Il volto della McLinder comparve davanti al suo con sorpresa enorme del Prefetto.
Le nocche non avevano osato sfiorare il legno massiccio della porta, ma quella si era aperta comunque, rivelando la figura dell’insegnante, percorsa chiaramente da un’ondata di turbamento alla sua vista. Forse temeva che - col pugno sollevato - avrebbe ricevuto un colpo tra gli occhi prima che la mente potesse registrare il fatto che, dopotutto, la porta fosse stata finalmente aperta. A scanso di equivoci, il Prefetto portò il braccio sollevato dietro la schiena e sorrise cordiale.
«
Mi perdoni, professoressa, temo di essere in ritardo.» e prima ancora di poter anche solo pensare di accomodarsi e cominciare, ecco che la McLinder l’aveva superata senza troppe cerimonie, invitandola a seguirla in un fruscio del mantello. Bisognava ammettere che la cripticità dei suoi movimenti e delle sue parole era ciò che più le aveva consentito di entrare nelle sue simpatie: Atena McLinder sapeva ammaliare la platea di studenti nelle notti trascorse a studiare il cielo sulla Torre di Astronomia e, allo stesso tempo, si ammantava di quella severa autorevolezza - a tratti misteriosa - da indurre chiunque ad obbedire ai suoi ordini, senza possibilità di replica o domande. Semplicemente, insomma, Thalia doveva seguirla.
Se l’avesse saputo si sarebbe risparmiata la corsa al Primo Piano, con conseguente pausa di riflessione circa l’esordio del colloquio di orientamento, ma mentre scendevano leste le rampe di scale fu lieta che la docente avesse trovato il modo di non farla sentire costretta ad un vero e proprio interrogatorio. Aveva l’impressione che quella sarebbe stata una chiacchierata stimolante, ora che il contesto mutava mano a mano che si spostavano. L’aura di serietà dell’ufficio della McLinder - per quanto ne adorasse l’arredo e l’affresco sul soffitto - era per lei divenuta troppo pesante. S’immaginava difficilmente ad esprimere i propri dubbi e le perplessità circa il mondo fuori Hogwarts all’interno delle sue stesse mura; l’eco dei passi, amplificati dalle ampie volte del soffitto, il vociare allegro degli studenti nei corridoi e nella Sala d’Ingresso, così come il tranquillo scorrere della vita nell’immenso giardino della scuola, tutto riusciva a scacciare dalla sua mente l’ansia e la preoccupazione cagionata da quegli stupidi volantini del Ministero che sua madre aveva tentato di propinarle.
Poi, come se tutta la calma ritrovata fosse stata un lusso di cui la Tassorosso non avrebbe dovuto disporre a proprio piacimento, la McLinder parlò e l’incertezza tornò a prender possesso del suo corpo, oltre che della sua mente.
Che cosa voleva fare dopo?
*
«
Rigos, se non ti muovi ti lascio qui. E ricordati che sono io quella che può Smaterializzarsi.»
Se Thalia odiava minacciare Nieve in quel momento non riusciva affatto a darlo a vedere. Nel suo sguardo brillava la fiamma del sarcasmo che la Grifondoro, più di chiunque altro, riusciva a comprendere e solleticare. Per tutta risposta, la Rigos le mostrò la lingua lunga in una chiara replica stizzita, ma pur sempre divertita. Avevano finito per avventurarsi nelle lande desolate e assolate - per la gioia della loro pelle candida - alla ricerca di misteri e tracce della magia nella penisola italica. Era un’idea balzana venuta ad entrambe quel mattino stesso, sedute sulla terrazza della palazzina che le ospitava ormai da qualche giorno.
«
E io ti ricordo che potresti fartela al ritorno tutta da sola senza Gaspare e Lucrezia a guidarci.»
Touché. Il passo di marcia della rossa si arrestò di colpo, facendo finire la bionda sulla sua schiena all’improvviso. Riemergendo e soffiando i capelli lontano dal viso, Nieve scrutò lo spazio infinito dinanzi a loro. «
Morry, se qui c’è qualcosa, io non lo vedo.»
«
Non ti viene mai il dubbio che quello che cerchiamo sia al di là di quello che vediamo?»
In quelle parole esisteva un sotto testo di tutto rispetto, un insieme di ragionamenti che presto o tardi - quando la Rigos fosse stata pronta a comprenderli - avrebbe cambiato il corso delle loro vite. «
Ho quel dubbio e sento proprio di volermelo levare.»
*
Si era posta quella domanda per un’estate intera, con o senza Nieve a farle da contraltare. Tutto ciò a cui era riuscita a pensare era stato il suo percorso scolastico: i buoni voti, i riconoscimenti, l’impegno come Prefetto assolto con l’aiuto di compagni splendidi e sotto la guida di non uno, ma ben due esemplari Capiscuola. Il tutto si amalgamava così bene da farle desiderare che quel periodo potesse non finire mai, nonostante la difficoltà incontrata con alcuni insegnanti, l’ansia di non riuscire a compiere ciò che si era prefissata e il poter bilanciare adeguatamente ogni aspetto della sua vita. Lei che programmava ogni istante della propria giornata, si trovò a boccheggiare, indecisa sul genere di risposta che la McLinder si aspettasse da lei.
