A moment of rest, Privata

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view post Posted on 8/5/2018, 19:15
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Jolene


White



☇ Età: 20 | ☇ Strega Adulta| ☇ Outfit

Dopo aver trascorso l'intero pomeriggio trotterellando avanti e indietro per Diagon Alley, la giovane sentiva il bisogno di una pausa. Non era mai facile arrivare a fine giornata nelle scarpe di Jolene White, letteralmente: costretta a scegliere tra la scomodità e l'obbligo di osservare il mondo dal basso in alto, aveva optato per la prima variante. Ecco che, ovunque andasse, era quasi sempre accompagnata dal leggero ticchettio dei suoi personali Strumenti di Tortura, i famigerati tacchi alti. D'altra parte, la Vanità esigeva i suoi tributi, e Jolene era sempre stata fedele nel pagarli. Di certo non si poteva dire che i suoi sforzi non fossero adeguatamente ripagati.
Prendete Mrs Butler, ad esempio. Una vecchia Strega tutta pieghe e grinze, ma dallo sguardo vivace e luminoso che aveva seguito la Rossa
da quando era una Streghetta piccola così. Le piaceva raccontare di essere la Madrina della cugina di Virginia, la madre della ragazza, ma la verità era che nessuno sapeva bene come fosse diventata un'amica di famiglia, né se lo domandava più. Mrs Butler era convinta che Jolene fosse la ragazzina più graziosa di tutta Londra, la pigliasse la Miopia se non diceva il vero! Ogni volta che la rivedeva, la giovane riceveva una serie di ruvidi complimenti che accettava con un sorriso adeguatamente timido, e così aveva fatto anche quella volta.
Il caso volle, infatti, che si imbattesse nell'anziana signora proprio mentre stava per tornare a casa insieme al suo nuovo gatto, e che questa la trascinasse nelle sue commissioni senza tanti complimenti. Questo spiegava perché avesse fatto così tardi, e perché sentisse il bisogno di rifocillarsi al Paiolo Magico prima di tornare a casa.
Il locale, piccolo e scuro, risuonava delle risate, dei mormorii e dei brindisi dei numerosi clienti. Jolene sedeva a uno dei pochi tavoli liberi, il trasportino del gatto appoggiato sulla sedia accanto alla sua. Mrs Butler si era riunita alle sue amiche e, dal lato opposto della sala, Jolene poteva giurare di sentirla parlare di Mr Butler, probo marito scomparso in una missione contro i Troll; ma questa è un'altra storia.
La White si giovava di quel momento di pace: faceva dondolare i piedi doloranti mentre scorreva distrattamente il menù, più incline a cercare un nome per il nuovo animale che una pietanza da ordinare.
Sbirciò il trasportino: il candido pelo del gatto rifletteva la poca luce dell'ambiente, facendolo risaltare contro lo sfondo scuro. Jolene fece passare le dita tra le grate della gabbietta e carezzò la soffice testa del felino: questi aprì appena gli occhi assonnati, prima di richiuderli nuovamente.
«Che ne diresti se ti chiamassi Mr Butler, hm?» Borbottò sovrappensiero. «In onore di un grand'uomo.»



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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 9/5/2018, 08:52






Elijah Sullivan


🐍16 Anni 🐍 3° Anno 🐍 Serpeverde 🐍


92Afskw

La Londra Babbana aveva una luce particolare quel giorno; era il mistero condito di semplicità a farla da padrone, non gli dispiaceva affatto. Ad Elijah era sempre piaciuto lasciarsi trasportare dal flusso della folla che transitava per i marciapiedi affollati. Era come fare un tuffo in acque profonde respirando a pieni polmoni. La cosa che gli piaceva di piú era la presenza di un sacco di tipi strani, cosa che rendeva lui - ragazzo di quasi 17 anni con un gatto nero sulla spalla - l'essere piú normale del pianeta. Sí, quel giorno aveva portato Stefan, conscio del fatto che uscire un pò dal recinto scolastico potesse far bene anche a lui. Tutti i ragazzi normali avrebbero fatto una piccola deviazione a casa per salutare la famiglia, a lui non passava nemmeno per l'anticamera del cervello. L'idea di ritrovarsi davanti ad Esther Montague, la sua cara madre, gli faceva esplodere la violenza sottopelle. La odiava, come solo un figlio maltrattato può odiare la propria madre naturale. Pochi capiscono, ancor meno comprendono. Ora era estremamente pericoloso vederla, sapeva con non era in grado di controllarsi. Aveva rimuginato sul matricidio molte volte e non aveva messo in atto quei pensieri solo per le sue sorelle più piccole. Era cambiato tutto, il marcio che c'era dentro di lui si allargava come un'infezione feroce portandolo a compiere azioni spregevoli. La verità era che non gliene importava nulla, Elijah voleva solo seguire i suoi impulsi. Non importava se questi erano pessimi o disgustosi, migliori o accettabili, lui voleva solo dare libero sfogo alle fiamme che aveva nel petto.
Camminò senza meta per almeno due ore, osservando le vetrine e accarezzando distrattamente il pelo nerissimo di Stefan; era meglio di un antistress.
Fu proprio in quel momento che incrociarono un passante con un enorme Labrador al guinzaglio. Il cane abbaiò alla vista di Stefan e il gatto saltò via dalla spalla di Elijah iniziando a correre come un fulmine. Il Serpeverde correva piuttosto veloce, ma lo scatto del gatto aveva messo a dura prova i suoi riflessi. Gli corse dietro, maledicendo mentalmente l'idiozia di quel cane. Per un attimo lo perse di vista, ma vide poi la coda nera spuntare dall'ingresso di un locale. Sollevò istintivamente lo sguardo e la scritta Paiolo Magico apparve in tutto il suo splendore. Elijah entrò nella sala principale, giusto in tempo per vedere Stefan cozzare contro le caviglie di una ragazza dai capelli rossi. L'ostacolo mandó il gatto a zampe all'aria sotto al tavolo. Il Serpeverde lo raggiunse e lo recuperò con la forza, afferrandolo con una mano sola.
Lo squadró con uno sguardo di rimprovero e lo riposizionò sulla spalla. I suoi occhi chiarissimi cercarono la proprietaria delle caviglie maltrattate - Ti prego di scusare il mio gatto, di solito non é cosí maleducato - grugní il Serpeverde.
L'omicidio era una cosa, ma l'educazione era un'altra. Sempre.


 
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view post Posted on 14/5/2018, 20:33
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Jolene


