Can you feel the thunder?, Privata - Daphne

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Charles Koskinen
view post Posted on 8/8/2018, 00:14





Charles Koskinen
C.K. | Disoccupato | 25 years | ♪ed-int “Can you feel the thunder?”
Lo strascico del mantello color blu notte faceva da sottofondo ai passi affrettati e decisi di Charles. La pioggia bagnava i capelli rossicci dell'uomo e gli scorreva lungo le guance, quasi a simulare lacrime fittizie. Sul viso del finlandese lo sguardo acido era solo l'apice di un'espressione che già di suo pareva voler comunicare tutta la delusione che lo riempiva quel giorno. E se tu, caro lettore, ti chiedi cosa avesse portato il venticinquenne a quella tragica situazione ti do subito una risposta: il filo dei pensieri. La giornata era già iniziata male quando, svegliatosi nel suo rifugio dietro alla pattumiera, Charlie si era reso conto del brusco temporale che aveva preso piede a Londra e nelle aree circostanti. Non era rimasto stranito dalla cosa, viste e conosciute le condizioni climatiche parecchio variabili della Bretagna ma ne era rimasto assolutamente infastidito. Il Koskinen doveva ammettere che gradisse di più il lieve freddo piovano all’afoso caldo che talvolta riempiva le giornate estive ma in quell’occasione non aveva potuto fare a meno di disapprovare il burrascoso temporale. Da un lato perché aveva allagato la cuccia per cani in cui viveva e dall’altro perché l'aveva obbligato ad andarsi a rifugiare sotto le fronde di un salice piangente. Lì, consapevole di non aver proprio niente da fare, il nordico aveva cominciato a riflettere e a fare congetture mentali sulla sua vita, partendo dal principio dei catastrofici eventi che alla fin della fiera l'avevano spinto a raggiungere il Regno Unito - abbandonando le fredde terre della Finlandia. Ripensare a Helga, a Izmo, alla tenera Amanda avevano spinto Charles a ricadere in un pozzo di malinconia che era culminata nel momento in cui aveva fatto mente locale sugli insuccessi che aveva avuto arrivato a Londra. Dopo tanto tempo, il Koskinen infatti non si era ancora trovato una residenza degna di tale nome né un lavoro che gli procurasse da vivere. Certo, per quest'ultimo - se avessero accettato la sua richiesta - era sul punto di essere assunto presso gli Uffici del Ministero ma non era certo al cento per cento che sarebbe andato tutto a buon fine. Conoscendo, poi, la sfiga donatagli da Madre Natura, Charlie era certo che sarebbe finito a pulire i cessi a casa del Ministro della Magia. Dunque, dopo aver trascorso ore a crearsi paranoie e a piangere sul latte versato, il giovane (che, a dire il vero, si considerava non tanto giovane visto il suo quarto di secolo) aveva preso la decisione che quella sera sarebbe andato da qualche parte, nel tentativo di dimenticare le disgrazie della sua vita. E che modo migliore di dimenticare esiste se non l’alcol? Il buon vecchio Kosky non era un’amante degli ubriaconi né beveva spesso, eppure quel giorno sentiva di doverlo a se stesso, per evitare di cadere in una depressione da cui non ci sarebbe potuto essere ritorno.
Dunque, con l'aria imbronciata e l'acqua in mezzo al pel di carota, il finlandese si stava trascinando in direzione del Paiolo Magico - uno dei suoi posti preferiti quando doveva darsi alla pazza gioia. Anche se di gioia in quel momento ne vedeva ben poca.
Ad ogni modo passo dopo passo e goccia dopo goccia, Charles raggiunse il pub quando il sole - invisibile sotto le nuvole temporalesche - stava tramontando. Entrò e un’aria di calore e allegria lo accolse. Il vociare di maghi e streghe e il cibo rendeva quel luogo un posto assolutamente accogliente. Il Koskinen non attese molto e, deciso, andò a sedersi su una delle sedie del bancone, in attesa che qualcuno lo degnasse di attenzioni.

