Ginesteae, Contest a tema: Agosto 2017

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view post Posted on 31/8/2017, 12:47
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La conoscenza è limitata, l'immaginazione abbraccia il mondo.

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Jenifer McLoen

«L’attesa è un fiore semplice.
Germoglia sui bordi del tempo.
È un fiore povero che guarisce tutti i mali.»

Luce. I raggi erano appena spuntati oltre le montagne che si affacciavano su Hogwarts. La prefetta sedeva nella sala comune, in penombra, che la sola aurora non era riuscita ad illuminare. Si aspettava sarebbe sorto, il sole sorge tutti i giorni, ma in quel momento propizio la luce catturò il suo sguardo oltre le arcate. L'alba di un nuovo giorno; l'alba di un nuovo anno scolastico. Il volto della corvonero era sereno mentre tornava a concentrarsi sul lavoro delle sue mani.
Lei era lì ma i suoi pensieri erravano nella loro dimensione senza tempo; avevano attraversato il cielo, giù, oltre le montagne, lontano, molto prima del sole..

Rido allungando le manine verso Nonno. Voglio che mi faccia scendere, l'erba fresca di rugiada sembra così soffice. Lui mi afferra con sicurezza e mi solleva dalla sella dell'imponente stallone. Mi sento come una piuma tra le sue mani e nella mia ingenuità tutto sembra perfetto, semplice, dovuto, naturale. Mio nonno è qui, mi fa volteggiare per aria.


*Il suo odore inconfondibile di pini e sandalo* Gli odori evocano ricordi, ma i ricordi non hanno odori. La loro assenza a volte è l'unica discordia tra i fili del fato in grado di distinguere tra diversi presenti la realtà. Una piccola falla che riordina il tempo e riporta le differenze; come l'espressione della giovane. Lo sguardo era perso, fissava vuoto il lavoro delle sue mani mentre scavava un buchino nella terra del vaso. Il nonno era morto diversi anni prima, ma allo stesso tempo Jen poteva dire che fosse davvero lì, che la sollevava sempre più in alto con gli occhi che le sorridevano.

Mi vengono le farfalle allo stomaco mentre ridendo protesto per lasciarmi andare. Il bosco è una continua scoperta e il nonno è la guida migliore di sempre. «Jenea raccogliamo un mazzolino di fiori da portare alla mamma»


Apnea. Le mani si fermano. La ragazza ha quasi la sensazione di sentire la terra attaccata ai guanti proprio sui polpastrelli delle dita. Terriccio umido, come nel bosco.

Estasiata. Sono alla ricerca dei fiori più belli della radura, alla mamma piacciono i fiori colorati. Ne raccolgo tantissimi, correndo da una parte all'altra del sentiero. Poi il nonno mi chiama da una parte, mi fa vedere un cespuglio più alto. È una pianta maestosa nella sua semplicità, coronata da tanti fiorellini gialli, tempestata come di stelle. Nonno mi spiega che è un arbusto forte, con origini lontane ma che è stato in grado di sopravvivere anche al freddo clima inglese. Una ginestra, la pianta preferita di mia madre, è proprio come lei.


Il terreno era pronto. Prese un paio di piccoli semini rossastri. Erano così piccoli che si perdevano tra le sue dita. Forse la luce, l'orario, o anche solo quella scena le rievocò un altro flashback. Corse indietro di alcuni anni, la sua prima notte in quel castello. Ansie, paure, voglia di conoscere e scoprire tutto quel mondo e quello che aveva da offrirle. Adesso si ritrovava là. L'esperienza l'aveva forgiata rispetto ai suoi undici anni, ma aveva ancora tanto da imparare. Le fondamenta del suo futuro, tutto quello che sarebbe diventata veniva condizionato dall'arrivo ad Hogwarts: le persone conosciute, le novità, le scoperte, persino il suo passato da quel momento aveva cominciato a prendere un senso. Corvonero era diventata la sua casa, la sua famiglia. Tuttavia anche lei aveva contribuito come adepta di Priscilla a formare la casata. Accogliere i nuovi studenti, seguirli e aiutarli in caso di necessità. Se al suo arrivo la sua casata era conosciuta come di giovani menti brillanti individualiste, adesso rivedeva tra le fila bronzo blu un gruppo. C'era qualcosa di eterno, invincibile in quello che corvonero le stava donando. Un segno che sarebbe rimasto indelebile in lei.
Posò i semini nel terreno e li ricoprì accuratamente. Aveva letto e imparato molto su quella pianta. Sapeva come curarla, sapeva a che profondità mettere il seme, sapeva anche di essere in ritardo. L'autunno che si apprestava ad arrivare non era il clima esatto per la fragilità di quel piccolo semino, ma questo non la scoraggiava. Avrebbe castato l'incanto giusto per tenerla al caldo.
Quei primi raggi di sole erano ancora lì che la salutavano. Era certa che il tempo avrebbe fatto il resto. Aveva saltellato tra gli eventi, ripercorso gli anni, rivissuto parti della sua vita in un attimo, non era passato che qualche minuto. Era il tempo di vivere il presente. Quel seme sarebbe germogliato, ma prima di fantasticare sulla pianta che sarebbe divenuta avrebbe dovuto lavorarci, giorno per giorno. Metterci impegno e godere dell'attimo stesso che, dopo un attimo non c'è più.
Narrato *Pensato* «Parlato »

