Messagger non porta pena, Per Vath

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view post Posted on 30/9/2018, 19:03
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Fosse dipeso da lei, in quel momento si sarebbe trovata sul divano, e non su uno sgabello troppo alto al bancone del Paiolo Magico. Le fusa di Emerald avrebbero intrattenuto le sue orecchie invece del vociare indistinto che, nella penombra del locale male illuminato, si confondeva al tintinnare dei bicchieri in una monotonia interrotta, di tanto in tanto, dallo scoppio di fragorose risate. Era tentata di apportare una piccola modifica alla situazione attuale: un dettaglio che l'avrebbe avvicinata al suo ideale di “serata tranquilla perché domani il turno inizia presto”. Di tanto in tanto la piccola mano inanellata correva alla borsetta in un atteggiamento che sembrava denotare nervosismo, ma che nasceva dalla sola indecisione. Estrarre o meno il libro che vi era dentro? Se l'avesse fatto, avrebbe potuto ritagliare un piccolo angolino tutto per sé, in cui perdersi indisturbata dalle circostanze esterne. Allo stesso tempo, però, ciò avrebbe distolto l'attenzione dalla sua missione, mettendone a rischio la riuscita.
Si guardò un'altra volta intorno, in cerca di qualcuno che corrispondesse alla descrizione di Mrs Butler: magonò di sesso maschile, castano e di bell'aspetto, da poco oltre la trentina. Non scorse nessuno che potesse avvicinarsi al
suo uomo.
Per la verità, non aveva ben chiaro il motivo della sua missione. Mrs Butler era una vecchia amica di famiglia a cui non si potevano rifiutare piccoli favori da nulla come, per l'appunto, incontrare sconosciuti per trasmettere loro messaggi criptici. La Strega si era dichiarata impossibilitata a lasciare la propria abitazione, anche se Jolene non ne aveva ben compreso il motivo. Quel che era sicuro era che avrebbe dovuto incontrarsi con tale signore per qualche faccenda importante e delicata, così tanto da non permettere l'utilizzo della normale posta via Gufo. Non potendo più presenziare a tale appuntamento, aveva chiesto a Jolene, cara ragazza sempre
così disponibile, di risolvere quel piccolo inconveniente.
«D'altra parte uscire un po' ti può fare solo che bene. Tesoro, guardati, sei così pallida! Lavorare tra quei bambini malati ti sta sciupando.»
Jolene non aveva avuto cuore di farle notare che l'incarnato latteo era una sua caratteristica fin dalla più tenera età, né aveva osato rifiutarsi di fronte ai miagolii di insistenza dell'anziana Strega. In fondo non le sarebbe dispiaciuto uscire, se solo avesse potuto contare sulla compagnia di qualcuno. Al momento, purtroppo, si trovava a corto di conoscenti da poter invitare.
Aveva deciso di bere qualcosa per ingannare l'attesa, e stava aspettando che qualcuno si rivolgesse a lei per raccogliere l'ordinazione. Nel frattempo una mano accarezzava distrattamente ora la chiusura della borsa, ora il tessuto spesso della gonna. Il verde profondo dell'indumento si tramutava in nero tra le tenebre che vi indugiavano intorno, mostrando una parvenza di colore negli occasionali guizzi caldi delle candele. I capelli erano più generosamente illuminati, e parevano fiamme nell'atto di girare la testa da una parte e dall'altra: era evidente che stava cercando qualcuno.






Si potrebbe gentilmente avere il titolo in questo colore? #254117 Grazie grazissime :fru:

 
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view post Posted on 30/9/2018, 19:56
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Messagger non porta pena
Capitolo I
Vath Remar
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Ex Serpeverde
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«La conoscenza è potere.»

Aveva fatto tardi quella sera: una serata di straordinari al C.M.I. stava a significare scartoffie su scartoffie e a Vath, in quel frangente impegnare la mente con burocrazia e noiosi documenti da interpretare, redigere e inviare a superiori o uffici di altri Ministeri era una manna dal cielo. Quella sera, come tante altre prima, poteva far affidamento sulla preziosa e valida amica Mìreen per i suoi bimbi. l'aveva avvisata di non starlo ad aspettare per cenare e anzi, l'aveva avvertita che non sarebbe tornato appena avrebbe finito poiché doveva passare prima a Diagon Alley per una commissione. Così, anziché smaterializzarsi direttamente nella strada magica, uscì dal ministero tramite l'ascensore e si diresse verso Charing Cross Road. L'estate era quasi finita, iniziava a farsi sentire un'arietta fresca, così dirigendosi a passo svelto verso il Paiolo Magico l'uomo poté osservare i dintorni con sguardo attento: era quasi passato un anno dall'evento che aveva scosso gli animi di gran parte dei maghi. Raven Shinretsu e il suo fuoco maledetto creavano sensazioni differenti per ognuno: paura, impotenza, rabbia. Il ventottenne era solito pensare a quell'evento con rabbia, rabbia per il fatto che l'ex Corvonero fosse ancora a piede libero, rabbia per un ministero che, vista la minaccia da parte dell'uomo, evitava di rilasciare da ormai quasi un anno dichiarazioni sull'accaduto. Fu con questi pensieri e il familiare ticchettio ritmico della punta del suo bastone da passeggio che entrò nel locale visibile solo ai maghi. La testa del serpente in argento del proprio bastone era rivolta verso chi si trovava di fronte al ministeriale, una breve occhiata verso i vari avventori, poi si sarebbe diretto verso l'uscita secondaria rivolta verso Diagon Alley. Una donna in particolare lo incuriosì, capelli color del fuoco, la ragazza, di poco più giovane di lui stava evidentemente cercando qualcuno.

