| I complimenti sono come semi che germogliano in un terreno arido: dei piccoli miracoli della natura, essi possono fare molto in una conversazione. "Ma si figuri mia cara, sono costretta dalla mia indole a dire ciò che penso." Si appoggiava costantemente al bastone mentre sentiva che la ferita non le faceva più male ma quel colpo, più duro del solito, l'aveva stancata e l'aveva fatto più di quanto lei volesse mostrare. Che fosse qualcosa di più grave degli strascichi della ferita che aveva subito? Il verme della preoccupazione cominciava, già da tempo, a farsi strada in lei. Scacciò questo tarlo continuando il discorso. "Se posso, le consiglio di spingersi oltre i limiti naturalmente imposti della sua indole. Tutto, con un po' di fantasia, serve. Specialmente nel suo lavoro! Io l'ho fatto, a suo tempo. E ne ho avuto insperato giovamento"
La mente di Ekaterina, artistica e votata al bello, spinta dall'ambizione sfrenata aveva studiato testi più scientifici, si era attaccata al seno del sapere illuminista e positivista e ne aveva tratto nutrimento. Aveva sempre ritenuto, le materie matematiche, naturali e mediche come "arti da muratori" che servivano a supportare la vita di chi la Scienza aveva modo di studiarla davvero: i teorici della magia, i letterati, i filosofi, gli storici, i musicisti. Perché l'uomo, a suo parere, poteva vivere benissimo senza scienza, sarebbe morto magari a quarant'anni, magari a cinquanta, ma non avrebbe potuto saper vivere senza il pensiero trasmesso dalle scienze umane. Avrebbe voluto, con i soldi dei von Kraus, essere mecenate e costruire un salotto come quelli viennesi o italiani, come i salotti d'arte francesi ma non si può chiedere ad un astore di essere un cigno. E in mezzo alle sue speranze e ai suoi sogni giovanili c'era stata la determinazione, quel senso di inadeguatezza costante, quella fame di potere che l'avevano mossa al dimenticare i giochi dei bambini per intraprendere la via della vetta. Non si era pentita della sua scelta ma aveva continuato a coltivare, nella sua vita colma di crudeltà, di violenza e di spietatezza una scintilla di bello.
Quando sentì il termine babbano, pronunciato in maniera neutra, atona e senza alcun attaccamento Ekaterina rimase seria, pensosa. A metà tra le sue riflessioni nostalgiche e la realtà presente che, spesso, si sovrapponevano in caleidoscopiche fantasie cangianti. Beh, e che problema c'è - pensò - finché non è mio figlio a sposare una babbana… - Ma disse: "Mi confesso molto dispiaciuta per lei, ma, se può consolarla, con i babbani è così come tra i maghi: vi sono quelli illuminati e quelli meno; anche tra gli animali, per esempio, ci sono quelli che rispondono in maniera più brillante e quelli che non rispondono: ma ciò non è determinato dalla razza ma dall'individuo. E spero di non averla offesa dicendolo. Ritengo che la stupidità, la grettezza e l'incapacità di amare il bello siano crimini che debbano essere puniti trasversalmente. Ormai, mia cara, il brutto va di moda: lo sciatto, il rozzo, il miserabile viene apprezzato ed è una cosa che non riesco né a comprendere né tollerare ." Queste ultime parole furono pronunciate con tono convinto ma delicato, una delicatezza quasi inquietante, e con lo stesso sguardo di chi potrebbe e vorrebbe, per la stessa ragione, organizzare un'eccidio di coloro che non seguono, secondo i dettami della cariatide, il culto del bello. Qui si mostrò, a chi volesse coglierla, la vena dittatoriale, reazionaria e assolutamente inflessibile che, con altri scopi, aveva messo sotto scacco la Cancelleria tedesca.
"E sembra che le falle nel sistema educativo siano quelle meno gravi…" Rispose seguendo la donna verso due sedie vicino al fuoco. Ekaterina allungò una mano su una terza sedia, in eccesso ad un tavolo vicino, e la spostò vicino al loro. Su quella poggiò la pelliccia ed il colbacco, senza troppa precisione, mantenendo come unica cura che essi non toccassero il suolo. Rimasta senza gli strati superiori, atti a protegger dalla neve e dal freddo, mostrava la testa circonfusa dai capelli candidi, il corpo, asciutto, stretto in una giacca grigia, destrutturata, con il bavero ed i polsini foderati di pelliccia, coordinata a quella del cappotto, e pantaloni neri. Sotto la giacca indossava una maglia nera che faceva risaltare i sei giri di perle attorno al suo collo. Si accomodò mostrando delle scarpe con il tacco dall'apparenza piuttosto leggera per essere inverno inoltrato. Lucide da brillare malgrado avesse camminato per le strade innevate. Con la mano ossuta si aggrappò al bastone e lo poggiò a lato, tra il suo fianco ed il bracciolo della sedia. "Si, decisamente meglio." Rispose in maniera volutamente distratta e, facendo scivolare la destra dal bastone, andò a congiungere le mani sul tavolo sfregandole l'una contro l'altra e facendo passare le dita tra le dita. "Lei ha studiato ad Hogwarts?" chiese assumendo un'espressione interrogativa che virò rapidamente in una sfumatura di preoccupazione "Sa mi è parso di capire che la Scuola non sia più così sicura per gli studenti dopo gli ultimi tragici eventi. Penso al mio secondo nipote, Vagnard, e a tutti i poveri bambini che crescono ed affinano le loro menti in quella struttura, lei, che sicuramente è più informata di me, visto il suo lavoro, ritiene che vi siano anche falle nella sicurezza? Sarebbe forse meglio portare i miei nipoti a studiare all'estero? " Finse una credibile pausa di riflessione; nella quale portò la destra sotto il mento e, pizzicando le perle della collana tra il pollice, l'indice e il medio, socchiuse gli occhi coprendo con le palpebre pallide le iridi azzurro-grigiastre, tinte del colore indefinito della vecchiaia. Sospirò, quasi come una madre sconsolata, ed aggiunse:" In famiglia, vede, non posso dirlo, i miei figli sono piuttosto reticenti ad ascoltarmi perché mi hanno conosciuta in un altro periodo fatto di tensioni, di lavoro e di rabbia e non vedono i me una possibilità di redenzione o di cambiamento, ma, con lei che è estranea alle nostre dinamiche, posso confessarmi molto in ambasce per la situazione attuale."
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