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view post Posted on 31/8/2017, 13:40
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WebStudent/Design all'infinito. E Jolly di una scuola di Lingue della mia zona.
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da qualche parte del mondo babbano, o da qualche parte del pianeta Terra (Anche se a volte mi considero più alieno che terrestre XD)

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Ronald De Canard

«L’attesa è un fiore semplice.
Germoglia sui bordi del tempo.
È un fiore povero che guarisce tutti i mali.»

Alla fine della lezione,Ronald, si recò alla Sala Comune per fare i compiti. Poggiando la grande mole di libri sul tavolo che si trovava in un posto lontano dall'entrata ma vicino ad alcuni armadi/scaffali e vicino al camino e proprio in un angolo buio del camino notò un piccolo vaso.

Incuriosito, si avvicinò e vide che era un vaso pieno di terriccio. osservando più da vicino notò al suo interno una piccolo stelo verde senza nessuna foglia, insomma un piccolo germoglio.

Tastando il terreno, notando che questo era secco, pensò che fosse meglio dare dell'acqua alla pianta.
Non conoscendo alcun incantesimo in grado di generare acqua direttamente dalla bacchetta, prese una grossa caraffa da uno scaffale poco distante da lui ricolma della stessa.
Quella si che era magia! Chi l'aveva riempita? Che fosse passato un elfo domestico dentro quella sala? E si guardò in giro per vedere se ci fosse ancora quel elfo, perchè voleva ringraziarlo, poichè altrimenti avrebbe fatto scarpinata fino in bagno e magari quella piccolo stelo, poteva seccarsi e morire.
Ritornando vicino alla piccola piantina scacciò quel brutto pensiero, versò con delicatezza il contenuto della caraffa nel terreno. In quei momenti di tranquillità, il ragazzo iniziò a parlare con lei
"Bevi, bevi. Cresci forte e rigogliosa".
Non capiva bene il perchè lo stesse facendo, ma si ricordava di aver letto da qualche parte, forse in qualche libro babbano, che per far crescere le piante serviva spronarle a voce, come fossero delle persone.
Finito di annaffiare la pianta, asciugando con un fazzoletto la parte bassa del vaso che si era fatta umida rilasciando un po' di acqua, e soddisfatto dell'azione appena fata, si mise a studiare.
Proprio in quel momento, capì che lui e la pianta non erano così diversi. Lei doveva essere innaffiata d'acqua per crescere e lui di studio per diventare un Mago.
*Proseguiamo* Pensò tra se e se leggendo le nozioni sugli antidoti con interesse. Presto lui e la pianta sarebbero cresciuti. Il tempo è un ciclo continuo, si cresce sempre, costantemente e bisogna studiare ed impegnarsi tanto per farlo bene.




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Karin¨
view post Posted on 31/8/2017, 13:46




Arielle Roy

«L’attesa è un fiore semplice.
Germoglia sui bordi del tempo.
È un fiore povero che guarisce tutti i mali.»

Un composto quasi nero e umido; un odore pungente, di terra bagnata che le ricorda il giardino di casa dopo la pioggia.
Lo ha notato per la prima volta al mattino, nella Sala Comune, accantonato sul bordo del camino; quello stesso pomeriggio lo ha ritrovato nello stesso posto. E allora lo ha spostato alla luce del sole, facendogli seguire il suo movimento. Lo ha annaffiato tutti i giorni, per più volte, gli ha parlato, gli ha cantato versi insensati di canzoni stonate. Gli si è ancorata con tutta sé stessa.

