forse per molti altri studenti al di fuori di essa. Negli anni si era confermato un allievo diligente, il suo impegno andava sovente ben oltre le semplici richieste degli insegnanti e più di una volta Atena aveva pensato che i suoi elaborati e le sue ricerche meritassero una visibilità ben maggiore di quella che potevano ottenere riempiendo le scrivanie dei Docenti. Era un giornalista tuttofare, un vice-redattore dal pensiero vivace e creativo. La Gazzetta del Profeta doveva molto al suo costante impegno e mai, come negli ultimi mesi, la famosa testata poteva vantare di tanta fama e popolarità. Nuovi volti si erano aggiunti alle fila dei giornalisti, portando una ventata di freschezza di cui nessuno, da molto tempo, aveva memoria. Le iniziative non mancavano, proprio come la qualità degli articoli. Lei stessa non avrebbe mai pensato di intraprendere una simile collaborazione, eppure eccola lì, ad applaudire insieme al resto degli invitati, non appena Oliver ebbe terminato di parlare.
Mentre l’applauso sfumava Atena si fece strada nella Sala, mantenendosi a ridosso delle pareti, dove era più facile evitare la ressa e passare inosservati. Attese che il ragazzo fosse sceso dal palco e gli dette il tempo per adempiere ad eventuali saluti e ai pro forma che l’occasione richiedeva.
«Posso avere l’onore di stringere la mano alla star della serata?» disse alle sue spalle, in tono fintamente formale. Sorrise poi, complice, in sua direzione. «E’ davvero una gioia vederti qui, Oliver.» Non essere qui, quello era implicito, ma vederti qui, giunto ad un tale traguardo. «E…ho una cosa per te.» aggiunse. Con uno svolazzo della bacchetta fece apparire un pacchetto di medie dimensioni. La carta era color crema, con stampe di gufi a decorazione, e un nastro dorato era intrecciato lungo i lati. «Un pensiero, solo per ribadire la mia stima nei tuoi confronti e incoraggiarti, sempre, nella strada che hai intrapreso con tanto impegno.» all’interno del pacchetto, in una scatola in legno dalla pregiata fattura, vi avrebbe trovato una piuma, rossa con screziature dorate, a richiamare i colori della sua Casata, luogo in cui il suo percorso aveva avuto inizio. Accanto ad essa, insieme ad alcuni pennini di riserva, si trovava una boccetta d’inchiostro e un quaderno finemente rilegato in pelle. Un cordino lo teneva chiuso, arrotolato più volte intorno alle pagine, e sulla copertina erano stampate due iniziali: O. B. «Scrivi l’eternitàconcluse, citando il suo discorso.

Le formalità si erano concluse e gli invitati si stavano abbandonando ai festeggiamenti. Tra la folla, Atena intravide due giovani Tassorosso – Camille e Siri, due Studentesse del primo anno a cui, a quanto pareva, l’entusiasmo e la capacità non sembravano mancare. Grande benedizione per la sua Casata. Se avesse incrociato il loro sguardo le avrebbe salutate con un cenno del capo.
Si stava per accomodare al tavolo, in un posto qualsiasi, quando tra i commensali intravide una figura familiare. Alto, capelli scuri - difficile non notarlo, nemmeno impegnandosi – Lucien Cravenmoore sedeva al lato opposto della stanza. Esitò un momento, indecisa, infine prese un piattino e lo riempì con antipasti di diverso tipo, tutti all'aspetto invitante. «Ultimamente, pare, vedo più te che i miei studenti, Cravenmoore.» disse con disinvoltura. Leda lasciò la sua spalla per posarsi sullo schienale della sedia accanto. «Posso sedermi? Porto salatini in dono.» un angolo delle labbra si inclinò ad abbozzare un sorriso.