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view post Posted on 10/10/2018, 10:56
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Cominciava a preoccuparsi dell'esito che avrebbe avuto la missione: gli unici elementi che aveva a disposizione per riconoscere il suo bersaglio erano quanto mai generici. Insomma, di trentenni castani ne è pieno il mondo, e si può opinare sulla concezione di “bell'aspetto” fino ad esaurire le parole. Probabilmente la condizione di magonò era il tratto più distintivo di tale persona, ma non è certamente qualcosa che salti all'occhio.
Un leggero scoramento si stava facendo largo in lei, quando una figura attirò la sua attenzione. Si trattava di un giovane uomo che, verosimilmente, poteva essere colui che stava cercando. Indossava un completo elegante e accompagnava il ritmo dei propri passi con un bastone dal pomello lucente, la cui forma non era ben distinguibile nella distanza intessuta di luci e ombre.
Istintivamente, Jolene raddrizzò la schiena, appoggiò i gomiti sul bancone e intrecciò le dita a sostegno del mento, che voltò discretamente nella direzione dell'uomo. Lo seguì con gli occhi, e più lo guardava più si convinceva che aveva
lo aveva trovato.
Doveva ammettere di trovare tranquillizzante il suo aspetto ordinato e professionale: tra tutti i punti oscuri di quella strana faccenda, si era aspettata un personaggio losco, quantomeno avvolto in un mantello dalle tinte notturne. Il completo con giacca e cravatta, invece, suggeriva che quell'uomo non si sarebbe mai immischiato, ad esempio, nel mercato nero delle uova di Drago o di Acromantula – possibilità che, con suo sommo orrore, aveva valutato. Doveva trattarsi di qualcosa di legale, dopo tutto.
Ora restava la questione di come approcciarsi. Doveva seguire delle istruzioni semplici e precise, ma prima avrebbe dovuto attirare la sua attenzione. Fortunatamente, si stava dirigendo verso di lei, e i loro sguardi si incrociarono per un momento.
Decise di agire in modo discreto. Se si sarebbe rivelato il bersaglio sbagliato, avrebbe dovuto avere una via di fuga, un modo per non passare per pazza furiosa.
«Oh, per tutti i Troll!» Si curò di esclamare energicamente, in opposizione alla discrezione con cui aveva sospinto appena la borsa dalla sedia, così da farla cadere a terra proprio sulla strada del presunto magonò. A quel punto, se fosse stato il gentiluomo che sembrava, l'avrebbe probabilmente raccolta. Avrebbe così avuto una scusa per rivolgergli la parola.

 
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view post Posted on 10/10/2018, 19:18
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Capitolo II
Vath Remar
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Quando avanzò lo sguardo che si era per un attimo intrattenuto sulla rossa torno dritto di fronte a se ad osservare la propria destinazione. La ragazza era certamente piacente, ma la recente scomparsa della moglie non l'aveva ancora digerita del tutto. Non si capacità a di come, nel giro di un pomeriggio, tutta la sua esistenza, tutto ciò che in quegli anni avevae costruito fosse stata messa alla prova e a rischio. Un suono sordo e un esclamazione colorita richiamò l'attenzione del Ministeriale che si voltò per comprendere meglio quanto era accaduto. Alla donna era caduta la borsetta e l'intero suo contenuto si era riversato sul pavimento. "I modi definiscono l'uomo." Vath era profondamente convinto di quella massima e, di certo, non avrebbe poi perso molto tempo nell'aiutarla così si piegò sulle ginocchia e raccolse le poche cose che stavano rotolando verso di sé: un rossetto, un pacchetto di fazzoletti, un astuccio e una lettera imbustata che era fuoriuscita da un libro di cui non riusciva a scorgerne il titolo. Solo successivamente, quando raccolse anche quello, vide che si trattava di una copia dello scrittore e sceneggiatore Francis Scott Key Fitzgerald "Belli e dannati", quando lo lesse Vath sorrise, il titolo del romanzo poteva sembrare una beffarda ironia contro se stesso e la sua situazione attuale. Quando si alzò il ventottenne porse le cose alla legittima proprietaria assieme alla borsa. «Ecco tieni, spero che ci sia tutto. È un piacere conoscerti, sono Vath Remar»