....

Ha piovuto forte forte, grossi goccioloni zuppi e pesanti hanno sbattuto contro le finestre della sua stanza. Arielle lo sa, ha assistito allo spettacolo fino alla fine, improvvisamente sveglia e incapace di dormire. All'orizzonte, gli ammassi di nuvoloni lilla, cedono timidamente lo spazio ad un rivolo di arancio e rosso vivo. Il buio esterno è rarefatto, rispetto al nero denso della stanza.
Nel dormitorio, forse nell'intera ala della casata Corvonero, vi è un silenzio tale che se alza anche solo un dito, può tagliare l'aria e ascoltare il fruscio del gesto. Il rumore della pioggia ormai dissolto in un ricordo; tutti dormono.
Tra le sue mani, circondato da un ammasso di coperte e lenzuola, c'è il suo vaso. Appena al di sotto del marrone scuro, splende un minuscolo gambo verde pallido. Ora è solo un accenno ma lei sa che ad andare alla fine della giornata, quel gambo troverà la via per uscire dal terreno del tutto.
Non è la prima volta che assiste a quello spettacolo, a casa aiuta spesso la mamma in giardino ma adesso è diverso, è l'impatto che l'intera situazione ha su di lei ad esserlo. La fa un po' emozionare, forse perché la sente più vicina, più in “sintonia”. Quella piantina si capisce subito che proviene da un’altra dimensione.
Lei la può capire, tutte e due stanno cercando di nascere in un posto che non conoscono. Di mettere le proprie radici, di farle affondare forte nel terreno. Vogliono essere in grado di crescere ovunque: dove c‘è l’arido, nei posti dove ci sono pietre e sassi o poca acqua, magari sui dirupi o nelle pareti scavate delle montagne colpite dal sole.
Dare colore dove c’è il deserto. Non spezzarsi quando intorno qualcosa va storto.
E' un trionfo di delicatezza e di bellezza.
Resta in silenzio a contemplare. Un silenzio che non sembra neanche silenzio perché nel proprio cuore sta provando uno sconvolgimento tale che non sa spiegare, lo sente come una musica dentro.
Rigira il vaso tra le mani un paio di volte. Lo porta al viso e annusa.
Sorride, poi torna seria.
Chiude gli occhi.
Poi li apre. Pare un momento infinito. Dietro quegli occhi, oltre le spalle candide e rotonde, c'è un mondo segreto ed intimo, a cui nessuno ha ancora accesso, che non fa altro che dilatare quel momento nello spazio e nel tempo.
Arielle respira e gode: il verde del bocciolo diventa erba di prato. Ricordi di bambini che giocano a rincorrersi e puzzo di pozioni bruciate si riappropriano della sua memoria.
La sua mente è un fiume in piena.
Stiracchia la braccia, fa passare le dita tra i capelli, massaggiandosi la testa. Le mani sprimacciano le guance, il viso si strofina contro il morbido cuscino. Un momento unico, un'intimità che probabilmente non sarebbe mai tornata.
Tra qualche ora, la sua piantina tornerà dove l'ha trovata non molto tempo prima.


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Edited by Karin¨ - 31/8/2017, 19:16
 
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view post Posted on 31/8/2017, 14:08
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Ocean eyes.

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Megan Milford-Haven

«L’attesa è un fiore semplice.
Germoglia sui bordi del tempo.
È un fiore povero che guarisce tutti i mali.»

