Bismillāh, Privata

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view post Posted on 15/10/2018, 00:25
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KC Bell►

Il brusio della Sala Grande accompagnava la cena come un fedele amico. Le chiacchiere anzi erano una parte importantissima dei pasti in compagnia, e se non se ne prendeva parte in prima persona si veniva marchiati a fuoco come musi lunghi, asociali o addirittura indesiderati. Il riuscire a creare e a portare avanti una sana discussione coi compagni permetteva di dar conferma della propria appartenenza al gruppo e di evitare le fugaci e malevole occhiatine dei compagni. Ad ogni modo certe volte era parecchio stancante. KC non era un'amante della convivialità, specie quando la giornata non era stata delle migliori. Quella mattina al solito fare lezione di Difesa era stata una tortura. Il panico generato dalla pura possibilità di essere interrogati dal professore e di essere umiliati di fronte a una classe intera era tale da ridurre le budella della giovane studentessa in poltiglia, che puntualmente, al suonare della campanella, andava a rimettere nel bagno più vicino. Così il suo pallore e la sua magrezza si accentuavano e la nausea di conseguenza non faceva che diminuire il suo appetito, infatti era più o meno da una ventina di minuti che giocherellava con la forchetta riducendo a brandelli il polpettone nel piatto. La sua testa era abbandonata sulla mano sinistra e il suo corpo era afflosciato e tenuto su unicamente dal braccio poggiato sul tavolo. Col volto perso nel vuoto e con dei regolari - mh mh - faceva finta di ascoltare la sua compagna Linsday presa da una strana frenesia nel raccontarle i suoi progressi con l'invasamento delle Mandragole. Avrebbe dato mezzo fegato per poter mettere fine a quella parlantina e smaterializzarsi direttamente nel suo letto a baldacchino nella Torre di Astronomia. Ad un tratto però la voce della compagnia smise di assillarla. *Alleluja* si disse *finalmente qualcuno ha iniziato ad esaudire le mie preghiere*. Allora, data la situazione, si voltò verso Linsday per sfoderare un piccolo sorriso e una frase di cortesia, come "Bene, sono contenta dei tuoi progressi!" oppure "Sarai diventata bravissima, devi mostrarmi come si fa" o ancora "Diventerai sicuramente la migliore del nostro anno in Erbologia", ma, non appena la sua visuale cambiò dal polpettone martoriato sul suo piatto alla porzione di tavolata di cui faceva parte, notò che in realtà questa volta sarebbe stata l'altra a non ascoltarla. Quest'ultima aveva assunto un'espressione piuttosto seria in volto ed era stata catturata da una discussione con gli altri Grifondoro. Tutti parlavano molto piano, cercando di non farsi sentire dai tavoli vicini, mascherandosi in mezzo al vocio generale. Casey, improvvisamente dimentica delle sue grane, cambiò posizione tendendosi questa volta verso destra, in modo tale da avvicinarsi al gruppetto e dunque di sentire quel che dicevano.
- ... è stato portato in infermeria poco fa.
- Lo hanno trovato in un angolo che tremava come un pazzo.
- E' stato Pix.
- Mi hanno detto che i capelli gli sono diventati bianchi dallo spavento.
- Cos... -
Casey si intromise nella discussione ma gli altri con un sonoro "sshhh" la costrinsero a fermarsi e a riprendere a parlare sottovoce come loro.
- Ma di che diamine state parlando? - chiese con un sussurro.
- Si tratta di Gavin. Lo hanno trovato in fondo al terzo piano e lo hanno portato in infermeria. Sembrava nel panico - rispose Marc, anche lui del primo.
- Ma cosa può averlo spaventato così tanto? - domandò.
- Hanno detto che è stato Pix - affermò un altro ragazzino, Gill, assolutamente certo di quel che stava riferendo.
- E tu come fai a saperlo?
- Beh... Me lo hanno detto quelli dell'ultimo anno.

Rimase immobile per qualche istante a fissarlo allibita e poi si voltò per cercare dall'altra parte del tavolo lo sguardo di Caleb, che anche lui stava seguendo la discussione. Le sembrava assurdo, stentava quasi a credere ciò che aveva sentito. Ricercò infatti la stessa incredulità negli occhi del suo compagno, chiedendosi se fosse solo lei l'unica stolta a pensare che Pix veniva utilizzato troppo spesso come capro espiatorio.
- Scusa ma... mi sembra strano che uno del terzo anno si lasci infinocchiare così da Pix. Insomma... si sa che ama combinare casino.
Di fronte alla sua affermazione alcuni annuirono, altri rimasero in silenzio lasciandosi prendere da un po' di paura, altri, come Gill, girarono gli occhi e si voltarono. Afflitta dal dubbio si afflosciò nuovamente sulla sua sedia a braccia conserte. Mentre il gruppetto continuava a ciarlare il suo cervello cominciò a porsi una miriade di domande e perplessità tanto che un'idea più che malsana benché ingenua sorse da tutta quella confusione. Estrasse una biro e una pergamena dalla sua tracolla e scrisse su un angolino che poi strappò, ridusse a una microscopica pallina e la lanciò nel piatto vuoto di Caleb. Subito dopo prese la borsa e alzandosi disse mimando un sonoro sbadiglio:
- Ragazzi, vado in dormitorio. Ci vediamo dopo!
Poi, senza voltarsi, ciondolando lentamente attraversò la Sala Grande.

***

La pallina di carta lanciata nel piatto di Caleb recitava a chiare lettere: "tra dieci minuti, terzo piano, solito posto". Da quando si erano conosciuti e avevano stretto il loro accordo, i due Grifondoro si erano dati enormemente da fare. Nulla di così serio e pericoloso, ovviamente, anche se l'attrazione per il rischio era uno dei motivi che li spingeva a continuare le loro perlustrazioni. Hogwarts era un pozzo di misteri e loro lo sapevano bene. Non c'era stata una volta che non si fossero persi, né una in cui non ci avessero messo più di un'ora a ritrovare la strada per il loro dormitorio. Casey senza dubbio prendeva sul serio quel che facevano. Ogni volta che scopriva qualcosa di nuovo non esitava a prendere da parte il suo compagno o a scrivergli un bigliettino per riferirglielo. Avevano fissato dei punti strategici all'interno della scuola, dei posti precisi in cui incontrarsi in ogni piano, postazioni nascoste e che gli permettevano di non dare tanto nell'occhio; così al terzo piano del castello era l'angolo celato dalla grigia e cupa statua di Wilfred il Depresso. La ragazzina attese lì Caleb, certa che a breve sarebbe arrivato. Continuava a fissare le scale pronta a scorgere la sua figura mentre una caterva di domande le rimbalzavano nel cervello.




Tutto concordato con Yorick. No panic. Chiedo gentilmente ai mod di mettere il titolo in grassetto, corsivo e nero.


