I Sospiri sono manifestazioni delle nostre emozioni.
I Sospiri sono i respiri del Cuore, scrigno dei sentimenti più profondi,
dai più luminosi come l’amore, ai più oscuri come il dolore e l’odio.
Possiamo sospirare per stupore e sorpresa,
per delusione, rabbia o frustrazione…
...ma i Sospiri più profondi sono quelli che nascono dal Cuore.
Quelli nati da sentimenti forti e tanto intensi da arrivare fin dentro l’anima e farla sospirare.
Mìreen prese il sapone di una leggera colorazione rosata e ne fece colare un po’ nella vasca, poi prese una manciata di Sali profumati e sparse anch’essi a caso, accese l’acqua e la regolò per averla calda, poi si spogliò e gettò i vestiti in una cesta posta in un angolo del bagno, rabbrividendo per il freddo.
Ne aveva bisogno, dopo tutti quei giorni passati all’aperto, a camminare di qua e di là sotto la pioggia, per finire i preparativi per il giorno di Ostara e del suo compleanno ormai imminente... quella sera poi il freddo era tornato più prepotente che mai a bussare alle porte di Londra, fregandosene che fosse ormai primavera.
Era tesa da quando aveva concluso il colloquio con Rhaegar e da quel momento non c’era stato un solo momento che lo avesse passato ferma, immersa nei propri pensieri. Probabilmente la causa era da attribuirsi alla madre che temendo una nuova “ricaduta” l’assillava e riempiva di impegni per tenerla occupata, e di questo le era stata tanto grata, ma ora aveva bisogno di quella solitudine che dopo la morte del padre aveva imparato ad apprezzare e non più a temere.
Dopo il lungo viaggio di ritorno a Londra per occuparsi dei moduli di assunzione al Ministero, a breve sarebbe nuovamente partita per tornare al suo villaggio per i festeggiamenti, se voleva un po’ di pace e tranquillità doveva approfittare di quei pochi giorni.
Si sedette sul fondo della vasca dove aveva messo un morbido asciugamano ripiegato per stare più comoda, cercò di allungare le gambe, ma purtroppo non aveva abbastanza spazio, oppure era lei troppo alta, dovette così tenerle un poco piegate. Non era un problema, da quando aveva scoperto che in quell’appartamento c’era una vasca da bagno come quella a casa sua, invece della solita doccia, aveva continuamente desiderato trovare l’occasione per godersela, riempirla fino all’orlo e farsi un bel bagno rilassante, come quelli che si vedevano nei film, con la schiuma, i sali profumati e le luci soffuse.
Appoggiò la schiena alla parete della vasca, e ascoltando il rumore dell’acqua che lentamente riempiva la bianca vasca, si mise a pensare a tutto quello che le era successo da quando era a Londra e che l’avevano segnata profondamente.
Si era trasferita prima di Natale e ora era già al suo compleanno; quanto avrebbe voluto festeggiare con le persone che aveva conosciuto, soprattutto le mancava la sua amica Lia, avrebbe tanto voluto invitarla al suo compleanno, ma era andata in Belgio e purtroppo si erano potute giusto sentire per cellulare, quello strano congegno babbano che però si era rivelato alquanto utile.
Non vedeva ora di abbracciarla e farla conoscere alla sua famiglia, era stata la prima persona che le aveva dato subito un senso di fiducia che non credeva di trovare in una città come quella.
Quando si erano incontrate e parlate, tra loro si era subito creato un legame,
unite da un filo invisibile a cui si erano entrambe aggrappate, quasi disperate nella speranza che l’una capisse l’altra,
unite da un passato doloroso e dal bisogno di tornare a vivere, a provare emozioni e affetto reciproco.
Pensare all’amica, bella come una dea, ma così impacciata verso alcune sue manifestazioni di amicizia come assaltarla all’improvviso o imboccarla con un pasticcino ad una festa, non poterono che farla sorridere a quel ricordo.