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view post Posted on 18/10/2018, 17:39
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L'uomo agì come Jolene aveva sperato; purtroppo non aveva tenuto conto del fatto che la borsa fosse aperta, e il suo contenuto si rovesciò interamente sul pavimento. Se non altro, l'inconveniente colorì la sua esclamazione di un'autenticità che la rese più credibile.
Con un piccolo salto scese dallo sgabello, intenzionata a contribuire alla raccolta dei suoi beni, ma ormai aveva provveduto a tutto lui. Jolene lo osservava attentamente e non le sfuggì il cambio d'espressione nel leggere il titolo del romanzo tra le cui pagine stava vivendo in quei giorni. Si domandò se lo conoscesse, se stesse sorridendo per un motivo particolare.
«Grazie davvero, gentilissimo!» La voce infantile era tinta di una punta di eccessivo entusiasmo, squillante come una tromba. Avrebbe fatto meglio a regolarsi, se non voleva destare sospetti, ma la consapevolezza di avere un incarico ben preciso la metteva piuttosto sulle spine. Non era mai stata una brava attrice, ed in effetti aveva qualcosa di del teatro scadente nei modi e nei gesti, come se stesse interpretando un personaggio che non le apparteneva.
«A volte sono proprio sbadata.» Tese le mani per riprendere le sue proprietà, e le rimise nella borsa con l'intenzione di mostrare un ordine metodico, mentre nella realtà dei fatti non faceva che indugiare prima di buttare tutto dentro alla rinfusa. «Sono Jolene White, il piacere è mio.» Appoggiò la borsa sulla sedia e gli tese la mano, un sorriso vivace sulle labbra.
Solo il libro era rimasto fuori, perché non aveva ancora avuto il tempo di archiviarlo insieme al resto. Indugiò con il volume tra le dita: uno dei bordi della busta che aveva infilato accuratamente tra le pagine sporgeva appena. Lo guardò distrattamente per qualche istante, prima di risollevare lo sguardo.
«Lo conosci?» Gli mostrò la copertina e fece battere l'unghia sul titolo. «Scusami, forse sei di fretta.»
Per il momento non si stava attenendo strettamente al piano, ma era il caso di sondare il terreno ancora un po'. Se non avesse avuto tempo da perdere lì dentro, allora certamente non era colui che stava cercando.


 
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view post Posted on 19/10/2018, 06:04
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Capitolo III
Vath Remar
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La gratitudine che la donna espresse lo fece fermare più tempo del dovuto. La voce di lei, squillante e a tratti ancora infantile era il totale contrasto rispetto alla figura della donna, certo sempre più giovane rispetto a lui tanto da non averne memoria tra i primi i durante il suo settimo anno. Anche con Mìreen il ministeriale, al loro primo incontro, aveva avuto dei dubbi provocati certamente dalla tinta così insolita nel mondo Magico. «Figurati, nessun problema. Non sono certo entrato alla Cooperazione Magica Internazionale per poi rifuggere questi piccoli atti di cortesia.» Un sorriso avrebbe seguito la battuta, si era presentato e le aveva anche scherzosamente rivelato la propria posizione lavorativa. Quando lei afferrò tutte le sue cose si presentò: Jolene White. Il nome non gli diceva nulla, a riprova del fatto che la ragazza non fosse stata ad Hogwarts durante i suoi stessi anni; solo il cognome gli diede qualche rimando ai ricordi scolastici. White in Inghilterra era un cognome molto diffuso ma se la ragazza fosse stata una Strega purosangue il cognome white non era poi così comune.

Era ancora euforico, neanche il tempo di esser stato poggiato sulla propria testa che il Cappello Parlante lo aveva smistato dove l'undicenne sapeva che era stato destinato fin dalla nascita. L'undicenne attendeva che finissero gli smistamento e nel frattempo parlava con Hill, il suo vicino di tavolo.
«Quand'è che finiscono? Io ho fame.» Fu proprio in quel momento che venne chiamato un altro, ultimo, nome. «White, Sirius.» Il ragazzo si sedette e il responso del cappello fu: "Cosa vedo grinta da vendere
vedrai che a
GRIFONDORO ti imparerai a difendere"» Solo allora la cerimonia dello smistamento finì.

Si riscosse da quel ricordo e tese la mano verso la ragazza. «Enchanté. White...è per caso un tuo parente un certo Sirius? Era del mio stesso anno ad Hogwarts.» Una domanda che, almeno, avrebbe risparmiato gaffes successive. La donna nel frattempo gli aveva fatto una domanda, proprio sul libro che aveva appena recuperato. «In un certo senso si, sai senza la tecnologia Babbana noi maghi abbiamo molto tempo a disposizione per seguire le nostre inclinazioni; la lettura fa parte delle mie e quello è uno di quei libri che ho letto tempo addietro. “Non c’è bellezza senza malinconia e non c’è malinconia senza la cognizione che tutto è destinato – uomini, nomi, libri, case – a andare in polvere.”» L'ultima frase era una citazione dell'autore che si trovava in quel preciso libro, se era già arrivata a quel punto sicuramente l'avrebbe riconosciuta. L'uomo poi ascoltò le scuse della ragazza sorridendo cordiale, quella piccola fermata poteva essere una piacevole distrazione, e poi, anziché comprare delle paste da Fortebraccio, avrebbe potuto sempre fondere le cioccorane dei bimbi per poter farne una torta.«Nessun problema, davvero, ho già trovato la soluzione all'acquisto che volevo fare.» Un cenno con la mano ai posti liberi li vicino avrebbe decretato la sua voglia di rimanere.