Edited by Keyser Söze. - 30/10/2018, 23:05
 
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view post Posted on 16/10/2018, 18:17
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Durante le ore dei pasti agiva sugli studenti una strana forza di attrazione. Inizialmente i ragazzi sembravano sciamare all’interno della Sala Grande senza un ordine ben preciso, in una specie di caos primordiale seguito a uno spettacolare Big Bang: la fine della giornata di studio e fatica e l’annuncio del tanto atteso e sospirato “rompete le righe”. La confusione tuttavia era solo apparenza. Ben presto, come particelle subatomiche in fermento, gli studenti iniziavano a unirsi, raggrupparsi, formare prima atomi e poi molecole via via più definite. La grande divisione partiva con le quattro casate: i colori delle uniformi, prima mescidati, si definivano sempre di più, unendosi in quattro grandi blocchi cromatici. Al di sotto di questo primo, grande, livello si attuava una divisione per età. In genere gli studenti dei primi tre anni parlavano tra loro, quelli del quarto, quinto e sesto facevano gruppo e quelli del settimo stavano quasi da parte, limitandosi a lanciare fugaci e paternalistiche occhiate agli altri. All’interno della divisione per età, la situazione si faceva oltremodo complicata. I ragazzi si dividevano in infiniti gruppuscoli basati su interessi comuni: materie scolastiche, quidditch, gobbiglie, duelli o altro. Al di fuori di questi raggruppamenti c’erano poi i paria, coloro che venivano bollati con le famigerate “tre esse”: il gruppo dei Silenziosi, Superbi o Strambi, che venivano lasciati regolarmente ai margini della conversazione. Ed è proprio a questo ultimo gruppo che apparteneva Caleb. Non era popolare come Kevin Brannagan e il suo ciuffo biondo sempre mosso da un vento che non si sapeva da dove venisse, non possedeva talenti sportivi come i giocatori della squadra di quidditch di Grifondoro, non era bravo a parlare davanti agli altri come Tom Stoppard. In definitiva, sapeva solo quello che non era. Relegato nella parte del tavolo insieme agli strambi, parlava generalmente con Virgilius Green, fanatico di gobbiglie. Se ne faceva un cruccio? No, per due ragioni. Primo perché ascoltare Virgilius era spesso più interessante che sorbirsi il chiacchiericcio futile di molti suoi compagni. Secondo, di gran lunga più importante, perché Caleb aveva un segreto, che lo faceva assomigliare un po’ a quei supereroi di cui leggeva nei fumetti babbani. Modesti impiegati di giorno, forzuti salvamondo di notte. Ecco, il segreto di Caleb stava quasi davanti a lui, dall’altra parte del tavolo. Aveva corti capelli neri, occhi verdi e ultimamente sembrava un po’ sciupata: il pallore accentuava la sua magrezza. Casey parlava con le sue amiche e, ogni tanto, Caleb le lanciava un’occhiata, facendo planare il suo sguardo su di lei per un breve, fugace, momento. Come una leggera brezza la raggiungeva per poi perdersi oltre. La ragazza non era solo la sua migliore amica. Era la sua compagna di avventure e misteri. Era la presenza costante durante l’esplorazione del castello e dei suoi piccoli segreti. Era la confidente di mille scoperte e domande. Era la partner di fughe precipitose e rientri a rotta di collo nel dormitorio, di frasi pronunciate con il fiato rotto alla Signora Grassa, di risate sincere che si perdevano tra le mura di Hogwarts come l’eco dei loro passi sulla dura pietra. Eppure durante i pasti non si parlavano, se non per scambiarsi qualche parola di circostanza. Non tanto perché Caleb si vergognasse, come molti ragazzi a quell’età, di avere un’amica femmina. Non solo perché parlare apertamente con Casey di ciò che facevano rischiava di far assegnare ad entrambi qualche punizione. Il motivo era un altro. Voleva conservare le loro avventure nel tempo e nello spazio a cui appartenevano, non condividerle con orecchie indiscrete, tenerle tutte per sé.
Virgilius parlava a ruota libera.
E quindi: zac! Gli do di sponda con la mia sfera e quello...lo sai che fa? Buono questo polpettone...insomma, quello che fa? Prende la sua e...
Si interruppe di botto, cosa che sorprese Caleb. Fermare la logorrea di Virgilius quando parlava di partite di gobbiglie era pressoché impossibile. Il suo compagno era assorto, ascoltava la conversazione che veniva portata avanti con fare concitato qualche sedia più avanti. L’argomento era così interessante da avere fatto saltare ogni divisione sociale: tutti parlavano con tutti. Gavin portato in infermeria? Capelli bianchi? Pix? Caleb era basito. Incrociò per un attimo gli occhi di Casey e vi lesse dubbio e incertezza...ma anche decisione. Così, quando la pallina di carta atterrò inosservata nel suo piatto non si scompose più di tanto. Ormai conosceva la sua amica. Si alzò. Seguì Virgilius per un tratto di strada, fino al dormitorio. Poi rimase improvvisamente indietro, si lasciò fagocitare dalla folla di studenti e ne riemerse da un’altra parte, pronto a svicolare. Terzo piano. Statua di Wilfred il Depresso. Era là che stava andando.


 
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view post Posted on 24/10/2018, 20:22
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Il terzo piano era un corridoietto piuttosto desolato al di fuori degli orari di lezione. Durante il giorno pullulava di studenti spaesati in attesa di entrare nell'aula di Incantesimi o appena usciti da lezione, oltre che dei soliti fantasmi che perlustravano la scuola e che con la loro presenza lugubre ed eterea insieme ne reclamavano sempre un loro parziale dominio. Si sussurravano parecchie cose sul terzo piano: era un corridoio pieno di aule, eppure solo una veniva utilizzata a scopo didattico. C'era un'aula insonorizzata in cui un gruppo di allievi faceva un progetto musicale e un ufficio vuoto che dicevano appartenesse all'ex preside di Hogwarts. Lì numerosi studenti si appartavano per esercitarsi con la magia lontano dal caos delle Sale Comuni, come avevano fatto d'altronde Casey e Caleb ogni tanto. Su quella stanza però ricadeva un velo di malinconia, come se fosse stata svuotata e lasciata a disposizione di tutti a causa di un enorme vuoto e senso di colpa. KC si era sempre chiesta cosa avesse indotto l'amministrazione scolastica a lasciarla così, e ogni volta che ci passava davanti non poteva fare a meno di lanciarle un'occhiata guardinga, come se qualcosa improvvisamente potesse rivelarsi dalle sue tenebre. Quel giorno però la sua mente era totalmente occupata da qualcos'altro: Gavin.
La statua di Wilfred il Depresso era in un'ottima postazione; situata all'angolo fra la scalinata ascendente al quarto piano e un muro piuttosto stretto su cui erano stati appesi degli arazzi rosso scuro, la statua, che impersonava la figura di un uomo allampanato avvolto in un mantello e ricurvo su se stesso col volto piangente, proiettava la sua ombra sul porpora sporcato dal tempo, quindi creava una zona d'ombra in cui era piuttosto semplice nascondersi e non farsi vedere da nessuno. Inoltre da lì si aveva una visuale intera del corridoio, dunque si poteva vedere chi entrava e chi usciva. Ritta sul piedistallo della statua, KC controllava dalla gobba di Wilfred lo sbocco delle scale in attesa del suo amico. Fortunatamente Caleb era un ragazzo sempre accorto e puntuale, e infatti lo vide spuntare all'ora esatta. Dopo aver controllato che fossero soli, la Grifondoro uscì dal suo nascondiglio per andargli incontro. Era piuttosto preoccupata, una preoccupazione condita di curiosità e sospetto. La storia su Pix che aveva spaventato Gavin non le quadrava, anche se gli scherzi del fastidioso poltergeist erano all'ordine del giorno. Caleb invece sembrava rilassato, anzi quasi contento di trovarsi lì, e questo la fece sorridere. Era sempre emozionante indagare insieme su qualcosa.
- Eccoti.
Una volta faccia a faccia la maschera sociale che si erano costruiti si dissolse e la loro complicità, di cui mai nessuno avrebbe potuto ipotizzare l'esistenza, fece un passo avanti. Nessuno all'interno di Hogwarts sapeva quel che combinavano insieme, e sicuramente se qualcuno ne fosse entrato a conoscenza sarebbe stato invidioso e li avrebbe denunciati ai professori. Eppure non facevano nulla di male; potevano vantare solo di aver infranto qualche regola sul coprifuoco o di esser andati a ficcanasare qua e là alla ricerca di passaggi segreti inesistenti.
- Dunque. Hai sentito Marc e Gill? Cosa ne pensi di questa storia? Io credo che siano le solite scemenze che ci rifilano per tenerci all'oscuro di cose ben più grosse.
Caleb lo sapeva. Era una tendenza di Casey quella del "complottismo". Non che avesse ragione a dubitare di tutto, più che altro aveva una gran fantasia nel ricreare ipotetici eventi e cause; in più nutriva una profonda diffidenza verso chi vantava un qualsiasi genere di superiorità, dai ragazzi più grandi ai prefetti. Quella volta però era grossa, oh sì.