Il senso e bisogno di proteggerla, che riservava di solito solo alla sua famiglia, si era esteso anche a lei e avrebbe lottato contro il mondo intero perché quella purezza, quell’innocenza non venisse più macchiata, sporcata dalle brutture del mondo.
Certo, l’ultima cose che si poteva dire era che Lia O’Connor fosse debole, le aveva raccontato del suo gesto e del suo problema con un coraggio così grande che era solo da ammirare, per non parlare dell’arpia che custodiva dentro di sé e che sperò di non far mai arrabbiare.
Sospirò. L’acqua le era arrivata al polpaccio.
Avrebbe voluto essere coraggiosa e forte come lei, invece dopo aver concluso il colloquio con Rhaegar, decretando così che ufficialmente non era entrata tra gli Auror ma doveva accontentarsi della Polizia Antimago, tornata a casa aveva pianto come una bambina, e quando era comparsa sua madre, non era riuscita a trattenere un altro pianto a dirotto.
Si sentiva ancora così delusa, così sconfitta, si era rialzata ed era andata avanti benchè il “cambio di rotta”, ma non poteva mentire a se stessa, ancora ne soffriva.
Cosa avrebbe pensato e detto suo padre se fosse stato ancora vivo?
Suo padre…
Un profondo triste respiro le sfuggì dal petto.
Guardò verso l’alto, il bianco soffitto era illuminato solo dalle candele profumate che aveva acceso e appoggiato sul muretto ai piedi della vasca e sul mobile poco distante dal lato opposto, la debole luce tremolava lenta e irregolare, le fiammelle danzavano come volessero accompagnare i suoi pensieri e ombre indefinite venivano proiettate su quel muro immacolato.
Avrebbe mai superato completamente l’accaduto? Avrebbe mai parlato o pensato a lui senza quei sospiri carichi di dolore e tristezza?
Perché dopo tutto quel tempo ancora sentiva la fitta al petto?
Forse non aveva ancora accettato la sua morte? Eppure erano passati anni…
Una lacrima salata traditrice, scivolò sul suo viso rigandole le guance per poi perdersi nell’acqua dolce della vasca.
Lo aveva deluso non entrando negli Auror?
Come avrebbe fatto a trovare e catturare l’assassino di suo padre senza esser un auror?
Rhaegar le aveva detto che il caso non era stato archiviato, che lui stesso voleva “vendicare” il brav’uomo che era stato suo padre… Eppure erano passati anni dall’assassinio, perché non lo avevano ancora preso??
Le sue mani andarono a stringersi a pugno sotto la superficie dell'acqua, si conficcò le unghie nei palmi fin quasi a farli sanguinare dalla rabbia di non poter partecipare attivamente all’arresto.
NO.
Non si sarebbe fatta da parte! Se credevano di poterlo scovare senza di lei col cavolo che lo avrebbe accettato! Anche a costo di mettere a rischio il suo distintivo.
Fece dei respiri profondi e regolari per calmarsi.
A sua madre non piaceva che si parlasse di quella sera, Mìreen ancora ricorda come la madre giorni prima dell'accaduto fosse agitata e inquieta, non riusciva a dormire e continuava a controllare il marito come che gli dovesse succedere qualcosa da un momento all’altro, con una paura negli occhi che la si poteva vedere a km di distanza.
Come poteva anche solo immaginare che potesse accadere nel momento esatto che era corsa al supermercato per comprare due cose veloci?
Aveva deluso suo padre?
Continuava a chiederselo e ogni volta si rispondeva di No, ma forse non era poi così tanto convinta se continuava a porsi la domanda. Anche sua madre glielo aveva assicurato…
“Avrebbe accettato il cambio di rotta con un sorriso, dicendoti di non rattristarti perché ogni cosa avviene per un motivo”Com’era stato per l’incontro tra lui e Sheryda, sua madre.
Sua madre…
Aveva perso quella luce negli occhi, quell’energia e vita pulsante che aveva prima della tragedia, certe notti, ancora la sentiva piangere, cercare di soffocare i singhiozzi contro il cuscino per non farli sentire a loro, ma era inutile e a tradirla erano gli occhi gonfi e rossi il mattino dopo per la mancanza di sonno e il pianto notturno.