「 ATENA MCLINDER - RUBRICA DI ASTRONOMIA - OUTFIT 」



Ollyno, come descritto nel post, nel pacchetto trovi una piuma rossa con screziature dorate (click & click!), inchiostro (click!) e un quaderno in pelle personalizzato con le iniziali (click!). ♡♡♡


Edited by Atena McLinder - 7/5/2023, 17:40
 
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view post Posted on 21/1/2021, 13:33
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People say the darkness is where secrets are best hidden La Dama Bianca. Questo il nome attribuito alla sigaretta di pergamena pressata nelle tasche dei pantaloni strizzaboccini che Lucien Cravenmoore indossava quella sera. L'ultima sua creazione, tra le tante che l'avevano preceduta, miscelava erbe che inducevano uno stato di euforia, vigilanza e prudenza: una catarsi dei sensi, come la piega che aveva preso la vita del Guardiacaccia da quando aveva intrapreso la strada che lo aveva condotto alla piccola capanna confinante a Hogwarts. Da quel giorno molte cose erano mutate, più rapidamente di quanto avesse preventivato, e non c'era stato giorno in cui avesse rimpianto la sua scelta.
Riposava, cullata dal tepore emanato dal corpo del Creatore, in attesa di bruciare per il suo appagamento personale; ma vi sarebbe stato tutto il tempo per darle le dovute attenzioni, in quel momento infatti l'unico pensiero del giovane era rimpire i quasi due metri di corporatura con delle raffinate pietanze francesi. Prima del discorso d'apertura di quel piacevole quanto frizzante giovane, colse un sorriso in sua direzione. Una splendida Jolene White, fasciata da un abito perlato che ne esaltava le curve sinuose, dichiarava la maturità raggiunta dal suo corpo, mentre il suo carattere temprato dagli eventi Lucien aveva avuto la fortuna di notarlo con riguardo poco tempo addietro.
Le fece un cenno col capo mentre rispondeva al tacito saluto con un sorriso a mezzaluna.
Poi con lo sguardo bilanciato sui testi vergati di una calligrafia importante, le iridi cristalline si spalancarono appena nell'udire poco distante un'imprecazione di matrice femminile.
"Ma porco gramo…" Con una lentezza snervante ruotò il capo nella direzione del suono accogliendo alla vista la figura elegante di una strega dall'aria lievemente stizzita. La vide sbattere in malo modo il foglio del menù e non potè che supporre che il francese aveva mietuto una nuova vittima.
«Il est particulièrement difficile de déterminer le menu ce soir.» Stasera è particolarmente difficile determinare il menù. ironizzò con una punta di divertimento a sporcargli la pronuncia impeccabile. A discapito dei modi sindacabili, egli era sinceramente dispiaciuto per chi era poco affine alla sua lingua madre, comprendendo le difficoltà riscontrabili non avendo una dovuta traduzione affiancata al testo principale.
Vide la strega concedersi ad un bicchiere di vino e valutò che se avesse desiderato decifrare l'arcano menù, ora avrebbe saputo a chi potersi rivolgere per un aiuto. Non era nel suo carattere imporre la propria presenza e, in situazioni di grandi folle come quella, prediligeva l'isolamento - motivo per il quale, sin dal suo arrivo, era rimasto in solitaria.
La sua attenzione sfumò sulla scia di una voce manifesta che lo indusse a volgere l'attenzione altrove, cogliendo la silhouette di Atena McLinder. L'eleganza che stillava non era solo benemerenza del fine abito che indossava, ma il volatile appollaiato sulla sua spalla la disponeva di quel tocco che ben si sposava con il cuore svolazzante della serata.
Scorci di pelle candida erano lasciati alla mercé di occhi indiscreti, eppure Lucien discernette un occhio troppo lungo dalla raffinatezza di un vestiario che esaltava in modo raffinato l'indossatrice.
«È indice di un avvicinamento alla vita mondana, professoressa.» replicò fuggevole. La civetta bianca trovò un più stabile trespolo nello schienale della sedia accanto: il nome scientifico di quel volatile era Athene noctua. Gustoso. «Come non lasciarsi corrompere? Beninteso, prediligo il dolce, ma anche il salato ha la capacità di solleticarmi le papille gustative. Perciò...» le rispose contestualmente ad un rapido gesto grazie al quale spostò la sedia al proprio fianco quel tanto che bastava a permettere alla docente di Hogwarts di prendere posto. «...prego.»
Col l'ausilio della mancina, dimentico della buona etichetta che consigliava l'uso delle posate, arraffò un salatino di pasta sfoglia a forma di ala e lo sgranocchiò in un sol boccone.
Prese delle briciole da un lembo di stoffa della pregiata tovaglia e se lo sistemò sul palmo disteso, allungandolo verso la civetta della ex concasata. «È meravigliosa. Come si chiama?» domandò senza staccarle gli occhi di dosso, rapito dalla perfezione del piumaggio candido. «Non amo le folle, se sono qui stasera è per la passione che nutro per la testata giornalistica e la pregevole compagnia con cui ogni articolo mi ha regalato una vetrina sul mondo in questi anni. Credevo mi sarei sentito fuori luogo ed in effetti è così, ma almeno ora sono più motivato a restare.» sibilò spostando finalmente l'attenzione dal pennuto alla strega. Anche Atena scriveva per la Gazzetta del Profeta, qualcosa che forse nessuno dei due avrebbe mai previsto quando avevano calpestato le scale dispettose del castello con le gambe in piena fase di crescita. «Mh, cosa prevedono gli astri per questa sera?» domandò a bruciapelo mentre si appropriava di un altro salatino. Erano una droga anche quella.