 
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view post Posted on 27/10/2018, 14:41
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Le scale che conducevano al terzo piano di solito erano brevi e finivano in un lampo. Bastava lasciarsi trasportare dalla folla che saliva verso l’aula di Incantesimi, chiacchierando del più e del meno o lamentandosi con qualche compagno sulla nottata passata a terminare i compiti assegnati dal docente di turno ed eccolo lì: il piano desiderato appariva in un battito di ciglia, una volta superato l’ultimo scalino. Il tragitto era ancora più breve la mattina, quando ancora la mente era annebbiata e Caleb non aveva nessuna voglia di sorbirsi ore di pratica di Incantesimi. Strano, per un mago, ma vero: non amava molto la materia. In quel caso gli scalini finivano subito, non concedendo nemmeno il tempo di riprendersi dall’abbondante colazione appena terminata. Ora, tuttavia, mentre il ragazzo stava salendo al terzo piano per raggiungere Casey, quelle scale non finivano più. Come negli incubi più angoscianti gli scalini sembravano aumentare invece di diminuire, facendo montare in Caleb un senso di frustrazione e impotenza. Non vedeva l’ora di raggiungere la sua amica, confrontarsi con lei, parlando di ciò che avevano udito a tavola. Per fortuna, almeno, la notizia di Gavin era piombata tra loro, come un’esplosione, al termine del pasto: come avrebbe potuto resistere fino alla fine della cena e alla ritirata verso i dormitori? Sarebbe stato pressoché impossibile. Perché Caleb era certamente un ragazzo disciplinato, posato anche. Due cose tuttavia infrangevano le sue difese: le notizie interessanti su qualcuno della scuola e la curiosità che derivava da una nuova, possibile, avventura con la sua compagna di esplorazioni notturne. E ciò che era successo a Gavin rischiava di combinare entrambe le cose.
Affrettò il passo, salendo le scale quasi di corsa. Il suo respiro si fece dapprima più profondo, poi quasi ansimante. Oltrepassò il primo piano di slancio, poi dovette calmarsi per non arrivare stremato. Rallentò ancora un po’ il passo quando arrivò al secondo piano: l’ultima cosa che avrebbe voluto era veder sbucare il docente di Difesa contro le Arti Oscure dal suo ufficio, allertato dal suo scalpiccio. Iniziò l’ascesa al terzo piano. I personaggi dei quadri lungo le pareti, già quasi a riposo, venivano svegliati dal suo passaggio.
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-Eh, allora? Qui c’è gente onesta che deve dormire!- il Vecchio Eremita, lampada in mano e sguardo indagatore, lo ammonì severamente per il suo rumore.
-Ma guarda che modi scortesi e villani! Insomma, dicevo carissima...- una delle Due Dame lo degnò di una fugace occhiata, per poi rimettersi a parlare amabilmente con la sua compagna, che ogni sera arrivava insieme al bellimbusto del quadro accanto per un po’ di civile conversazione serale e qualche partita di whist. Più incoraggiante il Burbero Bevitore che, seduto fuori da una locanda con una buona pinta di birra scura in mano, riconobbe il suo compaesano e proruppe in quella esclamazione, tipica delle regioni centrali della Scozia, che fonde insieme sorpresa, apprezzamento e saluto.
-Oh, badalì qui’bischero!-
Caleb non mancava mai di salutare il Burbero ma quella sera era di fretta: si limitò così ad un fugace cenno della testa. Mentre passava sentì la risata del Bevitore, che lo incoraggiò sventolando il suo tricorno.
-Gnamo, nini, giùe, corri! Dev’esse roba di donne, via! Obbravo!-
Finalmente, il terzo piano. Vide la statua di Wilfred il Depresso e Casey sul piedistallo, dove la raggiunse.
-Sì, eccomi. Scusa se ci ho messo un po’...queste scale stasera non finivano mai…-
Ma la sua amica non lo stava ascoltando. Ovvio, era già presa dalle sue teorie. Caleb ascoltò e non potè fare a meno di sorridere di gusto: le ipotesi di Casey erano la molla che faceva partire la loro azione e costituivano metà del divertimento...
- Hai ragione. Ho sentito- e qui abbassò la voce, ridotta quasi ad un sussurro - che il Ministero è coinvolto: si parla di roba grossa, strani esperimenti, tipo giganti mannari o mannari ingigantiti!- ... e l’altra metà consisteva nel prendere in giro bonariamente la sua compagna. Questa volta però era diverso: anche lui pensava che ci fosse qualcosa di strano. In un batter d’occhio ridivenne serio.
-A parte gli scherzi...lo sai che forse hai ragione? Qualcosa di strano c’è, sotto sotto...cioè, forse la scuola non ci dice tutto a fin di bene, per non spaventarci ma la faccenda non quadra molto. Pix? Via, non sta in piedi!-
Guardò Casey, i suoi occhi brillavano di eccitazione per il mistero da dipanare.
-E quindi non ci resta che indagare...che ne dici?-
Quella serata, come le altre passate insieme a lei, si prospettava molto ma molto interessante.
 
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view post Posted on 29/10/2018, 15:51
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11 anni ~ studentessa I anno


Q
uella sera Gwen era andata in Sala Grande con tutta l'ansia che si portava dietro da qualche giorno, e la colpa era di Tosca Tassorosso! Certo, non era propriamente colpa della sua persona, però era per lei, per la sua storia, che si trovava in quello stato di agitazione indomabile. Il giorno seguente infatti, avrebbe dovuto partecipare ad una sottospecie di gita scolastica, alla ricerca di indizi sulla vita di Tosca. Per fortuna avrebbe dovuto essere insieme ad un insegnante o comunque ad altri Tassi di classi più avanzate e quindi con maggiore esperienza del mondo magico, maggiore rispetto a lei che aveva sempre vissuto tra babbani e tutto quel mondo fatto di incantesimi e bacchette le risultava ancora nuovo. In ogni caso, Gwen aveva dalla sua parte la voglia di capire, imparare, scoprire cose nuove, che la aiutavano ad andare avanti con più coraggio e non era una cosa da trascurare. Era stata proprio la sua curiosità a spingerla ad iscriversi per partecipare a quella escursione, la stessa curiosità che le faceva pensare ad ogni circostanza che sarebbe potuta verificarsi, generandole inquietudine.
Quello che avrebbero dovuto svolgere era ancora un mistero, forse neanche i prefetti sapevano di preciso dove sarebbero andati, in ogni caso Gwen non era stata informata di nulla e non avrebbe di certo chiesto spiegazioni, anche perché ci aveva già provato, senza però ottenere risultati molto concreti; le bastava fidarsi dei suoi compagni.
In Sala Grande cenó imponendosi di farlo tra l'idea che avrebbe avuto bisogno di forze e quella che avrebbe potuto essere il suo ultimo pasto. Sì, ultimo. Probabilmente stava esagerando, ma non riusciva ad escludere la possibilità che l'avventura dell'indomani avrebbe potuto mietere qualche vittima e tra queste la probabilità che ci fosse una piccola, inesperta, strega era piuttosto alta.
Come sempre la Sala Grande era piena di gente, d'altronde era ora di cena e gli studenti ancora intenti a studiare erano decisamente di numero inferiore. Gwen era seduta al tavolo dei Tassorosso, cercando di ascoltare i discorsi e sperando che qualcuno avrebbe rivelato qualcosa su ciò che avrebbe dovuto aspettarsi il giorno seguente, ma non riuscì a captare nulla di inerente né di interessante, quindi decise di terminare il pasto e tornare al dormitorio per ultimare le preparazioni. Mentre finiva un ottimo piatto di pomodori e carne alzò con noncuranza lo sguardo sul tavolo di fronte a quello dei Tassorosso e notò una testolina famigliare dai capelli scuri e corti, alzarsi dal suo posto, raccogliere le sue cose e recarsi fuori dalla Sala. Era certa che fosse Casey, quindi quello era il tavolo dei Grifondoro sul quale notò anche un gruppo di ragazzi molto vicini tra loro, probabilmente per parlare sottovoce. Il primo pensiero che le venne in mente era quello di andare a parlare con Casey per salutarla, l’idea che quello sarebbe potuto veramente essere uno dei suoi ultimi giorni la stava mandando in paranoia, quindi con “salutare” intendeva un vero e proprio addio da dare alla sua compagna; però, il modo in cui quei ragazzi parlottavano tra loro non le quadrava gran che. E se fosse successo qualcosa? Casey aveva già finito di mangiare o si era allontanata per altri motivi? L’idea che forse quei ragazzi stessero dicendo qualcosa di male a Casey non era da escludere. Passò un pezzetto di pane sul piatto, in modo da raccogliere gli ultimi residui di pomodoro, lo mise in bocca e si alzò portandosi dietro qualcosa di succulento da far mangiare anche a Galileo, convinta che così facendo avrebbe pian piano conquistato la fiducia del gatto. Aveva intenzione di seguire Casey e farle eventualmente da sostegno se quei ragazzi le l’avessero infastidita in qualche modo, era disposta anche a schierarsi con lei per difenderla da assalti o prepotenze, odiava queste cose e non riusciva ad agire in maniera differente.
Mentre usciva dalla Sala Grande, si guardava intorno alla ricerca della compagna, non accorgendosi che qualcun altro l’avesse già preceduta. Non appena la vide si diresse nella sua direzione, era troppo lontana per chiamarla e anche a voce alta non sarebbe riuscita a sentirla, inoltre Gwen non voleva attirare l’attenzione degli sconosciuti nei dintorni, quindi si limitò a camminare cercando di essere più veloce di lei, in modo da riuscire a raggiungerla.
Si diressero verso le scale e lì fu certa che non sarebbe riuscita a recuperare la distanza: ogni volta era una fatica tremenda cercare di raggiungere la propria destinazione, sembrava che le scale decidessero di spostarsi di proposito per darle fastidio. I primi giorni ad Hogwarts le aveva trovate divertenti, ma adesso era felice che la sua Sala Comune fosse nei sotterranei! Fece un respiro fiducioso e iniziò a salire il più velocemente possibile, senza badare a tutti i quadri che le urlavano contro, tranne però uno in particolare, dal quale udì una esclamazione in un dialetto familiare. Si fermò a cercare da dove provenisse e lo sentì nuovamente:
«In do' tu vai?» subito capì che la voce proveniva da un’opera che rappresentava una locanda al cui esterno era seduto un uomo con un bel boccale di birra in mano e quella voce, quel dialetto, era molto vicino a quello che sentiva quando tornava a casa, in Scozia. L’orfanotrofio si trovava lontano dalla città, ma quell’accento era comunque tipico di quelle zone e non riuscì a non riconoscerlo, non aveva mai fatto caso a quel dipinto, in realtà non si era mai fermata a parlare con nessun quadro -era ancora troppo strano per lei- però in quel momento non riusciva a farne a meno: «Sto cercando un’amic..» Non fece in tempo a finire la frase che l’uomo scoppiò in una fragorosa risata prima di aggiungere: «L'è una pasta di figliola, tu puoi andar sicuro!» Indicandole la via. Gwen non capì il motivo di tale confidenza, ma non poté che apprezzare, sorrise al burbero, salutò con la mano e proseguì seguendo la direzione che le aveva mostrato, pensando che avrebbe dovuto tornare a parlare con quell'uomo in un altro momento, sperando che si fosse presentata un'occasione.
Dopo aver cercato nei vari angoli stava per arrendersi, forse Casey era andata nella Sala Comune dei Grifondoro; poi finalmente la vide vicino alla statua di Wilfred il Depresso, solo che non era da sola. Stava parlando con un altro ragazzino, dai capelli castani e alto quanto Casey, poco più di Gwen, sembravano intenti in una discussione molto seria e ad un primo impatto le sembrò che avessero parecchia confidenza tra di loro. Li osservava a distanza, senza riuscire a percepire i loro discorsi, cercando di capire che intenzioni avesse quel ragazzo e fu sollevata nel non notare alcun tipo di aggressività. Voleva avvicinarsi, ma allo stesso tempo non aveva intenzione di disturbarli, magari stava per interrompere qualcosa di cui si sarebbe pentita successivamente. Si guardò intorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno, attese che un paio di ragazzi passassero per scendere le scale e poi fece qualche passo nella direzione di Casey, ma ci ripensò con l’idea che non avrebbe dovuto immischiarsi. Si rassegnò quindi e decise di tornarsene nei sotterranei, avrebbe dovuto percorrere molta strada dal terzo piano, ma in compenso Galileo l'avrebbe riempita di fusa per quel pasto delizioso. Si rese però conto di percepire nuovamente nello stomaco quella pressante sensazione di agitazione:
“e se veramente non tornassi dall’esplorazione di domani? Potrei non rivedere più Casey..”, questo pensiero la fece bloccare istintivamente sul bordo delle scale, stava per voltarsi e tornare indietro per poterle dire qualcosa, qualsiasi cosa, magari le avrebbe anche trasmesso un po’ di coraggio, ma si ritrovò con il sedere a terra sul secondo gradino e la schiena sullo spigolo del primo, con un dolore lancinante in entrambe le parti del corpo. «Ahia!» Le sue labbre si mossero da sole.


