Lost in the f***ing world, Privata - M. M. H.

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view post Posted on 11/10/2019, 17:56
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Justin K. Hardy STUDENT ♢ SLYTHERIN ♢ 11 Y.O.
Non sapeva nemmeno perché avesse deciso di arrivare sin lassù, in cima a quella torre troppo sporca e maleodorante per il fine olfatto del nostro Hardy. In realtà aveva passato gli ultimi giorni di Settembre andando a zonzo per i corridoi inesplorati della scuola durante le ore in cui non stava con il naso chino sui grossi volumi delle varie materie, ma nonostante ciò aveva ancora parecchia difficoltà ad ambientarsi e non era in grado di arrivare anticipatamente alle lezioni come invece avrebbe voluto – così da potersi assicurare un posto migliore, e di conseguenza una buona visuale. Se le prime volte aveva optato per occupare un banco in fondo alla fila (così da nascondersi il più possibile alla vista degli insegnanti e del resto dei compagni), adesso aveva capito quanto fosse importante trovarsi nelle prime file in modo da poter sentire il professore e vedere meglio ciò che scriveva alla lavagna; lo studio, nel frattempo, si era rivelato un degno amico con cui passare il tempo, anche se era sicuro che se avesse spifferato quella considerazione a qualcuno probabilmente sarebbe stato preso in giro per il resto dell’eternità – oltre che annoverato come “secchione”.
Ma il motivo che aveva spinto il giovane Serpeverde a recarsi fin lassù con una pergamena ripiegata su sé stessa nella mano destra non lo ricordava nemmeno più: inizialmente aveva cominciato a scrivere quella missiva indirizzata alla madre senza volerle dire nulla di specifico, per poi ritrovarsi a riempire quelle righe con parole su parole, ripetendosi all’infinito. Molte volte si era fermato con la piuma a mezz’aria pensando che la donna non sarebbe mai arrivata a leggere tutto fino in fondo, ma poi aveva ripreso a scribacchiare sicuro che la mancanza nei suoi riguardi sarebbe riuscita a combattere qualsiasi forma di apatia; rileggendo, gli era stato ben chiaro quanto avesse provato – utilizzando paroloni – a farle capire quanto fosse felice lì, ma in realtà riuscirci non gli importava davvero. Non era nemmeno sicuro che lei lo avrebbe fatto.
Era indeciso se spedire quella missiva proprio perché era assolutamente sicuro di essersi sbagliato. Da quando aveva cominciato a sperare che sua madre – o il resto dei suoi familiari – sentisse la sua mancanza? Forse l’essersi ritrovato in un ambiente così vasto senza uno straccio di persona con la quale parlare aveva contribuito a renderlo ancor più malinconico.
Ricercò con lo sguardo la sua civetta, Arya, alla quale poi si avvicinò con cautela per non correre il rischio di farsi beccare: quando allungò la mano con l’intenzione di accarezzarle l’ala destra, in risposta lei voltò il capo fissandogli addosso gli occhioni azzurri. Non avevano avuto molto tempo per conoscersi meglio, ancora, ppure era certo che il volatile avrebbe benissimo saputo sostituire qualsiasi altro genere umano per soddisfare i bisogni relazionali di Keegan.
Titubante, osservò di nuovo la missiva e corrugò la fronte: era indeciso se buttarla direttamente nella spazzatura oppure renderla in mille frammenti di pergamena. Certamente, entrambe le opzioni sarebbero state migliori rispetto al farla avere al destinatario designato su di essa.

