Snakes Slither in, Privata

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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 26/7/2018, 18:05







Elijah Sullivan
Prefetto Serpeverde - 17 anni

Su Londra si era scatenato un temporale dai risvolti apocalittici. Pioveva da più di un giorno con una violenza inaudita e non accennava a smettere. Elijah era a casa di sua sorella, come spesso succedeva nell'ultimo periodo. L'ultima cosa che gli passava per la testa era tornare a casa da sua madre e sentire le solite frasi trite e ritrite. Gli dispiaceva per la sua sorellina più piccola, Clarissa, gli dispiaceva davvero molto. Lei non capiva ancora certe dinamiche e gli aveva mandato un gufo accorato in cui gli chiedeva di stare un po' con lei.
Era piccola, aveva solo sette anni. Per lei la casa di famiglia era un'isola felice e di questo Elijah non poteva che gioirne. Non avrebbe mai augurato alle sue sorelle più piccole quello che aveva passato lui con la loro cara madre. Ma, per fortuna, era lui la pecora nera non loro.

" Ma non torni a casa? E' tanto che non ti vedo.
Sei brutto se non torni. Cattivo, mi manchi.
Mi avevi promesso che mi avresti fatto volare sulla scopa e
che saresti andato forte forte.
Io ti aspetto anche per mangiare il gelato al cioccolato,
non puoi mangiarlo da solo senza di me.
Clary"


Aveva letto quel gufo con attenzione, piegato la pergamena e riposta nell'ultimo libro che stava leggendo. Solo lui sapeva quanto gli costava, ma era andato a casa per una settimana. Sette giorni interminabili. Clarissa era in Paradiso e fu l'unica nota felice della faccenda. Avevano volato sopra alla tenuta di famiglia e, mentre si teneva forte a lui, Clarissa aveva riso spensierata, i capelli lunghi rossi che svolazzavano sulle sue braccia. Amava quei capelli rossi, l'aveva sempre amati anche se non glielo aveva mai detto. Elijah non era proprio il tipo, soprattutto in quel momento. Si era fatto violenza solo per lei. Sua madre, invece, l'aveva guardato con disprezzo tutto il tempo, anche quando lui l'aveva affrontata a viso aperto poco prima di andare via. Le aveva chiesto come mai non aveva ancora ricevuto il suo anello, l'anello della famiglia di sua madre, quello che gli spettava come secondo genito maschio. Esther Montague gli aveva risposto, di nuovo, che non era degno di portare quell'anello. Elijah aveva chiuso nello stomaco il desiderio di farla fuori. L'amava e la odiava, la voleva morta. C'erano, probabilmente, tante ragioni per cui non lo faceva e la prima della lista era quella con quei fiammanti capelli rossi. Era andato via senza voltarsi indietro, come faceva sempre, ed era tornato a casa di sua sorella Hannah. Lì stava bene, in pace con se stesso. Lei lavorava a San Mungo ed era una presenza poco pesante e molto discreta.
La sera precedente avevano mangiato cibo cinese fino a scoppiare. Lei era tornata a casa con una busta enorme piena di ogni ben di Dio. Risotto alla cantonese, nuvolette di drago, involtini primavera, maiale in agrodolce, pollo con i germogli di bambù e perfino del gelato fritto.
Una serata perfetta : pioggia, cibo cinese e la sua sorella preferita. Altra cosa che non aveva mai confessato, ad essere sinceri.
Dopo avevano fumato insieme, seduti sul davanzale della finestra, una gamba dentro e una fuori. Non c'era gusto a fumare senza sfidare gli elementi. Farlo in casa non sarebbe stata una lotta contro il vento che gli buttava la pioggia addosso. Poco male. Si erano asciugati ed Elijah si era addormentato senza pensieri dopo aver letto qualche capitolo del libro che teneva sul comodino.

La mattina seguente la pioggia era solo un ricordo, ma la temperatura si era notevolmente abbassata, come una giornata di primavera. Il Serpeverde amava il freddo e il cambio - seppur momentaneo - di clima, lo invogliò ad uscire. Fare una passeggiata e non sudare sette camicie era proprio quello di cui aveva bisogno.
Avrebbe portato con sé il blocco da disegno e qualche matita, poi avrebbe camminato senza meta lasciandosi trascinare solo dall'istinto. Uscì e, appena giunto in strada, si accese una sigaretta. Camminò in silenzio fumando e pensò che avrebbe potuto portare uno dei suoi animali. Era tanto che non usciva con Theo, in realtà lo faceva solo a scuola. La natrice nera non era il genere di animaletto da esibire tra i Babbani. Theo..sì, Theo…
I piedi presero il comando e lo portarono dritto allo Zoo, dove c'era uno dei suoi posti preferiti, il Rettilario.
Entrò con calma fermandosi vicino al boa. Avere un serpente così era un sogno per uno come lui. Il rettile lo fissava ed Elijah sollevò la copertina dell'album, iniziando a disegnare.


 
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view post Posted on 27/7/2018, 16:18
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little by little, one travels farunUxIGT «Con gli animali è più difficile, specie se irrequieti», le aveva chiarito Hameeda con l'aria di chi sta dicendo una cosa ovvia, ma la ripete per amor di limpidezza. «Il discorso vale il doppio per le persone: quando si sentono osservate, i colori si sporcano e vedere diventa impossibile».
Niahndra aveva annuito grattandosi una tempia. Provare con Lou era fuori discussione: si detestavano a pelle e l'astio peggiorava quando non c'era Eloise a mitigare gli animi (quella, per esempio, era una cosa le tassina non avrebbe mai capito: che diamine di incantesimo aveva usato quella ragazza per accattivarsi il gatto, proprio non avrebbe saputo dirlo); sarebbe stato praticamente impossibile far rilassare il micio abbastanza perché Niahndra potesse concentrarsi sull'arrah. Non aveva ancora carpito il segreto dietro quell'abilità, ma Lou sapeva sempre quando qualcuno lo fissava; doveva essere una specie di senso felino perché se ne accorgeva anche mentre sonnecchiava: allora la coda si agitava e iniziava a spazzare, verso destra e verso sinistra, e la tassina poteva vederlo accumulare tensione nei muscoli immobili. In genere ne seguiva un "meeeeow" d'avvertimento, anche se un "che catzo ti guardi" avrebbe reso meglio l'idea del tono annoiato usato da quel figlio del demonio.
Insomma, esercitarsi a casa era off limits e cercare animali selvatici nel parco vicino casa sarebbe stato inutile; non voleva ammetterlo, ma già usare della piante grasse —il gradino base della scala che portava ad una buona lettura dell'arrah— le costava una fatica immensa, perciò non si sognava davvero di provare con animali guardinghi in presenza dell'uomo. *Embè, e mò?*
In effetti c'era un'altra possibilità, ora che ci pensava, sebbene non le piacesse proprio per niente. Pareva che sullo zoo di Londra fosse stata scagliata una maledizione potente, tale che ogni volta che Niahndra ci metteva piede, terribili incidenti capitavano. La prima volta era stata con Kevin e per poco un uomo non era riuscito a scappare con un nuovo di drago; la volta successiva con Mattia, l'uovo era diventato magicamente un cucciolo di Ungaro Spinato che per poco non le aveva lasciato il segno d'un morso sui glutei.
In altre parole, avrebbe preferito evitare.
«Non farmi perdere altro tempo, ragazza. Già due mesi l'anno sono pochi per inculcare in quella testa dura tutto quello che devi sapere» Non aveva tutti i torti.
Di conseguenza, quella mattina, Niahndra si era arresa alla volontà ferrea della mentore. «Un biglietto intero, per favore»
Aveva vagato senza meta per un po', godendosi il tempo settembrino e valutando da quale esemplare le convenisse partire. Erano escluse a priori le creature magiche e più scalpitanti come ippogrifi e grifoni, e per un po' si sarebbe tenuta lontana anche dai draghi, tuttavia la vocina nella sua testa le suggerì di partire da qualcosa di semplice, anche per i canoni babbani.
Il rettilario prendeva una piccola porzione dell'ampissima superficie su cui si estendeva lo zoo, tuttavia era sufficiente perché quel piccolo angolo brulicasse di vita.
Affacciati alle vetrate stavano un paio di bambini, strattonati per una mano dai genitori; distinse poi una coppia, una famiglia di passaggio ed un altro ragazzo forse di poco più grande di lei.
Incurante dei passanti, la Alistine rimase dritta in piedi, immobile, quasi assente, gli occhi fissi sul lungo serpente dalla coda aggrovigliata.
Assottigliando lo sguardo, l’immagine quasi si sdoppiò, ma lo sfondo verdognolo della vegetazione le rendeva difficile distinguere l’alone che ne contornava la sagoma.

