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Accidia

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view post Posted on 13/11/2017, 20:46

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ACCIDIA Come la tristezza è forza di gravità che trascina in basso. L’accidia è uno sgonfiamento dell’Essere. Il termine deriva dal greco ἀ (senza) + κῆδος (cura): privo di impegno, di lavorio. Colui che non ha cura delle cose, che scappa dalla fatica, fondamentalmente l’indolente. È “il non fare ciò che andrebbe fatto”. E’ quel tipo di demone che ci porta a rimandare le cose importanti, a restare bloccati nella futilità, a restare anche nelle cose nauseanti e noiose, a rimandare all’infinito le cose urgenti e doverose. Il problema dell’accidia è “l’evitare qualcosa”. Dietro l’accidia c’è sempre una rimozione, uno si sente spossato al solo pensiero di fare certe cose che andrebbero fatte, è odio per la sana urgenza, è voglia di dimenticare e rimandare ciò che va fatto al punto di arrivare al disastro, al non ritorno.
L’accidioso tende a rovinare il bene che ha tra le mani, è impastato di eterna insoddisfazione, di pessimismo.
Molti iperattivi sono accidiosi travestiti, perché continuano a fare tante cose tranne ciò che devono fare e affrontare. L’accidioso non vuole essere inchiodato a qualcosa di doveroso e sfoga questa insoddisfazione con la mormorazione. Si lamenta di tutto, parla tanto e fa poco, o fa quello che non va fatto. La nostra società consumistica incoraggia l’accidioso, perché è un consumatore fantastico: insoddisfatto ha bisogno sempre di comprarsi qualcosa.
L’accidioso è indifferente a ciò che lo circonda, non coglie la bellezza del reale, mormorando su tutto. Prevale il cinismo; è un amaro accusatore che diventerà un depresso spirituale. È nemica della preghiera, e della cura per le cose belle e importanti della vita.
Quali sono i sintomi? Innanzitutto la paura esagerata degli ostacoli: essi diventano dei mostri, tutto diventa drammatico. È la ricerca costante della scorciatoia e del modo di evitare le cose. Un altro segno è l’indolenza all’osservare le regole, l’ordine e le cose stabilite. Se da una parte la spontaneità dei bimbi è importante, è però anche importante dare dei punti fermi: i piccoli hanno bisogno di confini. Un’altra caratteristica dell’accidia è l’incapacità di resistere alle tentazioni. Uno non oppone nessuna resistenza, in una spiritualità senza combattimento... Noi non saremo mai obbligati a fare il bene: dovremo sempre sceglierlo e forse sceglierlo sempre a costo di qualche cosa. L’accidioso infatti non sa ingaggiare antagonismo con le sue basse pulsioni e quindi arriva alla degenerazione. Un altro aspetto tipico dell’accidia è l’antipatia verso le persone che fanno le cose fatte bene! (è un’accusa vivente). L’accidioso va avanti a casaccio, è un demone girovago, si vive di zapping, di pausa caffè. Si dà libertà ai sensi, alla curiosità, al divertirsi: usare tutto, parlare di tutto … si è in realtà molto superficiali. Questo da cosa nasce? La “filautia”, l’amore del proprio sè disordinato, in questo campo ci porta nella assolutizzazione delle percezioni: si crede alla prima impressione. Si parte dalla autoesaltazione e si finisce nell’incuria di se stessi, dalla assolutizzazione e nella drammatizzazione delle proprie percezioni e quindi dei propri stati d’animo. L’accidioso dà agli stati d’animo un’importanza totale perché dà un’importanza esagerata a un falso sé, a un ego che non è quello vero, ma è quello materiale, meccanico, non profondo.
