.shey lingua di fata
Quando il suo nome è stato accolto nella rosea dei nuovi partecipanti del
Fwooper d'Oro, il prestigioso concorso musicale nel panorama internazionale, nessuno avrebbe mai immaginato potesse giungere tra i finalisti – cantante di appena ventisette anni, di origini sconosciute, privo di ogni sostegno artistico, e con nessun album già rilasciato alle spalle. «Una candidatura che non avremmo neanche dovuto considerare», per citare la voce unanime della giuria musicale. Una candidatura, tuttavia, che è oggi copertina di prima pagina.
.shey – un punto all'esordio del nome d'arte, la lettera iniziale come minuscola – non è quella che in molti abbiano definito come la sorpresa dell'anno, non è la rivelazione dell'ultimo decennio, o perlomeno
non soltanto. All'anagrafe come
Corneille Walker, ultimo di tre fratelli, è propriamente la testimonianza di un talento che diventa prodigio, e che in brevissimo tempo ha saputo svelare successo. Con la semifinale del concorso musicale del Fwooper d'Oro, esattamente il diciannove Dicembre presso il Globe Theatre di Londra, .shey ha ottenuto il massimo dei voti dalla prestigiosa giuria e ha raggiunto in tal modo il più gettonato solista
MrGingerbread. La chiave della vittoria? La sua voce, la sua predominanza del palcoscenico, il suo
stile, l'uno e l'altro aspetto non possono che aver di certo contribuito al traguardo, ma è qualcosa di ben più intimo ad aver lasciato il segno. «Il suo coraggio, la sua
identità» ha commentato caldamente Glenda Chittock, membro di spicco della giuria nonché la più famosa radiocronista di Radio Strega Network. Così, quando
Glenda Chittock premia il proprio impegno, il mondo si ferma, e sì, già ne segue l'indicazione.
Lo stile musicale di .shey è una
melodia morbida, incredibilmente sfumata; è l'intreccio del jazz di un sassofono che corona l'idillio delicato del soul di una chitarra, talvolta di un basso, e sempre fin nel profondo di ogni ascoltatore. Come prezioso ginepraio, le note si inseguono docilmente in una e più ramificazioni, e nei punti salienti germogliano fino a dischiudersi in vividi, aggraziati boccioli canori. Una simbologia floreale che custodisce il senso di ogni sua interpretazione. L'impercettibile tensione di un'arte che si rende flautata, quasi gracile nelle declinazioni d'esordio, e che man mano che il brano si estende, quasi accompagna la fragilità dell'espressione fino a divenire fortezza. Perché è così la musica di .shey, è
cambiamento. In ogni suono, in ogni giro di Re, in ogni minuta carezza di corde in estasi.
«È il soffio di una voce che invoca vento zefireo, e che gentilmente avvolge chi vi presta ascolto, è una voce che sospinge in alto come divina armonia», per citare il commento di Celestina Warbeck, ospite d'onore della semifinale del Fwooper d'Oro. Un successo trasversale, la visibilità di un merito esatto – l'anonimato che si infrange in frammenti e che infine giunge in visibilio del pubblico.
La
voce di .shey è una voce che raccoglie in sé una e più definizioni. Se per Glenda Chittock diventa allora
ambivalente, e se per la superstar Celestina Warbeck somiglia al
vento di zefiro, è evidente che intimamente si tratti di una voce originale, molto singolare in una cornice musicale odierna già variegata. Uno stile, quasi un genere proprio, che richiama le suadenti, spirituali sfumature di
Malala Wisk, come una lingua nuova, una lingua
intima. Quella di .shey è una voce che commuove, che arriva dritto al cuore, e che in effetti – prima di ogni altra cosa – sa affascinare. Un talento
charmante, che spinge a danzare in un dondolio costante, spensierato, sospeso ai confini dei cieli. Ci si chiede come possa un artista del genere attirare tanta attenzione senza neanche un album dalla propria. Al di là del
brano inedito Love Myself, presentato alla candidatura del Fwooper d'Oro, altro non abbiamo. Un unico, singolo brano, e tutto un successo che compie il giro del mondo. Sarebbe superficiale considerare il talento come assoluta ragione della sua fortuna. Glenda Chittock ha parlato di identità, di coraggio, di ambivalenza – quello che occorre dire, infatti, è che .shey abbia saputo spingersi lì dove nessun altro sia mai riuscito ad arrivare. Ha svelato un'esistenza di istintiva bellezza, e ha condotto una battaglia contro il pregiudizio pubblico che ha reso tutto,
di lui e di lei, meravigliosamente vincente. Perché
.shey è l'uno, .shey è l'altra.Il suo nome è già indice di un'identità che molti critici hanno definito come doppia, e che per l'artista invece risulta
singola. .shey custodisce in sé, come sua madre, il dono della
Metamorfomagia – ha l'abilità innata di cambiare aspetto a piacimento, e così è uomo, e così è donna, e così è l'uno e l'altra,
in infinita bellezza. Talvolta appare come un ragazzo, i capelli riccioluti e di tinta d'inchiostro, occhi di nocciola, il volto bagnato di curiose lentiggini; talvolta appare come una ragazza, l'incarnato d'ebano di un docile viso, i capelli voluminosi in acconciatura afro-americana, e occhi scuri tanto espressivi da ammaliare; è la natura di uno spirito libero, che testimonia il miracolo della vita stessa. «Il mio nome è la mia persona,
sempre.» Un commento sporadico, l'artista è di poche parole. «.shey sono
loro, shey sono
io.»