giornalista freelance | rubrica delle creature magiche | scheda | outfit



Edited by Atonement. - 31/1/2021, 10:30
 
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The North remembers. ♥

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Non era in ritardo per un puro miracolo di Morgana: affrettò il passo, cercando di ignorare il disappunto della zia che la stava accompagnando alla Redazione della Gazzetta del Profeta.

Quando la settimana prima aveva ricevuto l’invito, era corsa in camera a nasconderlo prima che zia Mary – o peggio ancora, Isabel – lo potesse vedere: la sola idea di prendere parte ad un evento del genere, nella sede della Gazzetta del Profeta, era assolutamente fuori discussione.
Erano passati mesi dall’incontro con Lucas e non aveva più avuto sue notizie da allora: anche gli articoli pubblicati dal giornalista sul quotidiano si erano fatti sempre più rari, ma si era costretta a non farci troppo caso; per sua fortuna, il nuovo lavoro al San Mungo l’aveva talmente assorbita che a malapena aveva avuto lei stessa il tempo di scriverne alcuni. Ma anche se i rapporti con il mago erano stati interrotti, questo non significava che la verità scoperta da poco non avesse smesso di farla stare male e prendere parte ad una festa in cui era sicura che anche lui sarebbe stato presente le era sembrata la peggiore delle scelte da fare.

Per sua sfortuna, qualche giorno dopo, riordinando la camera l’invito era scivolato fuori dall’armadio in cui lo aveva gettato, finendo esattamente nelle mani della zia, come se improvvisamente il fato avesse deciso di farle un brutto scherzo. Da quel momento, non c’erano state ragioni che riuscissero a convincere zia Mary ad accettare la scelta di non partecipare della nipote.

« E’ un invito importante, dovresti essere grata di averlo ricevuto. E saresti davvero maleducata a rifiutare! A meno che non ci sia un motivo valido per non andarci, o mi sbaglio? »