White



☇ Età: 20 | ☇ Strega Adulta

Il gatto sembrava accettare di buon grado il tocco di Jolene, arrivando a spingerle la testa contro la mano e incontrando, però, la grata del trasportino. La giovane non credeva che fosse il caso di lasciarlo libero: si trovavano pur sempre in un locale, per quanto le abitudini dei Maghi potessero essere stravaganti. Inoltre, non conoscendo ancora l'animale, non avrebbe potuto garantire che sarebbe rimasto nei paraggi, e non fosse invece schizzato via con una di quelle mosse tipiche dei felini.
Aveva sempre trovato affascinanti quei piccoli parenti di tigri e pantere: nelle loro movenze sinuose, nello sguardo magnetico e nell'atteggiamento adulatorio che talvolta assumevano, Jolene rivedeva una femminilità del tutto particolare. Era l'atteggiamento tipico della
femme fatale , la capacità di rigirarsi il mondo tra le dita e di non dare a vedere di apprezzarlo; qualcosa che, in un qualche recondito angolo della sua mente o del suo cuore, desiderava possedere.
Come fossero quelli di un felino, gli occhi bicolori si socchiusero leggermente, e per un attimo le pupille osservarono il mondo da dietro la cortina delle ciglia. Sentiva come i muscoli delle gambe, fino ad allora contratti, si rilassassero momento dopo momento. Chiuse gli occhi e si accinse a un profondo respiro…
Se non che l'aria le si mozzò in gola, i piedi toccarono terra di schianto e improvvisamente si trovò ritta, smarrita, cercando di capire cosa fosse successo. Qualcosa aveva cozzato contro le sue caviglie – nessun posto migliore, vero? - e il gatto bianco doveva aver capito prima di lei di cosa si trattasse, perché si protese interamente verso un angolo del trasportino, iniziando ad agitare la coda.
Jolene era ancora confusa – non era famosa per le sue reazioni fulminee -, quando dal nulla apparve un giovane ragazzo che, dopo essersi chinato nei suoi paraggi, riemerse con quello che, a quanto pareva, era nient'altro che un secondo felino.
Finalmente l'accaduto si fece chiaro nella mente della Rossa: il gatto nero era scappato e, prima che potesse essere riacchiappato, aveva sbattuto contro i suoi piedi. Di fronte a quella rivelazione, l'espressione e la postura di Jolene, fino ad allora contratte e all'erta, si distesero come in un sospiro. La sottile figura perse tutta la rigidità, ritrovando la molle dolcezza che le era propria; gli occhi sembravano più grandi nel volto ora rilassato, mentre osservavano il giovane che le aveva appena elargito le proprie scuse.
«Oh, non preoccuparti. E' stato più forte lo spavento del danno reale.» Una breve, bassa risata e proseguì: «Anzi, credo che si sia fatto più male lui. Queste scarpe non sono l'ostacolo più morbido contro cui cozzare.»
Lasciò che il suo sguardo indugiasse sui tratti decisi del giovane, cercando di attribuirgli un'età ma concludendo solo che doveva avere la sua stessa età o poco meno. Un leggero sorriso le aleggiava sulle labbra, non era chiaro se verso di lui o verso il suo gatto: quest'ultimo si trovava in una buffa posizione, appollaiato sulla spalla del padrone, ed è inutile dire che, nonostante i suoi sforzi, sia uno che l'altro la guardavano dall'alto in basso.
«Tutto bene, caro?» Protese una mano verso il lucido mantello nero del destinatario delle sue attenzioni, ma si fermò e si girò nel sentire il miagolio del gatto bianco. Ora aveva la testa rivola in alto, verso il suo simile, cercandone l'attenzione.
Jolene abbandonò la mano lungo il fianco e sorrise al ragazzo.
«Credo che non sia fuggito a caso, sbaglio? Deve aver sentito l'odore.»
Tornò a sedersi, chinandosi un momento verso il trasportino nel tentativo di distrarre il suo nuovo amico, ma niente da fare: era passata irrimediabilmente in secondo piano.
«Beh, ora che si sono incontrati mi sembra un peccato separarli così presto. Che ne dici, avete fame?» Un cenno del capo verso la sedia libera dall'altro lato del tavolo rese esplicito l'invito. Quando non si perdeva nei corridoi del propri castelli in aria, capitava che Jolene intavolasse conversazioni con perfetti sconosciuti. In genere non si trattava di un'azione premeditata, ma di un'occasione colta al volo, come in quel caso. Non che avesse precisi scopi in mente – era raro che si muovesse secondo disegni definiti in precedenza: poteva succedere che si imbattesse in un anziano che sembrava avere voglia di chiacchierare, o in un viso accigliato da pensieri rimuginati tra sé e sé e troppo poco spesso condivisi.
In quel caso, quale motivo più valido se non che era ormai ora di cena e non erano quasi rimasti posti liberi? Stava offrendo a quel ragazzo dagli occhi freddi una occasione da non perdere, per Merlino.



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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 15/5/2018, 11:12






Elijah Sullivan


🐍16 Anni 🐍 3° Anno 🐍 Serpeverde 🐍


Per fortuna la ragazza dai capelli rossi era un'amante dei gatti e Elijah non dovette faticare più di tanto a convincerla che era stato tutto un incidente. Meglio! Meno fatica, meno parole inutili.
Portò leggermente la schiena all'indietro incuriosito da queste scarpe di cui lei diceva un gran bene e appena le vide, fece un'espressione perplessa. Come facevano le donne a camminare su certi strumenti di tortura? Se l'era chiesto un milione di volte, ma non era mai arrivato ad una risposta degna di nota.
Sollevò il sopracciglio sinistro e fece una faccia indecifrabile - Ne deduco che la bellezza non sia nulla paragonata alla comodità - il suo indice puntò lo scomodo accessorio di lei - l'andare in giro con quelle scarpe è classificabile come atto eroico.
Non mosse la spalla quando la rossa allungò la mano per toccare Stefan. In quel momento si godeva il suo ruolo di semplice spettatore. A quanto pareva non erano soli e qualcuno nei paraggi non era troppo d'accordo. Nell'udire il miagolio, Elijah sorrise all'indirizzo della ragazza. Era un'amante dei gatti sebbene l'avesse scelto di un colore detestabile, l'esatto opposto del suo.
- E' fuggito in realtà per colpa di un cane - confessò - ma gli va riconosciuto un fiuto niente male, questo è innegabile.
Curvò leggermente la testa da una parte per osservarla meglio, facendo sporgere leggermente le labbra all'esterno in quella che sembrava una smorfia, ma di fatto non lo era. La ragazza dai capelli rossi era parecchio più bassa di lui, ma Elijah apprezzava molto le ragazze piccole di statura.
La parola "fame" gli fece salire subito l'acquolina e gli ricordò che era ora di cena. Appoggiò la mano sulla stomaco, come per chiedere conferma alla regia. Lì c'era poco da chiedere, la fame c'era e saliva attimo dopo attimo a livello esponenziale.
- Io ho sempre fame - un sorriso sghembo confermò le sue parole. Non era il tipo da dire che voleva sedere, semplicemente si limitava a farlo. Sollevò leggermente la sedia da terra in modo che non grattasse il pavimento mentre la spostava. Si sarebbe messo in piedi davanti alla sedia e lì avrebbe atteso che la ragazza sedesse prima di lui. Solo a quel punto avrebbe preso posto al tavolo e sistemato Stefan su uno sgabello al suo fianco.
- Elijah - fu l'unica cosa che disse. Detestava il contatto fisico e non avrebbe allungato la mano nemmeno morto. Non era però un maleducato e riusciva a venirne fuori con il minimo indispensabile. Per lui il toccarsi era superfluo. Quando ti presenti ad una persona, lo fai con gli occhi e in quel momento i suoi occhi lo stavano facendo nel modo migliore possibile.
Li volse un attimo per controllare il suo gatto. Si era acciambellato sullo sgabello, dimenticando tutti quelli che lo circondavano, tutti eccetto il gatto bianco - E' tuo immagino? Come si chiama? - indicò il felino con un cenno del capo. Scrutò il trasportino dove lo teneva chiuso e fece una smorfia. Gli mancava l'aria solo a guardarlo, non amava tenere chiusi il animali, era dell'idea che meritassero un po' di fiducia.
- Dovresti provare a liberarlo - l'unico che teneva chiuso nella teca era Theo, il suo serpente. Lì però c'erano dei chiari impedimenti logistici. Avendo un compagno di stanza non poteva lasciarlo vagare tra i letti, cosa che avrebbe fatto sicuramente se fosse stato in stanza da solo. Nonostante questo, alla prima occasione lo portava in Giardino e lo liberava senza pensarci due volte e la natrice nera ricambiava sempre la sua fiducia.
Afferrò il menu del locale e lo esaminò con calma - Tu cosa prendi? - chiese tornando ad osservarla. Piccola pausa di riflessione profonda e poi - Ovviamente non è elegante che uno che mangia come un drago si faccia offrire la cena. Permettimi di sdebitarmi per l'insolenza del mio gatto.
Aveva adocchiato una serie di squisitezze che voleva assaggiare ed erano decisamente più di una. Più rileggeva la carta del menu e più la sua fame aumentava, facendogli aggiungere mentalmente una nuova portata.