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view post Posted on 9/11/2018, 22:49
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Fu contenta di notare nella nuova conoscenza una certa disposizione al dialogo: questo rendeva le cose più semplici. Sorrise a labbra strette quando Vath Remar colse l'occasione per rivelarle il suo incarico, incerta se interpretarlo come un modo per far trapelare il proprio autocompiacimento, oppure come una semplice battuta. Preferì non ribattere, e poco dopo, in seguito a qualche istante in cui parve che l'uomo si fosse immerso in pensieri tutti suoi, Jolene parlò nuovamente.
«Sirius, dici?» Si prese del tempo per riflettere mentre una leggera ruga andava a solcarle la fronte. E mentre pensava ad eventuali legami di parentela, improvvisamente si rese conto che, se aveva frequentato Hogwarts, Vath non poteva essere un Magonò. Si leggeva un certo disappunto nella sua voce quando finalmente rispose. «No, non che io sappia. D'altronde è poco probabile, dato che penso di essere la prima strega nella famiglia di mio padre.»
Cosa avrebbe dovuto fare? Sarebbe stato maleducato interrompere la conversazione di punto in bianco. Allo stesso tempo, Jolene non avrebbe mai allontanato qualcuno che le parlasse di libri, era più forte di lei. Decise quindi che avrebbe continuato la conoscenza del Mago, lanciando nel frattempo qualche occhiata al resto del Pub.
Sorrise nel riconoscere la citazione. Era ormai la seconda volta che rileggeva quel romanzo, quindi era familiare con il contenuto delle sue pagine. Vath aveva scelto una riflessione chiave nell'intero libro, e un po' della malinconia di qui parlava si poteva intravvedere sotto alle ciglia della rossa mentre rammentava il destino di decadenza dei due protagonisti.
«Sei d'accordo?» Domandò a bruciapelo, senza molti convenevoli. La sua curiosità aveva senza dubbio qualcosa di infantile, nella natura e nella manifestazione.
Riprese posto sullo sgabello che aveva abbandonato: un piccolo slancio, necessario nonostante l'apporto dei tacchi alla sua modesta altezza, e fu nuovamente appollaiata di fronte al bancone. Si voltò verso Vath e ne studiò i tratti, cercando di capire che impressione le suscitassero. Il Mago era sicuramente più in là con gli anni di lei, seppure ancora giovane. Tutto il lui parlava di professionalità, una sorta di fredda cortesia che, lo avrebbe giurato, si poteva intravvedere riflessa sul pomello argentato del suo bastone da passeggio. Probabilmente era un fiero Purosangue, dato che difficilmente qualcuno che avesse contatti col mondo Babbano avrebbe azzardato un accessorio tanto bizzarro. Accanto a lui, Jolene sentiva che avrebbe dovuto mostrarsi più matura e seria di quel che realmente era, ma non sapeva bene come fare una cosa del genere.
«Oh, bene! Volevo giusto ordinare una cioccolata calda, se vuoi dare un'occhiata questo è il menù.» Fece scivolare il libretto verso di lui. Avrebbe atteso che decidesse cosa prendere prima di fare cenno a un cameriere.
«Eri un Serpeverde, vero?» Gli domandò, accennando appena alla testa di serpente del pomello. Era un biglietto da visita piuttosto inequivocabile.



Vorrei ordinare una cioccolata calda bianca, por favor :flower:

 
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view post Posted on 10/11/2018, 18:08
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Capitolo IV
Vath Remar
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Vath annuì alla ragazza che ripeté per conferma il nome da lui pronunciato. Sirius non era un parente della giovane anzi, lesse tra le parole di lei che suo padre fosse un babbano e di come lei, di conseguenza fosse una strega mezzosangue o una NataBabbana. Vath si accomodò sullo sgabello non prima, tuttavia, di rispondere alla domanda che lei gli pose. «Lo condivido in parte, Jolene, il tempo è l'unica forza che, nonostante tutto, neanche noi maghi non potremo mai imbrigliare completamente. Le giratempo possono essere utili ma anche loro si piegano incontrovertibilmente alla forza che esso esercita. Tuttavia anche se uomini, nomi, libri, case andranno in polvere la memoria collettiva resisterà alla prova del tempo. A riprova di questo abbiamo documenti e tracce fin dalla preistoria quindi non condivido totalmente la frase.» Dalla scomparsa di sua moglie Vath si era chiesto molte volte l'effetto che l'evento avrebbe provocato nel tempo. Si era già deciso del fatto che il detto "Il tempo guarisce ogni ferita." fosse una cavolata inventata da qualcuno che non possedesse lo stesso suo tipo di memoria. Il tempo non avrebbe guarito nulla, l'uomo avrebbe avuto sempre una parte di sé stesso spezzata e incapace di ritrovare quello smalto che lo guidava nel periodo prima della scomparsa. Non era intenzionato a prendersi cose troppo caloriche, così anche senza guardare il menù seppe già cosa ordinare. «Io ordinerò un thè, non è più così caldo rispetto a prima.» L'affermazione successiva di Jolene era mascherata da domanda ma, in effetti, il bastone da passeggio di Vath era un chiaro rimando alle proprie radici e alla propria casata.