Quando suo fratello era piccolo, gli avevano raccontato che suo padre era diventato una stella, la più bella e luminosa, che dall’alto li osservava e vegliava su di loro dal mondo degli Spiriti… e quella visione ai loro occhi era tanto bella da rimanere impressa nella mente anche adesso che erano cresciuti.
Se aveva bisogno di parlare con lui, non aveva bisogno per forza di andare sulla sua tomba, ma aspettava la stellata, alzava gli occhi al cielo e cercava la stella più luminosa.
Ora che era a Londra, era così difficile parlargli… a malapena si vedevano le stelle, figuriamoci trovare la più luminosa.
Altre lacrime seguirono la prima, ma non voleva piangere, aveva pianto abbastanza, sia per l’esito del colloquio, sia e soprattutto per suo padre… ma con un amaro sorriso dovette accettare di non aver ancora superato la sua morte.
Chissà poi se l’avrebbe mai superata… Sicuro non da sola.
Come si superava la morte di un genitore?
Come si superava la morte di un marito?
Mìreen consolava sua madre come poteva, ma alla fine era una figlia che aveva perso il padre, non sapeva come ci si sentiva ad essere una moglie che perde il marito, l’uomo a cui aveva giurato eterno amore e con cui aveva legato la propria anima per sempre, anche dopo la morte.
Come ci si affidava tanto ad una persona, da perdersi completamente quando questa per un qualche motivo non c’era più?
Sospirò rassegnata.
Alla fine, non avrebbe saputo la risposta alle sue domande finchè non sarebbe successo anche a lei.
L’acqua le era ormai arrivata a sopra la pancia, piano piano isolotti di schiuma rosata si creavano con l’aumentare dell’acqua, il profumo floreale che si sollevava grazie al vapore era meraviglioso.
Un volto comparve nella sua mente, lo aveva relegato volutamente tra i ricordi che voleva nascondere al proprio cuore.
Effettivamente le era successo di credere di poter provare quello che i suoi genitori avevano provato l’un per l’altro… la notte che aveva incontrato quel ragazzo dai capelli rossi e gli occhi azzurri come il mare.
Portò le ginocchia al petto per stringerle, il viso nascosto, appoggiato alle lunghe gambe.
Si era trovata così tanto bene in sua compagnia, sembrava un ragazzo carino e semplice, si era comportato da cavaliere e l’aveva aiutata a liberarsi di un pervertito, e mentre parlavano, si era rivelato avere anche molte cose in comune, come l’origine irlandese, l’amore per i miti e leggende celtiche, e purtroppo il dolore per la perdita del padre.
Quando le aveva raccontato quel piccolo fatto tanto personale, aveva letto nei suoi occhi una tristezza e sofferenza che le avevano ricordato sé stessa, l’aveva fatta sentire ancora più vicino e non aveva resistito dal sfiorarlo, come un magnete attirato da un altro, l’impulso di volerlo consolare era stato così forte che senza accorgersene gli aveva tracciato col dito, sul suo braccio nudo, il simbolo della sua famiglia.
Un simbolo che si tracciavano in caso di bisogno, per tranquillizzarsi, e come gesto di amore profondo.
Al ricordo del contatto con la pelle di lui, il suo cuore prese a battere più veloce e il calore che sentì non proveniva solo dall’acqua calda che l’aveva quasi completamente avvolta, ma dai sentimenti che quel giovane aveva suscitato in lei dopo tanto tempo che il suo animo era rimasto freddo e immobile.
Il suo cuore aveva preso la rincorsa nel rivedere con gli occhi della mente, quel viso maschile ben delineato, la leggera barba, rossa come i capelli, il fisico ne asciutto ne troppo muscoloso, il giusto da smorzare il fiato ad una ragazza.
Il corpo di lui aveva aderito a quello di lei, anche solo per un attimo, un piccolo istante… quando si era buttata disperata tra le sue braccia per baciarlo.