 
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view post Posted on 18/5/2018, 20:39
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Jolene


White



☇ Età: 20 | ☇ Strega Adulta

Jolene scoppiò a ridere di fronte alla reazione perplessa del ragazzo riguardo alle sua scarpe. Non era la prima volta che riceveva commenti simili, e non erano del tutto infondati. Anzi, il giovane si sarebbe reso conto di quanta verità ci fosse nelle sue parole, se solo avesse mai indossato un paio di tacchi alti. Di fronte alla sua scelta, gli uomini si mostravano quasi sempre sorpresi e vagamente divertiti; la reazione delle donne, invece, conteneva anche una traccia di compassione e di solidarietà per un comune nemico. Jolene poteva rimanere a discutere della Maledizione dei Tacchi Alti all'infinito, ma la verità era che, nelle giornate normali, non si trattava poi di una grande tragedia. Abbiamo già spiegato, però, come quella volta fosse un'eccezione.
«Una signora non dovrebbe ammetterlo mai, ma lascia che ti dica una cosa.» Fece una pausa di un istante, al fine di catturare la sua attenzione. «Sto soffrendo atrocemente.» Lasciò che un sorriso sghembo incanalasse sulla strada dello scherzo la sua battuta, pur non togliendole tutta la veridicità. Merlino sapeva se non avrebbe voluto sbarazzarsi di quei trampoli e lanciarli dall'altra parte di Diagon Alley, ma avrebbe sopportato di tutto per amore dell'Eleganza, colei che la rendeva fiera della propria figura e le faceva scorgere – o immaginare – ammirazione e benevolenza negli sguardi degli altri. Andava a braccetto con la Vanità, e insieme le permettevano di reggere le occhiate senza vergogna e, anzi, con una sorta di impertinenza; la stessa che le fece sollevare un sopracciglio di fronte alla smorfia sul volto dell'altro, come a chiedere: Beh? Che c'è?
Fu contenta di vedere accettato il proprio invito: era addirittura raggiante mentre prendeva posto, senza dare a vedere di aver notato il gesto di educazione del giovane. Pensò che dovesse essere cresciuto in una famiglia in cui le formalità conservavano una certa importanza, probabilmente un'antica discendenza Purosangue. Conservava, in ogni caso, una spontaneità spoglia, priva di affettazione, come dedusse dalla laconica presentazione.
«Io sono Jolene. Mi fa piacere che vi uniate a noi, Elijah.» Si accigliò leggermente, spostando le pupille sul felino. «Elijah e…?»
Ora che le veniva ricordato, non aveva deciso un nome per il suo, di gatto. Scorse velocemente la lista mentale che stava snocciolando prima di essere interrotta e, come folgorata, esclamò:
«Emerald.» La penombra del locale non rendeva giustizia agli occhi del felino ma, alla luce del giorno, la Rossa era rimasta affascinata dall'intensità luminosa del loro colore: sembravano proprio due smeraldi sotto ai raggi del sole.
Tuttavia, sentiva che il nome era ancora incompleto. Necessitava di un coronamento, di una degna conclusione per un degno felino. E, ancora una volta, seppe esattamente cosa dire.
«Butler. Emerald Butler.» L'anziana Strega sarebbe andata in visibilio quando l'avrebbe sentito, pensò mentre accarezzava distrattamente il pelo di Mr Butler. Il quale, dal canto suo, avrebbe potuto benissimo trovarsi da solo con il gatto di Elijah, per l'interesse - o, meglio, il non interesse – che mostrava verso il resto.
«Ho paura che scappi.» Confessò di fronte al suggerimento di Elijah, un sorrisetto allusivo in direzione del gatto nero. «L'ho preso al Serraglio solo oggi, non ci conosciamo ancora abbastanza bene da fidarci uno dell'altra e viceversa.»
Guardando il ragazzo sfogliare il menù con grande zelo, la Rossa si rese conto di essere a sua volta piuttosto affamata. Si concentrò sulle pietanze, riemergendo dall'ardua scelta prima dell'altro, e avendo così tempo di osservarlo di sottecchi. Quali segreti movimenti si celavano sotto a quel viso scolpito? Quali passioni, quali storie sarebbe riuscita ad intuire, nel tentativo di soddisfare la propria fame di vita? Vi prego di non fraintendere: le intenzioni di Jolene erano del tutto innocenti, era incapace di perseguire qualsivoglia interesse personale. La sua era una genuina curiosità, la stessa che la spingeva nelle sue letture alla scoperta delle mille sfaccettature del gioiello della realtà.
Ormai era chiaro che Elijah possedeva le maniere di un perfetto gentiluomo, se non la sua loquacità, per cui non si stupì quando propose di offrire il pasto.
«Ti ringrazio, ma non ha fatto niente, davvero.» Si riferiva al gatto, naturalmente. «Troverò a mia volta il modo di restituirti la gentilezza. Io prendo del pesce affumicato con insalata e una Burrobirra. Ora sarà meglio che chiami un cameriere prima che la fame prenda il sopravvento...Mi scusi!» Avrebbe fatto un cenno al primo membro del personale che avesse incrociato il suo sguardo, aspettando poi il suo arrivo.



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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 19/5/2018, 17:47






Elijah Sullivan


🐍17 Anni 🐍 3° Anno 🐍 Serpeverde 🐍


La ragazza dai capelli color fiamma scoppiò a ridere ed Elijah sgranò leggermente gli occhi. La cosa non fu dovuta al gesto in sé, ma al fatto che non era abituato a simili esternazioni. Si ritrovò a trattenere un attimo il fiato mentre lei rideva. Davvero era possibile ridere così, in modo così spensierato? Mille considerazioni gli rimbalzarono in testa, ma la sua espressione non mutò di una virgola.
Probabilmente in quel momento era molto meglio far virare la conversazione sui gatti. Non fece in tempo ad aprire la bocca che la ragazza confessò che quelle scarpe le facevano malissimo. Quella cosa gli parve ancora più sorprendente dato che, per come la vedeva lui, le donne facevano di tutto per apparire invincibili su quei cosi che torturavano i piedi. Elijah amava la sincerità estrema e quella confessione della ragazza lo colpì moltissimo. Rimase a guardarla assorto per qualche istante, poi le labbra si tesero in un modo abbastanza naturale trattandosi del Serpeverde in questione.
- Elijah e Stefan - rispondendo alla giovane donna, le sua labbra tornarono al suo stato normale. Non si azzardò ad interromperla mentre parlava, ma, pur capendo la sua perplessità, non era d'accordo.
- I gatti sono animali fieri ed orgogliosi, vogliono un rapporto alla pari con i loro padroni. Per loro è umiliante andare in giro così - il suo lungo dito indice volteggiò nell'aria indicando il trasportino contenente l'altro gatto. Tra lui e Stefan era sempre stato così e lo stesso discorso valeva per il serpente e l'altra gatta. Nessuno era mai fuggito se non in condizioni estreme.
- Sì, è vero che non vi conoscete, ma è anche più vero che vi siete scelti. Dagli fiducia e lui ti ripagherà - chiuse un attimo il menu. Si allungò leggermente con il corpo sul tavolino che li divideva, qualche centimetro appena - Lascialo libero, non scapperà - i suoi occhi chiarissimi la fissavano con convinzione - Se poi dovesse fuggire, poco male, lo riacchiapperemo. Vale comunque la pena di provare, vale sempre la pena di provare, no?
Muovendo leggermente la schiena tornò nella posizione iniziale, un sorriso sghembo apparve sul volto del Serpeverde - A proposito di provare qualcosa... - poche parole prima di immergersi di nuovo nelle meraviglie del menu. Lo lesse con calma registrando mille cose che avrebbe voluto mangiare. Ritenne opportuno non fare troppo lo schifoso a tavola e decise di limitarsi. Sollevò lo sguardo e trovò quello di Jolene fissò su di lui. Non abbassò gli occhi ma si concesse di fissarla in silenzio per qualche istante. Non riusciva a vedere bene il colore delle iridi della rossa, ma sembravano verdi, un verde diverso dal suo che viaggiava sul celeste.
- Io prendo Fish & Chips, una porzione di verdure alla griglia, una Burro birra e, per finire in bellezza, una bella cioccolata calda...e speriamo che l'abbiamo anche fondente.
Ora dovevano solo aspettare che uno del personale li raggiungesse al tavolo. Elijah avrebbe recitato con calma la sua ordinazione, aggiunto quella di Jolene e precisato che il conto sarebbe dovuto arrivare dritto nelle sue mani.
Ripose il menu al lato del tavolo e tornò a guardarla. Non aveva la minima idea di chi fosse la ragazza con cui stava per cenare, un vero gioco alla cieca e doveva ammettere che la cosa intrigava da morire. Si sistemò meglio sulla sedia e, senza voltare lo sguardo, allungò la mano per accarezzare Stefan tra le orecchie. Le fusa sommesse del gatto espressero il suo apprezzamento.
- Scusa, prima non mi sono presentato in modo completo, spero potrai perdonare la mia mancanza, Miss - la cosa l'aveva colto di sorpresa, facendogli dimenticare l'educazione - Elijah Sullivan, ed è per me un piacere offrirti la cena. Ora le buone maniere gli imponevano di alzarsi da quella sedia e farle un baciamano, ma i clienti del Paiolo Magico l'avrebbero guardato come un alieno, ragion per cui preferì evitare. Sua madre non avrebbe approvato.
- Se sei una studentessa di Hogwarts, Miss, devo confessare di non averti mai vista e non ci farei una bella figura. Spero quindi che tu non lo sia - quello era probabilmente il modo più diplomatico per venirne fuori - In caso contrario...beh...potrai mai perdonarmi?