©Suguni | harrypotter.it

Salve :fru:
Scusate il ritardo, cercavo idee per riuscire a far unire Gwen senza compromettere troppo l'evento (già iniziato) dei Tassorosso... Ottima presentazione, direi :asd:

PS: anche Gwen è scozzese e a me piace moltissimo il fiorentino!! Anche se non lo so parlare, non potevo non riprendere la questione del quadro, era troppo invitante, spero non sia un problema :flower:

 
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view post Posted on 30/10/2018, 20:35

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Daniel Anderson
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Una cosa era certa quella giornata infernale non aveva proprio voglia di finire, anzi se possibile stava passando ancora più lentamente del solito. Si trovava in guferia per spedire un messaggio a casa, precisamente a suo padre, finì di rileggere per l'ennesima volta il contenuto poi chiuse la lettera e la affidò ad Ares, che gli beccò leggermente l'indice sinistro, probabilmente per rimproverarlo del mancato affetto che aveva dimostrato in quella circostanza. Si mise all'altezza del muso dell'animale e lo fissò dritto negli occhi, come per sfidarlo a colpirlo nuovamente. *Maledetto piccione, avrei dovuto prendere un gatto.* Non vedendo nessuna reazione da parte di Ares riportò in posizione eretta il busto << Se hai finito, puoi anche andare.. >> Mentre si girava mosse le dita della mano sinistra come per liquidare l'animale, non aspettò di vedere se il suo ordine avesse ricevuto gli effetti desiderati, percorse la guferia in pochi istanti osservando nel mentre gli altri rapaci che popolavano quel luogo per poi raggiungere le scale che lo ricondussero all'interno del castello. Rientrato osservò il corridoio privo di persone che aveva davanti, guardando l'orario si rese conto che aveva saltato la cena, ed il suo stomaco puntualmente glielo ricordò iniziando a brontolare. Riprese a camminare arrivando alle scale, meditando se andare in sala grande oppure direttamente nella sala comune dei Serpeverde, come spesso accadeva una volta arrivato in prossimità delle scale la sua attenzione venne catturata dagli svariati quadri e dai loro protagonisti, lì poteva sempre osservare qualche soggetto parecchio esuberante che andava ad accozzare con gli altri ospiti dei dipinti, lo trovava un buon modo per aspettare che le scale tornassero al proprio posto. Riuscì rapidamente ad arrivare al quarto piano, qui si dovette fermare per aspettare il ritorno della scala, che per sua sfortuna si era appena mossa. Sbuffò guardando in basso, dove vide la scala del piano di sotto perfettamente allineata, la stava percorrendo una figura con la divisa dei grifondoro, subito una smorfia di disgusto si dipinse sul suo volto, la seguì con lo sguardo mentre camminava. La scala che gli serviva finalmente fece il suo ritorno, portò la mano all'altezza della bacchetta in attesa dell'arrivo del grifondoro, qualcosa non quadrava sarebbe dovuto passare, si spostò lateralmente per guardare ancora una volta in basso, ma non ne trovò traccia. Quello che vide però questa volta fu un tassorosso avanzare sempre in direzione del terzo piano, anche questa volta rimase fermo ad aspettare, ed ancora una volta non comparve nessuno. *Cosa fanno all'ora di cena al terzo piano?* Non ci fu neanche il bisogno di riflettere su cosa fare, aspettò ancora una volta la scala per scendere al terzo piano, la scala si era appena fermata quando vide ricomparire il tassorosso che andò ad incespicare a pochi gradini di distanza da lui. << Sempre aggraziati voi tassi... >> Disse mentre superava con noncuranza la ragazza caduta.

PS: 106 | PC: 59 | PM: 56 | PE: 2,5
Giuls || © harrypotter.it



È qui la festa? :gelato:

Edited by Heinekeñ - 26/11/2018, 19:49
 
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view post Posted on 4/11/2018, 22:54
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- Lupi mannari ingigantiti? Cos...
Per un attimo le palpebre di Casey si spalancarono come due fanali sull'asfalto, poi si richiusero non appena Caleb sbuffò divertito. La prendeva sempre in giro. Non che le dispiacesse, ma sul momento si sentiva un'allocca perché riusciva sempre a credere alle sue trovate estemporanee.
- Ma allora! Smettila un po'!
Rise un po' con lui ma si ricompose subito perché sapeva che non avevano molto tempo per trovare un posto sicuro prima di essere sorpresi a gironzolare per il castello al di fuori dell'orario.
Notò con piacere di non essere l'unica ad avere dei sospetti. Anche il suo amico pensava che la scuola aveva molti più segreti di quel che pensavano, e che Pix questa volta non c'entrava nulla. Il desiderio di scoprire la verità si fece sempre più ardente in lei, e sapeva che ce l'avrebbero fatta lei a Caleb.
- E allora concorderai con me che ci rimangono solo due cose da fare - e qui lo guardò fisso negli occhi nuovamente con aria seria mentre con le dita della mano destra creò una V per sottolineare il due della sua frase.
- Uno: chiedere al sospettato. Due: scoprire il vero colpevole.
La parola chiave per lei era volontà. Era certa che chiunque sarebbe stato assolutamente scettico sulla possibilità che due studenti di dodici e tredici anni potessero fronteggiare e risolvere un problema del genere, ma a lei non importava nulla. Il brivido che le davano la scoperta e l'indagare era davvero forte, qualcosa che la faceva sentire un gradino al di sopra di tutto. Grazie alla sua forza di volontà e ale capacità di Caleb (che senza dubbio era un genio, considerando che in un mese era riuscito a fare più di seicento punti con le sole lezioni) sarebbero riusciti in tutto.
- Insomma, pensa: tutti qui credono che Pix sia la causa di tutti i mali. Ma se ci fosse altro? Qualcosa di peggio? Saremmo tutti in pericolo.
Era assolutamente convinta di quel che diceva. Era chiaro però che poteva mostrare tutta quella sicurezza solo a lui. Nessuno l'avrebbe presa sul serio, tutti l'avrebbero derisa. Solo Caleb poteva capire.
Non appena KC mise il punto alla sua affermazione il terzo piano venne invaso da un altro suono che richiamò la sua più totale attenzione.
- Ahia!
Si mise subito in allarme e posò la mano sulla spalla del suo compagno, stringedola per la tensione.
- Hai sentito? - gli chiese sottovoce. Forse qualcuno li aveva seguiti, forse qualcuno nutriva dei sospetti su di loro. Le sembrava impossibile che altri avessero deciso di indagare, in quanto sembravano tutti così soddisfatti della soluzione "Pix". Lasciò andare la spalla di Caleb e fece qualche passo in avanti, nella direzione da cui aveva sentito provenire quel gemito. Con suo grande stupore non si trattava né di un prefetto, né di un professore, né di una qualsiasi altra minaccia. Una testolina scura dai capelli corti era rannicchiata su se stessa dopo aver ricevuto una bella botta al coccige, e la sua divisa di Tassorosso era ben evidente: era Gwen. Cosa ci faceva lì? La sua Sala Comune non si trovava nei sotterranei? Ma ecco arrivare un'altra figura, un'altra testa bruna, che la scavalca con un saltello e un ghigno. Se vedere Gwen, nonostante le sensazioni createsi durante il loro incontro, le aveva creato un sorriso sul volto, riconoscere Daniel Anderson nel Serpeverde che le stava venendo incontro capovolse tutto in lei. L'unica persona che cercava certosinamente di evitare le si era presentata davanti proprio in quel momento, ed era certa che con lui di mezzo la situazione non sarebbe andata a buon fine. Caleb e Gwen ovviamente non sapevano: il primo era partito prima di tutti loro alla fine dell'anno, mentre la seconda non era ancora arrivata. Nessuno dei due era stato spettatore della pubblica e insensata lite fra lei e Daniel l'ultimo giorno di scuola, e nessuno (e forse nemmeno lei, dato che faceva enorme fatica ad accettarlo) sapeva il vero motivo per cui KC se la fosse presa così tanto, ovvero che Daniel le piaceva. Probabilmente era una di quelle cotticelle passeggere nate fra i banchi di scuola senza mai rivolgersi la parola, per un gesto avventato, per un atto spregiudicato e sorprendente come quello di fare una doccia di burrobirra a un prefetto sotto gli occhi di tutti; ma le parole brucianti di lui, la sua indifferenza e il suo disprezzo avevano fatto in modo che quel momento rimanesse indelebile nella mente di Casey. Adesso lo odiava più che mai, odiava i suoi modi di fare, la sua voce, il modo in cui camminava e in cui sbadigliava durante le lezioni, però non poteva fare a meno di notarlo.
Storse il naso, girò gli occhi e scosse la testa disgustata sentendo il commento di Daniel a Gwen. Non gli era nemmeno passata per l'anticamera del cervello l'ipotesi di aiutarla a rialzarsi. Così KC scese di corsa le scale dopo aver scoccato un'occhiata seria a Caleb e fece quel lavoro al posto del ragazzino Serpeverde. Diede la sua mano all'amica mentre con tono grave si rivolse a questo.
- E tu sei sempre molto simpatico, Anderson.
Aiutò la ragazzina a mettersi in piedi e le chiese dunque sottovoce:
- Stai bene, Gwen? - poi continuò, rivolgendosi ad entrambi - che ci fate voi due qui?



