The most wonderful time of the year ~

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Leah‚
view post Posted on 21/12/2019, 23:11







FragrantMedicalHoopoe-size_restricted


Tutto era iniziato mezz'ora prima.
Leah aveva chiuso con un tonfo il baule e fatto una piroetta sul tappeto della Sala Comune. Coco, infastidito dal rumore, aveva sollevato il capo e l'aveva guardata con aria di disapprovazione per essere stato interrotto durante il suo sonnellino.
- Non guardarmi così! Bisogna festeggiare! -
Aveva preso in braccio il suo gatto e aveva fatto un'altra piroetta, avvicinandosi ad una delle finestre e sollevando il micio sul davanzale.
- Guarda fuori! Hai visto? È tutto bianco e pieno di neve! Una nevicata meravigliosa, ha iniziato all'ora di pranzo e non ha intenzione di smettere! Sono sicura che domani là fuori sarà indescrivibile! -
Aveva riappoggiato il gatto sul letto e gli aveva concesso una grattatina dietro le orecchie per farsi perdonare, prima di infilare la porta e uscire.

Era arrivata all'aula insonorizzata quasi senza fiato, incapace di trattenere l'entusiasmo che le straripava dentro al pensiero di essere a tre giorni da Natale, con una nevicata leggendaria al di là dalle finestre e nè una lezione nè un compito all'orizzonte. Doveva dare voce a tutta quella gioia, e quale luogo migliore dell'Aula Insonorizzata? Era l'ambiente perfetto, così ampia e scenografica, con quelle enorme vetrate che davano sul giardino bianco e luminoso.
In più nessuno passava più di lì da tempo, da quando i Wizard Voices avevano smesso di riunirsi, e nessuno avrebbe potuto disturbarla. A meno che non sapesse che lei era lì, naturalmente, cosa che aveva tenuto nascosta a tutti.
"Beh, quasi tutti, per la verità," pensò tra sè con un sorriso e gli occhi che brillavano.
Mentre entrava nell'aula e si chiudeva la porta alle spalle si ritrovò a sperare di vederlo comparire lì, bello e sorridente come quando si incontravano tra quelle mura tanto tempo prima.
Erano stati mesi difficili, dal ballo di fine anno, e Leah riteneva che entrambi avessero proprio bisogno del Natale. Dei suoi colori, dei suoi profumi - chissà se gli erano piaciuti i biscotti alla cannella - e soprattutto del senso di pace e speranza che si portava dentro. Si era lambiccata il cervello per giorni alla ricerca di qualcosa che potesse sorprenderlo, e se una parte di lei desiderava che lui arrivasse, l'altra lo temeva. Aveva preso una decisione coraggiosa, ma giusta. Un brividino le corse lungo la spina dorsale e si affrettò ad avanzare nella sala, cercando di non pensarci.
Si avvicinò alla pedana al centro della sala, salendo i gradini. Nonostante non fosse utilizzata, l'aula era tirata a lucido come sempre e al di là delle finestre, nel cielo che iniziava a passare da bianco ad azzurro, grossi fiocchi di neve piroettavano nell'aria fredda. Ogni finestra luccicava di ghiaccioli magici che non si scioglievano, di palline dorate e di nastri di velluto rosso. Agrifoglio e vischio aggiungevano sfumature verdi e amaranto a tutto quello scintillare e l'aula era più calda e accogliente che mai.

Come sempre la musica iniziò a crescere nella sua mente prima che lei potesse rendersene conto. Era una musica allegra, il tempo batteva allo stesso ritmo del suo cuore, e Leah sapeva che non sarebbe riuscita a trattenersi.
Iniziò a cantare scendendo di corsa dalla pedana, precipitandosi con improvvisati passi di danza verso la finestra più vicina.

It's the most wonderful time of the year
With the kids jingle belling
And everyone telling you "Be of good cheer"

It's the most wonderful time of the year
It's the hap-happiest season of all
With those holiday greetings and gay happy meetings


Godendosi la sensazione di libertà che cantare in solitudine le dava, continuò a piroettare attorno alle sedie, verso le finestre e poi verso la lavagna, prendendo in mano uno dei fogli per imitare uno di quei coristi che aveva visto agli angoli delle strade di Londra quando andava in città da piccola e poi posandolo per volteggiare in un altro angolo.