_________________________________________
OT :
Per Miss White: Burrobirra - Pesce affumicato - Insalata
Per me: Fish and Chips - Verdure alla griglia - Burrobirra - Cioccolata calda
Addebitare tutto sul mio conto. Grazie


 
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view post Posted on 19/5/2018, 22:22
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Sometimes I can feel my bones straining under the weight of all the lives I'm not living.

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"Ma sì, un lavoretto per essere un po' più indipendente, qualcosa di temporaneo...niente di che."
A sua discolpa, ci aveva creduto davvero. Ridendo e scherzando (si faceva per dire), però, erano già passati quasi cinque anni e lei aveva devoluto gran parte del suo tempo a quella bettola del Paiolo Magico; un posto che, come amava spesso ricordarle il proprietario con fare paterno, "non faceva al caso di una signorina perbene".
Avrebbe dovuto uscire, diceva, ritrovarsi con gli amici della sua età, respirare un po' di aria buona e vedere di mettere su qualche chilo.
Niahndra rideva trovando sempre il modo di aggirare la questione. Il tempo, intanto, passava e alla fine – per quanto detestato – il locale era rimasto uno dei pochi punti fissi della sua vita, non avrebbe avuto la forza di abbandonarlo proprio adesso.
Era diventata un po' come una seconda pelle, come un vecchio paio di scarpe ormai adattate alla forma del piede e ammorbidite dall'uso prolungato: aveva imparato i tempi, i ritmi di quel lavoro, ne aveva scoperto le scorciatoie e conquistato i segreti. Si muoveva con fluida sicurezza tra i tavoli, non più spaventata all'idea di approcciare i clienti, non più intimorita dalla quantità di informazioni da ricordare; era diventata un'attività quasi naturale, era riuscita perfino a sviluppare una strategia mnemonica per ricordarsi delle ordinazioni senza dover essere obbligata a tenere a mente il foglietto.
A livello fisico si ritrovava spossata, ma quella era un'altra storia.
Sbuffò per scostare una ciocca di capelli che le era finita davanti al viso mentre si allontanava da un tavolo appena servito. Sgusciò come un'anguilla, gettando una sommaria occhiata tutto intorno per monitorare la situazione, totalmente assorbita dal compito.
Intercettò il richiamo di una giovane ragazza seduta ad un tavolino per due e le indirizzò un cenno di comprensione prima di avviarsi verso di lei.
«Buona sera, cosa posso portarvi?» Lo sguardo saettò da l'una all'altro mentre un sorriso di cortesia le compariva sul volto.
Fu il ragazzo che accompagnava la rossa a prendere parola e mentalmente Niahndra prese ad annotarsi le ordinazioni; poi raccolse i menù ed in quel momento si accorse della presenza di un terzo ospite: un gatto acciambellato educatamente sulla sedia pareva farsi i fatti suoi.
«Posso portare una scodellina di latte, magari, se volete.» S'arrischiò a dire, incerta.

Nei venti minuti successivi tornò al tavolo un paio di volte, portando man mano le diverse ordinazioni. Se lo avessero desiderato, avrebbe portato anche la scodella di latte a cui aveva accennato in precedenza.
«Dovrebbe essere tutto, vi lascio anche questa cioccorana omaggio. Se vi servisse altro, chiamatemi.» Secondo istruzioni lasciò il conto nelle mani del ragazzo, augurò buon appetito e tornò a immergersi in quel caos di clienti, piatti, servizi e tavoli.
2x Burrobirra
1x Pesce affumicato
1x Insalata
1x Fish and Chips
1x Verdure alla griglia
1x Cioccolata calda
TOT: 1G 7F

PS: un master provvederà a lasciare la cioccorana al più presto ^^
Se i conti non tornano, fatemelo sapere (sono fusa =.=), idem se vi servisse altro. Buon proseguimento!
 
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view post Posted on 20/5/2018, 13:12
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Jolene


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☇ Età: 20 | ☇ Strega Adulta

L'ondeggiare della lunga coda di Emerald sembrava voler scandire le parole del suo difensore e, allo stesso tempo, esprimere l'indignazione e la crescente impazienza nel trovarsi limitato da quelle strette sbarre.
Jolene, però, se ne accorse appena, completamente assorta dal volto dell'interlocutore. Era affascinata e incuriosita, come le succedeva di fronte alla forza che si manifesta nel parlare di argomenti che stanno a cuore. Se anche non fosse stata convinta dalle argomentazioni, non avrebbe comunque osato agire diversamente da come suggeritale: le sarebbe sembrato di mancare di rispetto a una potenza più grande di lei.
Elijah sembrava sapere di cosa stava parlando. Sicuramente aveva più esperienza di lei in fatto di animali: non ne aveva mai avuto uno prima, se si eccettua il pesce rosso che le era stato regalato per il suo sesto compleanno. Di certo, però, un gatto esigeva più libertà del povero Willy, che non si era mai lamentato di nuotare in circolo in un mondo grande come un'anguria.
Nonostante queste considerazioni, non si mosse subito: annuì in direzione di Elijah, come a dire che avrebbe preso in considerazione la sua proposta, ma aveva bisogno di un po' di tempo per mettere a tacere le proprie ansie.
Nel frattempo ordinarono, e Jolene sorrise alla cameriera di fronte alla sua proposta di portare del latte per i gatti.
«Sarebbe gentilissima, grazie.»
I modi di Elijah continuavano a ribadire come avesse ricevuto un'ottima educazione: con quelle maniere, non avrebbe sfigurato a una festa di gran gala. Da parte sua, Jolene era sempre stata abituata a portarsi con naturalezza, e le suonò piuttosto buffo l'appellativo di
Miss. Decise di stare al gioco. «Non hai di che preoccuparti, Mr. I tuoi modi restano in ogni caso tra i più educati che abbia mai avuto modo di vedere. Il mio nome completo è Jolene White e, se fossero già arrivate le Burrobirre, proporrei un brindisi al coraggio di accettare l'invito a cena di uno sconosciuto. Non è da tutti.»
Tra gli uomini regnava una diffidenza che lei non comprendeva. I giovani, poi, erano quelli con meno voglia di chiacchierare, proprio loro che avrebbero dovuto essere alla ricerca delle novità e accogliere la vita a braccia aperte. Loro due, seduti uno di fronte all'altra come due scatole chiuse, rappresentavano un'eccezione di cui Jolene era grata.
«Ti dirò la verità: non so se potrei perdonarti.» Disse scherzosamente. Venne però interrotta dall'arrivo delle prime pietanze, accompagnate dalla ciotola destinata ai felini. Ora Jolene non poteva più tergiversare.
«Beh, direi che non è proponibile bere quel latte da lì dentro, vero Emerald?»
Abbassando gli occhi sulla gabbia, Jolene si sentì soffocare lei stessa nel constatare quanto fosse indegna quella sistemazione. Ancora leggermente riluttante, aprì lo sportello.
«Ringrazia Elijah, è lui il tuo vero liberatore.»
Inizialmente, il gatto non si mosse. Si guardò intorno con circospezione, e solo in seguito iniziò a sporgere lentamente il muso, annusando l'aria a destra e a sinistra. Infine prese coraggio ed uscì completamente, stiracchiando le zampe intorpidite. Sembrava indeciso su quale elemento concentrarsi prima, se sul gatto di pece oppure sul cibo; optò per quest'ultimo, ma non avrebbe protestato se Stefan si fosse unito al pasto: per adesso sembrava avere un carattere pacifico e amichevole.
La Rossa sospirò, rilassandosi sullo schienale della sedia ora che sembrava che non avrebbe dovuto correre all'inseguimento di nessuno. Era salva, almeno fino a quando non fosse finito il latte.
«Bene, direi che ora possiamo imitarli. Buon appetito.» Il pesce era squisito: ne prese alcuni bocconi prima di pulirsi gli angoli delle labbra con un tovagliolo e riprendere il discorso.
«Scusami, la fame mi ha fatto dimenticare quello che stavo dicendo. Ah, ecco: sei fortunato, ho finito gli studi tre anni fa, sei giustificato a non ricordarti di me. Nemmeno a me sembra di averti mai visto, posso sapere che anno frequenti?» Era pur sempre possibile che si fossero incrociati, un anno o due, mentre lei finiva il proprio percorso e lui era agli inizi. Di certo non sembrava un ragazzino, era probabile che stesse frequentando gli ultimi anni.