Eh sì, è qui la festa :ihih:
 
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Come al solito, assaporò ogni briciola del piccolo scherzo che aveva fatto a Casey, così come la sua reazione. Amava osservare i cambiamenti repentini del volto della sua compagna alle sue parole: stupore, poi vera incredulità. Prima della certezza dell'inganno c'era sempre un attimo di sospensione, in cui realtà e finzione, sogno e certezza coesistevano: era questo attimo, bellissimo ma fugace come un sogno (o forse bellissimo proprio perché fugace come un sogno?) che Caleb amava di più. Concordò comunque con lei.
Certo che dobbiamo chiedere al sospettato! Non mi perderei un dialogo con Pix per niente al mondo...siamo qui per questo, no?
Stava nuovamente per parlare, per chiedere alla sua amica che cosa pensasse veramente di tutta la faccenda, quando sentì un rumore dietro di lui e vide la mano di Casey ghermirgli la spalla. Guardò dentro gli occhi verdi della compagna e vi lesse, per un attimo, tensione. La mano corse veloce alla bacchetta di pino, custodita all'interno della fodera del mantello, afferrandola. Per un istante pensò di girarsi e affrontare ciò che si celava nella tenebra dietro di loro, qualunque cosa fosse. Solo qualche secondo dopo realizzò di essere stato uno sciocco.
*Hey, amico, che cosa pensavi di fare con quella?* si chiese. Che cosa gli era preso? Aveva pensato veramente di essere un prode mago nel corso di una nobile missione, pronto a sacrificarsi per il Bene? E se dietro di loro ci fosse stato un docente? O il custode? O Pix?
Quando si voltò e vide ciò che aveva prodotto il rumore, ringraziò se stesso per non aver estratto la bacchetta e aver fatto la figura dello sciocco. La ragazza appena arrivata non gli era completamente sconosciuta, anche se non avrebbe saputo dire il suo nome. L'aveva vista nei corridoi e ovviamente nella Sala Grande. Sapeva che era di Tassorosso e questo a Caleb, che non era il primo a socializzare con gli sconosciuti, bastava e avanzava ampiamente. La penombra del terzo piano, tuttavia, riservava altre sorprese. Un altro studente era emerso dalle scale e dalla sua uniforme Caleb capì che doveva trattarsi di un Serpeverde. Serpeverde. Perché dovevano esistere i Serpeverde?
Restò indietro rispetto alla sua compagna, guardando impassibile la scena. Ascoltò le parole di Casey dirette al nuovo arrivato, vide che lei lo conosceva, che si erano già incontrati, parlati, forse scontrati. Qualcosa lo morse nel profondo. Ma che cosa?
Caleb non avrebbe saputo dirlo.
 
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11 anni ~ studentessa I anno



I
l dolore era lancinante, non tanto sul sedere che aveva ammortizzato il colpo, ma sulla schiena presa in pieno dallo spigolo dello scalino. Aveva gli occhi chiusi, una mano sul punto in cui sentiva dolore e non si accorse del ragazzo che la oltrepassò, almeno finché non parlò con insolenza contro la sua Casa. Riaprí gli occhi per osservare chi avesse parlato, spostando la mano sul pavimento e cercando di non dare a vedere il male procuratole dalle sue stesse gambe. Era sempre stata piuttosto impacciata nei movimenti e le capitava spesso di cadere, scivolare, far cadere o rovesciare cose; era anche abituata alle derisioni nei suoi confronti, spesso cercava di sdrammatizzare, ma questa volta non era stata canzonata solo lei, ma la sua intera Casata! Non le sembrava affatto giusto, solo perché era a terra in quel momento non significava che lo erano tutti i Tassi, né che sarebbe rimasta sempre a terra...forse… almeno ci sperava.
Era un'emozione nuova, non sapeva bene neanche cosa pensare.
“Sono state le scale a farmi cadere… No, ma che dico…io...in realtà..” La sua mente era incapace di trovare una risposta decente e rimase stordita a guardare il ragazzo dal basso della sua posizione, non curandosi del colore della sua divisa e prestando poca attenzione al suo viso, anche se probabilmente non lo avrebbe associato a nessuno, non ricordava facilmente i volti delle persone e ad Hogwarts ce n'erano veramente tanti. Per fortuna arrivò qualcuno ad aiutarla ad uscire da quella situazione imbarazzante, la persona per la quale si trovava lì in quel momento. «Si..ehmm..sto bene, grazie Casey» Disse con la voce appena percettibile, accettando volentieri l'aiuto della ragazza per rialzarsi. Addrizzò la schiena e fece un respiro profondo, rendendosi conto di avere di fronte un Serpeverde. Era la prima volta che si trovava faccia a faccia con uno di loro, si conoscevano tante storie sulla Casa verde-argento e Gwen ne era allo stesso modo spaventata e incuriosita, iniziò a squadrare il ragazzo che inizialmente non sembrava intenzionato a rimanere lì, ma che di certo lo avrebbe fatto ora che Casey lo aveva provocato: probabilmente si conoscevano già, anche se non sembrava scorresse buon sangue tra loro.



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Daniel Anderson
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Ormai l'effetto sorpresa era del tutto svanito, infatti pochi istanti dopo comparve Casey con un altro grifondoro al seguito. Rimase fermo qualche istante perdendosi tutto il tempo necessario per analizzare quello che stava succedendo e decidere come agire. La situazione non era di certo delle migliori, aveva davanti due grifondoro e dato che Casey nel mentre era andata ad aiutare la tassa a rialzarsi, ebbe l’opportunità di osservare per qualche istante il giovane grifondoro che l’accompagnava. Non si ricordava di averlo visto a lezione, quindi non apparteneva sicuramente al primo anno. Lo guardò perplesso per qualche altro istante, per poi distogliere lo sguardo. *Due contro uno, tre se si mette in mezzo anche la tassorosso, direi che non è il caso di ricorrere alla violenza.* << Grazie, sò di essere molto simpatico se vuoi qualche lezione in privato, basta chiedere. Sono a tua completa disposizione. >> Disse rivolgendo un sorriso a Casey, mentre continuava a parlare << Bhè io mi stavo facendo tranquillamente i fatti miei quando questa graziosa fanciulla ha deciso di cadere per terra.>> Mentre parlava fece due passi lateralmente, fino ad arrivare al muro per poi appoggiarvisi incrociando le braccia e rimanendo fermo in attesa. Aveva deciso deliberatamente di non dare nessuna informazione a Casey, del resto era un Serpeverde, i suoi affari erano solamente suoi. Continuò a mantenere lo sguardo fisso su Casey, come a cercare un contatto visivo con la ragazza, ignorando palesemente gli altri, poi riprese a parlare << Ma dato che siamo in argomento, sono parecchio incuriosito anche io da due grifondoro che vanno in giro per il terzo piano tutti soli all'ora di cena.>> Continuò a scrutare la giovane grifondoro, stava cercando forse di metterla a disagio? Di certo si aspettava una risposta da lei, era anche consapevole che avrebbe potuto mentire, però del resto era lì tanto valeva cercare qualche informazione in più, magari la sua anonima serata si sarebbe in qualche modo ravvivata.