@hime



Edited by Justin K. Hardy - 11/10/2019, 21:18
 
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view post Posted on 14/10/2019, 08:51
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Megan M. Haven
Prefetto ♕ Corvonero ♕ 17 ANNI

L'autunno da giorni s’era fatto spazio nelle terre desolate della Scozia, il terreno con i suoi colori caldi e l’aria fresca donavano allo spazio un nuovo scenario. Tutto era mutato, l’odore d’umidità, di sottobosco, di terra bagnata; il cielo aveva assunto un colore diverso, malinconico, e il tempo scorreva più lento, a volte pareva arrestarsi. Molti avrebbero definito quella stagione triste, inutile, altri si specchiavano perfettamente in ogni foglia caduta dagli alberi. Un periodo di rinascita, di cambiamento, che per la giovane studentessa del terzo anno, nella Torre Ovest del castello, non arrivava mai.
Il mattino aveva fatto da poco capolino dalle alture all'orizzonte e Megan si era appena svegliata. Pettinava i lunghi capelli corvini davanti allo specchio e colorava appena la pelle con qualche sbuffo di cipria. Gli occhi allungati dall’eye-liner, che ne accentuava la profondità dello sguardo, lasciavano intravedere un blu cobalto sbiadito, spento da un grigiore inquieto. Era una mattina come tutte le altre, un altro giorno dove sbrigare faccende per la casata e mettere in ordine il caos che albergava nella Sala Comune. Da quando non era più l’unica ad occuparsi dei suoi concasati aveva notato quanto si sentisse più leggera, libera dal peso che la carica di Prefetto le dava. Tuttavia, il carico dei pensieri era tornato a irrompere violento nei momenti di libertà e stava cercando in tutti i modi di trovare altro da fare per sfuggirgli.
Quando fu pronta scese le scale dei dormitori salutando gli studenti presenti nella sala con un cenno del capo. «Per qualsiasi cosa mi trovate in Guferia» disse prima di varcare la soglia, «ma se possono occuparsene Daddy o Clarissa…» concluse con un sorriso dispettoso inarcando le sopracciglia. Uno sguardo che lasciava intendere di non voler essere affatto disturbata s'era fatto spazio senza alcun filtro poi si spinse fuori dalla stanza dando le spalle ai compagni.
Quella mattina, difatti, aveva bisogno di concedersi qualche ora tutta per lei, da una settimana non riusciva a trovare Floki e stava dando di matto. Il Gufo Reale era solito prendersi i suoi spazi, sparire per lunghi periodi, ma questi non avevano mai superato i tre o quattro giorni e così era evidente la preoccupazione della Corvonero, che cercava di non farsi prendere dal panico. Salì le strette scale della torre e s’inoltrò nel luogo più maleodorante del castello. Lo odiava, come detestava quelle stupide lettere che non avevano fatto altro che regalarle terribili notizie, o portarla verso brutte situazioni. Ne aveva spedite poche nella sua vita e ogni volta che si presentava una probabile occasione, sperava sempre di sbrigarla vis à vis.
Toccato l’ultimo gradino della lunga scalinata a chiocciola, si avvicinò all’entrata della torre con la mano a coprire naso e bocca. Uno sguardo generale lungo le pareti e nulla aveva attirato la sua attenzione, v'erano solo centinaia di rapaci dal piumaggio variopinto ma nessuna macchia nera fra di essi.
«Scusa, hai per caso visto un gufo nero con gli occhi rossi?» chiese a un giovane studente Serpeverde, con in mano una missiva, a poco più di un metro distante da lei. Nell’attimo di silenzio che s’inoltrò fra di loro Megan scosse il capo e sussurrò con amarezza un «Lascia stare» avvicinandosi al ragazzino. Con lo sguardo rivolto verso l’alto lasciò oscillare il corpo da destra a sinistra e poi da sinistra a destra, cercando di scorgere qualcosa in più fra le fessure che bucavano la vecchia pietra.
«Floki!» gridò.