Spense l’acqua con la mente persa in quelle sensazioni passate.
Si strinse le braccia al corpo, non aveva freddo, il vapore caldo aveva ormai saturato il bagno fino ad appannare completamente lo specchio, ma forse cercava la sensazione di quel contatto intimo che avevano avuto anche se breve.
Perchè non poteva fermare il tempo? Si era sentita così protetta, così al sicuro…
Una sensazione che non provava da quando era piccola e correva da suo padre dopo un brutto sogno o per uno spavento; dopo essersi trasferita a Londra, tanto lontana da casa, tutta sola, un rifugio era ciò di cui aveva più sentito il bisogno, ma era finito troppo presto.
E quando lo aveva baciato?
Sovrappensiero sorrise e si portò un dito alle labbra, come volesse cercare una traccia di quel contatto, una traccia che ormai non c’era più, scomparsa col tempo.
Avrebbe voluto durasse in eterno, invece era stato così veloce e impacciato…
Lei non baciava così, ma con lui si era sentita come fosse alla sua prima volta, forse perché stava facendo una cosa stupida che se non fosse stata ubriaca non avrebbe mai fatto? Forse temeva il suo rifiuto e l’aveva fatto prima che lui potesse reagire?
Un lento e caldo respiro uscì dalla sua bocca su cui poggiava ancora il dito, si mordicchio le labbra persa in quel delizioso ricordo.
Quelle labbra… morbide… quel calore provato appena le aveva toccate con le proprie…
Scrollò la testa, facendo ondeggiare i lunghi capelli raccolti sulla testa in modo disordinato, tanto che numerose ciocche si erano già sciolte e ricadendo di erano bagnate.
Cercò disperata di calmare di nuovo quella corsa impazzita e dove i pensieri la stavano portando.
Non doveva farsi illusioni. Doveva smettere di pensare a lui.
Lo aveva rivisto alla festa di Natale con una ragazza e si vedeva chiaramente che stavano insieme o che comunque tra loro c’era del tenero reciproco, e se avesse potuto avere ancora qualche dubbio e speranza, era bastato il bacio che si erano scambiati per confermarlo.
Una leggera fitta le attraversò il petto quando rivide la scena di loro due, e lei che da lontano li osservava incapace di distogliere lo sguardo.
[ Povera piccola Mìreen… Finalmente trovi un ragazzo capace di smuoverti i sentimenti, e lui è già di un’altra.]Fece una smorfia a se stessa.
Ma alla fine, chi era lei per affermare di essersi innamorata dopo una sola serata?
No, quello non poteva essere amore. Amore era altro.
L’amore era quello che aveva unito i suoi genitori e che anche dopo la morte, impediva a sua madre di andare avanti e farsi una nuova vita, ma non perché costretta, ma per sua libera scelta.
Una volta le aveva detto, con un semplice sincero sorriso:
"Ho avuto tutto nella vita.
Una casa piena di affetto, l’amore della mia vita, e dei figli meravigliosi. E anche se il mio “muirn beatha dan” mi è stato portato via troppo presto, voglio vivere pensando solo alla nostra famiglia, alla felicità della nonna, tua e di tuo fratello… Perché ciò che voglio è stare con voi e solo con voi, finchè gli Spiriti non mi chiameranno a sé e potrò ritrovare vostro padre... So che mi sta aspettando, e quando sarà il momento, lo raggiungerò... per stare insieme, e sta volta sarà veramente per sempre."= Anima gemella, compagno della vita
E nei suoi occhi, Mìreen aveva visto puro amore, un amore che superava la barriera della morte, neanche l’ombra di un dubbio, non c’era incertezza nella sua voce.
Era quello l’amore che lei sognava e tanto agoniava, non una scappatella da una botta e via, non un fugace desiderio, l’emozione di lasciarsi andare per una notte.
Si era “conservata” pura e inviolata solo per l’uomo che sarebbe stato il suo “
muirn beatha dan”… ma non lo aveva ancora trovato. Era arrivata a 25 anni con fin troppa conoscenza del genere maschile, da poter dire che la sua anima gemella se la stava prendendo comoda a farsi vedere o riconoscere.