There'll be parties for hosting
Marshmallows for toasting
And caroling out in the snow


Quella canzone esprimeva perfettamente il suo stato d'animo, ma non solo per le sue parole: non riusciva a cantarla senza sorridere, senza sentire quel piacevole e consueto calore trasmettersi da dentro a fuori di lei. Un calore molto più entusiasmante di qualunque sfida e avventura, ma non dolce e avvolgente come quello che la riempiva in compagnia di Oliver.

Del tutto indifferente all'impressione che poteva fare - dopotutto chiunque avesse sbirciato nell'aula solo una ragazzina che cantava da sola piroettando nel centro di un'aula vuota con addosso la divisa della scuola e la treccia in disordine - Leah proseguì come se fosse ad una esibizione al Victoria Theatre di Londra. Si sentiva felice e spensierata e luminosa e piena di vita, non sarebbe riuscita a tirare fuori tutto ciò che provava in un modo diverso: la musica le scorreva nelle vene insieme al sangue e non poteva farne a meno.

It's the most wonderful time of the year
There'll be much mistletoeing
And hearts will be glowing when love ones are near
It's the most wonderful time of the year


Tornò sulla pedana volteggiando, e quando fu arrivata si fermò chiudendo gli occhi per godersi meglio la musica immaginaria. Terminò la canzone immersa nei suoi ricordi, nelle immagini dei biscotti di Natale decorati con la glassa, dell'albero pieno di candele, delle carole Babbane di Natale cantate con il papà ed Eva costruendo una famiglia di pupazzi di neve nel giardino di casa, delle storie di Natale che sua nonna raccontava ogni anno uguali, del profumo della cannella, dell'arancia e dello zucchero a velo, del sapore dei fiocchi di neve che si scioglievano sulla lingua e della meraviglia di lasciarsi cadere sulla neve dopo aver riso fino a sentire il mal di pancia scendendo dallo slittino con Eva.
Immersa in quei ricordi, Leah aveva dimenticato perfino dove si trovasse. Sapeva solo che era felice. Felice che era Natale, che era lì, che c'era la neve fuori, il Natale alle porte e la musica a farle compagnia. Che aveva una famiglia che la amava e un ragazzo che riusciva sempre a farla sentire speciale, che tirava fuori il meglio di lei e che lei amava con tutto il suo cuore. Terminò la canzone cantandola con trasporto, mettendo tutta sé stessa in quelle parole che per lei erano tanto vere.

It's the most wonderful time,
Yes the most wonderfful time,
It's the most wonderful time of the year!



 
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view post Posted on 23/12/2019, 12:41
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«Da questa parte, per favore.»
Spostò la mano destra in alto, ancora più in alto, ad attirare l'attenzione del gruppetto di studenti alle sue spalle; le strade acciottolate del Villaggio di Hogsmeade si snocciolavano come un gomitolo di lana, e ogni filo sembrava condurre ad una delle tante vetrine colorate dei negozietti lì vicini. Un turbinio di sfumature dalle più pacate a quelle ben più eccentriche, dalle ghirlande di vischio e di bacche di vino rosso fino alle stelle filanti, alle decorazioni dorate e argentee, ai cristalli di ghiaccio più perlacei: tutto sommato, Oliver avrebbe dovuto ammetterlo, era uno spettacolo ad occhi aperti. Si era ripromesso di non trattenersi più del dovuto, la sua disponibilità ad accompagnare il gruppetto di studenti al primo anno al Sobborgo Magico non avrebbe dovuto impegnare tutto il pomeriggio, ma quando si era ritrovato immerso nell'atmosfera natalizia che si respirava in paese, il cuore aveva reagito molto più intensamente della mente. Quella era la sua stagione preferita in assoluto, era davvero il periodo più bello dell'anno - le persone agghindate a festa al pari delle vetrine dei locali, gli abiti più vistosi e vivaci recuperati in fretta dall'ultimo cambio di stagione; i doni da avvolgere in carta voluminosa e altri pronti da scartare alla vigilia delle festività più sentite; i fiocchi di neve a scandire un equilibrio di per sé apparentemente statico, immobile, lento. Con la sciarpa rosso-oro al collo, le mani infreddolite - aveva dimenticato i guanti riscaldanti in dormitorio - e il capo completamente scoperto, Oliver continuava a stringersi nel lungo cappotto scuro che indossava quel giorno, mentre lo sguardo veniva ripetutamente catturato dall'una e l'altra preziosa visione nei dintorni. Non aveva idea di che ore fossero, ma aveva molto altro da portare a termine prima della sera; alle lezioni finalmente concluse per quel periodo, Oliver si era anche detto di voler passare del tempo in più con Leah e aveva già una certa idea circa dove trovarla. Coinvolto profondamente da quella aspettativa rinnovata, aveva così battuto le mani e richiamato a raccolta gli studenti. Quando anche l'ultima tappa scivolò via in un vortice speziato di cannella, Oliver riprese il sentiero per Hogwarts. Il ricordo dei biscotti allo stesso profumo e allo stesso dolcissimo gusto fece breccia tra i suoi pensieri in modo genuino, e forse per questo anche più vivo.