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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 28/7/2018, 09:26







Elijah Sullivan
Prefetto Serpeverde - 17 anni

La punta temperata della matita HB scivolava sul foglio semi ruvido. I tratti erano sicuri e precisi, il Serpeverde difficilmente utilizzava la gomma da cancellare. Le forme del serpente emergevano dalla carta, come se un incantesimo ne rivelasse la presenza. Prima solo i contorni, poi i particolari. Gli occhi per cominciare, gli occhi sono tutto. Come nei ritratti, sono la sfida principale. Se non metti a fuoco lo sguardo di una persona hai sbagliato tutto. Il volto di una persona ne racchiude l'essenza e gli occhi l'anima. Sbagliare lo sguardo equivale a sbagliare il ritratto, per quanto perfetto, ci sarà sempre qualcosa che non torna. Elijah ne era consapevole, fissava le iridi del serpente con la consapevolezza di un predatore. Erano di un giallo intenso, quasi abbagliante. Era impossibile non restarne affascinati e, a quanto pare, lui non era il solo. Una ragazza dai capelli scuri fissava il rettile e la cosa che colpì il Serpeverde era che non sembrava provarne repulsione, davvero strano per una ragazza. La maggior parte di loro evitava quel posto a priori, quelle che avevano la pretesa di entrarci si lamentavano. Il primo motivo di protesta nasceva dalla puzza. Ok, si sa che i rettili puzzano, ma non sono solo i serpenti! Anche le deliziose tartarughine d'acqua sanno farsi rispettare. Il secondo motivo nasceva invece dall'aspetto degli animali che in modo davvero irriverente definivano repellenti. Nessun rispetto per delle creature che sono il retaggio dei primi animali sulla Terra. I rettili vanno rispettati come tutte le forme viventi, forse più degli altri per innumerevoli ragioni.
Tornò a concentrarsi sul serpente ma questo volgeva lo sguardo verso la ragazza. Elijah si spostò più verso di lei, sperando di avere di nuovo l'attenzione del rettile, ma non accadde. I suoi occhi chiarissimi la cercarono e studiarono nei minimi particolari. Vecchio marpione di un serpente! Eh, beh! Poteva capirlo eccome, quella ragazza era le sette meraviglie. Capelli di uno scuro spettrale ma affascinante, deliziosamente lisci da sembrare quasi impalpabili. La pelle di porcellana sulla quale esplodevano lentiggini come fuochi d'artificio, raccolte in un profilo perfettamente disegnato. Gli ricordava molto il volto di Clarissa. Sorrise appena ripensando alla piccola Sullivan con la bocca impiastrata di gelato al cioccolato. Della sconosciuta, però, non riusciva a vedere gli occhi. Sarebbero stati neri come l'ebano oppure di un blu che ricorda il cielo dopo un temporale? C'era solo un modo per saperlo, doveva farla voltare.
- Credo che tu piaccia a Trevor - sentenziò indicando il boa che, nel frattempo, sollevava la testa incuriosito. Ormai conosceva il nomi di tutti gli ospiti del Rettilario e disapprovava che avessero messo nome Daisy alla vipera, non era un accostamento felice.
- Lui non guarda mai le troppo le persone - precisò. Essendo più vicino alla ragazza, riuscì ad inquadrare di nuovo gli occhi stretti del boa. Quando il capo del rettile ondeggiò sotto ad uno dei faretti, Elijah ebbe l'impressione che il giallo delle sue iridi avesse acquistato intensità. La punta della matita si poggiò di nuovo sulla carta ed il Serpeverde tracciò con cura le scaglie della testa, una sull'altra, senza fretta. Era un lavoro certosino che richiedeva pazienza e precisione e a lui non erano mai mancate.
Controllava ancora la ragazza con la coda dell'occhio sebbene ora, a causa della differenza d'altezza e della vicinanza, tutto gli risultava più difficile. I suoi occhi dondolavano tra il foglio ed il serpente, i suoi sensi guizzavano verso la bruna al suo fianco.