Magari sarebbe potuto diventarlo quel ragazzo del pub, infondo non aveva mai sentito il suo corpo reagire come aveva fatto in sua presenza, ma lui non aveva mostrato interessato in lei.
Non doveva essere una reazione uguale per entrambi? Non dovevano provare la stessa cosa nel momento in cui le due persone destinate a stare insieme si incrociavano?
Invece lui si era addirittura innamorato di un’altra, figuriamoci se poteva essere l’uomo del suo destino.
O non erano ancora pronti "a riconoscersi"?
Sbuffò pensierosa. Forse era pentita per non essersi comportata diversamente con lui…
Sarebbe servito lasciargli un recapito per contattarla? Ma credeva fosse un babbano e lei non aveva ancora il cellulare!
Gli poteva dare il suo indirizzo, ma per tutta la serata non si era mostrato minimamente attratto da lei, probabilmente il suo foglietto sarebbe finito buttato nel primo cestino a portata di mano e lei sarebbe stata ad aspettare che comparisse alla sua porta come una stupida deficiente.
No, alla fine aveva fatto bene, certo si poteva risparmiare un po’ di agonia se avesse evitato di baciarlo, almeno i ricordi di quell’incontro sarebbero stati meno dolorosi-fastidiosi e sicuramente meno imbarazzanti, soprattutto dopo aver scoperto che probabilmente stava con un’altra, ma alla fine era andata così perché così doveva andare.
Il fato stava giocando coi suoi sentimenti, e si stava pure divertendo parecchio.
Tornò a guardare i giochi di luci e ombre che le candele stavano facendo, distolte dai vapori che si sollevano dalla vasca piena d’acqua calda.
Un’ombra proiettata sul muro opposto le ricordò qualcuno di famigliare… Ma chi?
Appena le venne in mente, un sorriso le comparve sul volto; come avesse fatto la sua testa a collegare quella figura indistinta, proprio a lui non aveva senso… Che razza di immaginazione aveva??
Era da mesi che non vedeva più quel ragazzo.
L’uomo del mistero. Avvolto completamente nel suo mantello nero, col cappuccio che gli celava il volto.
Lo aveva incontrato al Regent’s Park una notte che aveva avuto una delle sue “crisi notturne” e aveva cercato conforto nello scorrere dell’acqua della fontana del parco, a quell’ora chiuso.
Il loro era stato sicuramente un incontro “insolito” decisamente poco “normale”, fin da subito le aveva puntato la bacchetta contro e si era mostrato nei suoi confronti alquanto teso, guardingo, distaccato.
Aveva avuto sicuramente un comportamento sospettoso e inusuale per una persona “innocua”, un alone di mistero e pericolo lo avevano accompagnato per tutta la loro conversazione, ma stranamente lei era finita per non spaventarsi, ma addirittura ad incuriosirsi di lui, delle sue parole, della storia che nascondeva, tanto da trovare piacevole la sua compagnia.
Dopo che l’aveva ascoltata dire frasi senza senso e consolata, l’aveva portata in cima ad una collina a guardare quello spettacolo che mai avrebbe pensato che la capitale inglese nascondesse, da quel momento non l’aveva più odiata, certo non l’amava, ma il fatto che potesse avere il suo fascino, benchè lo smog, il tempo del cavolo e la confusione, gliel’aveva fatta apprezzare di più.
L’aveva consolata e mostrato ciò che aveva bisogno per apprezzare un poco quella città tanto diversa da casa sua.
Come poteva non desiderare la sua vicinanza dopo lo spettacolo delle luci di Londra che lui aveva condiviso con lei?
Così aveva messo via la bacchetta e aveva dato sfogo al proprio desiderio di farsi un’idea dell’uomo che aveva incontrato: con estrema attenzione e lentezza, gli aveva toccato il petto e il braccio da sopra il mantello e, ad occhi chiusi, aveva seguito i lineamenti del suo volto. Un viso giovane, i cui colori erano a lei sconosciuti a parte la pelle chiara, stupita aveva sentito una benda nascondergli l’occhio destro e una cicatrice sopra il sinistro.
