| Megan M. Haven xxPrefetto Corvonero | 17 annixx xxxOutfitxxx È solo un brutto sogno, devo svegliarmi. Lo ripeto, in silenzio, mentre le immagini del caos davanti a me non smettono di proiettare quanto da poco è accaduto. Devo alzarmi, fuggire da lì, eppure resto immobile di fronte a chi per qualche istante mi ha regalato serenità, leggerezza. Piango e lo faccio senza accorgermene; gli occhi fissi su Oliver, il corpo inerme a terra e il sangue sulla pelle candida che macchia la pista da ballo. Voglio urlare ma dalle labbra esce solamente un suono flebile: è lui che chiamo ma non mi sente. Nessuno lo fa. Nessuno mi vede. Sono qua! Sola, in ginocchio, e ho paura. Diventa chiara l’immagine proiettata davanti a me: sono lì, vedo i miei genitori affianco a Oliver, a terra. È la morte ed è così vicina, tanto che ne percepisco l’orrore, la crudeltà. Qualcosa sta succedendo nella mia testa, sta elaborando ciò che non dovrebbe vedere, ciò che è solo frutto di un trauma che di vero non ha nulla. Non posso sapere come è andata, non posso sapere come è successo ma Mamma e Papà sono affianco a lui e non si muovono. Non riesco a scorgere i loro volti ma so che sono loro, riconosco le loro vesti. Cosa mi sta succedendo? Non è reale. Provo ad allungare la mano, a sfiorare il vuoto, ma rimango inerte. Tutto sta precipitando e i pezzi cadono senza darmi la possibilità e la forza di reagire per tenerli ben saldi. Devo raccoglierli, non posso crollare, ma non riesco a fare altro che sentirli rovinare sul terreno, ne avverto il suono senza poter fare nulla per arrestarli. Fa male, è insopportabile. Poi una voce calda invade la mia mente, le palpebre lentamente si chiudono e si riaprono: tutto svanisce meno che la realtà. Gliene sono grata. Un paio di occhi azzurri incrociano l’abisso dei miei, un uomo mi chiede qualcosa e io rispondo ma non so perché lo faccio e non so cosa gli ho appena detto. Voglio chiedergli aiuto ma prima che possa agire lui è già andato via. Così, c’è di nuovo caos attorno a me: tante persone si muovono veloci, parlano, urlano e si dimenano. Oliver è sparito, un muro di gambe coperte da lunghi abiti mi copre la vista e di lui riesco a scorgere solo la mano abbandonata lungo il candore delle pieghe dei vestiti. Per favore, qualcuno mi sente? Tacita continua a essere la mia richiesta d’aiuto e piano inizio a soffocare. La testa gira e credo di poter svenire da un momento all'altro, poi, d'improvviso, vedo una mano tendersi verso di me e io l'afferro con tutte le mie forze, spinta dal desiderio di voler andare via da lì. L’aria torna nei polmoni, la sento fluire agitata non appena torno sulle mie gambe. Tremo ma non mi fermo, mi lascio trascinare via da una ragazza, chi? La vista ancora annebbiata dalle lacrime mi fa scorgere una chioma rossa poi, piano, metto a fuoco ogni dettaglio. La vedo. Emily Rose.
Il percorso che sto compiendo ha il sapore di libertà. Un peso che lentamente si solleva dalle mie spalle e cade dietro di me a ogni passo, divenendo polvere. Emily è davanti, mi guida, tiene stretta la mia mano e io faccio lo stesso. La tranquillità è qualcosa che riesco a percepire chiaramente e non desidero altro che lasciarmi andare. Grazie!, vorrei dirle ma mi limito semplicemente a seguirla. Non ho intenzione di fermarla è il mio unico appiglio, qualcuno che ha frenato lo stato di abbandono che in quegli attimi aveva avuto solo lo scopo di distruggermi definitivamente. In parte già lo ero, devastata dagli eventi, dalle domande e dalla rabbia. Tutto questo mi aveva certamente cambiata e da tempo nello specchio vedevo una figura che non conoscevo affatto. Così ogni giorno mi scoprivo: esploravo ogni linea del mio corpo, valutavo azioni e provavo dolore, sentivo rimorso e rimpianto, senza però cercare più alcuna ragione. So di essere diversa da come ero un tempo e sono certa di un continuo cambiamento, lo vedo. Attorno a me ho uno scudo che mi protegge e lo fa senza cognizione, ma questa sera è successo qualcosa, gli eventi accaduti hanno in qualche modo provocato un foro nel mio muro. Oliver è entrato e non sono stata capace di controllare nulla; sapevo perfettamente che bastava solo un rifiuto, mancare a un dovere, e quello che sarebbe accaduto avrebbe potuto toccarmi relativamente. Ipotesi, probabilità, niente di certo. Ciò che rimaneva tangibile e mi dava una corretta percezione della realtà era quello che provavo adesso. Mi accorgo, così, di quanta fragilità ho dentro tanto da rimproverarmi. Che stupida! Non è così che ti aiuti Megan. Hai bisogno davvero che qualcuno ti dia una mano? Provo a non pensare, a scacciare via quei pensieri e continuo ad andare avanti. Mi faccio spazio fra la calca di gente che invade ogni singolo angolo di quel posto, molti sono feriti ma non me ne importa nulla, così come loro non è importato nulla di me. Lascio a Daddy il compito di riportare i Corvonero nei dormitori, perché lì, adesso, non ho voglia di tornare. Quando riesco a percorrere di nuovo il vialetto che mi aveva condotta al Campo da Quidditch ho la sensazione di riuscire finalmente a respirare e allora allento la presa dalla mano di Emily. Mi affianco a lei in un tacito silenzio, nell’incertezza più assoluta. C’è un’insolita quiete ad accompagnarci, a me va bene, voglio solo quella da condividere e nient’altro. Sorpassato l’arco in pietra ci inoltriamo nel castello, sono sicura che mi lascia andare e invece quando è il momento di dividerci lei mi segue. Sono certa di non voler prendere le scale e salire sulla Torre ma mi trovo costretta a farlo. Forse è quello che lei vuole: vedermi al sicuro nella mia Casa; provo a dare ragione a quella sensazione ma entrerò nella Sala Comune e poi, più tardi, riprenderò l’uscita. Diretta dove? Non lo so ma lontano da tutti, quello è certo.🥀 xxxDa una vitaxX xxxviaggi sola nell'oscurità come la luna,xxx xxxsai ancora generare luce,xxx xxxma irradi con i tuoi raggixxx xxxsolo chi riesce a sopravviverexxx xxxalle tue ombre.xxx
Edited by Megan M. Haven - 21/9/2019, 20:51
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