Qualche saluto di circostanza, un'occhiataccia furibonda da parte del Custode di Hogwarts, e finalmente Oliver si congedò da tutti gli altri primini all'arrivo al Castello. Cominciò a salire in fretta per le scale che portavano ai piani superiori della Scuola, mentre il tintinnio di un'armatura in movimento arrivò al suo orecchio poco più distante. Imboccò un corridoio per nulla trafficato, uno che la Mappa del Passaggio - acquistata tempo addietro a Diagon Alley - aveva saputo mostrare al momento opportuno; si domandò se anche Leah avesse ormai fatto buon uso di quei percorsi segreti, sperava che la pergamena incantata di cui le aveva fatto dono in passato le fosse stata già utile in più circostanze. Più Oliver saliva, più si accorgeva - riflettendo - di quante e quali altre cose non avesse mai chiesto alla Tassina, di quanti argomenti non avessero discusso insieme. Una leggera morsa al petto ricordò al Caposcuola di non essere stato pienamente presente nell'ultimo periodo: da quando l'Estate precedente era stato costretto in Infermeria per più mesi, una parte di lui non si era più risvegliata - ancora, non si era ancora risvegliata, così si ripeteva ogni volta. Leah aveva saputo essergli accanto, però. Più di chiunque altri, ben più di ogni altro, e di certo tutto quello aveva già fatto la differenza. Di passaggio, Oliver incontrò uno studente dal volto familiare e gli chiese in fretta che ore fossero; alla sua risposta e ad un cenno gentile di riconoscenza, il Caposcuola immaginò di non essere troppo in ritardo. Non c'era alcun appuntamento, non quella volta, ma intimamente sapeva perfettamente di poter trovare Leah proprio in un posto speciale; lo scambio di lettere di poco tempo prima non poteva che sostenerne l'idea. Si affrettò così verso sinistra, superò una parete di dipinti dall'espressione contrita - «Hey ragazzino, dove corri?!» - e quando fu a poca distanza dall'Aula Insonorizzata si fermò per riprendere fiato. Si poggiò alla parete più vicina e tentò invano di ascoltare ogni suono all'interno della stanza; ne conosceva la struttura, la descrizione e ogni potenziale magico, e sapeva che Leah - tra tutti loro del Club di Hogwarts - di tanto in tanto continuasse a frequentare quel luogo, a dispetto della fine degli incontri settimanali. Il ricordo di Argentea Hale e della prima riunione del The Wizard Voice si inasprì dolcemente in Oliver. Un battito di ciglia, la borsa a tracolla recuperata dalla spalla, infilò il braccio destro lungo tutta la cerniera e ne portò fuori l'attimo dopo la sua chitarra classica: l'incantesimo estensivo irriconoscibile aveva del sorprendente in sé. Sistemò lo strumento tra spalla e incavo del collo e ne accordò un giro di Re d'esordio. Quando spinse la porta dell'Aula con un contatto più insistente, Oliver non fu troppo meravigliato nel ritrovarla chiusa. Non una sola volta, tuttavia, pensò di essere in errore: la sensazione che dietro quell'ingresso vi fosse lei, proprio lei, si rendeva forte più di ogni altra cosa. La bacchetta magica scivolò così dalla manica del maglione rosso natalizio con toppe scure fino alla mano destra; attento a non far cadere la chitarra dal petto, Oliver puntò il legno di abete in un movimento ben delineato come da manuale verso la serratura di fronte. «Alohomora» scandì con sicurezza e l'attimo dopo la porta scattò in un suono secco. Le prime note di una canzone familiare raggiunsero Oliver come una vera e propria armonia e la voce, quella voce, lo accolse pienamente; intensa, emotiva, viva come nessun'altra, l'avrebbe riconosciuta in ogni tempo. Oliver si portò dentro l'Aula Insonorizzata, chiudendo i battenti dietro di sé; tentò di non farsi scoprire, non ancora, e si infilò in fretta - proprio mentre Leah intonava le ultime strofe - dietro una viola e un leggio in legno. C'era un sottile strato di polvere lungo la superficie degli strumenti in stanza, ma il valore prezioso tutto intorno - quello che rappresentava, quello che era stato e che sarebbe stato ancora - non poteva essere affatto cancellato. Strinse l'Abete con più insistenza e nell'esatto momento in cui il Canto di Leah vibrò in un assolo finale, Oliver puntò la bacchetta contro l'intera orchestra poco più avanti. Si animarono diversi strumenti in contemporanea, dando forma ad un ritmo sempre più costante: le sinfonie profonde dei bassi, il tamburellare di triangoli e il suono più intenso della batteria; la magia si riversò sull'uno e l'altro fino a sollevarsi in una cornice musicale vivace, temprata di un allegria che non aveva paragoni. Un colpo di bacchetta e l'abete natalizio sul fondo della sala parve brillare di mille e più scintille.
«Mobiliarbus» continuò il Grifondoro e sulla scia della musica man mano più attiva, spostò l'albero poco più avanti, al centro esatto della pista che conduceva al palcoscenico rialzato. La bacchetta si mosse un'ultima volta in un cerchio leggero, evocando un'esplosione di cristalli di ghiaccio sospesi a mezz'aria, da un punto all'altro della stanza. Quando fu pronto, Oliver rivelò la sua presenza in bella mostra e si portò avanti, la chitarra stretta al corpo. Girò su se stesso e diede il via all'accompagnamento musicale, sulla scia degli altri strumenti sullo sfondo; diretto verso il punto in cui aveva visto Leah, sperò che la ragazza si unisse a lui nell'esibizione improvvisata. Avrebbe riconosciuto il brano, Oliver ne era sicuro. Non ricordava da quanto tempo aveva sognato di replicare un momento come quello, lui e lei, da soli. Cominciò a cantare al suono più acceso delle corde della chitarra, mentre l'acustica perfetta dell'Aula lasciava vibrare la voce calda del ragazzo fin dalle prime strofe. L'espressione felice, il sorriso accentuato sul volto, Oliver non avrebbe voluto trovarsi da nessun'altra parte.