«Un bicchiere di Whisky Incendiario, se permette.» ordinò con un cenno al garzone, mantenendo comunque un tono di rispetto. Poi ripensò a quanto aveva detto e si disse che forse avrebbe dovuto osare di più. «Anzi no, guardi, mi faccia due bicchieri che sono meglio.»

Sì, decisamente. Due bicchieri lo convincevano di più e sicuramente l'avrebbero un pochino tirato su di morale. Nell’attesa della sua ordinazione, si guardò attorno alla ricerca di visi conosciuti. Perché? Perché, per quanto non sembrasse così, Charles Koskinen aveva bisogno di parlare con qualcuno. Quella solitudine lo stava uccidendo.

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- Pronto per l'ordine, grazie!
 
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view post Posted on 9/8/2018, 14:57
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Quando aveva visto Eloise, sua cugina, tirare fuori quella scatola da sotto il suo letto aveva praticamente ignorato la cosa, convinta che contenesse qualche sua cianfrusaglia inutile.
Sebbene fosse una persona dal cuore d'oro, la bionda era sempre stata vista da tutti come una donna superficiale, molto attenta all'apparenza, perciò il primo pensiero di Daphne era che le volesse mostrare qualche nuovo acquisto o volesse approfittare della giornata piovosa per convincere la mora che dovesse curare un po' di più i dettagli del suo aspetto fisico, magari con qualche accessorio.
Quando, però, le aveva fatto segno con la mano di sedersi accanto a lei sul letto, il cipiglio della più giovane era diventato da indifferente dubbioso, ormai non più così sicura che si trattasse di qualcosa di poco valore, altrimenti perché farla sedere? Se fosse stato qualcosa di poco importante glielo avrebbe semplicemente mostrato con la sua solita allegria e la questione si sarebbe risolta con un semplice 'oh, al diavolo!'.
Il suo cuore praticamente si era rotto quando aveva aperto quello che si era rivelato uno scrigno pieno di ricordi. Non le era servito molto affinché capisse che quelle non erano cose appartenenti a Eloise, bensì ai suoi genitori. Non era possibile, come poteva la cugina avere tutte quelle cose? Era rimasto tutto a New Orleans, Daphne non aveva nemmeno una fotografia mentre lei aveva una scatola piena.
Non erano servite parole per far intendere la domanda che la più giovane voleva fare, era lì ferma a mezz'aria. Il suo corpo era scosso dai singhiozzi. Per troppo tempo aveva ignorato quei sentimenti: nostalgia, rabbia, paura. E ora rieccoli riaffiorare prepotenti.
Si era lasciata cullare dalla cugina finché non si era tranquillizzata dopo un lungo abbraccio. Si era pulita il viso dalle lacrime e aveva puntato gli occhi vitrei in quelli verdi della ragazza che aveva di fronte, accorgendosi per un attimo di quanto fossero tristi, pieni di pietà per lei.
«L'ho trovata a casa mia quando ci sono tornata, due settimane fa. Era sul tavolo della sala da pranzo, e so che non era mai stata lì perché non l'avevo mai notata, e la casa è vuota». Sapevano entrambe cosa significava ma nessuna delle due ebbe il coraggio di parlare, se quelle parole fossero state pronunciate a voce alta avrebbe solo significato che i suoi genitori erano ancora vivi e la tenevano d'occhio.
Erano delle bestie ma erano vivi.
Le tremavano le mani ma ciò nonostante prese una fotografia magica dalla scatola, raffigurava i suoi genitori da giovani che ballavano spensierati per poi baciarsi. Sembravano felici, moltissimo. Il suo sguardo venne attirato da qualcosa che luccicava sul fondo del contenitore di cartone e non ci volle molto a capire di cosa si trattava, era la collana che suo padre aveva regalato alla moglie quando l'aveva data alla luce, un cuoricino in argento con incisa la sua data di nascita e la scritta "Tiffany" sul retro, era quello il ciondolo che aveva deciso il suo secondo nome. Era tutto troppo.
Lanciò un'occhiata di scuse a Eloise e si smaterializzò all'istante, ritrovandosi sul retro del Paiolo. Entrò dentro fradicia, quasi ignorando che fuori diluviasse, e si sedette al bancone.
«Un bicchiere di Whisky Incendiario, se permette.» Si voltò nel vedere un uomo dai capelli rossi che però si corresse subito. «Anzi no, guardi, mi faccia due bicchieri che sono meglio.»
Aspettò che il garzone prendesse la sua ordinazione e parlò lei «Per me una cioccolata calda, per favore. Pago io anche per il signore» ordinò per poi rivolgere un sorriso all'uomo che non sembrava aver passato una bella giornata, esattamente come lei. Lei non beveva alcolici, la cioccolata era un metodo migliore per far passare la tristezza.
Solo in quel momento si accorse di avere ancora la foto dei suoi genitori in mano, la osservò facendo un sorriso amaro e la ripose nella tasca dell'abito, doveva smettere di pensare per un po'.
«Pessima giornata, eh?» chiese rivolta al rosso. Magari poteva aiutare qualcuno, l'avrebbe fatta sentire meglio e si sarebbe distratta per un po'.