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Edited by Jolene White - 25/4/2019, 19:25
 
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Elijah Matthew Sullivan
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Elijah Sullivan


🐍17 Anni 🐍 3° Anno 🐍 Serpeverde 🐍


aUZrleb

Scosse il capo con un sorriso appena accennato quando Jolene gli disse che l'avrebbe perdonato con difficoltà. Non fece in tempo a ribattere perchè arrivò la cena. Non sapeva se era per la gran fame, ma tutti i piatti avevano un profumo delizioso. Elijah sentì un gorgo nello stomaco, segno che l'ora abituale della cena scolastica era passata da un pezzo. Prese il tovagliolo e lo sistemò con cura sulle gambe, facendo attenzione ad allargarlo appena fosse già sotto al tavolo. Ricordava ancora le parole di sua madre come se gliele avesse dette in quello stesso istante :"Elijah stai appoggiando un tovagliolo sulle gambe e non sventolando una bandiera! Possibile che tu non abbia un pò di garbo? "
Come era prevedibile, Stefan non lasciò che l'altro gatto consumasse da solo il latte gentilmente offerto. Si stiracchiò sullo sgabello e con un balzò preciso atterrò poco distante. Si avvicinò con calma e, dopo aver scrutato l'altro per un istante, immerse la piccola lingua rosa dall'altro lato della ciotola. Riusciva a sentire quel suono delizioso che produceva mentre mangiava. A differenza di Emerald, il gatto nero non sarebbe riuscito a mascherare l'incontro ravvicinato con il latte.
-Stefan! - lo chiamò con decisione per costringerlo ad alzare la testa. E infatti il muso era tutto insudiciato di bianco. Elijah gli fece una piccola smorfia, spingendo le labbra verso l'esterno e strizzando gli occhi. L'aveva sempre trovato buffissimo quando si sporcava in quel modo. Tornò a guardare la ragazza - Buon Appetito, Miss, spero che la cena sia di tuo gusto - il palmo della mano posato sul petto, un leggero cenno del capo. Afferrò le posate e cominciò a tagliare il pesce. Lo fece con la massima calma, senza far toccare mai forchetta e coltello. Era vietato produrre suoni con le posate, di qualsiasi natura questi fossero, pena restare a digiuno, nella migliore delle ipotesi ovviamente. Esther Montague non ammetteva violazioni del codice di comportamento che inculcava nei suoi figli fin da piccoli. Aveva cinque anni quando gli era sfuggita di mano la forchetta, producendo un rumore metallico risuonato in tutta la sala da pranzo. Sua madre si era limitata a dire "In camera tua". Elijah si era alzato in silenzio e aveva aspettato con pazienza la dose di schiaffi che sua madre gli avrebbe poi servito al posto della cena. Ormai non ci pensava nemmeno piú, eseguiva quei gesti con tranquillità e naturalezza. Il pesce era davvero buono, le patatine croccanti fuori e morbide dentro, una vera delizia. Mentre Jolene rispondeva, il Serpeverde assaggió anche le verdure, solo un paio di bocconi. Sollevò un attimo il tovagliolo per pulire le labbra, quindi lo riposizionò sulle cosce.
- Ho diciassette anni e frequento il terzo anno - allungò la mano verso il boccale di Burrobirra, ma si limitò ad afferrarlo Sono un Serpeverde.
Sollevò leggermente il boccale portandolo verso il centro del tavolo - Se sei d'accordo, farei un brindisi ai nostri due bei gatti. Era ovviamente un modo tutto suo per proporre un brindisi a loro stessi. Elijah non era proprio avvezzo a quel tipo di relazioni sociali, anche se era fortemente motivato ad apprendere tutto. Ormai era un adulto e voleva imparare a gestirsi in tutti i modi possibili. Osservò la ragazza con attenzione, gli occhi divennero due fessure nell'attimo in cui si concentrava - Tu non mi sembri una ex Serpeverde...ma sei molto brillante e intraprende, sono incerto su dove collocarti. Mmmnnnhh...diciamo Corvonero o Grifondoro.
Era totalmente incapace a leggere le persone, ma con quella ragazza aveva deciso di provare e non sapeva nemmeno lui perché. In fondo era come un gioco. Cosa poteva avere di cosí strano un gioco? Aveva perso molto della sua vita, ora voleva cominciare a giocare ma soprattutto a vivere.





 
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view post Posted on 21/5/2018, 20:15
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Jolene


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☇ Età: 20 | ☇ Strega Adulta

Nonostante il forte richiamo del cibo, Jolene non si lasciò sfuggire l'attenta preparazione che portò il ragazzo ad assaggiare il primo boccone. Sentì, in confronto, di essere stata precipitosa e impaziente. In sua difesa, però, non era mai stata abituata a dei simili riti. Proprio così: la familiare precisione con cui si muoveva Elijah faceva intuire come quello non fosse un gesto studiato per accaparrarsi l'attenzione della giovane donna, ma un'abitudine saldamente radicata. Non le sarebbe stato difficile immaginarlo mentre portava quel perfetto galateo in una bettola alla stregua del Testa di Porco: come se nulla fosse, come se non esistesse alternativa.
Jolene era estremamente incuriosita da quel comportamento. La realtà in cui era cresciuto doveva essere così distante dalla sua infanzia!
Anche gli White possedevano le proprie piccole cerimonie, le abitudini a cui non erano disposti a cedere; nient'altro che piccoli gesti che, insieme, contribuivano a definire l'identità della famiglia stessa.
Ad esempio, non poteva ricordare sera della propria infanzia che non avesse passato nel soggiorno accogliente – caldo d'inverno, soffocante d'estate -, sprofondata nel divano o accoccolata sul tappeto davanti al camino. In quelle occasioni, ognuno dei tre White aveva accanto la sua tazzina del tè, come una sorta di segno di riconoscimento, un sacro artefatto necessario alla buona riuscita del rito. Esso si poteva svolgere secondo piccole variazioni, in base a quale era in quel momento l'umore generale. Spesso, Virginia sceglieva uno dei tanti tomi sparsi in giro per la casa – se ne potevano trovare sulle librerie così come accanto al cesto della biancheria e appoggiati al muro al lato delle scale; allora, con la sua voce bassa irruvidita dal tabacco, immergeva la figlia e il marito nell'atmosfera da favola che aveva riservato loro per quella sera. Poteva trattarsi di romanzi, racconti brevi o testi teatrali, poco importava.
In alternativa, Oscar appoggiava sul tavolino la pila disordinata dei compiti da correggere, e Jolene aveva diritto ad un pasticcino per ogni risposta che indovinava giusta. Era impensabile, per lei, che gli studenti di suo padre non provassero un delizioso piacere nello svolgere i quesiti, quantomeno analogo a quello che illuminava i suoi occhi in quei preziosi momenti.
Si ritrovò a chiedersi se anche i ricordi di Elijah si soffermassero, di tanto in tanto, su scene simili. Il fatto che avesse ricevuto un'educazione più precisa non significava che non fosse vissuto in una famiglia calorosa, dopo tutto.
Annuì leggermente di fronte alle nuove informazioni sul suo conto: fino a quel momento non avrebbe saputo catalogare Elijah in una Casata: si erano appena conosciuti e, oltretutto, era consapevole del fatto che ogni Casa racchiudesse al suo interno una incredibile varietà di personalità e comportamenti.
Gli rivolse un sorriso di fronte alla proposta del brindisi. Posò forchetta e coltello e allungò dolcemente la mano per afferrare il proprio boccale. Lo sollevò e, mentre lasciava che le sue pupille si rispecchiassero nel ghiaccio degli occhi dell'altro, un giulivo tintinnio di vetri fece da coronamento al brindisi.
«A Stefan ed Emerald, il Gatto Nero e il Gatto Bianco.» Nelle sue intenzioni doveva essere un augurio allusivo e piuttosto simbolico, ma si rese conto che quelle parole suonavano buffe alle sue stesse orecchie. Soffocò una mezza risata nella schiuma della Burrobirra, prendendone un bel sorso prima di poggiarla sul tavolo.
Sentiva addosso lo sguardo del Serpeverde mentre cercava di decifrarla, e fu compiaciuta nel vedere che aveva una buona capacità di osservazione.
Mandò giù il boccone con cui era alle prese, raddrizzò la schiena e, una mano sul cuore e l'altra ad impugnare la forchetta in una caricatura semi seria di un giuramento, pronunciò solennemente:
«”Oppure Corvonero, il vecchio e il saggio, se siete svegli e pronti di mente.” Mi hai scoperta, anche se devo ammettere che, all'epoca, il Cappello Parlante era indeciso tra la Casa di Priscilla e quella di Tosca. Purtroppo non ho mai avuto l'irruenza di un Grifondoro.» Si strinse nelle spalle. Poi, una nuova luce si accese negli occhi di bosco, portandola a protendersi leggermente sul tavolo.
«Ora lascia che sia io a indovinare qualcosa di te.» Avrebbe fatto una pausa, più per dare spazio al proprio sorriso obliquo di estendersi che al ragazzo di replicare. «Vediamo. Conosco già la tua età, la tua Casata… Ci sono!» Si schiarì leggermente la gola, proseguendo con il tono melodioso che le era consueto. «Appartieni ad una antica discendenza Purosangue. Hai ricevuto un'ottima educazione, non c'è che dire: te la porti appresso come un rito a cui non puoi rinunciare. Ti sono state utili nelle cerimonie a cui hai dovuto partecipare, l'élite Magica non ha mai avuto niente da ridirti, sei sempre stato ineccepibile. Però non è mai stato il tuo posto, non ti convince davvero.»
Aveva deliberatamente aggiunto quel dettaglio provocatorio, ed era pronta a cogliere la reazione che avrebbe suscitato. Era stato uno sfizio, un rischio per amore della conoscenza: le persone sono più autentiche quando vengono colte di sorpresa.
Si appoggiò allo schienale, sollevando il boccale. Nella sua voce si intendeva una vena giocosa.
«Allora, ho fatto centro?»