 
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view post Posted on 29/7/2018, 20:42
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little by little, one travels farunUxIGT Una parte di lei in sottofondo le suggeriva che con ogni probabilità, vista dall'esterno, stesse facendo la figura dell'allocca. Un'altra parte, più decisa e sicura di sé, le intimava di fregarsene, non muovere un muscolo ed escludere qualsiasi stimolo proveniente dall'esterno; era lì per un motivo preciso. Per sua fortuna il boa stava gentilmente cooperando disinteressandosi a lei e prolungando il suo dolce far niente.
Anche cosi tuttavia il compito rimaneva quasi impossibile da portare a termine. Le meningi —affatto abituate a sostenere uno sforzo prolungato di quel tipo— iniziavano già a dolere e prudere; gli occhi ancora non erano riusciti a scorgere neanche l'ombra di una radiazione dell'animo. Giusto un riflesso giallognolo e opaco, niente più che il frutto di un'illusione ottica.
*Non complicarmi le cose, sta' fermo.*
La sua cavia si era accorta di lei, solo che diversamente da Lou —che rispondeva con un miagolio sdegnato vestito da minaccia il serpente pareva ricambiare il suo sguardo con una curiosità tale da farle dubitare si trattasse di un animale.
Le era già capitato una volta in Messico, dove aveva visto uomini intrappolati nei corpi di fieri predatori, e ne era rimasta affascinata.
*Chi sei? *
Una voce profonda interruppe il flusso di pensieri. Niahndra arricciò il naso dicendo addio anche all'ultimo barlume di concentrazione che aveva.
«Ah sì?», un commento distratto; era restia ad interrompere il contatto visivo col rettile.
La sua refrattarietà a dinamiche del genere aveva dell'imbarazzante, tuttavia Niahndra non poté fare a meno di chiedersi se quella usata fosse una cosiddetta tecnica di approccio. Ora capiva le prese di giro da parte di Paul.
«E te l'ha detto lui o l'hai dedotto tutto da solo?» Non poté impedirsi di usare un tono vagamente ironico mentre stuzzicava il ragazzo allo scopo di fargli scoprire le carte. La seconda constatazione però fu in grado di catturare il suo interesse e le venne da chiedersi se l'altro fosse un habitué.
Solo a quel punto si concesse di accordargli un'analisi più approfondita. Si voltò lentamente, costretta a correggere il tiro in corso d'opera inclinando un poco la testa all'indietro; odiava doverlo fare, anche se le piaceva avere una scusa per sollevare il mento in una posa di ostinazione che faceva esasperare Sam come poche cose al mondo.
Nonostante l'altezza e la stazza ragguardevoli, qualcosa nei lineamenti suggeriva che la metamorfosi in farfalla fosse ancora a metà.
«Serpente intelligente. La maggior parte delle persone non vale la pena guardarla.» Lei compresa, ne era consapevole.
Ma l'altro aveva già distolto gli occhi e solo allora Niahndra si accorse dell'album da disegno che teneva con una mano mentre con l'altra tracciava segni leggeri. Un secondo paio di occhi dalle pupille verticali le restituì lo sguardo, vivido su carta.
Sbuffò. «E neanche gli animali, di certo non così.» Era stata un'idea sciocca la sua, stava solamente perdendo tempo.
L'unica cosa che le impediva di dare dietrofront in quel momento preciso era il pensiero dell'espressione colma di disapprovazione di Hameeda.

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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 30/7/2018, 17:48







Elijah Sullivan
Prefetto Serpeverde - 17 anni

Fissava Trevor negli occhi e nessuno dei due abbassava lo sguardo.
- Guardami - sussurrò il Serpeverde al serpente con un pizzico di malizia - bravo...cosí...
Inclinò leggermente la matita per scurire il fondo dell'occhio. Un tocco leggero e pieno allo stesso tempo. Utilizzò la punta del mignolo per mescolare meglio il colore e renderlo più omogeneo.
La risposta della ragazza arrivò puntuale ed Elijah fece un leggero sorriso mentre il suo sguardo carezzava ancora il foglio.
- Entrambe le cose direi - voce tranquilla mentre finiva di definire il contorno della pupilla - Trevor non parla molto ma riesce a farsi capire piuttosto bene. Basta solo saperlo e volerlo ascoltare.
Parole strane, enigmatiche, ma estremamente vere. I serpenti erano come lui. Profondi osservatori del mondo, loquaci solo se la situazione lo richiede.
Si voltò a guardarla e finalmente li vide, gli occhi. Erano di un blu cosí intenso che per ricrearlo sarebbe stato necessario mescolare insieme le profondità dell'Oceano ed il nero misterioso della notte.
- Tutti i serpenti lo sono - sentenziò, senza distogliere gli occhi da quelli della bruna. Quella era una cosa che gli piaceva da impazzire dei serpenti. Loro ti guardano sfacciati e impavidi e per nessuna ragione, nessuna, abbassano lo sguardo.
- C'è molto di più in loro che va oltre l'apparenza - mosse le labbra lentamente mentre pronunciava quelle parole che sentiva nel profondo. Parlava dei serpenti o di se stesso? Era un enigma complicato quello, forse troppo per una persona sola.
- Io sono Elijah...Elijah Sullivan - le labbra si tesero verso destra in un leggero ghigno di saluto. L'album e la matita lo liberarono dall'insopportabile obbligo di doverle stringere la mano, anche se il Serpeverde non l'avrebbe fatto nemmeno morto. Detestava il contatto fisico e lo cercava come e con chi decideva lui. Su quell'argomento non esistevano obblighi di forma che lo costringessero a seguire l'etichetta. Era semplicemente un tabù che gli faceva scattare il libero arbitrio.
Dopo essersi presentato, rimase totalmente impassibile. Probabilmente la ragazza avrebbe avuto la stessa reazione, dato che ignorava il suo nome.
- Non così? - le sue iridi chiarissime seguirono quelle più profonde della ragazza fino al suo disegno. Trovava davvero così strano il fatto che lui passasse il suo tempo a disegnare un serpente? Appurato che detestava le nature morte, dopo gli esseri umani sicuramente arrivavano i rettili. Era un dato di fatto. Era l'attrazione che arriva dai tuoi simili.
- Dimmi, cosa c'è di sbagliato in questo tipo di sguardo? - accarezzò la matita con il pollice, senza smettere di studiare la ragazza - Non esiste una strada giusta o sbagliata, ma solo la meta che vuoi raggiungere. Di solito non disegno animali - confessò senza alcun problema - ma le persone. Mi piace riuscire a cogliere la loro essenza e fissarla per sempre nel disegno. Anche se loro non rifaranno mai più quello sguardo, resterà per sempre.
Scosse la testa appena, ma la mano che teneva la matita, raggiunse il ciuffo e lo ravvivò con vigore.
- E' come fare una fotografia. Ci vuole più tempo, il principio è lo stesso e poi quello che hai colto resta solo tuo. Un ritratto non è solo riprodurre una volto, ma coglierne lo spirito. E' quella la vera sfida.