2 x Whisky Incendiario
1 x Cioccolata calda
Tutto sul mio conto (K2163).
 
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Charles Koskinen
view post Posted on 12/8/2018, 11:35





Charles Koskinen
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Non sapeva cosa gli aveva detto il cervello, per spingerlo a cercare un viso conosciuto proprio nel bel mezzo del Paiolo Magico. Charles aveva, infatti, dovuto ricredersi all’istante, rendendosi conto che non c'era nessuno di conosciuto lì. Del resto aveva avuto pochi incontri ravvicinati da quando era tornato a Londra e le uniche persone che ricordava risalivano a circa un decennio prima - quando era ancora Hogwarts. Sicuramente se avesse incontrato qualche vecchio compagno di scuola, non sarebbe nemmeno riuscito a riconoscerlo, da quanto erano offuscati i ricordi nella sua mente. Dopo i tragici eventi di casa Koskinen in Finlandia, Charlie non aveva avuto modo di riprendere i contatti con nessuno dei suoi concasati o compagni di dormitorio con cui, tra l’altro, aveva parlato ben poco. E di conseguenza era stato naturale che le loro immagini sbiadissero col passare degli anni.
Così, senza risultati degni di nota, lo sguardo del rosso scivolò nuovamente sul bancone nell’attesa che il garzone prendesse nota di quanto aveva chiesto.
Ciò che avvenne dopo, prese di sorpresa il finlandese che non si sarebbe di certo aspettato un gesto di gentilezza da quella che pareva essere una totale sconosciuta.
Gli occhi blu, pieni di stupore, osservarono superficialmente la figura della ragazza che silenziosamente si era seduta di fianco a lui. Forse pietosa della triste condizione del nordico, aveva infatti preso l'iniziativa di pagare anche l'ordine di Charlie. Non sapeva che intenzioni avesse e perché l'avesse fatto, se con la volontà di essere gentile o se perché provasse una certa pena verso di lui. Comunque fosse, le labbra di Charles si spiegarono in un flebile sorriso.

«Oh, ti ringrazio, sei gentile ma non avresti dovuto.» sentenziò, questa volta sollevando le iridi marine in quelle di lei. Solo allora poté constatare una certa familiarità di quel viso - che rimandava a una lontana conoscenza. Ad ogni modo dovette frenare i suoi dubbi, poiché fu la ragazza a domandarsi sull’umore del finlandese. Le rivolse un cenno, facendo spallucce. «Non hai torto, è proprio pessima. Lo senti questo temporale? È la causa dei miei mali.»

Era naturale che l'avesse sentito, del resto quella burrascosa pioggia si era abbattuta imperterrita sulla Capitale già da quella mattina e forse solo un sordo-cieco non sarebbe riuscito a rendersene conto. Dette quelle parole, lo sguardo espressivo ma al contempo freddo di Charlie si spostò sulle sue dita che tamburellavano - facendo un rumore che non si poteva sentire, visto il chiacchiericcio e le risate di sottofondo del pub - sul legno del bancone. Sì, era decisamente in uno stato di malinconia.