Quella mattina, nel dormitorio il silenzio si faceva spazio, creando una pace insolita.
Megan si era appena svegliata, quella calma era così piacevole che ci mise un po’ ad alzarsi dal letto per godersi il momento, prima di affrontare una giornata impegnativa.
Dopo essersi preparata scese le scale per arrivare nella sala comune, era vuota; dopotutto, erano le sei del mattino chi poteva esserci?
Osservando la grande stanza blu e argento, Megan notò la pianta che Jenifer aveva portato nella casa in segno di rinascita della stessa, si era completamente dimenticata della promessa fatta, avrebbe dovuto occuparsene anche lei.
La pianta posta all’interno di un vaso e messa al sole, si mostrava in forze: le sue foglie erano di un verde radioso e i suoi rami riuscivano ad occupare quasi il vaso per intero.
-“Ora ci penso io a te!”- esclamò.
La giovane corvonero, riteneva opportuno dover trovare uno spazio poco più largo, per poter permettere alla pianta di respirare e darle così modo di crescere in tutta la sua bellezza.
Presa dalla voglia di voler e dover far qualcosa per rispettare la sua promessa, si recò di tutta fretta nelle serre; avrebbe chiesto alla professoressa un vaso che fosse 2-3 cm più largo di quello attuale.
Megan sapeva esattamente come travasare una pianta, le giornate ad aiutare la mamma nel giardino di casa, le avevano permesso di osservare i passaggi essenziali per uno step senza errori.
Nonostante fosse la sua prima volta e che, tra il dire e il fare c’è uno spazio immenso di cose che potrebbero andare bene o male, la sua indole nel cercare di mettercela tutta prevaleva sulla percentuale di mal riuscita. Non avrebbe voluto uccidere una pianta, ma se fosse rimasta in quel modo sarebbe morta ugualmente.

-“Mi scusi professoressa, avrei bisogno di un vaso di diametro 14, un po’ di argilla espansa e un sacchettino di terra. E’ possibile?”- chiese Megan con educazione.
-“Signorina Haven buongiorno, mi domando a cosa le serva tutta questa roba... deve piantare qualche cosa?”- disse con tono interrogativo; Megan avrebbe inventato una scusa plausibile, non avrebbe detto della pianta, sarebbero sorte troppe domande a riguardo.
-“Sa professoressa, mi sto interessando molto alla cura delle piante e vorrei fare una sorpresa a mia madre, sa lei ama molto il suo giardino e vorrei aiutarla quando torno a Londra...”- la scusa era andata, la professoressa sembrava aver compreso e con segno di approvazione, le consegno tutto ciò che aveva richiesto.

Tornando nella sala comune, Megan arrivò di fronte alla pianta, la osservó con stupore; immaginava come in quel poco tempo fosse cresciuta e come fosse diventata forte, piena di vita e rigogliosa.
Sii sentì per un attimo proprio come lei. Il castello l’aveva cambiata e la stava cambiando, l’aveva fatta crescere e stava piano piano formando se stessa al suo interno; non solo a livello fisico, ma anche a livello psicologico e caratteriale. Hogwarts era per lei la sua nuova casa, un posto dove, sola, aveva costruito uno spazio e se ne prendeva cura, stando attenta ad ogni minimo dettaglio; con il tempo sentiva sempre di più il bisogno di ampliarlo, di arricchirlo in ogni sua minima sfaccettatura. Quindi, prendersi cura di quella pianta era come prendersi cura del suo spazio, passo dopo passo quei rami avrebbero fatto dei boccioli e poi da questi ultimi sarebbero spuntati dei bellissimi fiori. Ecco, lei stava immaginando se stessa in quelle splendide fasi, con il tempo sarebbe diventata ciò che avrebbe voluto essere, lasciando che tutto avvenisse nella maniera più naturale possibile.
Presa dall’entusiasmo iniziò ad inserire nel vaso nuovo, dell’argilla espansa, occupandone un 15% dello spazio; poi, dal sacchetto, versò un po’ di terra per coprire lo strato fatto in precedenza.
Quando la base fu pronta, prese la pianta facendo attenzione, con le mani creò uno spazio vuoto tra il bordo del vaso e la terra, poi afferrò le sue radici tirandola a sé.
La pianta venne fuori senza alcun problema, la posò al centro dell’altro vaso, con la terra rimasta nel sacchetto ricoprì tutta la superficie e con l’acqua infine la innaffiò.
Finito il lavoro Megan si sentiva soddisfatta, tutto sembrava aver funzionato; ripulì il tutto e tornò a sedersi sul divano con un buon libro, aspettando l’inizio delle lezioni.





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view post Posted on 31/8/2017, 14:11

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Danielle Gilbert

«L’attesa è un fiore semplice.
Germoglia sui bordi del tempo.
È un fiore povero che guarisce tutti i mali.»