 
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view post Posted on 30/7/2018, 21:11
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little by little, one travels farunUxIGT A quanto pareva, il ragazzo parlava coi serpenti.
Avrebbe tanto voluto che fosse una constatazione neutra, ma in cuor suo Niahndra si chiese se fosse vittima di un perculo poco divertente; se l'altro fosse impazzito del tutto o se effettivamente il serpente parlasse.
In Sala Comune erano girate voci simili sulla Attwater, soprattutto in seguito alla prima spedizione di Atene a cui aveva partecipato, ma francamente Niahndra le aveva ignorate senza troppi complimenti, e anzi non se ne sarebbe neanche ricordata se quella situazione non le avesse fatto da innesco.
Giudicò più saggio evitare qualsiasi commento, grata del fatto che nessuno le avesse chiesto un parere; avrebbe sempre potuto far finta di star meditando o di non aver sentito. Ecco, avrebbe fatto proprio così, decise.
Rimpianse di non essersi fermata a prendere una granita perché almeno avrebbe saputo che fare delle mani; piuttosto che lasciarle penzoloni a testimoniare il leggero disagio che la coglieva sempre quando era costretta a far chiacchiere da salotto, le infilò in tasca per darsi un tono più casual.
Non avrebbe saputo replicare neanche alle due affermazioni che seguirono. Il ragazzo pareva abbastanza sicuro di quel che diceva ma benché Niahndra non tenesse in gran considerazione le persone non era convinta che i serpenti costituissero un'alternativa più allettante. Tuttavia si guardò bene dal puntualizzarlo, almeno per ora.
Fu inevitabile chiedersi però se in un qualunque momento il soggetto del discorso fosse cambiato senza che lei se ne fosse accorta. Poteva davvero esserci molto altro al di là dell'apparenza di un rettile?
Dubitava. Mancava loro quella dimensione astrattiva che avrebbe potuto rendere il loro comportamento qualcosa di più di una semplice risposta ad un bisogno primario; gli uomini la possedevano e riuscivano comunque a risultare noiosi.
Forse nel loro ecosistema naturale —volle concedere— non di certo in un ambiente artificiale come quello.
«Niahndra Alistine», le venne da rispondere in automatico mentre soppesava il cognome dell'altro; se avesse dovuto richiamarle qualcosa non avrebbe saputo dirlo con certezza, ma sentiva che ci fosse un dettaglio che come sempre le sfuggiva. Fece spallucce: le sarebbe tornato in mente prima o poi.
Il ragazzo non accennò a volerle stringere la mano, e così lei le tenne al riparo nelle tasche, grata di quella scelta.
«Dimmi, cosa c'è di sbagliato in questo tipo di sguardo?»
«Mh?» Aggrottò le sopracciglia, incrociando nuovamente le iridi dell'altro come invitandolo a spiegarsi meglio. Le stava chiedendo consiglio? Era una domanda a trabocchetto? Impiegò pochi istanti a capire il disguido.
«Oh, non mi riferivo al disegno», inclinò la testa e distolse gli occhi, rincorrendo un pensiero nato in quello stesso momento. «O forse, in un certo senso, sì.»
Credeva di aver compreso ciò che l'altro intendesse dire, e sotto certi aspetti lo condivideva; lei non era pratica di ritratti, però capitava che si dilettasse in quella che chiamava "osservazione naturalistica", e cioè studiare le persone nel loro contesto alla disperata ricerca di qualcosa che andasse oltre la noia. Aveva persino iniziato a portare con sé una macchina fotografica, per un breve periodo, ma non l'aveva soddisfatta granché. Diamine, era il motivo stesso per cui si cimentava nella lettura dell'arrah.
«Cogliere lo spirito», ripeté lei sovrappensiero, evitando ancora il suo sguardo. «Piuttosto ambizioso da parte tua — si bloccò solo un istante, incerta — e piuttosto ingenuo, anche» Si sarebbe forse offeso per quel giudizio? La Alistine non parve porsi il problema per più di mezzo secondo.
«Dubito sia realmente possibile, e se lo fosse di certo non lo sarebbe in uno zoo o in un qualunque altro contesto organizzato ad hoc. Ed anche ammesso che tu sia capace di annullare qualsiasi filtro, i tuoi sentimenti, i tuoi preconcetti, i tuoi ricordi, i tuoi schemi mentali... ammesso tutto questo, credi davvero che l'essenza —così com'è, pura, intoccata— possa essere catturata con un po' di grafite e cellulosa?» Una provocazione bella e buona, fomentata dal nervosismo che provava per non essere riuscita nel compito affidatole da Hameeda.
Quella pratica, pensò con una certa superbia, quella sì che poteva davvero sperare di cogliere una parte dell'essenza, per così dire, e difatti non era spiegabile né osservabile a livello fisico e materiale.
«Non importa quanto tu sia bravo, resterà solo una replica.»
Riprese fiato, improvvisamente calma. Iniziava solo ora a rendersi conto della durezza ingiustificata nelle sue parole.
*Niahndra Alistine, scoppiatrice di bolle di sapone since 20xx*

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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 1/8/2018, 16:36







Elijah Sullivan
Prefetto Serpeverde - 17 anni

Ascoltò senza interromperla nemmeno un attimo, con una profonda attenzione. Analizzò ogni parola da lei proferita mentre, nel frattempo, la studiava con gli occhi. Quando la ragazza concluse le fece eco con un sorriso tranquillo e appena accennato.
- Niahndra, bellissimo nome Niahndra, non l'avevo mai sentito, un mio limite probabilmente - ripose la matita in tasca, assicurandosi che arrivasse fino in fondo. Detestava perdere le sue cose, soprattutto quelle a cui teneva.
- Capita spesso che le copie siano molto meglio degli originali, non ci hai mai fatto caso? - non che fosse un dogma assoluto, ma era un qualcosa che si riproponeva sovente sulla sua strada.
- Quando fai un ritratto, fissi quello che vedi e quello che vedi è come le persone vogliono essere viste. Non necessariamente questo si incastra con la loro vera natura, anzi spesso le due cose sono distanti anni luce. Richiuse con cura l'album da disegno, distogliendo un attimo lo sguardo. Lo strinse quindi contro il petto, esattamente come faceva da bambino. Gli era sempre piaciuto quel gesto.
- Quello che disegno io è come una persona vuole apparire al mondo che la circonda, ma non solo. Non pretendo di fare un opera d'arte, ma di conservarmi il ricordo di una persona esattamente come l'hanno catturato i miei occhi in quel momento.
Era un discorso complesso quello lì, lo sapeva benissimo. Probabilmente, in prima battuta, dava sempre un'impressione sbagliata. Lui non voleva millantarsi come artista capace di fare cose che gli altri non avevano mai fatto. Lui era un semplice osservatore che amava disegnare, e tutto quello che coglieva con lo sguardo lo portava su carta. Era il suo sguardo che cercava quello altrui. Era sempre lo sguardo la parte centrale di tutto, sempre e comunque.
- Non esiste ambizione o ingenuità nel mio modo di disegnare. Il mio approccio al disegno è dettato solo dalla consapevolezza. Non è quello che sei ma quello che mostri, e le due cose sono diverse. Non conta quello che gli altri sono davvero, ma quello che lasciano a te.
Per lui il disegno era soprattutto sensazioni e sottolineo bene sensazioni perché il disegno non gli portava emozioni diverse dal solito. Era una sfida contro se stesso e contro il mondo, cercando di approcciare vette che non aveva mai scalato e superato. Esattamente come quella di quel giorno. Non aveva mai disegnato un serpente in movimento, l'aveva fatto solo da piccolo copiandolo dai libri. Non era la stessa cosa, la sfida entra in gioco nel momento che entra in gioco l'essenza. Quell'aspetto andava ben oltre l'aspetto puramente esteriore, anche se quello era ciò che saltava subito all'occhio.
- Per quel che riguarda un discordo puramente tecnico, posso dirti senza ombra di dubbio che sono molto bravo a disegnare. E te lo dico non perché me lo abbia detto qualcuno, o per falsa modestia. Te lo dico semplicemente perché lo so.
Il disegno era stata una sua valvola di sfogo per molto tempo. C'era stato un periodo che disegnava di tutto ed un periodo in cui aveva disegnato solo mani, mani di ogni tipo. Le mani nodose degli anziani e quelle dei bambini piccoli, cicciotte e con i buchini sulle nocche. Aveva disegnato le sue così tante volte che aveva perso il conto e aveva disegnato le mani di sua madre. Non c'era alcun piacere in questo e nemmeno amore. Le aveva disegnate perché le detestava. Non capiva come delle mani belle come quelle di Esther Montague potessero essere così brutte allo stesso tempo. Aveva delle dita lunghe e delle unghie profonde e ben curate, la pelle chiara e a tratti trasparente. Erano in tutto e per tutto identiche alle sue, tranne che Elijah non aveva la pelle di porcellana. Avrebbe potuto disegnarle anche il quel momento, erano l'immagine più viva di sua madre insieme al suo sguardo arcigno. Era esattamente questo che tentava di spiegarle.
Fece un ghigno e la sua testa si mosse leggermente verso destra - Posso sempre farti un ritratto e potrai dirmi quanto di te sono riuscito a cogliere. Sempre se te la senti, ovvio?