«It came into my dreams last night
A great, big man in red and white.
He told me that it's gonna be
A special year for you and me.
Underneath the mistletoe
Hold me tight and kiss me slow.
The snow is high so come inside
I wanna hear you say to me!
»
 
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Leah‚
view post Posted on 26/12/2019, 23:10






La canzone stava terminando, ma a differenza di tutte le altre volte la musica non stava diminuendo. Leah tacque e rimase per qualche secondo in silenzio ad occhi chiusi, ad attendere che l'orchestra immaginaria che aveva accompagnato il suo pezzo smettesse di suonare. Ma non stava smettendo. Anzi, la musica sembrava essersi fatta più solida e... reale.
"Che stranezza," pensò tra sè, colpita da quella che sembrava a tutti gli effetti un'assurdità.
Incuriosita da quanto stava sentendo, Leah aprì gli occhi lentamente. Dal suo posto sul palchetto delle esibizioni, il suo sguardo fu catturato dall'albero di Natale, che si era magicamente trasportato al centro della sala e scintillava più che mai, come se fosse stato fiero di aver abbandonato l'angolino in cui era stato posto all'inizio. Ghiaccioli e cristalli brillavano a mezz'aria riflettendo le luci di cui era ricoperto l'albero, e la musica c'era, c'era ancora ed era reale.
Così come il ragazzo che le sorrideva, con indosso un maglione natalizio rosso e la chitarra a tracolla.