A quell’insinuazione, Jane aveva ceduto: non poteva certo permettere che la zia pensasse anche solo vagamente che ci fosse una ragione serie dietro la sua reticenza a partecipare a quella festa: e così la sera del ventitré dicembre si era lasciata accompagnare dalla strega fino all’ingresso della Redazione. Lo sguardo orgoglioso della zia mentre alzando lo sguardo ammirava l’edificio, borbottando un « Giornalista freelance… incredibile! » le scaldò il cuore, facendola sorridere. I saluti presero più tempo del previsto, perché la donna non voleva lasciarla andare senza le ultime raccomandazioni, come se fosse una delle ragazzine – studentesse di Hogwarts, immaginò – che si trovavano poco distante da loro accompagnate dai loro genitori o dai loro parenti. Il tempo di un ultimo abbracciò veloce, e la ragazza entrò finalmente nell’edificio, mostrando l’elegante invito alla coppia di addetti che si trovava all’ingresso.
Il dress code era stato chiaramente indicato nella missiva, e dovette ammettere che seguirlo alla perfezione si era rivelato più complesso del previsto: incerta, si sistemò la gonna bianco ghiaccio, togliendo dalle piume che la componevano alcuni fiocchi di neve sfuggiti alla barriera che aveva costituito il mantello indossato fino a poco prima.
Dirigendosi verso la sala delle conferenze, dove si sarebbe tenuta la festa, Jane si rese conto di non aver mai messo piede all’interno del Profeta: tutti i suoi rapporti con il redattore erano esclusivamente relegati ad uno scambio di missive via gufo, anche la consegna dei quei pochi articoli che aveva scritto. Si guardò intorno, incuriosita: tutto sembrava sospeso, cristallizzato nel clima natalizio e festivo che in quei giorni aveva finalmente preso posto anche nel resto della città, ma senza la frenesia che animava gli ultimi momenti di acquisti.

Si fece largo tra i piccoli gruppi di streghe e maghi che si erano fermati nell’atrio per chiacchierare, senza incrociare volti noti: poco prima di entrare nella sala conferenze si fermò nei pressi della fontana, ammirandola per qualche istante prima di firmare il registro delle presenze come richiesto dalle due streghe. Mentre camminava lungo il tappeto argento in direzione della sala, fece un respiro profondo, provando a convincersi che non c’era ragione di pensare che la serata potesse andare male. Magari Lucas non vi avrebbe nemmeno preso parte, anche se dubitava che un animo narcisista come quello del mago avrebbe resistito alla tentazione di partecipare ad un evento del genere.
Quando entrò, ogni preoccupazione svanì dalla sua mente, l’attenzione improvvisamente catturata dal soffitto incantato: era meraviglioso. Rimase qualche attimo con il naso all’insù ad ammirare il cielo notturno, finché che un mago urtandola per sbaglio la riportò con lo sguardo a livello persone.
Si avvicinò al tavolo, ammirando la cura e le scelte eleganti nella preparazione della mise en place: diede solo una fugace occhiata al menù, notando che era scritto in francese e che per questo sarebbe stato al di fuori della sua comprensione, per poi lasciarsi servire un bicchiere di champagne da una bottiglia che galleggiava a mezz’aria mentre osservava incuriosita i dolci tipici della cucina oltremanica.

Quando un ragazzo prese parola sul palco si voltò, pronta ad ascoltare il discorso e associando finalmente un volto al nome che aveva avuto modo di leggere più volte negli ultimi mesi: era chiaro come il giovane mago che si trovava al centro del palco non potesse essere altri che Oliver Brior, il vice-redattore della Gazzetta; solo in quel momento ricordò come si fossero già incontrati in precedenza, ma in una situazione molto meno allegra, durante una delle sue prime settimane di lavoro al San Mungo. Quella però era una serata dedicata ai festeggiamenti, non ai ricordi spiacevoli, e non era il caso di riportare in superficie il dramma che si era consumato più di un anno prima ad Hogsmeade.
Ascoltò con interesse il discorso, per poi unirsi all’applauso che scaturì sincero non appena Oliver finì di parlare: guardandosi intorno notò altri due volti familiari, anche se dovette sforzarsi nell’associarli a dei nomi. Poco distante da lei, alla sua sinistra riconobbe una strega, sua docente nei primi anni ad Hogwarts, intenta a reggere in mano una bottiglia di vino: più lontano invece la sua attenzione venne attirata da una chioma ramata, che associò velocemente ad un’altra conoscenza dall’orribile attacco di Hogsmeade, l’infermiera White.
Intimorita dall’idea di avvicinarsi a quest’ultima per salutarla, dubbiosa di poter risvegliare in lei ricordi spiacevoli, si sedette nella sedia più vicina, iniziando a guardarsi intorno e cercando di individuare nella folla l’ultima persona che avrebbe voluto incontrare durante quella piacevole serata.