 
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view post Posted on 5/8/2018, 18:52
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little by little, one travels farunUxIGTMentre parlava, rifiutando un contatto visivo prolungato, Niahndra si limitava a lanciare al ragazzo qualche occhiata di sottecchi per studiare la sua espressione. Lo colse a fissarla a sua volta, per niente turbato.
Quella sì che era una novità. Negli anni, la Alistine, aveva imparato —o almeno ci provava... a volte— a smussare i pensieri prima di verbalizzarli; era abituata a parlare onestamente e senza troppi giri di parole, ma aveva provato sulla pelle che molto spesso le persone preferivano essere prese un po' in giro piuttosto che sentire la verità. E così, per un infantile gioco dei contrari, di tanto in tanto Niahndra si divertiva ad eliminare qualsiasi filtro verbale e vedere come gli altri reagissero. In questo caso, per esempio, si sarebbe aspettata una sfumatura di indignazione, forse l'ombra di un'offesa sulle labbra tremule prima che queste s'assottigliassero in una linea impassibile; le spalle appena più rigide, la schiena un poco più dritta per apparire più alto ed intimidatorio, come alla ricerca di un'ipercompensazione.
L'irrequietezza di chi ha smesso di ascoltare per pensare ad una risposta che difendesse il proprio ego.
Nulla di tutto ciò. Neanche un ghigno, niente.
Era... delusa? La paciosità di quel sorriso leggero la colse di sorpresa, quasi impreparata, non fosse stato per la sua faccia di bronzo.
Fece rapidamente il punto degli ultimi dieci minuti, cercando dettagli che le potessero essere sfuggiti ad una prima analisi: forse, semplicemente, aveva avuto la (s)fortuna di aver beccato una personcina tranquilla e pacata, sorprendentemente aperta alle critiche (in effetti la sua non era stata proprio una critica, ma poco importava).
*Beh, il suo hobby è venire allo zoo e disegnare animali*
Alla domanda sulle copie e gli originali, ancora una volta, Niahndra non rispose giudicandola puramente retorica. In realtà, a ben pensarci, non le venivano degli esempi plausibili, ma scelse di non farlo notare all'altro, incuriosita invece dalla sicurezza con cui aveva parlato.
Seguì i movimenti di lui, frustrata dal suo linguaggio corporeo. Con le spalle chiuse e le braccia a proteggere l’album stretto contro il petto, Niahndra fu sul punto di dimenticare momentaneamente che il ragazzo davanti a lei fosse una branda di 180cm e non un timido, innocuo bambino. Trovava difficoltà a conciliare quell’immagine con l’incrollabile fiducia che trasudava dal tono usato e dalle parole scelte.
Non conta quello che gli altri sono davvero, ma quello che lasciano a te. Meditò su quell'affermazione. Era di sicuro un rovesciamento curioso, ed un'altra delle sostanziali differenze tra loro: quando Niahndra guardava, mirava alla verità e non ad un qualsivoglia ritorno emotivo. Non negava tuttavia che la cosa potesse offrire risvolti interessanti.
«Quindi, quando disegni, quel che il soggetto mostra importa solo nella misura in cui evoca qualcosa in te.» Alzò gli occhi con fare interrogativo, cercando un qualche tipo di conferma.
Rise apertamente quando il mago fece vanto della propria bravura, stupita da quell'arroganza ostentata. Ecco perché —si disse— le parole di Niah non l'avevano scalfito: la sua alterigia aveva radici profonde.
L'istinto di sciogliergli quelle ali di cera si ridestò potente, incendiato dalla prospettiva di quella nuova sfida.
«Puoi provarci, Elijah Sullivan. E poi mi dirai quanto io riuscirò a cogliere su di te dal mio ritratto.»
In due potevano dilettarsi nel medesimo gioco.

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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 8/8/2018, 17:00







Elijah Sullivan
Prefetto Serpeverde - 17 anni

Lasciò che la mora lo studiasse, sebbene si fosse accorto che i suoi fossero solo degli sguardi mordi e fuggi. La cosa lo divertiva non poco e lo incuriosiva. Non era la prima persona che metteva in scena quel tipo di atteggiamento, ma Elijah non la biasimava. Lui era il tipo che ti piantava gli occhi addosso come chiodi e non abbassava lo sguardo nemmeno sotto tortura, ma non tutti erano come lui. Ovviamente non era arrivato a quella preziosa conclusione perché lei era una ragazza, tutt'altro. Il genere umano presenta numerose sfaccettature comportamentali che nulla hanno a che vedere con il genere in sé. Chi era lui per giudicare? Doveva ammettere che preferiva di gran lunga fare lo spettatore piuttosto che il giudice. Lo considerava molto più istruttivo, sotto tutti i punti di vista. Quando finalmente Niahndra parlò, il Serpeverde giunse alla conclusione che non avesse ben inteso il senso del suo discorso. Per sua fortuna era un individuo piuttosto paziente e avrebbe cercato di farle capire quello che voleva dire. Sempre se lei fosse interessata alla faccenda, questo era chiaro. Sorrise appena.
- Anche, certo. Sono io a fare il disegno, non un'altra persona. Il punto è che se metti dieci disegnatori a fare un ritratto, vedrai che nessuno dei disegni sarà uguale all'altro, pur essendo tutti perfetti. Non si chiamerebbe arte se l'artista non ci mettesse qualcosa di suo.
Il suo vocione era più basso del solito e non perché il ragazzo avesse qualche intenzione strana. Sapeva che all'interno del Rettilario era molto meglio mantenere un tono di voce più pacato per rispetto ai suoi occupanti. Non solo rispettava i serpenti, li amava. Si sentiva in totale simbiosi con loro, in un modo che non riusciva ancora a comprendere. Era sempre stato così, fin da molto piccolo. Nel giardino della tenuta di famiglia gli capitava spesso di vederne uno sgattaiolare sotto le rocce o cercare di confondersi con la vegetazione. I suoi preferiti erano quelli che restavano immobili a guardarlo, come se tra loro esistesse solo attrazione e curiosità.
- Farai un disegno anche tu, o conti di farmi un ritratto psicologico? - fece un ghigno- mi va bene in ogni caso. Vuoi farlo ora immagino.
Aprì di nuovo l'album da disegno e prese la matita. Una sfida nella sfida, non poteva chiedere di meglio. Era troppo competitivo per non accettare e quel tipo di competizione lo solleticava non poco.
Era davvero curioso di vedere o sentire cosa vedesse in lui una ragazza sconosciuta. Molte ragazze che vedeva a scuola non erano state in grado di entrare nella sua psiche sfaccettata, eppure lo conoscevano fin dal primo anno a Hogwarts. Solo una persona era riuscita a fare dei passi in quel senso, ed era riuscita a farli da sconosciuta anche lei. Certo, non era sicuro se fosse riuscita davvero ad entrare nelle camere stagne del suo carattere, ma una cosa la sapeva. Lo faceva sentire bene, come non era mai stato in vita sua.