Leah si sentì illuminare come se avessero improvvisamente fatto accendere un miliardo di candele sull'albero di Natale. La presenza di Oliver in quella stanza poteva voler dire solo una cosa e Leah sentì il cuore allargarsi così tanto, riempirsi così tanto di felicità che le parve di sentire un groppo formarsi in gola. Come poteva essere così contenta per una cosa apparentemente così banale? Eppure le parole Natale, musica ed Oliver nella stessa frase le davano quella sensazione. Leah scese le scale del palcoscenico correndo, coprendo la distanza che la separava da Oliver senza quasi sfiorare il pavimento.
Gli si fermò davanti con gli occhi che brillavano, sperando di riuscire a trovare le parole con cui dirgli la sua gioia di vederlo lì - che voleva dire non solo che erano riusciti a incontrarsi senza darsi un vero appuntamento, ma anche e soprattutto che anche lui aveva voglia di cantare con lei - ma senza riuscire a farlo davvero.
Oliver anticipò qualunque sua frase, mettendo mano alla chitarra e unendo la sua voce morbida al sottofondo musicale che riempiva la stanza. La canzone che aveva scelto trasmetteva lo stesso entusiasmo e la stessa gioia di quella che Leah aveva appena concluso, così attaccò al ritornello senza nemmeno che Oliver le dovesse fare cenno di iniziare.

It's a very very merry merry Christmas
Gonna party on till Santa grants my wishes
Got my halo on, I know what I want:
It's who I'm with
It's an extraordinary merry Christmas


"E lo sarà davvero," pensò Leah, mentre la canzone proseguiva con la seconda strofa. "Al di là di qualunque cosa sia successa o succederà, sarà un Natale straordinariamente felice."
Leah sapeva che dal ballo di fine anno qualcosa in Oliver era irrimediabilmente cambiato, ma suo padre amava dirle che con i "se" non si va da nessuna parte: si diventa grandi "nonostante".
E quella canzone lo diceva davvero: nonostante tutto, ciò che desiderava quel Natale erano le persone che le stavano intorno. La festa di Natale in Sala Comune, quel pomeriggio di canzoni con Oliver, magari un ballo nella Sala Grande per la festa di fine anno insieme agli amici. Niente di più

Mentre la canzone scivolava verso la fine, Leah si lasciò coinvolgere e mentre cantava fece tre passi indietro, avvicinandosi all'albero di Natale. Le righe che stava cantando rappresentavano benissimo il suo stato d'animo e sperò che Oliver riuscisse a comprenderlo senza doverglielo spiegare. D'altronde non sarebbe stata di certo la prima volta che per dirsi cose grandi usavano la musica.

Won't you meet me by the tree?
Slip away so secretly
Can't you see how this could be?
The greatest gift of all


 
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view post Posted on 12/1/2020, 11:09
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Superò la prima, la seconda e la terza fila di sedie lungo tutta la platea e per un attimo parve farsi intenso il desiderio di saltare, di spingersi oltre, senza più fermarsi. Leah realizzava quella sensazione in lui, la dinamica consapevolezza di non arrestarsi in alcun modo e per nessuna ragione - se vi fosse stato un terremoto lì, proprio lì, non avrebbe avuto valore per Oliver. Non si interrogò sull'ultimo capogiro di quella mattina, non si preoccupò della rivelazione che avrebbe potuto nascondere, non si intromise in una trama che avrebbe potuto spezzare ogni altro equilibrio: ancora una volta, non c'era futuro a reggere il confronto, non c'era neanche il passato. Nel più concreto, reale e vivido tra i suoi presenti, il Veggente vedeva, vedeva tutto, vedeva ogni cosa - e nel suo insieme, il volto di Leah appariva così luminoso da porsi a lui come guida. Più la chitarra si accordava all'armonia dell'orchestra alle loro spalle, più risultava chiaro per Oliver che in quella stanza la vera magia non riguardasse affatto la coppia di incantesimi che aveva utilizzato poco prima. C'era altro, c'era molto di più, e tanto bastava per dimenticare il resto. Tra le memorie più preziose si fece spazio l'immagine di un vischio sospeso a mezz'aria, un po' come recitava la stessa canzone in corso. Un battito di ciglia, la bocca dischiusa in un sorriso sincero, infine la certezza di aver avuto un cenno di una visione tanto importante quanto concretamente apprezzata. Si portò avanti l'abete natalizio, lasciando che le lucine tra i rami più sporgenti catturassero il rosso del suo maglione in un bagliore passeggero; quando salì sul palcoscenico, la voce di Leah già diveniva sostegno e trama eterea ai suoi occhi, al suo cuore, ad ogni sua parte più coinvolta. Al di là della voce della Tassina - una voce che Oliver aveva sempre amato e seguito fin dalle battute d'esordio del Club Musicale di Hogwarts -, c'era qualcosa in Leah, qualcosa di tanto intimo che rendeva ogni sua performance singolare fin nel profondo. Il modo in cui cantava, la passione energica che scivolava lungo tutta la sua figura, l'una e l'altra cosa andavano a rifinire un'osservazione che non ammetteva paragoni. Oliver aveva esperienza in quel senso, le interviste ai cantanti - internazionali o meno - che aveva seguito con il Profeta, in effetti, si ponevano come conferma tanto quanto come esempio. Leah era più sincera di tutti loro e per lui non c'era confronto. Sapeva in sé di come l'altra non avrebbe mai ammesso il suo talento e forse, si disse, quel compito rivelatore spettava proprio ad Oliver. Mentre le girava attorno, le porse una mano libera al volo, staccandola dalla chitarra e lasciando agli strumenti sul fondo della sala il compito di riempire l'intermezzo musicale. Cercò il contatto veloce di Leah per lasciare che volteggiasse su se stessa e in quel momento, proprio in quel preciso momento, Oliver non avrebbe potuto chiedere di meglio. Se la Vista avesse potuto fermarsi per sempre, al confine di ogni epoca così preziosa, lui avrebbe scelto quell'attimo fugace. Una giravolta, un sottofondo musicale, uno spettacolo di luci e di colori, il Natale. Non avrebbe avuto altro, non avrebbe voluto altro.