«Di solito amo il clima estivo qui a Londra, con le sue piogge frequenti e tutto il resto. Ma oggi proprio non mi andava di… uhm, bagnarmi così tanto.» borbottò, con un velo di tristezza che quasi voleva nascondere i mille altri motivi per cui, no, quel giorno proprio non gli piaceva. Eppure se ne stette zitto, convinto che alla giovane - che forse aveva all’incirca la sua età? - non potesse interessare.

Fu solo dopo quelle brevi frasi che notò il movimento con cui la donna aveva infilato qualcosa dentro la tasca. Il vecchio Kosky avrebbe tanto voluto sapere di cosa si trattasse e indagare di più ma decise di lasciare in pace la rossa, convinto che non era nessuno per entrare in argomenti - magari anche privati - di una quasi sconosciuta. Anche perché quelle non erano di certo le uniche domande che erano balenate nella mente del venticinquenne da quando la rossa si era seduta di fianco a lui e ce ne erano altre che magari era più opportuno fare. Charles la osservò, strizzò gli occhi, indugiò per qualche attimo, pensò un paio di secondi a cosa dire e poi le si rivolse mentre un bagliore attraversava le sue iridi d’acqua.

«Non vorrei che la mia domanda risultasse fuori luogo ma devo chiederti… ci conosciamo? Ci siamo mai visti prima?» domandò, senza timore. C'era qualcosa dentro di lui che lo avvertiva di essere davanti a una persona che aveva già incontrato prima o poi nella vita. Non ricordava quando né dove né come né perché ma era certo di non sbagliarsi. Quei lineamenti li aveva sicuramente già visti e sperava di averne conferma di lì a poco.

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Edited by Charles Koskinen - 12/8/2018, 14:19
 
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view post Posted on 15/8/2018, 13:19
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Nonostante tutto quel chiasso e tutte quelle persone, se ci si concentrava un pochino, si poteva sentire l'incessante battere delle gocce sulle finestre del locale e sulla stradina di fronte. Era normale che tutte quelle persone si fossero rifugiate lì per ripararsi dalla pioggia e nel contempo stare in compagnia di amici e famigliari. Ma non era così per Daphne, e a quanto pareva nemmeno per il rosso che aveva di fronte.
Aveva abbandonato sua cugina non appena aveva appreso che fosse in possesso di tutte quelle cose appartenute ai coniugi Chevalier, e nonostante le volesse moltissimo bene era più arrabbiata perché gliele aveva tenute nascoste che per il fatto di vedere tutti quei ricordi in sé. Non le faceva più effetto da anni che i suoi genitori l'avessero lasciata, o addirittura dato la caccia, aveva accettato la cosa, per quanto fosse possibile. Si sentiva solo ferita, senza saperne il reale motivo. E forse anche il fatto di non controllare le sue emozioni l'aveva portata in quello stato.
E tutto quel cercare di psicanalizzarsi da sola le stava facendo venire un gran mal di testa.
Notò l'uomo che aveva di fronte sorriderle nel capire che avesse intenzione di pagare anche il suo ordine, ma Daphne era consapevole che fare un gesto carino per qualcuno poteva cambiare completamente la giornata, perché a volte un po' di gentilezza cambia molte cose. Era questo il suo pensiero fin da piccola.
«Mi fa piacere, non ti preoccupare» rispose semplicemente senza aggiungere più nulla, voleva lasciar cadere completamente il discorso, non c'era bisogno di concentrarsi su quell'atto più del necessario.
Ascoltò attentamente la sua spiegazione sul tempo, che quel giorno non era dei migliori, ma sorrise amaramente nel notare tutta la tristezza che quelle frasi nascondevano, non serviva essere un Legilimens o un sensitivo per capire che ci fosse dell'altro, e lei non avrebbe lasciato un'altra persona stare male, era più forte di lei.
«Oh certo, il tempo... Bisogna ammettere che tutta la pioggia che non è venuta giù nelle ultime settimane ha deciso di uscire allo scoperto, ma dubito che qualcuno ordini due Whisky per un po' di brutto tempo, no? Anche se non so a che livelli arrivi la tua meteoropatia.» Gli sorrise lievemente per poi abbassare lo sguardo sulle sue mani appoggiate al bancone, che si stavano torturando a vicenda senza che lei nemmeno se ne accorgesse. Schioccò debolmente la lingua e ritornò a guardare il rosso.
«Potrei sembrarti pazza, magari sembro messa pure peggio di te, ma penso che ti farebbe bene parlarne. Anche perché si dice che parlare con uno sconosciuto sia più facile.» Fece spallucce e sperò solamente di non sembrare una psicopatica ai suoi occhi.
«E comunque non credo che ci siamo mai incontrati, magari solo di sfuggita, ma non penso che abbiamo mai parlato» rispose aggrottando la fronte leggermente. Se si fossero già parlati probabilmente se ne sarebbe ricordata ma nella sua mente solo il vuoto, era più probabile che si fossero visti solo di sfuggita per Diagon Alley qualche volta.