 
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view post Posted on 19/8/2018, 13:57
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little by little, one travels farunUxIGTNon si stavano intendendo. Sarebbe stato evidente a chilometri e chilometri di distanza, e la cosa la innervosiva. Niahndra detestava non riuscire a capire le poche cose che le interessavano; detestava la sensazione che le punzecchiava l’ego quando metteva in dubbio le proprie facoltà intellettive; e detestava anche, a dirla tutta, l’aria di accondiscendenza con cui il ragazzo le lasciava intendere che non avesse capito una ceppa, senza mai dirlo apertamente. O forse, cosa più probabile, si trattava solamente di una percezione falsata dal suo orgoglio; in ogni caso, come suo solito, fece presto a trasferire quel fastidio sul ragazzo davanti a lei: non era chiaro, ecco il problema; non dava una risposta precisa, girava intorno alle cose, le ritrattava, le manipolava. Forse non sapeva nemmeno lui cosa dire.
*O forse, semplicemente, è un tuo limite.*
Quel pensiero la sfiorò appena prima di scivolare via senza far rumore. Per una creatura dall'intelletto semplice come la Alistine —che cercava sempre la via più diretta da A a B— quell'arzigogolo di parole era allucinante e minacciava già di procurarle un notevole mal di testa. Anche se, a dirla tutta, anche gli esercizi di Hameeda possedevano l'intrinseca capacità di spaccarti il cranio in due.
Se non altro quella sfida faceva al caso suo. Scommettere, competere,... in qualche modo la facevano sentire sveglia e viva in una maniera che di rado sperimentava normalmente nel grigiore delle sue giornate. Era il suo ambiente, per così dire, le piaceva studiare le persone e benché l'idea di essere studiata a sua volta le facesse correre un formicolio fastidioso lungo la spina dorsale per quella volta avrebbe anche potuto fare pace con se stessa. Tutto pur di non parlare più di serpenti e disegni: era terribilmente negata ed ignorante in entrambi i campi.
«Oh, no, buon cielo, no. Nessun disegno.» Rise come se si trattasse di un pensiero terribilmente stupido. «Da un punto di vista puramente tecnico, posso dirti tranquillamente che sono una frana a disegnare. E te lo dico non perché me lo abbia detto qualcuno, o per falsa modestia; ma semplicemente perché lo so.» Un lampo ammiccante le saettò negli occhi quando lei cercò di copiare le stesse parole dette da Elijah poc'anzi, nell'ennesimo tentativo di stuzzicarlo un po'.
Aveva visto come si era acceso di interesse alla prospettiva di quel confronto, ma Niah continuava a chiedersi fin dove avrebbe potuto spingersi prima di veder crollare la tranquillità stoica che l'altro stava dimostrando.
Lo osservò preparare l'album da disegno e si guardò intorno per controllare l'afflusso di gente; un po' si imbarazzava all'idea di "posare" lì in mezzo, ma la curiosità ebbe la meglio. «Sì, ora, a meno che tu non preferisca ritrarre ancora serpenti.» Sfilò le mani dalle tasche e spostò il peso da una gamba all'altra. «Hai bisogno che mi sposti da qualche parte in particolare?»
Avrebbe seguito eventuali indicazioni da parte del ragazzo senza far troppe storie, sorprendendosi della leggera trepidazione che le correva lungo la pelle.
Era vero che la penna —o, in quel caso, la matita— potesse ferire più della spada; stava dando di sua spontanea volontà un'occasione di studiarla deliberatamente, proprio come fosse un qualunque animale nello zoo. Domò a fatica il guizzo di nausea che le attanagliò le viscere a quel pensiero. Percepiva che ci fosse qualcosa di sbagliato, qualcosa di pericolosamente vicino al masochismo, qualcosa che contravveniva a qualunque istinto di autoconservazione l'avesse guidata in quasi diciott'anni di vita.
Non fu tanto quel pensiero a spaventarla, quanto l'assenza stessa della paura che a condizioni normali avrebbe dovuto allarmarla. Era disperata a tal punto?

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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 28/8/2018, 12:02







Elijah Sullivan
Prefetto Serpeverde - 17 anni

Diede un ultimo sguardo a Niahndra, ma lo fece solo per scrupolo. Sapeva di non averne affatto bisogno. L'arte però chiama la bellezza, e la bellezza stessa é arte, era un dato di fatto. I ritratti erano già stupendi a prescindere. Se poi il soggetto che ritrai risulta piacevole per gli occhi, allora si raggiunge l'apice della perfezione.
Picchiettò un paio di volte la punta della matita sul labbro inferiore, poi l'accompagnò sul foglio ancora pulito. Una parte di lui non vedeva l'ora di cominciare, l'altra era totalmente indifferente.
- Fai la tua analisi nel modo che preferisci, a me andrà comunque bene.
Senza perdere altro tempo cominciò a tracciare le linee principali del disegno. Ignorando totalmente i capelli al momento, ma concentrandosi sui tratti del viso e degli occhi. Era quello il punto focale di un ritratto, sbagliare gli occhi significava sbagliare tutto. E’ lì che risiede l’essenza dell’essere umano, e non solo. Fece, infine, un una bozza dei capelli della ragazza, lasciando i particolari al momento di concludere.
- Davvero pensi che io possa preferire ritrarre un serpente al posto di una ragazza bella come te? Voglio credere che tu stia scherzando.
Non sollevò lo sguardo verso di lei, tenendolo fermamente ancorato al foglio da disegno. Sì, ricordava alla perfezione i lineamenti della ragazza, era come avere una fotografia stampata nella testa. Era probabilmente un suo pregio e una sua caratteristica quella di cogliere l’attimo. Spesso incontrava volti interessanti e difficilmente gli veniva concesso un secondo sguardo. Il Serpeverde aveva imparato a fare della memoria fotografica la sua arma migliore.
- No, puoi muoverti tranquillamente dove e come vuoi. Ho già visto tutto quello di cui ho bisogno per ora. Se dovesse servirmi, te lo chiederò.
Nonostante queste premesse, Elijah sollevò lo sguardo. Era tesa, o almeno così sembrava ai suoi occhi. Probabilmente non era abituata ad essere messa sotto esame, nemmeno con un banalissimo disegno. Non sapeva se la cosa lo divertisse o incendiasse ancora di più il suo Ego smodato. Fece un ghigno. Forse era il caso che lei non pensasse a quello che lui stava facendo, magari poteva dedicarsi alla sua analisi personale.
- Beh? Non dici nulla? Mentre disegno potresti esprimere la tua impressione su di me, un modo per passare il tempo mentre io finisco.
Magari cercando di vedere qualcosa in lui, non avrebbe più cercato di mostrargli il suo lato migliore. Non serviva, l’aveva già visto.
Non era la prima volta che gli capitava. Hannah e Eva trasformavano ogni ritratto che lui faceva in un vero e proprio dramma esistenziale. Ormai Elijah aveva imparato a memoria tutto il rituale. Iniziava sempre con “come metto i capelli” e lui rispondeva “boh, fai come ti pare”, fino ad arrivare a pose improponibili e innaturali, che lui non guardava affatto. Sarah, la gemella di Hannah, era uno dei suo soggetti preferiti, perché continuava a fare gli affari suoi mentre lui disegnava. Non una domanda assurda e nessun tentativo di sbirciare i lavori in corso. Tutti i ritratti che le aveva fatto però erano incorniciati nella sua stanza da letto e guai a chi glieli toccava.
- Comunque il tuo nome non mi é nuovo, pensandoci bene, ho la sensazione di averlo già sentito. Non ricordo dove però...Dove vai a scuola?