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Edited by Heinekeñ - 26/11/2018, 19:49
 
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Dovete assolutamente ascoltare la musica mentre leggete.


Accadde qualcosa di molto strano. Si trovavano in un vero e proprio stallo alla messicana, in cui invece di puntarsi addosso le pistole sfruttavano i loro sguardi taglienti per scrutarsi l'un l'altra. Gwen le stava accanto e nonostante la sua gentilezza non era rimasta impassibile di fronte al commento del Serpeverde. Caleb, poco dietro di lei, non sembrava esser sicuro di cosa stesse accadendo, e KC percepì una nota di allarme nei suoi movimenti fulminei. Di fronte a lei Daniel Anderson dissimulava la sua tensione con un sorrisetto sarcastico dopo averle risposto a tono. Lei, invece, sorpresa perlopiù dal fatto che quest'ultimo avesse deciso di rimanere lì a rimbeccarsi piuttosto che andarsene come l'ultima volta, lo scrutava impassibile. La domanda era: come uscire da quella situazione? Stavano ancora perdendo tempo e presto il coprifuoco sarebbe scattato e sarebbero dovuti correre verso i loro dormitori. Tuttavia doveva sbarazzarsi del ragazzino di fronte a lei per andare sul sicuro, poiché era certa che lui ne avrebbe approfittato per vendicarsi in qualche maniera. Gwen probabilmente avrebbe capito e li avrebbe aiutati nella migliore delle ipotesi... ma Anderson no. Il suo istinto fu di voltarsi verso Caleb per fargli intendere i suoi pensieri e agire in squadra, ma la tensione e la pretesa di quelle occhiate era tale da non poter distogliere lo sguardo per dimostrare la propria debolezza. Si schiarì la gola, in modo tale da far suonare il più naturale possibile la sua voce.
- Preferisco spendere i miei soldi per qualcosa di più costruttivo, grazie. Ad ogni modo - strinse le mascelle e le palpebre fra una frase e l'altra - noi Grifondoro dobbiamo farci quasi sei piani per arrivare alla torre. Quindi mi sembra più che logico il motivo per cui ci troviamo qui.
Sentì l'adrenalina pomparle in corpo. Rispondere in quel modo riuscendo passo dopo passo a mettere l'interlocutore con le spalle a muro la faceva sentire forte, se non... superiore. Una vocina infima nel suo cervello aveva preso a sussurrarle di aprire bene le orecchie, di ascoltare in che modo il povero Daniel Anderson avrebbe tentato di difendersi per sminuirlo ancora una volta, una volta per tutte, e mostrargli finalmente che della "sua inutile esistenza" doveva assolutamente fregargliene qualcosa. Un sorrisetto si dipinse sul suo volto, una sfumatura di sadismo assetata di vittoria e insieme talmente dispotica da percepirsi magnanima. *Sì, se me lo chiedi in ginocchio forse ti lascio andar via con un po' di dignità* disse la vocina. Ma erano solo pure elucubrazioni. La mente di KC era un abile regista in grado di inquadrare e descrivere minuziosamente possibili eventi, talmente bene da riuscire a stimolare le sue emozioni e a immedesimarla perfettamente nel ruolo a lei destinato.
- Tu, piuttosto. I serpenti solitamente strisciano nei loro sott...
La sua frase, come il silenzio intorno, venne rotta sul finire. Qualcosa si infranse al suolo nel bel mezzo del corridoio del terzo piano, rimbalzò un paio di volte, rotolò via fino agli scalini su cui essi si trovavano, per poi scenderli saltellando di qua e di là fino ai piedi di Daniel facendo un gran frastuono. KC sconvolta seguì con lo sguardo l'oggetto, che altro non era se non una sorta di teiera allungata in una lega simile al bronzo. Questa si fermò proprio sotto l'ombra del ragazzo, dopodiché ricadde il silenzio, ma solo per qualche istante. Alla sua destra, dove si apriva il corridoio, vide degli altri oggetti spuntare dal nulla, formare un'iperbole in aria e cadere. Uno, due, tre, sei, dieci, venti: una catasta di cianfrusaglie veniva gettata di qua e di là creando la confusione più totale. In mezzo al fastidioso rumore però s'insinuò lentamente una voce, un tono acuto e rauco, che cantava una canzone.
- I Tassorosso sono flaaaaaaccidiiiii
I Corvonero sono insiiiipidiiiiiiii
i Grifondoro sono stuuuuupidiiiiii
i Serpeverde puzzano come buoooooooiiiiii!

Casey sgranò gli occhi. Si voltò di scatto verso Caleb. La situazione si era capovolta e l'indesiderato, sebbene prima di quello scontro fosse il perfetto contrario, si era materializzato lì, proprio sotto i loro occhi.
- Pix! - urlò all'amico a pieni polmoni per farsi sentire in mezzo al fracasso - non possiamo farcelo scappare!
E detto ciò dimenticò tutto: Daniel, gli sguardi, il desiderio di rivalsa, la vocina dentro la sua testa. Mollò la postazione di stallo e si mise a correre, sicura che Caleb l'avrebbe seguita. La loro missione in fondo era più importante di tutto il resto, persino della sua vecchia lite col Serpeverde.
Corse a perdifiato fino ad arrivare dall'altro capo del corridoio, da dove proveniva la voce stridula del poltergeist. Si fermò di fronte a uno sgabuzzino spalancato, schivando oggetti lanciati a caso in aria. A quanto pareva Pix aveva deciso di sbaraccare uno dei tanti ripostigli dagli oggetti usati per le esercitazioni durante le lezioni per disseminarli in mezzo al corridoio. Gazza sarebbe stato felice di passare la nottata a rimuovere con uno straccio la bava di Martinaccio dai tappeti del terzo piano.
- La McLinder è una spina nel fianco,
Sirius White è il cretino dietro l'angolo,
Cedrik Black si strozza con un vermicolo,
Doriano Mezzanotte è simpatico come un cactus su per...

Il poltergeist si fermò all'istante poiché aveva capito di non essere più solo. La sua insulsa canzone smise di echeggiare per le mura vuote del corridoio e lui si voltò per scrutarli.



Perdonate il mio perenne ritardo :ihih: oltre alla mancata ispirazione ho avuto un po' di cose da fare all'uni
 
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view post Posted on 20/11/2018, 18:12
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-...il nasooo!- concluse la sua canzone il poltergeist, dopo un attimo di silenzio,squadrandoli dalla testa ai piedi e viceversa. Caleb non aveva mai amato Pix come in quel momento. Trovarlo al posto giusto nel momento giusto aveva cancellato innumerevoli scherzi, fastidi e brutti tiri giocati a ignari studenti di passaggio. Non solo perché l’oggetto dei loro desideri aveva scelto, tra tutti i luoghi del Castello accessibili a un fantasma (praticamente tutti), proprio il corridoio del terzo piano e ora si trovava là, a loro disposizione o quasi. Anche perché aveva eclissato, in un batter d’occhio, quella spiacevole sensazione che Caleb aveva provato per pochi ma interminabili momenti. Non l’aveva cancellata del tutto, no; almeno, tuttavia, l’aveva confinata in un posticino piccolo, oscuro e lontano della sua mente, simile all’angolo più buio e difficilmente raggiungibile di una vecchia soffitta piena di…
- Ciarpame! Qui c’è solo ciarpame...e non sto parlando delle cose che sono qui ma di voi!- li canzonò Pix, ridestando Caleb dalle sue riflessioni. Poi si rimise all’opera, entrando nello sgabuzzino e facendo volare vecchi ombrelli, paralumi liberty, cappellini fuori moda, vestaglie di seta dai colori improponibili. Mentre gli oggetti volavano in ogni direzione, costringendo i due ragazzi a continui salti per schivare almeno quelli che avrebbero potuto fare loro del male, sembrava tuttavia non aver dimenticato del tutto la loro presenza.
- Io mi chiedo e non è poco
che ci fanno due Grifoni
fuori ora al coprifuoco?
Forse sono due co…-