«"Fiero e di antica genealogia
Serpeverde servirà per la tua ideologia."»


Vath aveva riportato ciò che il Cappello Parlante aveva detto durante il suo smistamento non appena toccò il suo capo. Un sorriso spuntò sul suo volto, per un momento si chiese quale casata fosse la ragazza ma anziché tentare di indovinare il ministeriale preferì chiederglielo direttamente. «Invece tu?»

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Edited by Vath Remar - 10/11/2018, 18:57
 
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view post Posted on 13/11/2018, 17:35
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Lily Lovecraft

Al Paiolo Magico | 14 anni | Jolene&Vath

Nuova vita, nuovo lavoro. Strano come in una sola estate tutto potesse cambiare, ma la vita riservava sempre nuove sfide e Lily si era abituata anche a quelle.
Aveva lasciato il posto da Madama Piediburro per rintanarsi nei colori più caldi del Paiolo da pochi giorni. Non c’era nulla che non andasse nel vecchio ristorante, ma forse non era proprio dell’aria romantica e dei colori pastello che aveva bisogno in quel momento. Aveva bisogno di qualcosa di saldo a cui aggrapparsi, e quel nuovo lavoro poteva fare proprio al caso suo.
Chiuse gli occhi e canticchiò una canzone a bassa voce, mentre con i piedi si cullava sullo sgabello in legno. Più volte aveva rischiato di perdere l’equilibrio e cadere ma tutte le volte si era aggrappata al bancone giusto in tempo.
Dopo la sessione di silenzioso karaoke, si era premurata di girare tra i tavoli per prendere le ordinazioni. Si fermò al tavolo dove una ragazza e un uomo sembravano impegnati in una conversazione tranquilla.
«Una cioccolata calda bianca e un tè, perfetto.» Disse con un tono forse troppo professionale e discreto, rendendosi subito conto che un sorriso avrebbe potuto addolcire la sua espressione così rigida.
Non c’erano altri tavoli che richiedevano la sua immediata attenzione quindi si trattenne nelle cucine durante la preparazione dell’ordine, stordendosi con l’odore dolce e familiare della cioccolata bianca. Bastò quello a farle tornare il sorriso.
Quando tornò al tavolo la sua espressione poteva quasi ricordare una placida beatitudine, che ancora una volta si crogiolava nella consapevolezza che non ci fosse nulla che la cioccolata non potesse curare.
«Una cioccolata per la signorina...» Disse porgendo la tazza fumante alla bella ragazza dai capelli rossi. «E un tè per il signore.» Questa volta aveva servito con mani ferme il tè all’uomo dall’aria elegante e raffinata. «Dovrebbe essere tutto, vi auguro una buona giornata! Sono proprio lì al bancone se doveste avere ancora bisogno di me.» Sorrise ai due con educazione, tornandosene al suo sgabello scricchiolante, portandosi dietro al bancone con passi pesanti e pigri.
Jolene: Cioccolata calda (3 falci)
Vath: Tè (1 falce)
Buon proseguimento, ragazzuoli! :flower:

