| ELOISE LYNCH △ PREFETTO TASSOROSSO
A furia di rimuginare a denti incollati, spiacevole imprevisto da imputare alle Mosche Caramellate, la coppia di Prefetti azzerò le distanze tra sé e il più plausibile degli ingressi per il passaggio segreto che stava cercando. Inspiegabilmente, dopo un incipit un po’ faticoso, si erano ritrovati compagni di avventure: e sebbene le differenze tra loro fossero palpabili, sebbene il loro approccio alla vita fosse antitetico, riuscivano a essere guidati dalla medesima curiosità e sete di conoscenza. Non era la prima volta che Tasso e Serpe riuscivano a fare comunella, e per la personale esperienza di Eloise non c’era ancora stato un spigolo Serpeverde in grado di urtarla e allontanarla. «Speriamo solo che il suo cuore spezzato non ci impedisca di passare.» Fosse stato per lei, avrebbe potuto continuare a parlare dell’amore di Gunhilda anche per tutta la sera. Una volta che si tiravano fuori quelle scemenze, e che riscontrava nell’interlocutore un senso dell’umorismo sufficiente per darle corda, era difficile che mollasse la presa. Eppure, in quel momento, accadde qualcosa di strano: il discorso prese una piega imprevista, dirigendosi verso un terreno pericoloso che la sua mente individuava come “lava”. Mayday, mayday, abbandonare la nave, eject!, premi il bottone rosso e fatti sbalzare nell’iperspazio, forza! I suoi occhi si spalancarono automaticamente quando il suo cervello percepì dove si stava andando a parare: le ragazze e la loro morbidezza erano argomenti tanto distanti da sembrare alieni al suo punto di vista. Non che fosse insensibile al tema dei sentimenti o cieca davanti alla bellezza, ma era stata sempre talmente distratta dall’esplorazione di altri aspetti della vita che era abbastanza sicura di essere rimasta indietro di qualche tappa, sull’argomento. Non era scollegata dalla realtà, se ne rendeva conto, e per questo preferiva dissimulare la sua maturità e non darlo troppo a vedere. Aveva dimenticato di respirare per un momento o due, riprendendo a ossigenare il cervello solo quando Elijah, inconsapevolmente, le procurò un appiglio insperato. «Possiamo presentarglielo, un giorno, non è vero, Gunhilda?» Battendo sulla spalla della statua e rivolgendo a lei la sua totale attenzione, il rossore che aveva raggiunto le sue guance forse non si sarebbe notato troppo. Fu come se tutta la sua spavalderia si fosse dissolta in un soffio: aveva evitato le sabbie mobili e continuava a procedere su un terreno accidentato, mentre Elijah, esperto di quelle zone, saltellava tra una pietra traballante e l’altra. Si era gettata alla ricerca del potenziale bottone con fin troppa convinzione, e la percezione di quel contatto imprevisto non migliorò la situazione. Non era così strano sentire la pelle di una mano altrui ma, colpevoli i discorsi di poco prima, sentì un disagio inappropriato impadronirsi delle sue membra. Tuttavia, non sembrava esserci modo per risolvere quella semi-paralisi e intimare al suo compagno di merende di scansarsi - cosa che avrebbe gradito fare con sollievo; per fortuna non dovette attendere molto per essere tolta dall’impiccio e per tornare a concentrarsi su quella speciale missione a cui, guarda caso, si sentiva in dovere di dedicare la sua attenzione più piena e completa. Sebbene l’Alohomora non le avesse dato alcuna soddisfazione, tornare a percorrere strade conosciute fu una panacea per il suo stomaco spaventato. Non appena la punta della bacchetta si illuminò, l’ambiente rifulse di sfumature calde, meno spaventose. Il rossore che si era impadronito delle sue guance era quasi del tutto scemato, concentrata com’era sulla ricerca. E benché disprezzasse nel profondo dell’animo qualsiasi utilizzo dei Lumos e dei suoi derivati, quella volta decise di chiudere un occhio: tutto pur di non tornare a parlare di ragazze morbide. Ragionare in due, poi, è sempre più utile che accanirsi in solitudine: il passo indietro proposto da Elijah non era un’idea sciocca, ed Eloise l’accolse di buon grado. «Verto Lucidus. L’idea mi piace...» Commentò, soppesando le alternative. C’era qualcosa di utile, qualche conoscenza a cui poteva attingere grazie al contatto con i gemelli Weasley? C’era qualche particolare che aveva tralasciato? Spostando il peso da un piede all’altro, si accorse che effettivamente qualcosa c’era, ma sembrava ancora sfuggirle. «Fino a un attimo fa non resistevi a metterle le mani addosso, e ora la snobbi così?» Raccogliendo la concentrazione, si posizionò in modo da riuscire a muoversi comodamente nonostante lo spazio angusto. L’incantesimo non richiedeva movimenti complessi, quello che contava era la concentrazione; chiusi gli occhi per un istante, si focalizzò sul desiderio di rendere trasparente quella superficie, dicendosi che - se avesse funzionato - avrebbero potuto prendere in considerazione anche il Verto Tenuis. Incanto che, peraltro, era una sorta di coltellino svizzero, utile nelle occasioni più disparate. «Verto Lucidus.» Mormorò convinta. Una scintilla, scaturita dalla punta della sua bacchetta, andò a colpire la pancia della strega orba e iniziò a modificare la pietra, che da scura divenne gradatamente traslucida. Alla luce della bacchetta di Elijah, qualcosa iniziava a intravedersi. Dopo essersi accucciata a terra ed aver appoggiato le mani alle gonnelle marmoree, avvicinò il muso alla statua spostandosi prima verso destra, poi verso sinistra, per cercare di capire meglio se ciò che vedeva era reale o immaginario. Eppure, la luce che le restituiva quello che doveva essere il pavimento dava l’impressione di spingersi più in giù, nelle profondità del pavimento, come un tunnel. «Eccolo!» Esclamò, senza frenare l’entusiasmo. C’era qualcosa, e quel qualcosa era esattamente quello che stavano cercando. «Lo sapevo!» Assestata una gomitata leggera a Elijah, le idee si schiarirono. Certo, Elijah non poteva immaginare che lei sapesse già qualcosa a riguardo, ma ora, che si era tradita, avrebbe potuto estorcerle qualche informazione in più.
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