 
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view post Posted on 18/11/2018, 23:51
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Scusisssssima. Fiore? :flower:

little by little, one travels farunUxIGTSe qualcuno le avesse rivolto quel complimento-non-troppo-velato col chiaro intento di fare colpo su di lei, con tutta probabilità Niahndra sarebbe riuscita a sostenere lo sguardo sfrontato, e ricambiare con un’espressione alla “ci hai provato” seguita da una battuta ironica per sviare l’attenzione; Sullivan invece pronunciò quelle parole quasi con noncuranza, senza neanche guardarla, e le fu immediatamente chiaro che non fosse per timidezza.
Non avendo motivo alcuno per mantenere la sua proverbiale impassibilità —perdeva senso quando mancavano spettatori per i quali sfoggiarla—, la tassina non poté fare a meno che arricciare il naso e stirare le labbra nel tentativo di cucirle prima che queste si allargassero in un sorriso stupido. Aveva distolto lo sguardo, voltandosi a metà verso la teca del rettilario.
C’era un filo sottile a dividere la spacconeria da una sana fiducia nelle proprie capacità e di quest’ultima —benché ancora non avesse capito dove si collocasse con precisione lui— Elijah pareva averne da vendere; malgrado il fastidio che le procurò, Niah si rese conto di esserne affascinata: si trattava della stessa curiosa dedizione che porta i bambini a sezionare i propri giocattoli pezzo dopo pezzo per scoprire fino a che punto si possano smontare prima che diventi impossibile ricomporli.
Si chiese quale potesse essere il punto di rottura del ragazzo. Da campionessa della disciplina olimpica di “rimanere tutta d’un pezzo” e “fingere spavalderia 24/7”, Niahndra sapeva bene che tutti ne avevano uno; bastava solo premere i tasti giusti.
Quando finalmente il ritrattista sollevò la testa, lei inarcò un sopracciglio nel vedergli quel ghigno stampato in faccia, ma era tardi per fingere noncuranza. Piuttosto si ostinò nel proprio silenzio, rimanendo in piedi di fronte a lui, fissandolo a sua volta. A essere onesti non stava fissando proprio lui, quanto più un punto poco più in alto rispetto alla sua testa, e non lo stava esattamente guardando; le iridi azzurrine si erano spente un poco e lo sguardo si era fatto vacuo come se in qualche modo la ragazza non fosse più presente lì.
Nonostante il viavai di persone, lo sfondo chiaro alle spalle dell'artista costituiva una base neutra eccezionale per la lettura dell'arrah. Col serpente aveva fallito, ma nella mente le risuonava il tono secco di Hameeda che la guidava nel processo, quindi era fiduciosa. Era più facile leggere le persone quando non si sentivano in soggezione ed il fatto che il ragazzo fosse assorto nel compito facilitava le cose: in questo modo i colori non si sarebbero sporcati ed il tutto sarebbe risultato molto più nitido.
L'emicrania le spaccò il cervello in due e Niahndra dovette interrompere la lettura, sebbene nel voltare la testa avrebbe potuto giurare di aver visto l'aria arrossarsi. Forse fu il modo in cui la sua mente scelse di razionalizzare il dolore.
Si massaggiò le tempie con una mezza imprecazione sulle labbra proprio mentre la voce dell'altro la raggiungeva esortandola a riempire il silenzio.
Oltre la smorfia di dolore, Alistine sorrise ferale per la soddisfazione di averlo fatto parlare per primo durante quella pausa imbarazzante (per lei, quanto meno).
Con la testa un po' più sgombra si voltò a guardare il ritrattista. «Sembri uno che si annoia facilmente, Elijah Sullivan», commentò con tono casuale facendo spallucce e muovendo qualche passo in nessuna direzione in particolare.
«Hogwarts», buttò lì noncurante studiando di sottecchi la reazione di lui «una scuola privata in Scozia, come avrai capito dal mio accento probabilmente»
Si chiese se fosse stato saggio rispondere con tale leggerezza, ma —si disse— avrebbe sempre potuto obliviarlo. Per il momento preferì cambiare argomento.
«Ma basta parlare di me, non vorrei che ti avvantaggiassi slealmente» il dito andò ad indicare l'album da disegno e lei gli riservò un'occhiata eloquente. «Forse ricordo male, ma le domande non erano nei patti» Lo stesso indice picchiettò sulle labbra mentre lei dava prova di un'espressione meditabonda.
«Quindi, quindi, quindi... vieni qui abbastanza spesso da chiamare il serpente per nome, vieni da solo e munito di carta da disegno. Una passione un po' da solitari.» Sbuffò per camuffare il mezzo sorriso ricordando lo scambio precedente. «Però non sei timido, anzi mi sembri uno piuttosto... spavaldo»
Quel rosso ancora le solleticava la nuca.
Fece una pausa voluta, intenzionata a non rivelare tutto in una volta. Sottilmente, continuava a stuzzicarlo.

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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 25/11/2018, 18:08







Elijah Sullivan
Prefetto Serpeverde - 17 anni

La punta della matita correva sul foglio, gli occhi chiarissimi del Serpeverde l’accompagnavano con la premura di un genitore.
- Mi annoio? Mmmmhhnn, forse, dipende dalla situazione, ma dura sempre poco – mosse leggermente il foglio e ci soffiò sopra per far volare via gli avanzi di grafite – non mi piace stare con la pancia all’aria. Se non ho nulla da fare, cerco un modo costruttivo per impegnare il mio tempo – sollevò un attimo lo sguardo per tornare a studiare un attimo la curva del mento – Il tempo è prezioso – disse dopo uno sguardo fugace – non deve essere sprecato. Non sai mai quando potrai averne dell’altro. E comunque chi ama leggere non si annoia mai.
Quando udì il nome della scuola, la matita non smise di lavorare ed il Serpeverde rimase totalmente impassibile anche quando lei la definì un istituto privato. In un certo senso poteva anche essere vero, peccato che fosse in realtà la scuola destinata a quelli come loro. E per fortuna!
- Hogwarts – le fece eco mentre modificava leggermente l’inclinazione della matita, accompagnandola con una leggera curvatura della testa. Era alla ricerca della giusta prospettiva.
- Ma dimmi, sei più tipo da Torri o da Sotterranei? - volse lo sguardo verso di lei, condendolo con un ghigno soddisfatto. Era davvero assurdo riuscire a conoscere una studentessa di Hogwarts così lontano dalle mura della scuola.
- Io sono tipo da Sotterranei e considerando quanto mi piacciono i serpenti, credo che tu possa raggiungere da sola le tue conclusioni.
Ecco perché gli suonava il suo nome. Probabilmente, chissà come o perché, qualcuno gliel’aveva nominata. Essendo un nome molto particolare non gli era sfuggita l’associazione, anche se non aveva pensato alla scuola.