«It's a very, very, merry, merry Christmas.
Gonna stay with you 'til Santa grants my wishes.
Got my halo on I know what I want
It's who I'm with.
It's an extraordinary merry very, very, merry, merry Christmas!
»


La sua voce aveva accompagnato quella di Leah per le strofe successive e infine le aveva lasciato spazio, le aveva chiesto tacitamente di proseguire da sola, e in parte Oliver l'aveva fatto per sé - un po' come un dono di Natale in anticipo, aveva pensato. Quel momento, mentre riprendeva la chitarra stretta al petto e compiva un altro giro di Re e di Do più armonioso, richiamò lentamente un altro ricordo: al profumo di un campo di fiori, alle tempre desertiche e calde dell'ocra e dell'arancio, al turbinio sempre più variopinto di un guscio di uovo magico. Concluse il brano in corso con un soffio di voce più delicata, e le ultime parole - la certezza di essere a Natale, nel periodo più bello dell'anno, con la sua persona - divennero quasi testimonianza attiva, infinitamente dolce, in un battito di palpebre che concretizzava l'accenno visionario di poco prima. La musica si affievolì e sulle ultime note, Oliver indicò con l'indice della mano destra in alto, proprio sui loro capi, là dove per davvero sospeso a mezz'aria stava un rametto di vischio. La bacca rossa al centro sembrava sfumare in un tepore tutto invernale e Oliver sorrise.
«Vischio» Commentò così, senza aggiungere altro, l'evidenza a fare da tramite più di ogni cosa. Sperava che Leah conoscesse la vecchia tradizione, quell'usanza un po' romantica che incontrava il fervore di ogni Sognatore. Abbandonò la chitarra al suo fianco, poggiandola contro una gamba. Le braccia libere, il battito del cuore più insistente, Oliver reclinò leggermente il capo e cercò con lo sguardo l'incontro con Leah. Mentre il vischio danzava su se stesso, lui si portava avanti, verso la Tassina, verso la sua figura: un bacio accennato, al lato della bocca e poi sulla labbra - delicato, vivo, così atteso.
 
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Leah‚
view post Posted on 17/1/2020, 16:39






Quando Oliver si spostò verso il palcoscenico, Leah lo seguì senza pensarci troppo. Era talmente coinvolta dalla musica, dalla situazione, da quel duetto brioso e luminoso che aveva completamente dimenticato dove fossero e di stare cantando così, sinceramente, spensieratamente e allegramente. Erano molti anni che non si sentiva in quel modo e le sembrava di avere luce liquida che le scorreva nelle vene, dalle punte delle dita dei piedi che scivolavano sul pavimento fino agli occhi che saettavano qua e là, senza riuscire a contenere tutta la bellezza che la circondava. Oliver le porse una mano e la fece piroettare, mentre la sala si trasformava in un vortice di bianchi, oro e verdi attorno a sè. Era tutto quel girare, quel cantare e danzare insieme, o le girava davvero la testa? Era una sensazione confusa, ma anche gradevole.
"Come lanciarsi in picchiata con una Firebolt," pensò tra sè.