«
Ho un’idea, certo. Però...» per la prima volta in vita sua, Thalia ebbe timore di poter dire la cosa sbagliata al momento sbagliato, di apparire troppo ambiziosa e di non poter tornare sui propri passi una volta che la frase fosse stata pronunciata.
Aveva coltivato il sogno del Quartier Generale per lungo tempo, ammaliata dalle storie di Connor sui maghi addestrati a cercare e catturare i Maghi Oscuri. “
E’ una vocazione.” diceva “
Non si diventa Auror per la gloria o per denaro. Solo per il Bene.”
Col tempo, Thalia aveva scelto a modo suo di operare per il Bene in modi non sempre condivisibili: il C.R.E.P.A. aveva reso orgogliosi i nonni e il padre, ma sua madre - una donna troppo rigida su certi argomenti - l’aveva etichettata come una questione sciocca, adolescenziale, che presto o tardi l’avrebbe stancata. Ma così non era stato. Aveva affrontato ogni genere di pericolo a testa alta, rischiato persino la vita, e l'unica cosa che le fosse mai importata era lo sguardo colmo di sollievo e gratitudine di Creature schiavizzate, incredule di potersi dire - finalmente -
libere.
Poi, nel segreto della sua quotidianità, era entrata nell’organizzazione di cui nessuno poteva parlare. Il Galeone dell’ES era sempre con lei, persino in quel momento, e sfiorarne la superficie con le dita rintanate nella tasca dell'uniforme le diede il coraggio necessario per capire che essere un Auror, forse, non le sarebbe mai davvero bastato. Se c’era una cosa che aveva capito nel corso di quegli anni era che nulla era come sembrava. Tutto subiva un mutamento senza che lo sguardo potesse coglierne i singoli e minuscoli cambiamenti e, molto spesso, ci si ritrovava a guardare qualcuno o qualcosa scoprendolo così com’era per la prima volta. Tacere sulla propria appartenenza all’ES le aveva permesso di apparire ai compagni come una strega qualunque, un’adolescente impegnata nelle sue cause e invischiata fino al collo nei propri problemi, non troppo dissimili - almeno in apparenza - a quelli dei compagni. Ed era allora che aveva cominciato davvero a riflettere sul proprio futuro. Improvvisamente, gli opuscoli del Ministero persero il proprio valore, dimenticati sul fondo della borsa a tracolla - unico appiglio in quel momento di attesa -, e la risposta riecheggiò nei meandri della sua memoria. La cena con Amber alla Testa di Porco, l’incertezza sul futuro e quella domanda che ancora non aveva trovato risposta.
«
Da bambina volevo fare l'Auror, insomma, quasi tutti lo desiderano.»
Con quel breve preambolo sperava di sottolineare una differenza enorme tra se stessa ed il resto della popolazione di bambini ed adolescenti. Una parte di lei desiderava davvero entrare al Quartier Generale, cacciare Maghi Oscuri con costanza e dedizione, ma dall'altro lato, sentiva che doveva esserci qualcosa di più, qualcosa di diverso e migliore. «
Crescendo ho capito che per ogni Mangiamorte catturato ce ne sono almeno altri due pronti a prenderne il posto. Vorrei poter fare qualcosa per cambiare le cose.»
Il tono si era fatto accorato, il pensiero rivolto ad una figura di donna del suo passato divenuta il suo presente. Le mani strette in un pugno, le nocche sbiancate dalla tensione, si sciolsero non appena si rese conto di quanto - in quelle parole - lasciasse trasparire della sua lealtà. L'Esercito non ammetteva che si parlasse apertamente della sua esistenza e forse era un azzardo confidarsi tanto apertamente con un'insegnante conosciuta a malapena. Eppure, l'uso del tono informale da parte della McLinder le fece superare ogni dubbio circa la liceità di quelle opinioni, non badando affatto a ciò che l'insegnante avrebbe potuto cogliere o meno tra le righe. «
Ho letto qualcosa, ma non abbastanza. Eppure...vorrei saperne di più su chi sono gli Indicibili.»
Leanne sarebbe stata così contraria a quell'idea e suo padre Seamus se ne sarebbe preoccupato fino allo sfinimento. Connor, suo nonno, l'avrebbe apprezzata forse ancor di più. Che cos'avrebbe pensato la sua Capocasa? Si aspettava una risposta simile?
Prese un lungo respiro e trattenne l'aria, attendendo una reazione della McLinder. Puntava in alto, lo sapeva bene, e il percorso - almeno secondo le informazioni ottenute dagli opuscoli e da Connor - non sarebbe stato facile, ma arrendersi, del resto, non era da lei.