Tutto però parte dalla rimozione di una relazione, perché l’accidioso è intimamente solo, perché ha rifiutato di confrontarsi con la Verità e appunto per la sua tendenza a sopravvalutare i suoi stati d’animo, è uno che non vuole essere relativizzato e quindi e rifiuta la relazione con Dio e gli altri. Dio è per lui uno a cui chiedere o pretendere cose, non uno con cui si misura, con cui si fronteggia. Per questo l’accidioso rimuove la relazione con Dio e con gli altri, quindi rimuove la preghiera e l’amore. Dotato di poco senso pratico per quanto riguarda le reali urgenze, è di estrema analisi degli atti altrui quando si tratta della critica. Il confine fra l’accidia e il vittimismo è molto piccolo. L’accidia ha tra le sue cause fondamentali la tristezza, che ama e che coltiva. L’accidioso è una compagnia sgradevole che evita di intraprendere relazioni. Il pigro peraltro si pensa simpatico ma non lo è per niente: distratto, sempre insoddisfatto, ingrato, indifferente. L’accidioso pur di evitare di entrare nella Verità farà anche 1000 esperienze spirituali, però poi non farà mai il salto nella guarigione.
Il triste è colui che ha un rapporto deformato con il tempo: vagheggia un passato ideale e aspetta un futuro sognante e comunque disprezza il presente. L’accidioso ha un rapporto deformato con lo spazio: vorrebbe sempre essere altrove, il posto in cui la Provvidenza lo mette è un posto da cui deve scappare. La natura essenziale dell’accidioso è la fuga. Fuga nell’alienazione, fuga nell’ozio, fuga nell’attività. E’ un fuggiasco, non ha una meta l’accidioso! Uno deve annotare i propri atteggiamenti accidiosi. E’ importante produrre un’alterità fra questo falso ego dell’accidioso e il contatto con il vero io, con l’Io profondo, quello che non è superficiale per niente, l’Io spirituale quello che ama il bene e cerca il bene.
L’accidia è un demone con cui non si può essere pacifici, perché distrugge tutto, perché svuota tutto dall’interno.
Il problema è che l’accidioso è quello che non combatte! Ma l’accidia viene dissolta di colpo quando la si attacca. Passati all’azione e dichiarata guerra, straordinariamente, l’accidia sparisce velocemente.
Però bisogna superare una terra di nessuno. L’accidia devasta tanto ma è un mostro di carta: una volta che uno ha attaccato scopre che si svuota. Perché? Perché è bello fare le cose belle! Perché quando uno inizia a pagare quello che deve pagare, a fare quello che deve fare, a mettere in ordine ciò che deve mettere ordine, inizia a stare bene, inizia a essere contento, inizia a essere grato alla vita. Allora bisogna resistere alla tentazione dello scoraggiamento che dice “non ce la puoi fare, è inutile che ingaggi questo combattimento”!
Bisogna mettersi a fare prescindendo dal proprio stato d’animo, disobbedendo al proprio senso, alle proprie impressioni e alle pulsioni superficiali. E’ un problema di contenitore: è come l’idea di andare a comprare qualcosa che viene venduto sfuso e dobbiamo portare la bottiglia, ciò che è adatto a tenere il materiale che compriamo. Dobbiamo portare il sacco della grazia! Il sacco ce lo dobbiamo mettere noi! L’accidioso spera di vincere il combattimento contro l’accidia senza alcuna regola, svegliandosi una mattina che gli va di fare le cose. Ma questo non succede! Dovrà coltivare una situazione dove può essere aiutato. Se per esempio l’accidioso non riesce a studiare chiede a Dio il dono della perseveranza, poi si mette a studiare obbligandosi, questo è il sacchetto della perseveranza, obbligandosi a restare lì, a non andarsene dalla scrivania. Scoprirà dopo tre ore che Dio gli ha dato la costanza, ma lo scoprirà dopo tre ore perché si sorprenderà che ha studiato, che è rimasto lì, ma deve imporsi di stare lì! La vittoria sull’accidia non arriva con la collaborazione della nostra libertà perché senza libera adesione non ci sarà mai nessun atto spirituale.
Il gusto viene dopo! Con l’accidia non si parte dalla vittoria, si arriva alla vittoria. Quindi chi vuole fare guerra all’accidia deve ignorare i propri gusti iniziali. Il cuore - che è l’assente ingiustificato dell’accidioso - è più profondo di queste sensazioni e di queste percezioni; per arrivare al cuore, alla profondità, bisognerà disobbedire all’accidia. Bisognerà andare contro se stessi! L’accidioso deve disobbedirsi per iniziare a costruire.