 
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view post Posted on 29/11/2018, 22:12
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Ascoltò con una buona dose di curiosità quello che Vath aveva da dire in merito alla delicata questione del tempo. Doveva ammettere di trovarsi in gran parte d'accordo con il suo discorso – ecco che si premurò di annuire diligentemente in tutti i punti giusti, esibendo un piccolo sorriso finale per indicare che era soddisfatta della risposta e che, almeno per il momento, essa non necessitava di ulteriori repliche. Jolene provava un indubbio gusto a riflettere su concetti del genere: per quanto fossero troppo ostici per poter arrivare a una degna conclusione, amava immergersi nel piacere della ricerca di punti di vista sempre più convincenti da cui osservarli.
«Oh, signor Remar, le devo proprio dare ragione! Fa sempre piacere scambiarsi qualche aforisma sulle fluttuazioni del mercurio.» Un sorriso impeccabile brillò in direzione del Ministeriale: le parole della rossa avrebbero potuto sembrargli strane, ma Jolene voleva mettere alla prova la sua conoscenza del romanzo. Avrebbe captato la nuova citazione?
A quanto pareva il suo intuito non si era ancora arrugginito: aveva colto nel segno tentando di indovinare la Casata della nuova conoscenza. Che buffo, anche lei ricorreva sempre alle filastrocche del Cappello Parlante quando doveva parlare dei sette anni trascorsi nei colori di Corvonero. Nel suo caso, però, non ricordava esattamente quali espressioni il vecchio indumento avesse usato per lei e lei sola: piuttosto, aveva in mente un vasto assortimento di rime più o meno improbabili, raccolte nel corso degli smistamenti a cui aveva assistito. Non era ben sicura che alcune non fossero inventate da lei stessa su imitazione del suo stile, per la verità.
«Ingegno e pronta mente...» ...Faran di te un gran sergente? No, non poteva essere così. «...faran di te un Corvo ardente.» Davvero? Si mise a ridacchiare nell'immaginarsi il fiero volatile Bronzo-Blu spennacchiato da un allegro fuocherello.
«D'accordo, forse non mi ricordo le esatte parole del Cappello. Ma hai capito.»
Presto una giovane cameriera venne a prendere i loro ordini; non dovettero aspettare molto prima di vederla tornare con le due tazze. Jolene la ringraziò cordialmente, lasciando che gli occhi seguissero distrattamente la sua figura mentre si allontanava e cogliendo l'occasione per guardarsi intorno, ma nessun nuovo cliente attirò la sua attenzione.
«Sono convinta che il tè e la cioccolata siano quanto di più vicino all'immortalità si possa immaginare.» Proferì in tono semiserio, girando distrattamente il cucchiaino dentro la propria tazza. Infine smise di cincischiare e prese un primo assaggio di pura dolcezza. «Cosa ti porta da queste parti? Se non sono indiscreta, naturalmente.» Le sembrava che inizialmente avesse accennato a degli acquisti, ma era un modo come un altro per fare conversazione. Oltre a questo, si poteva dire che Jolene provasse un certo infantile desiderio di nascondere la sua missione segreta, e naturalmente non c'era nessun gusto se non disseminava almeno qualche indizio.



Perdoname por mi ritardo loco :flower:

 
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E così, Jolene White, era stata un adepta di Priscilla proprio come la cugina. Curiosa casualità poiché, se non fosse stato per quello, avrebbe evitato di frequentare altri studenti al di fuori dei verde-argento. Sia Lia O'Connor che Tessa O'Brien erano state concasate della ragazza che, in quel momento, stava di fronte al dipendente Ministeriale. Si senti di escludere che l'avvomaga la conoscesse, era una sua coetanea e Jolene non sarebbe stata secondo la propria memoria ad Hogwarts durante il periodo di Vath e Tessa, forse la cugina aveva potuto conoscere la White essendo più giovane. «Un po' come fecero il signor Bloeckman e Patch al bar Manhattan.» Un sorriso, Vath era sempre sul pezzo, la sua memoria gli consentiva di cogliere quelle piccole citazioni come un metaldetector avrebbe fatto con il più piccolo ago in un pagliaio. Quando arrivò una ragazza a prendere le ordinazioni e successivamente a portare the e cioccolata calda Vath ringraziò e, senza aggiungere nulla alla sua bevanda, non appena si fu raffreddata il giusto per non ustionarsi ne prese qualche sorso. «Mia cugina Lia O'Connor era un adepta di Priscilla, probabilmente era l'unico motivo per cui durante gli anni ad Hogwarts oltre ai miei concasati avevo instaurato una sorta di convivenza pacifica con i Corvi. Siamo simili per certi versi, entrambe le casate danno priorità al ragionamento, non c'è l'istintività che contraddistingue i Tassi e i Grifondoro.» Jolene gli chiese come mai era di passaggio al Paiolo Magico e Vath sorrise, non era stata indiscreta e soprattutto non c'era nulla di male a dire una cosa simile. «Volevo andare da Florian a prendere una delle sue torte. Un amica sta facendo da bambinaia per i miei figli e dato che non vuole galeoni ho pensato di ripagarla con una torta.» Un rapido sguardo all'orologio da polso e poi lo sguardo color acquamarina si poggiò nuovamente su quello di lei. «Purtroppo a quest'ora sarà già chiuso ma ho a disposizione un grosso quantitativo di Cioccorane a casa, le fonderò e le userò per creare da me una torta.»