Jane Read - 18 anni - Giornalista Freelance

→ menzione veloce veloce a Rowena e Jolene
 
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view post Posted on 30/1/2021, 20:27
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o0tsxox

Marcail alza lo sguardo dalla pergamena e, contemporaneamente, alza anche entrambe le sopracciglia. Brutto segno. Peggio ancora, sospira.
«Liz.» esordisce seria. «Non puoi andarci così.»
Fingo indifferenza: «Perché, cos'ho che non va?»
Le sue sopracciglia si inarcano ancor di più. È finita, non la spunterò. Ci provo lo stesso: «Niente macchie, niente strappi...»
«Liz, dice dress code elegante.»
«Ho messo una camicia!»
«Ma è a quadri!» specifica, emanando disapprovazione da tutti i pori. «Ti presto qualcosa.»
«No Marcail, davvero, non c'è bisogno. Sai cosa? Non ci vado. Sei appena arrivata dall'Italia, sarei davvero pessima a mollarti qui da sola. Mando un bigliettino di scuse e io e te-»
«Io e te le palle di Merlino. Non osare usarmi come scusa Elizabeth! Accio Cocktail»
La guardo speranzosa: «Vado a recuperare del gin?»
«Sei impossibile. Un abito da cocktail, Elizabeth. Abito.» ripete sventolandomi davanti il cencio nero appena arrivato dalla sua valigia. «Mettitelo» conclude, mentre me lo lancia e io, d'istinto, lo prendo al volo.
«Ma è velluto!» noto indignata.
«Certo che è velluto. Cosa vuoi mettere a dicembre, il lino?»
Vorrei rifilarle una risposta acida, ma mi esce solo un verso strano.
«Non ringhiarmi. Dài, il cinturone è di pelle e poi è nero, in fondo ti sto venendo incontro.»
Dopo dieci minuti di estenuante trattativa, eccomi con addosso il dannato vestito. È più comodo di quanto mi aspettassi - non che abbia intenzione di ammetterlo ad alta voce. Con qualche colpo di bacchetta Marcail sistema le porzioni di stoffa che il mio corpo non riempie a dovere, poi mi squadra pensierosa, picchiettandosi l'indice sugli incisivi. L'ha sempre fatto, fin dai tempi di Hogsmeade: una delle tante piccole cose da cui s'intuisce che, dietro l'aria sofisticata che ha assunto negli ultimi anni, è sempre la stessa ragazzina pestifera.
«La collana puoi tenerla.» decide infine. «Un po', come dire, aggressiva, ma almeno è in tema. Ora, le scarpe...»
«Scordatelo» sbotto dopo aver adocchiato i suoi tacchi a stiletto. Marcio fino alla porta e mi infilo gli stivali, poi mi giro a fronteggiare la mia amica: «Marcail, abbassa quelle sopracciglia. Tutte e due.»
Lei ridacchia, scuote la testa e alza le mani in segno di resa: «D'accordo, d'accordo. Almeno non sono quegli orrendi anfibi color fango.»
Le faccio la linguaccia, ma con affetto.
«Però ti presto anche gli orecchini e mi permetti di farti una cosa carina alle ciglia.»
Scherzavo: affetto un corno.