Chissà cos’era successo… Come si era ferito?
Chiuse gli occhi, come aveva fatto quella notte, e a quel ricordo il suo cuore perse un battito.
Avrebbe giurato di aver sentito il suo respiro avvicinarsi sempre di più al proprio viso, lo aveva sentito a 1-2 cm dalla propria bocca, le labbra di lui avevano sfiorato le sue, un bacio che non era effettivamente un bacio, ma una via di mezzo tra desiderio e negazione.
Se lo era forse immaginato? Desiderava che lui la baciasse, ricambiasse il contatto umano, tanto da credere che l’avesse quasi baciata?
Aveva ancora gli occhi chiusi, ma in quella serata fredda non avrebbe mai confuso il suo caldo respiro, inoltre aveva ancora una mano appoggiata alla sua spalla e una sul suo viso quando lo aveva chiaramente sentito avvicinarsi… aveva addirittura trattenuto il respiro in attesa di scoprire cosa volesse fare, incapace di muoversi temendo che lui potesse ripensarci.
Ma alla fine non l’aveva baciata ed era sparito nel silenzio della notte.
Cosa lo aveva bloccato dall’approfittare e prendersi ciò che lei senza neanche accorgersene gli aveva offerto?
Dalla loro conversazione, gli era sembrata un’anima tormentata dai fantasmi del passato, forse centravano dei traumi, degli errori, delle promesse, fatti e azioni che gli avevano segnato la vita, qualcosa era successo per portarlo ad odiare gli Auror… ma almeno non si era schierato coi Mangiamorte. Era rimasto in una via di mezzo tra il senso di giustizia per salvare ciò che ancora c’era di buono nel mondo, e il reputare necessari interventi violenti perché i soli veramente utili e capaci di fare la differenza.
Quanto avrebbe voluto tranquilizzarlo e rassicurarlo…
Si sarebbe sfogato e liberato di qualche fardello che portava sulla coscienza se glielo avesse permesso? Le aveva offerto di portare qualcuno dei suoi demoni, ma se fosse lei quella che voleva alleviargli un poco quel peso che portava sull’anima?
Dargli un po’ della sua speranza avrebbe aiutato a lenire le sue pene?
Temeva che potesse commettere azioni pazze e sconsiderate gettandolo sempre di più nel vortice distruttivo che lui stesso probabilmente si era creato e da cui non riusciva a tirarsi fuori…
Che fosse troppo tardi?
Certo che nel giro di poche settimane aveva incontrato due ragazzi completamente diversi, eppure entrambi sembravano portare sulle spalle un passato doloroso e che qualcosa desse loro ancora la caccia, il tormento, sofferenza.
La schiuma creatasi nascondeva in parte il suo corpo nudo sotto quella superficie trasparente e tiepida, dove l’acqua del rubinetto cadeva a goccia, creava piccoli cerchi perfetti che mano a mano si allargavano finchè non arrivavano a toccare la sua pelle, lei era lo scoglio contro il quale si scontravano distruggendo la perfezione di quei cerchi.
Sollevò il braccio destro, portandolo fuori dall’acqua, teso in alto sopra la sua testa, leggermente inclinato. Osservò le goccioline scendere lentamente dalla punta delle sue unghie, dalle sue dita, fino al gomito, dove alcune cadevano mentre altre continuavano la loro discesa fino a ritrovare l’acqua poco prima della spalla.
Con l’altra mano raccolse una nuvoletta di schiuma che passava ignara poco distante dal suo seno e fece lo stesso.
L’unica schiuma che scendeva, era quella che era rimasta aderente al braccio e che grazie all’acqua scivolava sulla sua liscia pelle chiara.
Chi era lei? Chi voleva essere?