-Pix!- non ebbe il tempo di riflettere, la bocca si aprì e ne uscì il nome del poltergeist, forte e chiaro, che sovrastò sia il rumore degli oggetti che volavano e cadevano sia la canzone del fantasma. Pix si sporse dal ripostiglio, con un’espressione a mezzo tra il divertito e l’incuriosito.
-Ooooh, lo studente coniglio allora ha una voce! Che cosa vuole il coniglio? Deve parlare se non vuole...saltare!- un candelabro, di quelli utilizzati durante il corso di Difesa contro le Arti Oscure durante le lezioni del primo anno, volò verso i piedi di Caleb, costringendolo a saltare improvvisamente.
-Abbiamo sentito di Gavin, lo hanno trovato qua intorno, mezzo morto di paura. Sei stato tu, o no? Sai qualcosa?-
Era il discorso più lungo della storia di Caleb a Hogwarts. Signori e signore, un record da guinness dei primati. Pix, tuttavia, non sembrò apprezzare lo sforzo del ragazzo, che stava ansimando per la tensione che gli comportava il colloquio con il poltergeist.
- Oh oh, questo sì che è interessante. Mi chiedete del ragazzo frignone.
Ragazzo frignone
Grifo fifone
Diventato mezzo pazzo
di lui mi importa un…-
-Pix! Per favore, aiutaci!-

Caleb si morse la lingua non appena ebbe pronunciato quelle parole. Sapeva che non era quella la strategia giusta con il fantasma.
-Signor Pix, eccellentissimo, per favorino aiuta me che sono un poverino bambino tapino scozzesino miserino- gli fece il verso Pix, ondeggiando su di loro come un avvoltoio in cerca di una preda. Trattare con Pix sembrava impossibile. Caleb provò l’unica mossa che avrebbe potuto ribaltare la situazione, scommettendo tutto sul senso di orgoglio del fantasma. Orgoglio di poltergeist distruttore, certo ma pur sempre orgoglio. Dopotutto, Pix doveva difendere la sua posizione di fantasma impiccione del castello di Hogwarts per eccellenza.
- Bene, allora andremo a chiedere al Signor Nick...o magari al Barone Sanguinario. Certamente loro ci diranno qualcosa in più...in più di te!-
Qualcosa successe. Pix scese dal soffitto, mettendosi davanti a loro e fluttuando mollemente nell’aria. Li guardava divertito, con occhio sornione.
- Pix è il solo che sa queste cose! Pix sa tutto del castello e gli altri un bel niente! Pix non è stato ma sa chi è stato e non viene certo a dirlo a voi. Ma attenti, studentelli!
Nel castello v’è celato
un qualcosa di nascosto
forse or s’è liberato
forse non è più a posto
forse da Gavin è andato
l’ha spremuto come mosto
ma non Pix, no, è stato
attenti a non pagarne il costo
perché cosa sì avventata
vi fa il cervello in frittata!-

Detto ciò il poltergeist sparì, in un turbine di oggetti che vorticò per il corridoio, costringendo Caleb a buttarsi a terra.
 
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view post Posted on 22/11/2018, 14:23
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11 anni ~ studentessa I anno



C
asey ed il Serpeverde, che per Gwen era senza nome-Anderson, si scambiarono un paio di battute, la prima con sospetto, irritazione e probabilmente anche agitazione nei confronti del ragazzo o di tutta quella situazione in generale, il secondo invece sembrava più tranquillo, ma il fatto che si poggiò al muro incrociando le braccia significava che stava cercando di nascondere qualcosa e che quell’incontro non era piacevole per lui, ma continuava a rispondere con aria di superiorità. Quello era il modo di fare che Gwen aveva sempre immaginato caratteristico dei Serpeverde ed essendo il primo con cui aveva veramente a che fare, non faceva che confermare le sue ipotesi e pensare che tutti i Serpeverde fossero così, senza eccezioni. Anche se in fondo sperava di trovarne una, un giorno.
Quando Casey aveva chiesto cosa ci facessero qui, lei e senza nome-Anderson, non aveva trovato in tempo le parole giuste per poter rispondere, fu il ragazzo a continuare il discorso e a chiedere a sua volta cosa ci facessero lì i due Grifondoro, per i quali era semplice trovare un motivo, la loro Sala Comune era nei paraggi e, vero o no, non potevano essere biasimati se stessero già tornando nelle loro stanze. Lei ed il Serpeverde invece erano sicuramente lontani e le parole di senza nome-Anderson, che la inclusero nei suoi motivi, la lasciarono ancor più senza nulla da dire. Non era colpa sua se fosse scivolata, forse le scale si erano spostate proprio in quel momento. Istintivamente Gwen abbassò lo sguardo verso le colpevoli, evitando così gli occhi dei presenti per non dover rispondere a sua volta all'interrogatorio. Era sempre stata invisibile negli incontri di gruppo e non le era mai dispiaciuto, neanche in quel momento: significava non dare spiegazioni, significava non essere costretta a parlare di cose che avrebbe tenuto volentieri per sé. In fin dei conti era lì solamente per Casey, per dirle due parole
-pur senza averne pianificata nessuna- non si sarebbe aspettata tutta quella gente e di certo non avrebbe iniziato a parlare con la compagna adesso, tra tutti.
Mentre Casey stava rispondendo all’ennesima provocazione, successe qualcosa di inaspettato: una teiera rotolò sugli scalini, scendendoli rumorosamente e catturando l’attenzione della piccola Tassorosso che aveva lo sguardo proprio sulle scale. Non appena una voce a lei sconosciuta iniziò a intonare un’orribile canzoncina, fu costretta ad alzare lo sguardo verso Casey che però si era già rivolta al suo compagno Grifondoro. Sembravano allarmati e anche un poco stuzzicati all’idea di raggiungere Pix, infatti corsero subito nella direzione della canzone lasciando lei e senza nome-Anderson a guardarli fuggire via.
Gwen si voltò per qualche minuto verso il Serpeverde per cercare di capire che intenzioni avesse, sperando che se ne andasse ignorandoli, stufo di quella “bassezza” dall’alto della sua divisa verde-argento. In fondo a sé però, sapeva che non sarebbe andato via e che anzi avrebbe rincorso i due Grifondoro, anche solo per fare la spia agli insegnanti di qualcosa per il quale li avrebbe accusati senza motivo. Così, prima ancora di ricevere una qualsiasi parola, inizò a correre nella direzione in cui si erano diretti i due ragazzi poco prima, ascoltando Pix continuare quelle spiacevoli canzoncine. Avrebbe aiutato Casey senza pensarci due volte.


Q
uando raggiunse i due Grifondoro, il ragazzo stava parlando con quell’essere che continuava a rispondere con le rime. Il discorso riguardava qualcuno che si era spaventato in quelle zone e Gwen si meravigliò del modo in cui il giovane Grifondoro avesse cambiato totalmente modo di fare: da timido ragazzo che se ne stava in disparte ascoltando ed osservando tutti, passò ad essere quello più coraggioso che tentava di tener testa al poltergeist attraverso quella che tutti conoscevano come una delle sue paure: il Barone Sanguinario. “Ottima strategia!” Pensò subito la piccola Tassorosso, quel ragazzo era la pura rappresentazione che aveva sempre avuto dei Grifondoro. Pix, udendo il nome del fantasma dei Serpeverde, diede più attenzione al ragazzo e pronunciò un’ultima canzone in rima prima di sparire con fare teatrale, spingendo il ragazzo a terra. Istintivamente Gwen voleva avvicinarsi per aiutarlo, come Casey aveva fatto con lei sulle scale, ma si fermò certa che lo avrebbe fatto nuovamente anche con il suo compagno.
Quando fu certa che stessero tutti bene, finalmente, parlò:
«Ma cosa sta succedendo?»