Un curioso gioco di lettere, l'unione di pronomi che sfumano l'uno verso l'altro. .shey è
she, lei; è
he, lui; è
they, loro. E non possono distinguersi, perché
mai si separano. Così, quando .shey sfuma magicamente da un corpo all'altro, il cambiamento è visivo, è per il pubblico, si potrebbe azzardare sia anche scenico; così, quando la voce modula tonalità maschili in un punto, e tonalità femminili in un altro, è come assistere ad un magistrale duetto.
Un ragazzo, una ragazza, e
loro. Perché .shey – . she . he. they. – non è l'uno né l'altra, ed è entrambi. Perché sul palcoscenico, è un cambiamento che intimamente mai avviene.
La storia di .shey, della sua Metamorfomagia, della sua identità da
gender fluid, ha fatto il giro del mondo magico; c'erano già stati esempi del ricorso vivace alla stessa abilità innata per effetti scenografici, cambiamenti in esibizione, espressioni artistiche vere e proprie – basti pensare alla stessa Glenda Chittock, alla sua parallela carriera di cantante solista e alla sua performance particolarissima di
The Sound of Silence – ma qui, con .shey, non c'è silenzio; la sua non è un'identità
di contorno, appena teatrale, al contrario è un'identità soggettiva, piena,
assoluta. Quello di .shey non è un trucco di mestiere, non è cornice soltanto visiva: quando è lui, quando è lei,
quando è loro, lo stile parimenti si lega indissolubilmente. Nelle melodie alte, più chiare, più acute, quando la raffinatezza femminile padroneggia; e nelle melodie basse, ritmiche, più sfumate, quando si esprime il gusto maschile. .shey è
armonia d'insieme. E non è un caso se nel brano
Love Myself l'artista ponga sé in primo piano.
But is it fake love if I'm lying to myself
Tryin' to fake the way I feel?
Am I a stranger if I don't recognize myself
Tryin' to fix up something real?.shey si riconosce, vive la sua identità in modo completo, ancor prima che coraggioso. Nelle interviste per l'iscrizione al concorso musicale, tra l'altro, ha sottolineato come la sua storia non sia stata semplicissima; come il pregiudizio l'abbia tallonato fin da bambino, quando i suoi interessi vertevano nelle schiera di infidi stereotipi comuni, quando il suo aspetto tremava nel turbinio di un volto che era donna, e che era uomo, e che per molti poteva essere l'uno
oppure l'altro, e che per loro – per .shey – era già l'uno
e l'altra. Parla di amore, e lo fa nell'accezione di
amor proprio: un amore che non lo rende straniero, che permette di riconoscersi in ogni tempo, in ogni luogo. Un amore che non deve essere riparato, perché già completo, già vivo. Quella di .shey è una pagina musicale che diventa autobiografica, sociale, pubblica, e che per l'impatto mediatico ottenuto sfuma già in identità collettiva. Il suo è un esempio, è una testimonianza – di talento, certo, ma soprattutto di
scelta. Una scelta che lo vede allora finalista al Fwooper d'Oro e nuova promessa musicale.
La sua voce, il suo talento, la sua espressione, tutto è
eufonia – armonia dei suoni, armonia di spirito. Con la semifinale, l'atteso
album d'esordio di .shey è stato rilasciato pochi giorni fa in tutti gli store musicali ed è oggi sotto i riflettori. L'album, contenente il brano
Love Myself, si intitola
Lingua di Fata: le tonalità del blues e del jazz, tipiche in .shey, tornano in chiave poetica, molto dolce. Un disco di appena cinque tracce, con un ritmo d'incanto che volge talvolta verso lo swing, in una frenesia che turbina, oscilla, e che carezza il cuore in soffio di vento. Lingua di Fata, continua .shey, è un
inno alla vita nelle sue iridescenti espressioni – come una creatura sospesa in identità androgina, fluida, indelebile. Lingua di Fata è la
lingua innata di un animo in risveglio, che giunge in ascolto e che comprende; di un animo che si lascia sorprendere.
But even the worst nights
There's nothing I'd change
Something to prove
They don't love you like i doLike I do, brano da cui ha origine la strofa precedente, è un Canto con la lettera maiuscola. Come un richiamo a svelarsi, come un invito ad accettarsi – senza nulla da cambiare, sulla scia di un amore che diventa proprio, di un amore che è approdo sicuro. E allora non è un caso se nel brano
Chemistry, in assolo maschile, .shey quasi dia l'impressione di parlare a sé e
con sé.
Theres a boy, theres a girl
Who's meant to be, who's meant to be
on you, on meC'è un ragazzo, c'è una ragazza. Diventa incipit di una fiaba, e racconto di una vita. Così le note si dispiegano libere, rivolgendosi all'orizzonte, e il passo iniziale è un battito d'ali. Così la voce, guida oltreconfine, è donna, è uomo,
è voce. Scivola in magia coinvolgente, come un volo di Fata, e nel bocciolo di un canto è sempre suadente fioritura. Quello di .shey è scrigno prezioso, apertosi per sé e per tutti. E nel mistero delle sue origini, allora, la sua musica avvolge esotericamente, fin nel profondo. .shey è arte, un'arte che forse vedrà la sua vittoria al Fwooper d'Oro, nella finale del prossimo Gennaio. Un'arte, di certo, che già coinvolge e che vedremo in concerto esclusivo alla Scuola di Hogwarts – .shey, infatti, sarà ospite d'eccezione del
Ballo delle Fate. Un tema che ritrova affinità fin nel titolo del suo album, così come nella sua storia. Un tema che è accordo di voce, di suono, di simbologia, e di una vita che non smette di fiorire. Lingua di Fata, come .shey, è intimità.
E come ogni altra intimità, è una rivelazione che va assaporata
lentamente. Come carezza di vento, come battito d'ali di fata.