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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 22/5/2018, 12:24






Elijah Sullivan


🐍17 Anni 🐍 3° Anno 🐍 Serpeverde 🐍


aUZrleb

Jolene era un insieme di caratteristiche diverse, vicine e lontane da lui. Alcune di queste gli erano del tutto aliene e il Serpeverde faceva fatica a capirle. La stava osservando attento, aveva quel modo di sorridere che andava oltre. In ogni attimo in cui sorrideva, il sorriso della ragazza era sincero, le nasceva da dentro al petto. Per lui non era così, non era mai stato così, per lui il sorridere era solo un movimento meccanico dettato dal cervello. Mentre la guardava, si chiedeva se fosse possibile anche per lui, se quel modo di fare si potesse imparare. Lei sembrava così felice, rilassata e senza pensieri. Oh, certo! Magari li aveva anche lei, ma aveva un modo diverso di affrontarli, un modo che le invidiava.
Le labbra di Eijah si aprirono in un sorriso involontario appena la ragazza brandì la sua forchetta declamando il motto dei Corvonero. Sul serio? A lui non sarebbe mai passato in testa di fare una cosa del genere eppure il quel momento sembrava così normale.
- Una Corvonero…- la sua espressione divenne assorta mentre andava leggermente indietro sulla schiena, come se volesse osservarla meglio - tutte le mie sorelle sono Corvonero come mio padre, e credo che lo saranno anche le due più piccole.
La palla poi passò metaforicamente a Jolene ed il Serpeverde cambiò immediatamente espressione.
"te la porti appresso come un rito a cui non puoi rinunciare"
Quelle parole gli battevano in testa, più forte di una mazza che colpiva un Bolide impazzito. Aveva l'impressione di sentire lo stesso suono metallico e feroce dritto su entrambe le tempie. I suoi occhi si dilatarono così tanto che le ciglia vibravano nel tentativo di dissimulare quel gesto.
- Sì, mia madre è una Montague - sembrava quasi in trance mentre rispondeva fissando la ragazza dai capelli rossi. Il resto del discorso però...come faceva a spiegare ad una ragazza così piena di vita che la sua, di vita, era stata un disastro assoluto. Non riusciva a mentire su quell'argomento, anche se probabilmente avrebbe dovuto. Non era più disposto a coprire sua madre, lui non era come lei, non si sarebbe mai comportato nello stesso modo.
- Non è qualcosa a cui non posso rinunciare, ma qualcosa che mi è stato imposto. Non avevo scelta.
Coltello e forchetta tornarono a lavorare insieme nel piatto, con silenzio e cura proprio come prevedeva l'etichetta. Elijah prese un boccone di pesce e lo masticò con calma. Sollevò lo sguardo verso Jolene solo dopo aver mandato giù il cibo, come se avesse voluto lasciarle il tempo di metabolizzare le sue parole.
- Non sempre antica discendenza è sinonimo di buona famiglia e soprattutto di buona madre, Jolene.
Bevve un sorso della sua Burrobirra, lasciando uno sguardo deliziato alla cioccolata ancora fumante al lato del tavolo.
- Se non mi sedevo composto a tavola, mia madre mi...mi puniva. Avrei fatto a meno volentieri di tutto questo, ma ho dovuto imparare per necessità.
Molti invidiavano le famiglie come la sua, nobili casate di Purosangue piene di titoli e Galeoni. La realtà era completamente diversa, almeno per la sua famiglia.
- Non so dire se hai fatto centro...forse in parte, ma avrei rinunciato a tutto questo volentieri se avessi potuto.
La forchetta del Serpeverde volteggiò sulle verdure, acciuffando una ricca quantità di peperoni. Accidenti quanto erano buoni, aveva un debole per i peperoni. Li assaporò con calma. L'olio ed il sale creavano una miscela perfetta.
- Ehi.. - sapeva l'effetto che potessero avere certe rivelazioni. Elijah allungò la mano e afferrò con delicatezza il polso della ragazza - Quello che ti ho detto appartiene al passato e ormai non fa più male. Non è qualcosa che mi crea problema, ok? - le dita si staccarono dal braccio di Jolene e tornarono dal suo lato del tavolo. Quel passato era ancora radicato in lui, ma non era necessario che gli altri lo sapessero. Non aveva alcuna intenzione di rovinare quella cena con la miseria della sua vita, ragion per cui le regalò un sorriso tranquillo, scoprendo i denti bianchissimi.
-Ti consiglio vivamente di assaggiare le verdure, sono davvero spettacolari. Altri cinque minuti e saranno solo un ricordo.
Le avvicinò il piatto con la punta delle dita, sperando vivamente di cambiare discorso. I segni che gli erano rimasti nell'anima, erano radicati lì, indelebili per sempre, ma nessuno doveva avvedersene. Per Elijah era tutto normale e lo sarebbe sempre stato.