It's a very, very, merry, merry Christmas.
Gonna stay with you 'til Santa grants my wishes.
Got my halo on I know what I want
It's who I'm with.
It's an extraordinary merry very, very, merry, merry Christmas!


Unì la propria voce a quella di Oliver in quell'ultimo, energico ritornello, e poi lasciò che la vibrazione della musica e dell'emozione si spandessero attorno a loro in cerchi concentrici. Mentre il silenzio si allargava attorno a loro e l'eco lontana dell'orchestra e della chitarra si spegneva, infrangendosi sui muri e sulle vetrate, Leah si ritrovò ferma sul palcoscenico, in piedi davanti ad Oliver. Alzò gli occhi per incrociare i suoi, con il cuore che le batteva furiosamente nelle orecchie, il respiro corto e la sensazione che non si potesse essere più felici di così.
Stava riprendendo fiato e padronanza dei suoi pensieri, quando nel morbido silenzio che aveva seguito l'esibizione Oliver le fece cenno di guardare in altro.
- Vischio, - disse.
Leah alzò gli occhi, guardando le foglie e le bacche sospese sopra la sua testa. Erano sempre state lì o erano comparse con la canzone? Strinse le labbra, mentre lo stomaco si riempiva di farfalle agitate. Sapeva perfettamente cosa sarebbe successo nell'istante in cui avesse riabbassato lo sguardo, e voleva godersi per una frazione di secondo quella consapevolezza. La testa le girava e il cuore le batteva forte, in un rincorrersi di sensazioni che solo la musica e l'amore riuscivano a suscitarle dentro.
No, decisamente non si poteva essere più felici di così.
Abbassò gli occhi e fece un passo avanti, appoggiando le mani al maglione rosso di Oliver e chiudendo gli occhi, lasciando che lui la baciasse. Un bacio morbido, leggero. Un onore al vischio sopra le loro teste, a quello di cui avevano riempito la stanza e a quello che riempiva loro stessi.
Leah rimase immobile, sospesa tra la realtà e l'immaginazione, rendendosi conto che la canzone aveva ragione. Non voleva niente più della persona con cui era.
Allungò le mani attorno al collo di Oliver e si allontanò quel tanto che bastava per poter parlare.
- Sono contenta che tu sia arrivato, - disse sottovoce. - Era da tantissimo che non cantavamo insieme. Sentivo la mancanza di... del modo in cui mi fa sentire. -
Era difficile riuscire a interpretare in parole, sinonimi e metafore il modo in cui si sentiva quando duettavano. Forse era proprio quell'impossibilità di paragonarlo che rendeva il tutto così incredibile.
- Hai qualche altro pezzo in programma? - domandò. - Altrimenti, se vuoi, possiamo sederci a chiacchierare. Ho della cioccolata, da qualche parte nella tracolla. -
Rimase immobile a guardarlo, colpita ancora una volta da quanto quel ragazzo così affascinante avesse scelto lei tra tutte le studentesse della scuola. Quella consapevolezza le metteva euforia e terrore più di ogni altra cosa. Prima che fosse troppo tardi avrebbe avuto il coraggio di dirgli che, se lui voleva, gli avrebbe cantato una canzone. Una canzone di Natale, un regalo di Natale, solo per lui, in quel posto così magico e perfetto che si creava ogni volta che restavano da soli con la musica.