pArdFAu


L'invito era finito, ovviamente, in fondo alla più profonda e nascosta tasca del mantello ed Elizabeth dovette contorcersi un po' per riuscire ad estrarlo. E pensare che Marcail voleva farle mettere i tacchi! Mostrò l'invito al più vicino dei due tizi imbellettati e imboccò il viale, sotto lo sguardo attento di decine di gufi, civette e barbagianni appollaiati sui trespoli, sui cornicioni, sui rami dei radi, ordinati alberi del cortile. La strega marciava spedita sull'acciottolato, dribblando i capannelli vocianti e sbrigando con il minor numero di parole possibile i pochi convenevoli che si vide costretta a fronteggiare. Scoprì che a riconoscerla erano più persone di quante si aspettasse: la finale del Campionato di Quidditch le aveva suo malgrado guadagnato una certa notorietà e lei, a dire il vero, non sapeva proprio come gestirla. In effetti, si trovava lì solo perché Marcail l'aveva convinta: negli ultimi mesi aveva rifiutato ben tre inviti ad eventi sportivi e mondani i cui organizzatori, a loro dire, sarebbero stati deliziati dalla sua presenza. Poco male, comunque: se tali eventi erano sfarzosi anche solo la metà di questo, Elizabeth era certa che tutti avessero goduto di abbastanza delizie da superare agevolmente la delusione per la sua assenza.
L'atrio era ricolmo di decorazioni d'ogni tipo, che tuttavia non riuscivano ad oscurare la fontana incantata che troneggiava al centro della scena. Il tempo di notare l'attività lì svolta ed Elizabeth rapidamente cambiò rotta, decidendo rimandare a più tardi quell'innocua incombenza.
Se la magnificenza della prima sala le era sembrata soverchiante, la seconda le fece immediatamente desiderare di voltarsi e correre a casa. Era bellissima, beninteso, con le grande statue e gli abeti e la minuta perfezione di ogni dettaglio, e la miriade di gufi, ovunque, in carne e ossa ma anche di legno, di pietra, di cristallo, di stoffe pregiate e metalli scintillanti. Il punto era proprio questo: cosa ci faceva, lei, ad un ricevimento tanto sfarzoso?
Non poté non domandarsi se, tra tutti quegli ospiti d'ogni tipo ed età, era lei l'unica a sentirsi tanto a disagio. Ne notò diversi di giovanissimi, evidentemente non oltre il secondo o terzo anno ad Hogwarts, e le sembrava, in tutta franchezza, che sapessero molto meglio di lei come comportarsi.
Con un piccolo sbuffo, comunque, tornò padrona di sé, rispose a qualche altro saluto e si addentrò nella sala.
Quando lo sguardo le cadde sulla tavolata sontuosamente allestita per la cena, un «Ah» di disappunto le sfuggì dalle labbra tinte di un rosso opaco. Nessuno la sentì, nel vociare generale, e ad ogni modo era altro a preoccuparla: cosa si aspettavano che ci facesse, esattamente, con tutti quei bicchieri e quelle posate?
Doveva riprendere in mano la situazione. Si accostò con noncuranza a un lato del tavolo ancora vuoto e, stupendosi lei stessa della propria abilità nell'individuare ciò che le serviva, prelevò un delicato bicchiere intarsiato che una bottiglia incantata aveva appena riempito di costoso Whiskey Incendiario. Elizabeth osservò con occhio critico il proprio bottino, quindi lo appoggiò di nuovo sul tavolo, agguantò la bottiglia e, incurante di come questa strattonasse debolmente per liberarsi, versò nel bicchiere altre tre dita abbondanti di liquore. Un attimo dopo, la bottiglia era tornata a galleggiare serena sulla tovaglia richiamata e la strega si era defilata verso il muro, sorseggiando il liquido ambrato: l'intera operazione non aveva richiesto più di qualche secondo, ma per scrupolo Elizabeth lanciò un'occhiata furtiva tutto intorno. Incrociò lo sguardo della sua collega di rubrica, una strega dall'aspetto altero e dai modi peculiari, che aveva incontrato un paio di volte per esigenze lavorative e che sembrava impegnata nella sua stessa attività: bere e guardare storto il mondo intero. Elizabeth alzò appena il mento, in un gesto di saluto che era chiaramente il massimo che entrambe fossero disposte a tollerare, e proseguì il proprio cammino lungo il perimetro della sala, provando le maniglie di tutte le porte nascoste dietro gli abeti e i giganteschi gufi. Ne trovò infine una aperta e vi si intrufolò, mentre con dita impazienti già frugava nelle tasche in cerca del suo portasigarette. Più che un ufficio, la minuscola stanza aveva l'aria di essere uno sgabuzzino dimenticato, il che spiegava perché non fosse chiusa a chiave. Sul fondo c'era, comunque, una finestrella e fu accanto ad essa che Elizabeth si sistemò, seduta su un tavolo ingombro di cianfrusaglie. Fu da lì che, fumando, ascoltò l'appassionato intervento del giovane Vicedirettore. Quando si fosse concluso, si ripromise, e il vociare fosse tornato a celare i suoi movimenti, sarebbe tornata nel salone, avrebbe preso posto e avrebbe affrontato la maledetta cena.