 
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view post Posted on 23/5/2018, 19:58
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Jolene


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☇ Età: 20 | ☇ Strega Adulta

La testa di fiamma si mosse per annuire in segno di assenso mentre apprendeva delle sorelle di Eijah. «Insomma, sei l'eccezione della casa.»
Si ritrovò a chiedersi a quale numero ammontasse esattamente quel “tutte”: dovevano essere almeno due che, sommate alle altre più piccole, costituivano già quattro figlie; anche senza che vi fossero dei fratelli, quella famiglia era indubbiamente numerosa. Pur in qualità di figlia unica, Jolene aveva trascorso un periodo in Italia, in seguito alla fine della scuola, durante il quale aveva vissuto insieme a una famiglia molto numerosa. I coniugi Perletti, lontani parenti di Virginia, avevano sfornato ben quattro pargoli distribuiti su un arco di tempo piuttosto lungo; dato che allora nessuno aveva ancora abbandonato il nido familiare, era stata un'autentica avventura e una affascinante scoperta per Jolene vivere tra quelle mura affollate. Aveva assistito ai piccoli battibecchi che inevitabilmente nascevano tra tante persone, ma l'inquietudine dei dissidi non resisteva mai alla potenza del calore di una famiglia unita, che – ameno così le sembrava - risultava più travolgente perché più numerosa della sua.
Immaginò che qualcosa del genere valesse anche per il Serpeverde: senza che lo volesse, la sua mente aveva già elaborato un grazioso quadretto in cui, una volta salutati gli egregi ospiti in un clima di cordiale formalità, un'atmosfera più distesa prendeva piede in un soggiorno riecheggiante di risate femminili.
Ben presto però dovette mettere in discussione quella rappresentazione. Jolene si dimenticò di aver avuto intenzione di portare il boccale alle labbra, fissandosi sul volto del ragazzo: sembrava che avesse ricevuto un colpo inaspettato, e Jolene si rese conto di aver colpito a segno. Qualcosa di fragile e importante era stato urtato, e sembrava che gli avesse tolto la terra da sotto i piedi.
Appoggiò la Burrobirra sul tavolo mentre tornava a chinarsi leggermente in direzione dell'altro, ricambiandone lo sguardo fisso. Non dette segni di impazienza mentre la bolla del silenzio sospeso inglobava il loro tavolo, sfumando il brusio del resto del locale in uno sfondo lontanissimo. Aspettò quasi senza fiatare, temendo di incrinare una situazione la cui forza consisteva nella sua stessa fragilità, nella semplicità con cui sarebbe andata in frantumi.
Il cibo sembrava aver acquisito un'innaturale attrattiva nei confronti del giovane, mentre lei aveva perso tutto l'appetito.
La rivelazione la spiazzò: il mondo che intravvedeva attraverso lo spiraglio che le era stato concesso le faceva correre i brividi lungo la spina dorsale. Si trattava di qualcosa che aveva conosciuto solo nei romanzi: una serie di immagini prese in prestito dalla letteratura cominciarono a popolare il vuoto che Elijah aveva lasciato. Costruì un intero universo intorno a quella rivelazione, e ne uscì destabilizzata e vagamente incredula. Non se ne rese conto subito, ma ad averla colpita più di qualsiasi parola fu l'atteggiamento di Elijah: non avrebbe nemmeno saputo definirlo con precisione, ma c'era qualcosa, nel suo modo di evitare di guardarla, che le produsse una profonda impressione.
La Rossa non aveva dato in esclamazioni, né aveva fatto movimenti melodrammatici, ma Elijah dovette intuire l'effetto che aveva prodotto. Se non sobbalzò sotto al delicato tocco della mano di lui, fu solo perché il cuore assorbì la reazione mancando un battito. Sentì il polso bruciare sotto al calore delle sue dita. Dopo alcuni momenti di incertezza, decise di stringere quella mano nella sua: per far capire ad Elijah che non ci si poteva sentire soli mentre siamo riscaldati dalla pelle di un'altra persona. Senza impietosirsi, senza compatirlo, avrebbe solo voluto mostragli l'unico amore che li legava in quanto simili. Ma reagì troppo lentamente, e il pugno si chiuse sulla vuota aria, mentre le nocche sbiancavano.
Si sforzò di sorridere di fronte a quello che percepiva come un mero tentativo di cambiare argomento. Per la prima volta, la piega rigida delle labbra distorse il volto pallido, con un effetto innaturale che sarebbe stato difficile non percepire. Aveva rischiato e aveva ottenuto quello che desiderava: per un attimo era entrata sotto la pelle dell'altro, ma non era ancora in grado di non farsi coinvolgere. Si era immaginata di trovare un giovane rampollo con una sotterranea vena di ribellione verso la rigidità del mondo in cui era costretto, ma si era imbattuta in qualcosa di molto più grande. Si rese conto del baratro che li separava; eppure non desiderava allontanarsi, e anzi ne era attratta in maniera indefinibile.
Concluse che cambiare argomento era l'unica scelta possibile: accolse l'invito di assaggiare la verdura, per quanto le fosse passata la fame.
«Se la metti così, non posso che approfittarne.» La sua voce le suonava finta alle sue stesse orecchie, intrisa com'era di una forzata allegria. «Perdonami.» Sospirò, scegliendo la via della sincerità. «E' solo che… mi hai spiazzata.» Alleggerita da quella confessione, riuscì a mostrare un buonumore più autentico, anche se più pacato rispetto a prima.
Usò la forchetta per infilzare un pezzo di peperone, ma nel mangiarlo un po' d'olio le scivolò sul mento. Usò il fazzoletto per pulirsi, alzando gli occhi al cielo.
«Non crescerò mai. A volte penso di essere finita da questa parte della vita per puro caso, e che il mio posto sia ancora tra i banchi di scuola.» Quella era la sua personale confessione. «Se penso che tra qualche tempo, se tutto va bene, ritornerò ad Hogwarts sotto le vesti di Infermiera mi viene quasi da ridere. Sicuramente ho la golosità di una bambina, ma almeno sembra che non sia l'unica.» Accennò scherzosamente alla cioccolata. «Ti dispiace? Te ne rubo solo un'altra. Non scherzavi, sono fantastiche.» Questa volta si riferiva le verdure.
Si era tornati alla normalità?






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Elijah Matthew Sullivan
view post Posted on 24/5/2018, 18:29






Elijah Sullivan


🐍17 Anni 🐍 3° Anno 🐍 Serpeverde 🐍


aUZrleb

Quello che aveva alzato Jolene era solo il coperchio di un vaso di Pandora che andava ben oltre la sua immaginazione. Era impensabile, per una ragazza proveniente da una famiglia normale, che una madre potesse comportarsi come Esther Montague. Era quello che succedeva sempre. Prima si limitava a ignorare le sue stesse parole, poi pian piano un senso di impotenza cresceva dentro di lui, iniziando a bruciare all'altezza dello stomaco come il whiskey incendiario. Era il fuoco che alimentava la rabbia, come una benzina inesauribile.
Ovviamente non poteva dirle come stavano davvero le cose, sarebbe stato troppo anche per un insensibile come lui. Era tangibile il disagio che avevano creato le sue parole, e non voleva andare oltre. Era il classico racconto che è troppo brutto per essere vero, ma allo stesso tempo drammaticamente reale. Elijah non portava con sé segni visibili di quei maltrattamenti, ma le cicatrici dell'anima non si sarebbero mai rimarginate. Non poteva più sopportare di sentirsi così, alieno nel mondo, un peso per se stesso. Il problema era che non sapeva essere diverso da quello che era. Era quello il suo ambiente naturale ed Elijah piaceva essere un pesce nella sua boccia. Però...si c'era un però. Però fuori da quella boccia c'era il mare, anzi l'Oceano e lui moriva dalla voglia di farci un tuffo.
Osservò la rossa mangiare le verdure che le aveva offerto, piegando leggermente il capo quando l'olio le scese sul mento. Per lei non fu affatto un problema. Altra cosa imprevista, non si faceva alcun problema a ridere di se stessa. Elijah socchiuse le labbra, respirava piano mentre i suoi pensieri rallentavano. Voleva solo fermare un attimo il mondo e scendere. Poi che avrebbe fatto? Niente di particolare. Si sarebbe guardato intorno, alla ricerca di quel qualcosa che tutti nominano almeno una volta.
«E' solo che… mi hai spiazzata.»
Un sorriso tranquillo scuotendo la testa. Apprezzava la sincerità fino all'estremo e non si aspettava nulla di diverso. Il punto era un altro...non erano quelle le sue intenzioni. Gli piaceva scatenare emozioni estreme nelle persone, ma non su quell'argomento. Voleva che succedesse solo per se stesso. Affondò di nuovo la forchetta tra le verdure prima che rimanesse solo l'olio a galleggiare nel piatto. Se avesse avuto un po' di pane, avrebbe fatto piazza pulita anche di quello e senza crearsi troppi problemi. Magari faceva sempre in tempo ad aggiungerlo alle ordinazioni? Beh, forse meglio di no.
Quando Jolene gli disse che sarebbe tornata a scuola come infermiera, fu lui a rimanere spiazzato. Quell'allegra, deliziosa ragazza dai capelli rossi era un'infermeria. Sicuramente una bravissima infermiera. Fece un ghigno appena accennato. Un piccolo angolino della sua testa la stava immaginando con la divisa bianca addosso.
-Vedrò di farmi male spesso, allora - cosa che ovviamente non succedeva mai. In tre anni di scuola era finito in infermeria solo una volta. Era stato decisamente fortunato, chissà se quella fortuna sarebbe continuata anche in futuro. Magari no.