 
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view post Posted on 18/3/2020, 11:53
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Gli strumenti in fondo alla sala continuarono a suonare una sinfonia delicata, leggera, così perfetta da impreziosire un momento altrettanto vivido. Era una musica tra le più semplici in assoluto, un motivetto di archi e di corde appena soffuse, ma ad Oliver parve di non aver ascoltato nulla del genere - nulla di così bello e intenso di pari modo - neanche da Zufolo. Con il capo leggermente reclinato, al contatto delle labbra di Leah, ogni cosa si perse e si ritrovò allo stesso tempo. Una vertigine colse ogni sua attenzione, lo trasportò via, prima lentamente e poi con insistenza; non aveva idea di dove stesse andando, sapeva soltanto di essere lontano, così lontano da non avere direzione, così lontano da poter rischiare di non tornare più indietro. La Tassina era il suo unico punto di riferimento, l'unica costante in ogni variabilità, e in quel momento Oliver non avrebbe chiesto nulla di più, nulla di meglio, nulla. Aveva immaginato quell'incontro da lungo andare, e più il Natale si avvicinava, più gli ultimi compiti - tanto scolastici quanto di altra natura - si infittivano, fino a riempire pagine e pagine, blocchetti di pergamene su una scrivania che reclamava ogni altra attenzione. Si era gettato a capofitto in quei doveri, aveva portato la sua concentrazione all'estremo di ogni confine; si era detto di poter finire in fretta, in quel modo, e di godere le vacanze natalizie, l'atmosfera che si respirava al Castello, tutto quello che aveva sempre sognato fin dai racconti dei suoi cugini, prima di lui ad Hogwarts. La notizia dell'arrivo degli abeti più mirabolanti nella Sala Grande, trasportati come da tradizione dal Custode fin dalla Foresta Proibita, aveva fatto il giro dei corridoi e delle aule appena un paio di settimane prima; al di là del fascino delle decorazioni, quello che aveva colto Oliver di sorpresa era stato tutt'altro motivo: si era perso l'accensione dell'albero natalizio, per la prima volta in assoluto. Anche quando nei giorni successivi aveva scorto le Fate volteggiare in danza eterea attorno i rametti più in alto, anche quando tra un succo di zucca e una fettina di pane imburrato aveva sentito gli altri concasati concordare una passeggiata al Villaggio di Hogsmeade in vista dei regali e degli ultimi acquisti, anche in quelle circostanze la sensazione di essere mancato ad una tradizione, una di quelle per lui più importanti, si era fatta strada nel petto di Oliver come una serpe velenosa. I suoi ruoli, i suoi impegni, il peso che rivestivano gli uni e gli altri, tutto quello continuava ad essere orgoglio e onore, fonte assoluta, e tuttavia assumevano i contorni anche di una rinuncia. Quando aveva ricevuto la lettera di Leah, una parte di sé si era spezzata: aveva notato, infatti, come la Tassina avesse scelto accuratamente le parole, forse inconsapevolmente o meno. "Se mi cerchi", aveva scritto; come se non sapesse che ogni suo pensiero, in ogni momento, coltivasse il sapore più vivo di un loro incontro. "Così, giusto per fartelo sapere" erano state le ultime righe sulla pergamena che il Caposcuola aveva ricevuto. Si era accorto a quel punto, a malincuore, di non essere stato affatto presente per Leah tanto quanto avrebbe effettivamente, pienamente voluto. Una mancanza, quella, che pagava con un imbarazzo senza precedenti. Quel giorno aveva chiuso ogni libro, aveva affidato ogni carta ai cassetti, aveva scelto Leah e di pari modo, lo sapeva, aveva scelto se stesso. Il ritrovo sulle note di una carola natalizia, l'una e l'altra più intense di quanto potesse sperare, ripagavano di ogni altra cosa. Con la Tassina stretta al petto, in un abbraccio che profumava di buono, di dolce, di spezie pregiate, il Natale cominciava a presentarsi anche per lui. Sorrise, portandosi leggermente all'indietro, la mano destra a cercare il braccio della Tassina. Non voleva lasciarla, non una volta, non di nuovo. «Per te, Leah Elliott, tutta la musica del mondo.» Gli parve di percepire una nuova, pacata armonia di violini, e sentì un'armonica in sottofondo come un richiamo a ricordi ancor più preziosi. «Mi piacerebbe cantare ancora con te, mi piacerebbe sentirti per tutto il tempo.» Un occhiolino, la stanchezza dagli occhi finalmente lontana allo sguardo più acceso dell'incontro. «Ma chi sono io per rinunciare al cioccolato? Mi piacerebbe chiacchierare, perché no. Raccontami del Natale, delle tue vacanze. Hai già programmi? Ho sentito che molti studenti quest'anno resteranno al Castello.» Non avrebbe lasciato quell'Aula così speciale senza una canzone, almeno un'ultima. Per lei, per lui, per un affetto così unico.

 
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5 replies since 21/12/2019, 23:11   182 views
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