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«Non te ne sfugge una.» Jolene dovette ammettere, con sorpresa e una punta di ammirazione, che il suo compagno di conversazione aveva una grande memoria. O quello era il suo libro preferito e l'aveva letto e riletto fino a conoscerlo a menadito, o possedeva un certo talento per i dettagli. Perfino lei non si ricordava da chi fosse pronunciata quella frase all'interno del romanzo: semplicemente, quel modo di esprimersi le era piaciuto così tanto che non aveva potuto fare a meno di segnarselo su un quadernino apposito. A volte dava una scorsa ai quei frammenti di arte, e nel tempo essi si erano impressi nella sua memoria; chissà, forse Vath possedeva uno stratagemma simile.
Dentro di sé approvò la scelta del ministeriale di prendere il tè senza niente che ne smorzasse o alterasse il gusto: lei avrebbe fatto lo stesso. Si ritrovò ad accigliarsi, invece, quando egli iniziò una riflessione piuttosto barcollante sulla compatibilità o meno tra Casate. Non sapeva se aveva intenzione di esprimere concetti meramente personali o se essi avessero una pretesa di universalità, ma in quest'ultimo caso avrebbe avuto qualcosa da ridire.
«Personalmente, se ho mai avuto problemi a instaurare una convivenza pacifica con qualcuno, non ho trovato nessuna connessione con la sua Casa di appartenenza.» Un leggero sorriso smorzò la severità che quell'affermazione avrebbe potuto avere, adeguandola alla tipica morbidezza della giovane. Gli lanciò uno sguardo che, nel riflettere il barlume delle candele da cui erano circondati, risultava indecifrabile. «Spero che una volta uscito dalle mura del castello tu abbia trovato qualche eccezione alla tua regola.»
C'era qualcosa, in quell'uomo, che a lungo andare la lasciava interdetta. Forse era solo lei che predicava bene e razzolava male, ritrovandosi a costruire assunzioni su basi tutt'altro che solide, ma qualcosa le diceva che, a ben conoscerlo, Vath non le sarebbe piaciuto granché. Era come se da lui emanasse una freddezza tangibile, che la faceva desistere dall'avvicinarsi. Si rimproverò di essere ingiusta e, come a voler rimarcare il fatto, il motivo che aveva portato l'uomo da quelle parti era a dir poco
adorabile.
«Che dolce da parte tua.» Le parole sgorgarono, forse, con una punta di entusiasmo in eccesso, come se volesse farsi perdonare per i pensieri non molto lusinghieri che aveva appena fatto. «Potrebbe anche essere meglio così, sai? I pensieri fatti con le proprie mani hanno sempre qualcosa in più. A meno che tu non sia un cuoco terribile, certo.» La sua risata risuonò cristallina nell'aria che li separava. «A tal proposito avrei qualche aneddoto su mio padre che tenta di cucinare per me e mia madre, ne ha combinate di tutti i colori. Ma abbiamo sempre apprezzato!»

 
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view post Posted on 6/12/2018, 22:53
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Capitolo VI
Vath Remar
28
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Acero, pelle di Runespoor, 12 pollici e 3/4, rigida.
Ex Serpeverde
Legilimens Apprendista
«La conoscenza è potere.»

Un sorriso accolse l'affermazione di Jolene, avrebbe riso compostamente e, successivamente, preso un sorso di the. La sua maledizione e benedizione al tempo stesso, ecco cos'era la sua memoria e Vath ne era pienamente consapevole. Aveva compiuto da pochi mesi ventotto anni eppure il giovane della cooperazione magica internazionale raccoglieva nella sua mente, in maniera indelebile, ogni singolo istante che viveva, amplificata da tutta l'esperienza indiretta che raccoglieva dai grandi pensatori del passato. «In effetti...» Si schermì così da quel complimento, non voleva apparire saccente né rivelare della propria condizione. Avrebbe preso un nuovo sorso della propria bevanda, assaporando le note d'arancia e cannella sulle proprie papille gustative. Quel gusto, unito a quello dei biscotti allo zenzero di Madama Rosmerta, ormai lo associava indissolubilmente al primo incontro dopo la scuola con Sybella e in quel particolare momento Vath se ne sentì tutto il peso addosso. Se da una parte aveva preso quel gusto per abitudine, il rifugiarsi in sapori a lui cari si stava rilevando un arma a doppio taglio: un groppo gli si formò in gola e il pensiero corse immediatamente a lei, la persona che fino al primo agosto di quell'anno era stata il centro del suo universo. La sua mano andò alla tasca dove conservava il portafoglio, oggetto che conservava tra le altre cose una foto magica di Sybella scattata durante il viaggio di nozze.

giphy


Vath si schiarì la voce, nonostante i tristi pensieri sulla moglie scomparsa la sua mente aveva registrato le parole dette da Jolene e, riportato lo sguardo su di lei, avrebbe accennato un sorriso. «Era un pensiero da ragazzo, crescendo ho compreso che la nostra ricchezza è fatta dalla nostra diversità: l’altro ci è prezioso nella misura in cui ci è diverso.» Dopo questo avrebbe accavallato la gamba destra sulla sinistra, ruotando il busto verso di lei. «La persona di cui ti parlavo è un ex Grifondoro, Mìreen Fiachran, se pensi che a Hogwarts per me era solo una dei tanti "Grifondioti" passare dal chiamarli così al fare per lei una torta è un passo enorme, quasi quanto quello della famosa citazione di Neil Armstrong.» Scacciato il pensiero della moglie momentaneamente, Vath riuscì ad accennare anche una risata. La ragazza accennò alle scarse abilità culinarie del padre. «Prima di entrare al Ministero abitavo in un appartamento, cucinavo io sia per me che per mia moglie. Ora, con un elfo domestico, cucino meno ma qualche volta capita. Tu invece, di cosa ti occupi?»