Andando contro ogni logica, ritornò ad una frase di Jolene a cui sembrava non aver dato peso.
- Non sono l'eccezione della casa...o forse si... - gli occhi chiarissimi fissi in quelli della rossa - Ho un fratello più grande e sei sorelle. In tutto siamo otto, ma io sono sempre stato il preferito di mia madre.
La voce si strofinò come un velluto sulla parola "preferito", ma i suoi occhi entrarono in quelli di Jolene come due lame arroventate. Quella parola era densa di significato e, soprattutto, di orribili segreti non ancora rivelati. Non voleva dirle nulla in quel momento, ma voleva che lei capisse. Quel lato di se stesso aveva bisogno di essere esplorato da degli occhi completamente diversi dai suoi, lontani anni luce da quella realtà. L'avrebbe capito? Giudicato? Aveva sempre creduto che fosse impossibile rinascere, ma probabilmente si era sbagliato. Forse si illudeva che tutto fosse facile, ma non lo era mai stato. Erano solo pochi spazzi nell'oscurità che gli apparteneva così tanto.

Si alzò da tavola e, senza dire una parola, si diresse al bancone. Tornò indietro qualche istante dopo con in mano un cucchiaino. Lo sistemò sul piattino della cioccolata vicino a quello che già c'era. Tornò a guardare Jolene senza dire una parola. Era incuriosito dal suo modo di fare, tremendamente incuriosito. Voleva capire, capirla.
Pollice e indice strinsero il piattino e lo mossero piano al centro del tavolo. Elijah prese uno dei cucchiaini per la punta del manico e lo avvicinò a Jolene.
-Tuo - avrebbe atteso che la ragazza lo afferrasse e poi avrebbe aggiunto - devi aiutarmi a finirla. E' una tazza enorme, non credo di farcela.
Bugia detta a fin di bene? Ne avrebbe mangiate cinque senza battere ciglio e poi avrebbe di nuovo ricominciato con la cena. Doveva ammettere che aveva mangiato davvero poco, non era affatto sazio. Pesce, patatine e delle verdure erano solo un antipasto per lui, ma era davvero brutto presentarsi a tavola con l'appetito di un troll.
Con il cucchiaino tra le dita la esortò ad iniziare, muovendolo leggermente - Che aspetti? Che diventi fredda?
Ovviamente non avrebbe mai immerso il cucchiaino per primo, lasciando a lei l'onore del primo tuffo.




 
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view post Posted on 27/5/2018, 13:14
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Il Fato

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Cioccorana in regalo — da aggiornare
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(1677-1761)
Famoso mago che uccise il Serpente Marino di Cromer (Norfolk).
Le cause dell'uccisione sono ignote, probabilmente per ingredienti di pozioni,
poiché generalmente i Serpenti Marini sono innocui, eccezion fatta contro i Babbani che hanno un comportamento aggressivo.
Ad Hogwarts vi è è un Corridoio al sesto piano a lui dedicato, in cui vi è un suo ritratto.
 
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Jolene


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☇ Età: 20 | ☇ Strega Adulta

La risata della Rossa, per quella sera, si era spenta: al suo posto erano rimaste, come tracce leggere, risate scherzose, divertite, che aleggiavano sulle labbra distendendole naturalmente.
Fu uno di questi, accompagnato a un'alzata di occhi al cielo, la reazione alla battuta di Elijah:
«Vedrò di farmi male spesso, allora.»
«Ti aspetterò, anche se non mi sembri il tipo da diventare frequentatore abituale dell'Infermeria.»
Sentiva l'intensità del suo sguardo, mentre ritornava su una sua osservazione precedente. La forza che ne traspariva era come una calamita che la portava a tendere verso quelle finestre taglienti, così diverse dalla voce modulata dolcemente. Apparenza e autenticità, maschera e volto,
persona e anima. Così tanti individui decidevano di sdoppiarsi, a volte si chiedeva come riuscissero a non perdere il filo di se stessi.
Si rendeva conto che le era stato concesso un privilegio: desiderava esserne all'altezza, per quanto oscure fossero le implicazioni. L'apparente contraddizione tra l'affermazione di essere il preferito della madre e la precedente confessione dei maltrattamenti tracciavano un quadro dalle tinte sempre più scure. Jolene poteva solo immaginare la casa degli orrori in cui il Serpeverde aveva vissuto: se ne sentiva ad un tempo lontana e coinvolta. Non si era mai realmente posta la domanda se storie come quella avvenissero solo nei romanzi, ma provava la partecipazione confusa dell'empatia senza comprensione.
Per il momento decise che sarebbe stato meglio non cercare di mettere ordine in quel miscuglio: era spaventata all'idea della reazione che avrebbe potuto avere, e non desiderava dare ad Elijah l'impressione che la sua apertura l'avesse allontanata. Ma come rispondere a quella che percepiva come una richiesta d'aiuto? Jolene era impotente come qualsiasi estraneo, l'unica sua forza era il calore che sapeva emanare come la fiamma che aveva tra i capelli, e cercò di esprimerlo tutto nelle successive parole.
«Qualsiasi cosa tu sia stato… o sia per la tua famiglia, in te c'è molto di più. Credimi.»
La voce era diventata densa come resina che racchiudesse le parole in gioielli di ambra per fargliene dono come un promemoria. Non si trattava di chiacchiere buttate al vento: certo, si poteva ribattere che sapeva ben poco di lui, ma Jolene sentiva di aver intuito molto più di quello che si era detto. Aveva scovato una forza, una grandezza che la lasciavano sbalordita. Era come se scorgesse la vitalità scorrergli sotto la pelle, un movimento incessante completamente diverso dal suo. Jolene si era sempre sentita languida staticità, semplice aspirazione alla tragedia, ma inesorabilmente legata a un'armonia e ad un equilibrio che diventavano gabbia a causa della loro intransigenza. Elijah, invece, poteva trasformarsi in qualsiasi momento, o almeno così le sembrava: possedeva una capacità dirompente che avrebbe potuto distruggere qualsiasi ostacolo, così come qualsiasi ancora di salvataggio. Questo, a grandi linee, percepiva Jolene.
Gli sorrise dolcemente mentre prendeva il cucchiaino che le veniva porto. Nel farlo, le sue dita sfiorarono come per caso la mano dell'altro.
«Ti ringrazio. Ormai sono piena, ma non ho mai saputo rifiutare della cioccolata.»
Spostò da una parte il piatto vuoto, appena terminato. Immerse il cucchiaino nella cioccolata densa e scura, assaporandone l'intenso profumo prima del gusto stesso.
«E' deliziosa.» Avrebbe sentenziato, quando anche Elijah avesse fatto il primo assaggio. Il cacao aveva un aroma fortissimo, amaro ma irresistibile. «I dolci sono sempre un ottimo rifugio, vero?» Disse quasi tra sé e sé, prendendo un altro assaggio. Avrebbe fatto in modo di lasciarne la maggior parte ad Elijah, dopo tutto l'aveva presa per sé e non intendeva approfittare troppo della sua gentilezza.
Nel frattempo, anche Emerald aveva terminato il suo spuntino: dopo aver condiviso pacificamente il latte con Stefan, si era allontanato stiracchiandosi ed era andato a strusciarsi contro le gambe della ragazza. Jolene abbassò sorpresa lo sguardo, e provò una straordinaria tenerezza per quella palla di morbido pelo bianco.
«Avevi ragione tu, alla fine.» Si rivolse ad Elijah. «Sembra che non sarà necessario nessun eroico inseguimento. Credo anche di aver guadagnato un po' della sua fiducia.»
Emerald si lasciò cadere per terra, acciambellandosi con aria beata.
«Da quanto tempo vi fate compagnia voi due?» <i> Alludeva, naturalmente, a Stefan.



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