Elijah Sullivan
Prefetto Serpeverde - 17 anni
Su Londra si era scatenato un temporale dai risvolti apocalittici. Pioveva da più di un giorno con una violenza inaudita e non accennava a smettere. Elijah era a casa di sua sorella, come spesso succedeva nell'ultimo periodo. L'ultima cosa che gli passava per la testa era tornare a casa da sua madre e sentire le solite frasi trite e ritrite. Gli dispiaceva per la sua sorellina più piccola, Clarissa, gli dispiaceva davvero molto. Lei non capiva ancora certe dinamiche e gli aveva mandato un gufo accorato in cui gli chiedeva di stare un po' con lei.
Era piccola, aveva solo sette anni. Per lei la casa di famiglia era un'isola felice e di questo Elijah non poteva che gioirne. Non avrebbe mai augurato alle sue sorelle più piccole quello che aveva passato lui con la loro cara madre. Ma, per fortuna, era lui la pecora nera non loro.
" Ma non torni a casa? E' tanto che non ti vedo.
Sei brutto se non torni. Cattivo, mi manchi.
Mi avevi promesso che mi avresti fatto volare sulla scopa e
che saresti andato forte forte.
Io ti aspetto anche per mangiare il gelato al cioccolato,
non puoi mangiarlo da solo senza di me.
Clary"
Aveva letto quel gufo con attenzione, piegato la pergamena e riposta nell'ultimo libro che stava leggendo. Solo lui sapeva quanto gli costava, ma era andato a casa per una settimana. Sette giorni interminabili. Clarissa era in Paradiso e fu l'unica nota felice della faccenda. Avevano volato sopra alla tenuta di famiglia e, mentre si teneva forte a lui, Clarissa aveva riso spensierata, i capelli lunghi rossi che svolazzavano sulle sue braccia. Amava quei capelli rossi, l'aveva sempre amati anche se non glielo aveva mai detto. Elijah non era proprio il tipo, soprattutto in quel momento. Si era fatto violenza solo per lei. Sua madre, invece, l'aveva guardato con disprezzo tutto il tempo, anche quando lui l'aveva affrontata a viso aperto poco prima di andare via. Le aveva chiesto come mai non aveva ancora ricevuto il suo anello, l'anello della famiglia di sua madre, quello che gli spettava come secondo genito maschio. Esther Montague gli aveva risposto, di nuovo, che non era degno di portare quell'anello. Elijah aveva chiuso nello stomaco il desiderio di farla fuori. L'amava e la odiava, la voleva morta. C'erano, probabilmente, tante ragioni per cui non lo faceva e la prima della lista era quella con quei fiammanti capelli rossi. Era andato via senza voltarsi indietro, come faceva sempre, ed era tornato a casa di sua sorella Hannah. Lì stava bene, in pace con se stesso. Lei lavorava a San Mungo ed era una presenza poco pesante e molto discreta.
La sera precedente avevano mangiato cibo cinese fino a scoppiare. Lei era tornata a casa con una busta enorme piena di ogni ben di Dio. Risotto alla cantonese, nuvolette di drago, involtini primavera, maiale in agrodolce, pollo con i germogli di bambù e perfino del gelato fritto.
Una serata perfetta : pioggia, cibo cinese e la sua sorella preferita. Altra cosa che non aveva mai confessato, ad essere sinceri.
Dopo avevano fumato insieme, seduti sul davanzale della finestra, una gamba dentro e una fuori. Non c'era gusto a fumare senza sfidare gli elementi. Farlo in casa non sarebbe stata una lotta contro il vento che gli buttava la pioggia addosso. Poco male. Si erano asciugati ed Elijah si era addormentato senza pensieri dopo aver letto qualche capitolo del libro che teneva sul comodino.
La mattina seguente la pioggia era solo un ricordo, ma la temperatura si era notevolmente abbassata, come una giornata di primavera. Il Serpeverde amava il freddo e il cambio - seppur momentaneo - di clima, lo invogliò ad uscire. Fare una passeggiata e non sudare sette camicie era proprio quello di cui aveva bisogno.
Avrebbe portato con sé il blocco da disegno e qualche matita, poi avrebbe camminato senza meta lasciandosi trascinare solo dall'istinto. Uscì e, appena giunto in strada, si accese una sigaretta. Camminò in silenzio fumando e pensò che avrebbe potuto portare uno dei suoi animali. Era tanto che non usciva con Theo, in realtà lo faceva solo a scuola. La natrice nera non era il genere di animaletto da esibire tra i Babbani. Theo..sì, Theo…
I piedi presero il comando e lo portarono dritto allo Zoo, dove c'era uno dei suoi posti preferiti, il Rettilario.
Entrò con calma fermandosi vicino al boa. Avere un serpente così era un sogno per uno come lui. Il rettile lo fissava ed Elijah sollevò la copertina dell'album, iniziando a disegnare.