Narrato ~ «Parlato» ~ “Pensato”
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Edited by Vath Remar - 10/12/2018, 15:28
 
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view post Posted on 15/12/2018, 23:50
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Forse era solo una sua impressione, ma Jolene pensò che, per qualche istante appena, il volto di Vath si fosse oscurato. In risposta, la figura minuta dell'Infermiera si protese in modo impercettibile verso di lui, lo sguardo concentrato nel tentativo di carpire qualche pensiero non detto. Fu un attimo soltanto, e quando Jolene riprese a parlare non era rimasta traccia di quell'aria pensierosa.
«Un piccolo passo per l'uomo, un grande passo per l'umanità.» Così proferendo, puntò il cucchiaino argentato in direzione del ministeriale per darsi un tono. Appena le famose parole ebbero lasciato le sue labbra, l'utensile tornò al suo abituale – e più soddisfacente – uso, immergendosi nel cioccolato cremoso.
«Hai ragione, Vath, qui si parla di roba importante, altro che.» Non intendeva avere l'aria leggermente canzonatoria che si sentiva appiccicata addosso: al contrario, era più che seria. Eppure, qualcosa nel suo corpo sfuggiva al controllo della mente. Forse, si stava inconsciamente ribellando alla profonda seriosità che sentiva emanare dall'uomo; consapevole di come questo avrebbe potuto farla apparire infantile e leggera, si schiarì la voce prima di proseguire, ponderando più attentamente le parole. «Solo chi è privo di fantasia ragiona per stereotipi, e quelli sulle Casate, in particolare, mi fanno venire la pelle d'oca. Se dovessi pensare a me stessa unicamente nei panni della tipica Corvonero, beh, mi ci troverei terribilmente stretta.»
Improvvisamente, le sovvenne un ricordo di qualche mese addietro: la temperatura era ancora mite, la flora di Regent's Park all'apice del suo splendore. Insieme al signor Fuji Tora e alla scimmietta Ambipon, Jolene si era addentrata in temi alquanto simili. Se non ricordava male, anche il giapponese era dipendente del Ministero: che fosse una caratteristica intrinseca di quel mestiere, essere interessati a discorsi del genere?
Annuì diligentemente in risposa alle informazioni che le venivano concesse; come persona tremendamente curiosa ma discreta allo stesso tempo, la rossa tendeva ad incastrare i dati che raccoglieva e a disegnare intorno ad essi trame complete e più o meno realistiche. In quel caso, si immaginò che Vath vivesse in un grande castello, sull'impronta di Hogwarts forse. Sicuramente aveva una cucina così grande che i suoi figli avrebbero potuto giocare un nascondino di tutto rispetto solo tra le sue credenze e le sue pentole.
«Io lavoro come infermiera a Hogwarts, già da qualche mese ormai. Uno potrebbe dire, e non a torto, che ho a malapena avuto il tempo di uscirne, che già mi sono precipitata a tornarci. Ora però la vivo in una prospettiva completamente diversa rispetto a tre anni fa, quando ancora studiavo lì. Tu l'hai più rivista, la scuola, dopo i M.A.G.O.?»

 
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view post Posted on 16/12/2018, 11:54
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Capitolo VII
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Acero, pelle di Runespoor, 12 pollici e 3/4, rigida.
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Vath annuì, la citazione esposta da Jolene era esattamente quella che aveva in mente. «Hai assolutamente ragione e noi non siamo certo privi di fantasia, vero?» Sorso dopo sorso avrebbe mandato giù quel the, così amaro non per via del suo sapore ma per i ricordi intrinseci che esso conservava, cercando di finirlo il più presto possibile. Jolene alla fine gli portò un nuovo spunto di conversazione, anche lei, come la cugina si era specializzata nel curare le persone e aveva trovato lavoro proprio presso il castello di Hogwarts. «Ma che bella cosa! Non è mai troppo presto per ritornare ad Hogwarts, Jolene, se potessi ci ritornerei ben volentieri, son stati sette anni intensi e pieni di sfide e per certi versi mi mancano. Dopo i M.A.G.O. ho viaggiato nelle maggiori capitali europee e non solo, avrei voluto vedere Beauxbatons, Durmstrang ma non sono riuscito a farlo e Hogwarts mi è sempre stata preclusa da allora. Chi lo sa, forse tra dieci anni la vedrò di nuovo quando i miei figli entreranno a farne parte.» Un sorriso avrebbe accompagnato quell'affermazione e insieme a ciò la tazza, ormai vuota, venne posata sul piattino. «Ho bene a mente tutta Hogwarts, i suoi parchi, i corridoi, le aule, perfino le lezioni ma quello che più mi manca è la sala comune, con quei suoi divanetti in pelle nera, la tenue luce verdastra che si riflette dalla finestra che da sulle profondità del lago nero.» Sospirò, sognante, poi si sarebbe schiarito la voce con due colpetti di tosse, per far ritornare il suo sguardo su quello della giovane. «Avrai a che fare quindi con mia cugina Nixy, è al suo primo anno, è stata smistata anche lei come te in Corvonero.»

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