 
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view post Posted on 21/8/2018, 18:05
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La conoscenza è limitata, l'immaginazione abbraccia il mondo.

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Bisognava ammettere che Londra non si smentiva mai quando si trattava di pioggia sia che fosse sulle teste dei maghi o su quelle dei babbani. Tuttavia il Paiolo restava incurante di ciò che avveniva all'esterno, sempre colmo di gente vociferante, calorosa e, in un certo qual modo sempre affamata o assetata. La ragazza stava prendendo l'ordinazione da un tavolo di maghi stranieri dall'accento discutibile, forse vagamente comprensibile, che volevano il mondo magico in tavola. Il suo spirito poliglotta fu duramente messo alla prova mentre stilavo il forbito menù per i visitatori. *Non si può dire abbiano carenze ed allergie, farò i miei auguri al cuoco* Si disse ironica immaginando la sua faccia per la mole di richieste. Era una giornata sfiancante, la locanda sembrava il rifugio preferito dei viandanti di tutte le specie che giravano a Diagon Alley quando pioveva. Entrando in cucina i fumi delle preparazioni l'avvolsero di tutto e di più si preparava magicamente da solo con l'aiuto del cuoco supervisionante. Mentre gli parlava quegli odori più disparati le penetravano nel naso, s'incollavano al tessuto della sua divisa, le impregnavano i capelli, sembrava come se volessero restarle permanentemente addosso. Certamente ad una persona affamata sarebbe rimasta con l'acquolina in bocca a tante delizie, ma per Jen quella era stata una delle parti più difficili dell'accettare quel lavoro. Non che disprezzasse il cibo, ma spesso si faceva bastare meno dello stretto necessario, l'indispensabile per restare in piedi una giornata senza svenire, e l'eccesso le dava la nausea. Difatti entrare in cucina era come immergersi in acqua, inalare il meno possibile sembrava una questione vitale. Pregustava già il suo rientro a casa, la doccia calda e l'odore di indumenti puliti e freschi.
Tornando dalla cucina il suo sogno ad occhi aperti sprofondò alla presenza di tutta la clientela in sala da gestire. Notò altri clienti al bancone e di routine passò da loro prendendo le ordinazioni. Tra le tante un solo abbinamento particolare le restò tra i pensieri distratti: 2 whisky e una cioccolata calda, immaginò quanto diverse potessero essere le persone che condividevano quel momento, tuttavia una cioccolata calda con un goccio di whisky non doveva essere poi così male.
Genti e ordinazioni se ne vedevano tante e di certo per un cameriere che passava ore a dedicarsi a queste di certo era raro che vi prestasse attenzione oltre il prendere-preparare-portare, capitava solo in sporadici casi di unicità. Attese che la cioccolata si fondesse con il latte al calore fino ad attribuirne quella tipica consistenza cremosa e versò i whisky in due bicchieri per poi portare tutto al banco dai due maghi.

« Ecco a voi »

Pronunciò con un sorriso lasciando prima la cioccolata fumante alla ragazza e poi i due alcolici al mago.



Daphne T. Woods:
2x Whisky Incendiario 10f
1x Cioccolata calda 3f

Se vi serve altro mandate un mp c:


Edited by Arklys - 27/8/2018, 12:08
 
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