🍂



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view post Posted on 23/10/2019, 00:39
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Justin K. Hardy STUDENT ♢ SLYTHERIN ♢ 11 Y.O.
Forse sperare che la madre provasse una qualche sorta di mancanza nei suoi riguardi era un desiderio fin troppo irrealizzabile per il piccolo Hardy; durante l’arco della sua infanzia la donna che gli aveva dato la vita non si era comportata con lui in modo da fargli credere che per lui potesse provare un così grande affetto – perché essere messi al mondo da qualcuno non è certamente una prerogativa di amore nei riguardi dello stesso. Justin poteva esserne un buon esempio, ma non avrebbe mai proferito per davvero quel pensiero ad alta voce, in quanto sarebbe sicuramente incorso a dissensi che – sapeva – sarebbero stati falsi e ipocriti.
Era ancora piccolo, ma – in silenzio – aveva imparato a scorgere ben più in là di quanto si potesse pensare.
La pergamena venne stretta con prepotenza sulla mano destra, irritato. Non era nemmeno sicuro che lei avesse mai letto qualcosa in vita sua, né tanto meno un “messaggio” speditole dal figlio minore. Una volta, leggendo un libro di poesie, ci era andato in fissa e aveva cominciato a scriverne di personali: aveva cercato di farle leggere alla mamma più di una volta, ma aveva sempre declassato la sua richiesta inventando qualche scusa. “Devo andare a fare la spesa” o “Non capisco la tua calligrafia” erano quelle sentite più spesso da Keegan, il quale sapeva di avere una calligrafia talmente elegante da poter persino superare quella di una donzella – vergognandosene un po’, per giunta.
Tuttavia non volle mai farsene un cruccio, poiché quel passatempo passò di moda con la stessa velocità con cui se n’era affascinato. Dubitava che qualcuno avrebbe mai voluto leggere qualcosa di suo, meno i professori di Hogwarts che erano costretti a leggere le pergamene coi compiti che consegnava, in quanto pagati appositamente per farlo. Inclinò il capo di fronte a quel pensiero, immaginandosi gli sbuffi degli insegnanti nel ritrovarsi di fronte ad un suo scritto.
Arya spostò di poco le zampe per andargli in contro e richiedere l’attenzione del ragazzo portando il capo a collidere contro la sua mano: Justin, in risposta, la accarezzò e lei socchiuse gli occhioni azzurri.
Il volatile stesso, così come l’undicenne al tempo stesso, sussultò nell’udire una voce provenire alle sue spalle: non erano più soli in quella Guferia.
Il Prefetto di Corvonero gli porse una domanda, ma il ragazzo non fece praticamente in tempo a rispondere che lei gli chiese di lasciar perdere; in una risposta senza parole, lui arricciò le labbra chiedendosi il perché si fosse tirata indietro. Forse credeva che non fosse in grado di darle una mano? Eppure, nonostante fossero molti i gufi lì dentro che si somigliavano, era sicuro di poter adempiere ad un simile compito. Al massimo avrebbe potuto controllare altrove. Ma quando non gli venne più chiesto alcuno aiuto, abbassò lo sguardo per attimo e conservò la missiva all’interno della tasca anteriore dei pantaloni della divisa di Serpeverde.
Fece un passo avanti, guardando sempre il pavimento sparpagliato di penne di gufo, ed espresse un pensiero ad alta voce, seguito da una domanda alla quale non pensò più di tanto prima di poterla proferire.

«Floki, interessante nome. Hai per caso preso ispirazione dalla mitologia norrena? Loki: Dio dell’astuzia e dell’inganno. L’ho sempre trovato molto.. particolare
Congiunse le mani dietro la schiena e prese a dondolare sui piedi, senza dar segno di voler osservare direttamente il volto della studentessa di passaggio.
«Se così fosse, non mi stupirebbe il fatto che tu abbia voluto dare un nome simile – pur “storpiato” – ad una creatura con un aspetto del genere.»
Camminò avanti avanzando appena di qualche passo, per poi guardarsi attorno aguzzando la vista con la speranza di poter incrociare quegli occhi rossi.
«Non ho alcun problema ad aiutarti a cercarla.»
Senza aspettare una risposta di assenso da parte della ragazza, semplicemente Justin ripeté quel nome ad alta voce imitando la studentessa.
@hime