Nella tradizione spirituale sono i sette rimedi classici contro la pigrizia.
Il primo è la perseveranza, ossia non smettere.
Il secondo si chiama stabilitas: restare a combattere lì dove si è intrapreso il combattimento. Non esiste un luogo idoneo e uno spazio idoneo: esiste l’intenzione di mettersi a combattere Qui e Ora.
Il terzo rimedio fondamentale è la preghiera che fa entrare in relazione con Dio, fa gridare a Dio, fa dialogare con Lui. Da dove si comincia a pregare? Da quello che si sa fare! San Pio da Pietralcina diceva “Ognuno prega come può e sa”. La preghiera più facile è incominciare a leggere la parola di Dio e metabolizzarla. Quindi un altro strumento fondamentale è la vigilanza, la sobrietà; l’eliminazione dei fatti che confondono, che inebriano: bisogna iniziare a essere asciutti.
Molto spesso il combattimento con l’accidia parte dal digiuno: per questo tempo non guardo la televisione, per questo tempo spengo il telefono per diverse ore al giorno. Non è la vigilanza che vince l’accidia, è la grazia che vince l’accidia! Ma la vigilanza è la condizione per ricevere la grazia!
Un altro elemento molto serio è la cosiddetta “memoria mortis”. Il tempo non è infinito: Dio mi dà delle occasioni, mi apre le porte e io le devo saper sfruttare. Confrontarsi con il termine della propria vita fa molto bene.
Il penultimo strumento per combattere contro l’accidia è l’apertura del cuore al proprio padre spirituale, così gli darà la possibilità di agire molto molto efficacemente e di dare consigli mirati.
L’ultimo rimedio contro l’accidia è nientepopodimeno che il lavoro manuale!
Secondo Evagrio all’accidia si contrappone alla pazienza: il saper patire, il saper portare le difficoltà della vita.
“L’accidia è un’amica eterea” un’amica che sparisce, che non persevera con noi. E’ l’amico che non trovo nel momento del bisogno. “l’accidia è andarsene a spasso, è odio dell’operosità”.
“conflitto nella preghiera”: affrontare il dialogo con Dio, che poi sarà piacevolissimo, sembra la cosa più difficile.
“è tempesta nella Salmodia” uno sta con la parola di Dio e vengono 1000 pensieri inutili.
“Ritardo nella preghiera” aspetta c’è da fare, guarda un po’ il telefono..
“rilassamento e antagonista nell’ascesi” - l’ascesa, l’andare dalla parte degenere di sé alla parte nobile di sé, si tralascia
“Dormire quando non è il momento” “sonno che prende”
“Odio della cella”
“nemico della tolleranza” (uno vuole continuare a fare nulla)
“freno della meditazione” “ignoranza delle scritture” “collega di tristezza” “orologio della fame”

La pazienza invece secondo Evagrio Pontico è taglio dell’accidia “troncamento dei pensieri” “darsi cura della morte” “meditazione sulla croce” “inchiodarsi al timore” cioè tenersi strette le sane paure: la paura di perdersi, la paura di rovinarsi
“oro battuto” è oro ma lavorato - la pazienza è bella ma c’è da perseguirla
“regola delle tribolazioni” all’interno della tribolazione la pazienza ne trova la norma della vivibilità
“libro di rendimento di grazie” L’accidioso è un ingrato, il paziente ricorda le cose belle ricevute
“corazza della preghiera” “armatura dell’impegno ascetico” difende la vita spirituale, l’intimità con Dio; difende dagli attacchi la propria crescita.
“lavoro dignitoso e fervido” impossibile lavorare bene senza pazienza
“sottoscrizione di virtù” la pazienza ci fa arrivare a essere virtuosi
L’accidia è un bruttissimo modo di rovinarsi la vita. La pazienza è una strada di felicità
 
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