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Fantastica atmosfera, grazie KC :asd:

 
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view post Posted on 26/11/2018, 20:42

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Daniel Anderson
Serpeverde | Studente | 12 Anni f995fDH
Continuò a godersi il momento appoggiato al muro, mentre ascoltava la risposta di Casey alle sue provocazioni. La sua spiegazione non lo convinse minimamente, dato che li aveva visti chiaramente imboccare il corridoio del terzo piano, quindi stavano facendo qualcosa lì, ma cosa? Continuava a chiederselo, mentre rimaneva impassibile ad osservare la sua interlocutrice, che ora aveva un ghigno stampato sul volto. In quel momento gli tornò in mente tutto quello che era successo pochi mesi prima in sala grande, quello sputo.. Aveva immaginato di vendicarsi in tutti i modi possibili, voleva vederla soffrire per quel suo gesto, doveva farlo, e prima o poi ci sarebbe riuscito, bastava avere un pò di pazienza ed alla fine una qualche occasione si sarebbe sicuramente presentata. Qualcosa di strano attirò la sua attenzione, un rumore per la precisione di un oggetto che continuava a rimbalzare cadendo verso di loro, osservò con curiosità una teiera finire poco distante dai suoi piedi. Rimase fermo ad osservala, si chiese chi l'avesse lanciata e per tutta risposta, dopo che furono scagliati contro di loro altri oggetti, sentì l'inconfondibile voce di Pix, prendersi beffa di loro. Aveva già avuto modo di incontrare quel fantasma, e la cosa gli aveva portato solo dei guai, rimase ancora fermo, in attesa di vedere l'evolversi della situazione, vide Casey girarsi verso l'altro griforndoro ed urlargli che non potevano lasciarselo scappare. Si domandò il motivo di quell'affermazione, come mai dovevano inseguire Pix? Aggrottò la fronte, ora era veramente incuriosito da quella strana situazione, si raddrizzò spostandosi dal sostegno della colonna per poi muoversi verso gli altri, fino ad arrivare a vedere il poltergeist. Non disse una parola, non ne vedeva il motivo in fondo era meglio godersi quello spettacolo. La voce del secondo grifondoro risuonò forte e risoluta, stava cercando in qualche modo di attirare l'attenzione di Pix in tutto quel casino, lo scambio di battute tra i due fece salire ancora di più l'interesse di Daniel *Quindi stavano indagando su quanto accaduto a questo Gavin, adesso è tutto più chiaro..* Finalmente sapeva il motivo per cui si trovavano in quel luogo, sembravano essersi dimenticato di lui ed avevano spiattellato a gran voce tutto, una mossa decisamente poco saggia. Il battibecco tra Pix e il grifondoro continuò fino a quando quest'ultimo non arrivò a chiedere addirittura l'aiuto del poltergeist. Sentendo quell'affermazione un sorriso si dipiense sul volto di Daniel, erano caduti veramente in basso per chiedere l'aiuto di Pix, che in tutta risposta, prese in giro il ragazzo. Poi finalmente il grifondoro si fece più furbo arrivando a nominare l'unica cosa che il poltergeist temeva: il Barone Sanguinario. Questo provocò un'immediata reazione, Daniel vide Pix percorrere la distanza che li separava davanti a loro in pochi istanti, per andarsi a posizionare davanti a loro. Per poi iniziare una nuova canzoncina, che questa volta sembrava stranamente serie, la provocazione aveva funzionato o si stava semplicemente prendendo gioco di loro?


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view post Posted on 14/12/2018, 13:49
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Correre. Era da quando aveva conosciuto Caleb che almeno due volte alla settimana si ritrovava a correre a perdifiato. Che si trattasse di inseguire qualcuno o qualcosa di sospetto ai loro occhi o di fuggire per non farsi cogliere col dito nella marmellata da qualche prefetto, caposcuola o professore, le sue gambine dovevano battere la velocità del suono per stargli dietro. Si chiedeva come facesse quel ragazzetto a lasciarsi prendere così violentemente da qualsiasi cosa tanto da schizzare qua e là come una rana in uno stagno. Lei però non poteva che esser felice di aver trovato qualcuno con cui poter condividere ciò che tutti gli altri "bambini cresciuti" della loro età invece rifiutavano. Dunque, ogni volta che si ritrovava a dover mettere il turbo ai suoi piedi per non farsi seminare, un sorriso si dipingeva sul suo volto per la gioia di non sentirsi finalmente sola.
Il ragazzo, come al solito, schizzò in avanti e la superò senza alcuna fatica. L'obiettivo fisso nella sua mente era Pix, e fu infatti di fronte a lui che si fermò col volto in fiamme. Fra tutte le cose che avesse potuto fare, Caleb scelse proprio quella che KC non si sarebbe mai immaginata. Non che fosse uno di quegli atipici grifondoro paurosi, ma quando si trattava di mettersi a tu per tu con la gente o con un qualsiasi tipo di essere l'amico le lasciava con piacere il campo libero: lei era l'estroversa e lui l'introverso, lei la burlona e lui il sornione, lei l'impulsiva e lui colui che la teneva a freno. D'altronde la strana coppia non sarebbe potuta sopravvivere così a lungo senza degli opposti in grado di compensarsi vicendevolmente. Ma quella volta fu come entrare in uno di quei disegni di Escher, in cui il sopra è il sotto, il sotto il sopra, l'entrata l'uscita e le scale una superficie piana. KC rimase con la bocca aperta a qualche metro di distanza a contemplare la vicenda, come se lei, Gwen e Daniel fossero giunti lì assieme a qualche magizoologo per osservare una rarissima creatura che si fa ammirare solo una volta l'anno.
Per tutta la durata dell'animato colloquio i tre rimasero a fissare impietriti il giovinetto e il poltergeist rimbeccarsi a vicenda, finché una punta di orrore non li trafisse al suono dell'ultima canzone che riverberò per tutto il corridoio del terzo piano. Lo aveva capito sin dall'inizio. Pix non c'entrava nulla con quella faccenda! KC strinse i pugni e la mascella gettando un'occhiata cupa alle sue spalle. Avevano avuto la conferma delle loro congetture ma si erano scoperti come due stupidi polli rivelando al serpeverde le loro vere intenzioni, che con la scenetta di prima erano riusciti sapientemente a coprire.
Il poltergeist turbinò fra gli oggetti dello sgabuzzino e ululando dalla rabbia scattò in avanti scaraventando Caleb a terra per poi infiltrarsi all'interno di un tubo sporgente con un sonoro POP. La grifondoro corse subito dal compagno per aiutarlo a rialzarsi, dopo aver scansato con la destrezza di un'aquila l'ectoplasma impazzito.
- S-stai bene, Caleb?
E ora che il pastrocchio era bell'e fatto si sarebbero dovuti o inventare qualcosa di nuovo o spiattellare la verità in faccia alla tassina e alla serpe. Sospirò sonoramente mentre con una mano faceva da leva all'amico per sollevarsi e con l'altra si toglieva della polvere dalla divisa.
- Tutto ciò non sarebbe mai dovuto accadere - gli disse a un orecchio una volta in piedi. Poi guardò Gwen con serietà a disse ad alta voce: - un nostro compagno forse è stato aggredito. Si trova in infermeria adesso e dicono di averlo trovato nel panico qui, al terzo piano. Aveva i capelli bianchi dalla paura... o almeno così si sussurrava alla tavolata dei grifondoro.
Era sicura che la compagna avrebbe capito, ed era ancor più certa del fatto che non avrebbe mai spifferato in giro quel che stavano combinando. Per quanto le riguardava poteva benissimo decidere di far parte di quel segreto oppure di lasciarsi alle spalle quelle orribili rivelazioni per tornarsene al sicuro nella sua sala comune. Il vero problema infatti non era lei, ma Anderson. Ancora lì, impalato e con una faccia impassibile, li guardava dall'alto della sua posizione sul ciglio della scalinata. Era chiaro che avesse capito la loro bugia e questo aveva messo il gruppo in un clima di estremo sospetto e diffidenza. Avrebbe mai potuto fidarsi di quell'elemento? La vipera non avrebbe colto l'occasione per denunciarli ai suoi prefetti ed ottenere così vendetta? KC spostò lo sguardo su di lui. C'era ancora un po' di tempo prima che scattasse il coprifuoco, ed era lì con loro. Se avesse scelto quest'ultima possibilità si sarebbe ritrovato in difficoltà come tutti. In fin dei conti era costretto a tener la bocca chiusa, a meno che l'idea di passare una settimana di punizione col famigerato trio grifontassi non lo tentasse come una delle teche di Mielandia.
- Stiamo cercando di capire cosa è successo.
Con quella frase aveva cercato di mettere da parte l'odio e il suo desiderio di vedere la faccia di Daniel riempita di schiaffi, dandogli una chance, una sola, in modo che potessero proseguire tutti più sereni la loro ricerca. Era un'implicita richiesta di unirsi a loro.
Con gli sguardi puntati tutti alla stessa linea d'aria però non si erano resi conto di un piccolo dettaglio che stava prendendo forma poco più in basso. Un leggero tossicchiare proveniente dai piedi di Anderson aveva cominciato a riecheggiare fra le statue e le balaustre in marmo delle scale, accompagnato dal tintinnare del rame di un coperchio sui bordi di una teiera, o almeno quella che sembrava una teiera. Fra i mille oggetti sparpagliati per terra - coppe, candelieri, cuscini, stoviglie, vestaglie e chi più ne ha più ne metta - solo uno si separava dalla catasta che attorniava l'ingresso dello sgabuzzino messo a soqquadro da Pix, il primo tra l'altro che questi aveva lanciato. Si trattava di una di quelle strampalate lampade ad olio orientali che a volte si poteva ammirare nei bazar di Diagon Alley oppure - per chi se ne intendeva - nei cartoni animati. Lentamente l'arnese sembrava raggiungere una temperatura critica. Il suo grattarsi la gola divenne ben presto una fila di poderosi colpi di tosse canina dal tono metallico. Sbuffavano fumo di qua e di là facendo rimbalzare il coperchietto intarsiato come se al suo interno stesse bollendo qualcosa.




Sorry, sorry, sorry, sorry, sorry ecc.
 
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36 replies since 15/10/2018, 00:25   1031 views
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