 
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view post Posted on 8/11/2019, 23:32
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Megan M. Haven
Prefetto ♕ Corvonero ♕ 17 ANNI

Il suono della voce risuonò in quel luogo, l’eco rispose a ciascun richiamo. Megan osservava con attenzione ogni rapace che si annidava fra le nicchie più nascoste della torre, ma nulla parve darle la sensazione che Floki fosse lì. La preoccupazione si faceva sempre più largo ed era difficile non lasciarla passare. Tutto era dannatamente strano, sperava veramente che fosse solo una stupida e inutile paura.
Qualche istante ancora e gli occhi poi si spostarono sul ragazzino che, con curiosità, le aveva rivolto una domanda. Il Prefetto l’aveva osservato e un sorriso di gratitudine si era fatto spazio, per qualche istante, sul volto quando lo sentì chiamare il gufo; tuttavia lui non poté vederlo.
«Non è assolutamente un nome storpiato» alzò un sopracciglio e scosse la testa. «Flóki Vilgerðarson» disse avvicinandosi a una delle fessure che dava sul panorama mozzafiato.
Gli occhi blu si scontrarono con il chiarore del cielo, scrutavano l’orizzonte nell’attesa di scorgere la macchia scura fra le nuvole. La luce filtrava nelle iridi giocando con il cobalto, dando l’illusione di un grigio tempesta. La stessa che da tempo annidava la sua anima, attutita da un'apparenza impeccabile, celata da un viso gentile e un sorriso circostanziale.
«Fu un navigatore norreno, il primo a solcare i mari verso l’Islanda. Pensa, lui le diede il nome» sospirò. Quel breve racconto le ricordò casa, il tempo passato sui tomi narrativi nella grande libreria nel salone e la consapevolezza di non potervi più accedere. Sarebbe stato troppo forte il dolore, tanto da sopportare, e soprattutto non avrebbe voluto farlo riemergere ora che sembrava essere stato attutito dagli strati di cemento in cui aveva racchiuso ogni emozione.
«L’ho chiamato così perché Floki non fa altro che esplorare nuovi posti: naviga il cielo e solca le sue nuvole. A volte sta via per giorni e torna solo per un saluto» ci fu un breve silenzio. La voce era calma, chiara, ma nascondeva il nodo alla gola che sentiva stringere, lento, sempre più forte. «Ci ho messo un po’ per capire quale fosse il nome adatto a lui» rivolse il profilo al ragazzino, poi si voltò. «È sparito e non so dove sia, solitamente non sta via per più di 4 giorni. Non è un gufo normale, odia le lettere quanto me. Avrà trovato la sua Islanda» abbozzò un sorriso. Il solo pensiero di averlo perso la distruggeva.
«E il tuo? Come si chiama?» chiese senza nemmeno pensare, una domanda meccanica per cercare di distrarsi. «Ah, perdona l'irruenza. Non volevo disturbarti, qualunque cosa tu stessi facendo» concluse fredda.
Avanzò, così, verso il centro della torre; lo sguardo rivolto verso l’alto non smetteva mai di cercare. Giunta davanti alla lunga scala guardò in cima, la invitava a salire, a raggiungere la sommità di quel luogo e godere della libertà che sarebbe arrivata. Era abituata al panorama mozzafiato; dai finestroni della Sala Comune riusciva a scorgere ogni lontano dettaglio, perfino le diverse cromature di verde che macchiavano la Foresta Nera. Fece il primo gradino e con le punte si sollevò spingendosi più in alto del suo metro e settantasei. Non vedeva nulla, alcune nicchie erano troppo lontane, non le restava che salire e controllare anche lassù.
«Vorrei provare a salire, magari...» Alzò le spalle e rivolse un ultimo sguardo al Serpeverde.

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