La gocciolina che coraggiosa scendeva il braccio incurante dei possibili pericoli lungo la strada, perseguendo l’obiettivo di tornare all’acqua da cui era stata separata?
O la schiuma che immobile sul palmo della sua mano, si accontentava di stare dov’era benchè tanto lontana “da casa”?
Ci pensò un momento.
Poi avvicinò al viso la mano sinistra su cui teneva la schiuma e soffiandoci sopra, distrusse quella soffice e rosata nuvoletta.
Sorrise divertita, come quando da bambina giocava a far esplodere le bolle di sapone, portò la testa indietro fino ad essere a pelo dell’acqua, prese il respiro e spinse anche il viso sott’acqua aiutandosi con le mani.
La pace regnava sovrana sotto quell’acqua pulita, avrebbe anche aperto gli occhi come faceva quando si immergeva nel suo lago, ma temeva che il sapone le potesse bruciare negli occhi, così restò nel buio di quel mondo ovattato, dove anche i suoi pensieri si zittivano, dove sentiva solo il battito del suo cuore rallentare per risparmiare ossigeno. Era brava a stare in apnea, adorava quasi stare più in acqua che sulla terra.
Con le mani fuori, picchiettò le unghie sulla ceramica (o qualsiasi materiale fosse la vasca) e ne ascoltò il suono distorto dall’acqua, poteva quasi immaginarsi l’onda sonora attraversare l’aria e scontrarsi contro quel “muro” fatto di molecole tutte unite, tutte legate l’una all’altra da deboli legami, così deboli da esser attraversati, eppure abbastanza forti da modificare e rendere più difficoltoso l’avanzare di quel piccolo, semplice ticchettare delle sue dita.
Suo padre era ancora orgoglioso di lei?
Avrebbe mai rivisto il ragazzo rosso del pub?
Chi era il ragazzo avvolto nel mantello incontrato al parco?
Avrebbe mai incontrato il suo “muirn beatha dan”? O lo aveva già fatto ma non lo aveva riconosciuto?
E altre domande le vorticavano nella mente… tante domande… troppe domande…
La facevano solo preoccupare, la distraevano da ciò che invece poteva veramente realizzare e se voleva iniziare finalmente una nuova vita a Londra, doveva ripartire da 0 senza aspettative passate, senza paragoni e senza troppi castelli in aria.
Non sapeva quanto tempo fosse passato, il tempo sott’acqua lo percepiva trascorrere diversamente rispetto a fuori, poteva sembrare fosse passata un’ora, quando invece erano trascorsi solo pochi minuti o addirittura secondi.
Tornò fuori con la testa, solo quando sentì le continue e numerose domande nella sua testa calmarsi, sparire… c’erano ancora, ma erano state chiuse in un cassetto e la chiave messa in una bottiglia e lasciata alla deriva di quel mare che era solo nella sua mente, e che ad ogni onda portava idee e speranze, nuovi obiettivi da perseguire, nuovi sogni da realizzare.
Certo prima o poi quella chiave sarebbe tornata alla spiaggia dei ricordi, dei dubbi e dell’incertezza, ma per un po’ non voleva pensarci, non ci avrebbe pensato.
Che senso aveva porsi quelle domande, se non aveva modo di darsi una risposta?
Era ora di concludere quel bel bagno rilassante e rigenerante, per rituffarsi nella vita caotica che si era scelta.
Con un sospiro, tolse il tappo dalla vasca, si alzò e accese lo spruzzino per farsi una doccia veloce, intanto che lentamente l’acqua spariva dalla vasca insieme alle sue paure e incertezze.
Quando ebbe finito, si sbrigò ad avvolgersi nel suo morbido accappatoio color lavanda per poi passare davanti allo specchio… era ancora appannato dal vapore che si era creato in bagno.
Mìreen osservò il suo riflesso sfuocato, poi sorrise e come faceva da piccola, con l’indice scrisse un messaggio che le sarebbe riapparso solo al suo prossimo bagno:
“ Breathe le d'Intinn,
Sighs sé as an Croí “
= Respira con la mente, Sospira col cuore.