Era difficile da spiegare ad una sconosciuta come mai avesse cominciato a disegnare. Sì, c’era la passione per quel ramo delle arti, su questo non c’erano dubbi, e lui era sicuramente molto portato. Per lui il disegno non era stata solo passione o un modo per distendere i nervi. Per il Serpeverde il disegno era stato sempre un modo per dimenticare. Quello che disegnava era il suo mondo perfetto, dalle linee pulite. Erano marcate se lui voleva che lo fossero, ma – in caso contrario – si snodavano con delicata precisione. Coglieva i volti delle persone che incontrava e poi li riproduceva, ma quelle persone non sorridevano mai. Non ne era certo, ma forse era per quel motivo che non disegnava mai i volti dei bambini. Non riusciva a coglierne il sorriso nella sua pienezza, era come andare contro quello che era stato. Sebbene fosse quello il mondo avrebbe voluto disegnare per se stesso, faceva troppo male riuscire a metterlo su carta e poi non poterlo toccare.
- Non posso definirmi un solitario, ma mi trovo molto più a mio agio lontano dalla confusione. Non sopporto le persone chiassose e superficiali, che gridano per farsi notare. Non c’è bisogno di urlare in modo isterico se devi comprare una caramella. La compri e la mangi. Punto. Non c’è bisogno che lo sappia tutto il genere umano.
Continuò a tracciare linee in modo frenetico, dall’alto in basso. Lo fece in modo sicuro ma senza fretta. Disegnare i capelli richiedeva molta più pazienza che precisione – Ho quasi finito – le confessò senza però spostare lo sguardo dal foglio.
- In quanto all’essere spavaldo...trovi che io lo sia? Probabile, credo nasca dal fatto che ho il brutto vizio di dire sempre quello che penso e non mi creo alcun problema a farlo - sollevò lo sguardo, sorridendole appena - questo perché ti ho detto che sei bella? Ma lì non si tratta di essere spavaldi, stavo solo esprimendo un dato di fatto. Lo sei.
Abbassò di nuovo gli occhi trasparenti e riprese a disegnare.

 
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view post Posted on 28/2/2019, 21:14
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little by little, one travels farunUxIGTEra troppo facile, si ritrovò a pensare. Elijah non era un libro aperto, questo era evidente, e di certo a lei mancava la presunzione di credere di poter conoscere dettagliatamente ciascun capitolo di quel tomo dopo solo pochi minuti di conversazione; eppure sembrava quasi che quel ragazzo smaniasse per essere letto: una copertina sgargiante, fogli sottili e vellutati che scorrevano sotto i polpastrelli che era un piacere; alle volte persino due-tre pagine insieme.
Non doveva far altro che suggerire degli input, un'osservazione volutamente vaga e dalle sfumature provocatorie, come caricando la molla di un carillion, per poi fare un passo indietro e vederlo danzare con l'illusione del libero arbitrio.
A tratti un po' noioso nonostante di tanto in tanto Sullivan desse prova di qualche passo imprevisto e sorprendente che spezzava la monotonia di quell'esibizione. Come quel complimento asciutto... e come la sua natura magica.
Gli fece eco con un sogghigno simile cogliendo al volo le implicazioni delle sue parole. Ad essere onesti Niah aveva giocato sporco: benché quello zoo ospitasse molti esemplari babbani —Trevor incluso— l'ingresso era riservato unicamente a streghe e maghi; il retaggio del ragazzo dunque non era mai stato messo in dubbio ed il fatto che fosse un visitatore abituale le lasciava intuire con una certa sicurezza che fosse di quelle zone. Il collegamento con Hogwarts, scuola di magia di riferimento per maghi e streghe del Regno Unito, era stato immediato; l'unico dubbio che ancora rimaneva era la scelta della casata di appartenenza. Aveva le sue ipotesi, quello sì, ma voleva certezze; era bastato un accenno impreciso ed il serpeverde aveva svelato le proprie carte. Non negava che per qualche minuto avesse immaginato il giovane vestito di bronzo-blu, ma si guardò bene dal commentare onde evitare di cedere più informazioni del necessario. In una conversazione del genere non poteva pretendere di mantenere tutto il mistero, doveva decidere quali informazioni riguardo a sé sacrificare e modellare la conversazione e le affermazioni di conseguenza come in una partita a scacchi; il trucco stava nel controllare quali indizi lasciar trapelare e quali no. Scegliere tra torri e sotterranei rientrava tra i secondi.
«Ah-a —Gli scoccò un'occhiata obliqua, un angolo della bocca tirato verso l'alto in un ammonimento scherzoso.— È una domanda quella che sento?»

Rimase in silenzio quando l'artista riprese a parlare. Ancora una volta non le fu completamente chiaro il senso del suo esempio, così specifico da sembrare attingere direttamente da un'esperienza vissuta, ma riflettendoci bene iniziava a delinearsi una certa caratteristica di fondo. Condivideva quella critica sottile, ma in quel momento non aveva importanza. Intravedeva adesso in Elijah una brutalità che inizialmente era passata in secondo piano, qualcosa che non aveva a che fare con l'essere cattivi o stronzi o chissà cos'altro; era la capacità di poter vedere distintamente la linea che separa A e B, un processo di stimolo-risposta lineare e cristallino, senza fronzoli, senza mezzi termini, laconico.
Forse il primo tratto in comune tra loro sebbene Niah dovesse ammettere che il più delle volte quella sua tendenza nascondesse un doppio fine; Sullivan, d'altro canto, pareva mosso da una certa...ingenuità?
Portò a termine quel pensiero con una certa ritrosia, trattenendolo nella mente per il puro piacere del dibattito. Non poteva essere così semplice, qualcosa ancora le sfuggiva.
Mise in stand-by quel treno di riflessioni e ne approfitto per avvicinarglisi; gli si piazzò di fronte, seduta a cavalcioni sulla panchina in mezzo al rettilario, tutto sommato curiosa di vedere il risultato. Era stato rapido.
«Un consiglio, visto che mi stai simpatico —s'arrischiò perfino a fargli un occhiolino— Di rado il solito complimento funziona due volte.» Ostentava una padronanza che non aveva, ma d'altronde tutto diventava più facile quando avevi un ruolo da giocare ed un obiettivo da raggiungere.
«Quando sei pronto.» Cosa aveva colto in lei Elijah? Cosa sarebbe emerso da quel ritratto? Quanto di lei il ragazzo aveva ghermito ed impresso su cellulosa?
Qualcosa, sul fondo delle iridi azzurrine, guizzò.

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Scus *fiore
 
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13 replies since 26/7/2018, 18:05   334 views
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