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Rowe, per ovvi motivi ho dato per scontato che si siano già viste, perlomeno di sfuggita.
Tutti: scusate, Liz è una buzzurra incorreggibile :fru:
Mi spiace aver postato così tardi, ma se prima della fine dell'evento qualcuno volesse svergognare i pessimi modi de 'sta coatta, o la sua dipendenza da alcool e tabacco, avrebbe da parte mia il completo via libera .w.
Ah, le due parti sono scritte in stili diversi per scelta, una specie di esperimento.
 
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view post Posted on 1/2/2021, 23:40
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"Gran Sacerdote del Tempio della Pizza"

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ArielA. Vinstav«I like to party
and by party I mean take naps

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Sulla spalla:

Ariel era sicurissima di essere stanca come non lo era da tempo, ma sapeva che se fosse rimasta in Islanda perdendosi quel ricevimento, sarebbe rimasta di malumore per tutte le festività, mangiandosi il fegato per l'opportunità che si era persa.
Aveva dovuto tirar fuori dal fondo del baule i documenti e i soldi babbani per comprare last minute un biglietto d'aereo che la portasse da Reykjavik a Londra la mattina del Gala con un bagaglio a mano consistente di uno zaino di tela blu dentro cui aveva messo l'indispensabile.
Per questioni di necessità tempistiche si era preparata nel suo ufficio, in tempo per ricordarsi si fosse totalmente dimenticata di portare con sé qualcosa tematico come da regola.

«Ow, diamine.» Lamentò, mentre poggiava il rossetto nella tasca dello zaino.
Si voltò in cerca di una soluzione: possibile fosse rimasta qualche piuma sul trespolo delle consegne? Le avrebbe potute legare con uno dei suoi fili di spago e farci un accessorio molto brutto, quanto servisse a farla accedere alla Sala senza venire ripresa.
Fu nello scostare la tenda che schermava la finestra che notò come sul trespolo stesse sonnecchiando
Duvet, il vecchio gufo reale che in Redazione era diventato famoso per essere capace di addormentarsi ovunque; era probabilmente narcolettico, ma sorprendentemente ancora in servizio.
«Duvet?» Storpiò il nome del postino con l'accento francese, mentre prese con le mani l'animale, sollevandolo senza trovare opposizione dal postino che sollevò pigramente giusto un occhio, bubolando un saluto assonnato.
«Ti va di andare giù con me a mangiare biscotti gufo?» Bastò nominare i dolcetti per postini perché il gufo si librasse in volo pronta a seguirla, stranamente un po' più sveglio del solito.
"Beh tecnicamente ci sono Gufi al Ricevimento, no? Non sto rompendo nessuna regola, solo aggiungendo ospiti alla sala."

Fu così che Ariel si presentò al Gala in un completo composto da pantalone nero e blazer in fantasia fenestrata bianca e nera, una piccola borsa di pelle a tracolla nera e in accessorio ... Duvet sulla spalla.
L'avrebbero vista entrare saltellando sul posto con un gufo reale mezzo assonnato contro i capelli lunghi, bianchi per le pozioni stingenti.
Con un calice di vino nella mano sinistra e un biscotto gufo nella mano destra, lei e il postino seguirono il discorso di presentazione del Gufo, fra un sorso lei e un boccone Duvet che soltanto al volo del Fwooper decise di bubolare e volare anche lui via, pronto a raggiungere i colleghi alla fontana e schiacciare un pisolino.

«Bye-bye Duvét.»

©Mistake | harrypotter.it

 
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