La giornata uggiosa non aveva risparmiato nessuno, non quella mattina e probabilmente, nemmeno i giorni a venire sarebbero stati diversi: la sveglia era suonata prima del solito e la quindicenne, ormai insonne, si era preparata in un baleno. Scese le scale del Dormitorio, stando ben attenta a non far rumore, non voleva svegliare nessuno; era troppo presto perfino per fare colazione, avrebbe dovuto trovarsi qualcosa da fare. Quella fastidiosa luce filtrava attraverso i finestroni della bellissima Sala Comune dei Corvonero andando a colpire i pochi oggetti circostanti e, tra quelli, Danielle ne notò uno che ricordava con piacere. La piccola pianta che Jenifer aveva portato mesi prima in Dormitorio, era cresciuta sempre più. In silenzio, gli adepti di Priscilla avevano provveduto ad innaffiare e curare la pianta nel miglior modo possibile. Sorrise, passandosi le dita tra i capelli corti, prima di muovere qualche passo verso la pianta per poterla osservare da vicino: aveva un fusto stupendo, di un verde acceso e lungo, mentre i boccioli tardavano a fare la loro apparizione. Ad uno sguardo più attento, ci si sarebbe potuti rendere conto che, le parti terminali della pianta, avevano smesso di ricevere cure così specifiche da riuscire a mantenerla in vigore al punto giusto.
- Aspetta piccola, oggi ci penso io a te.-
Avvolse la mano attorno ad una foglia, sorridendo. Quella pianta le ricordava se stessa: era arrivata lì, piccola ed intimorita, con l'ansia di non riuscire ad interagire e allo stesso momento con la voglia di farlo; aveva affrontato varie situazioni, si era messa alla prova, aveva dovuto fare i conti con la sua coscienza, con il suo essere. Erano stati per lei, quattro anni di ferite, di gioie, di condivisione, di solitudine e sapeva che il suo percorso non era ancora terminato: ogni essere umano, una volta messo al mondo, avrebbe avuto da imparare qualcosa nel corso della propria vita, fino ad arrivare alla morte naturale. Tirò un lungo sospiro, prima di infilare i guanti e manipolare con cura le cesoie, che sarebbero servite a dare una spunta a quei rametti secchi. Si era presa cura della pianta in tempi diversi e, come parte dei suoi concasati, l'aveva innaffiata in casi di necessità; era grata alla sua Prefetta per aver portato all'interno della Sala Comune qualcosa di cui prendersi cura e da poter crescere con affetto, nonostante le difficoltà. Diede un taglio netto alla punta del ramo superiore e sentì la pressione alleggerirsi dalle sue spalle. Sentiva addosso tutta la responsabilità nel potare quella pianta, per permetterle un futuro migliore. D'istinto, alzò lo sguardo verso la vetrata della Sala Comune, osservando il suo riflesso e i suoi capelli corti, tagliati con cura e precisione. Cosa l'aveva spinta a quel cambiamento radicale se non la voglia di migliorare se stessa, modificando il suo aspetto per via della sua crescita interiore? Era uscita da un periodo buio, un periodo che l'aveva messa alla prova arrivando a farle prendere delle decisioni importanti all'età di 15 anni. Aveva messo se stessa in gioco, aveva vissuto nella convinzione che i suoi equilibri non sarebbero mai stati spezzati e, alla fine di tutto, aveva dovuto scendere a patti con la dura realtà. La delusione era arrivata dritta al punto, aveva rotto qualsiasi parte della Corvonero fino a farle raggiungere la consapevolezza che, per poter crescere bene, avrebbe dovuto tagliare i ponti con la causa del suo dolore e della sua crescita. E così fece.
Zac.
Un altro taglio all'estremità. Tagliando quelle punte sentiva di fare del bene a se stessa e alla pianta. Rivisse il momento in cui aveva tagliato le sue, di punte, e di quanto si fosse sentita bene dentro, dopo per aver capito che il primo taglio lo aveva eseguito nel suo animo, pur di non continuare a seguire le tracce sbagliate della Danielle "dai capelli lunghi".

- Starai meglio anche tu, vedrai.-
Sussurrò nel vuoto della Sala Comune, sia a se stessa, sia alla pianta. Aveva raggiunto la consapevolezza che, di lì in poi, le cose sarebbero potute solo migliorare, perché, sebbene il percorso sarebbe stato ancora tortuoso e ricco di ostacoli, aveva capito di avere la forza di andare avanti e di guardare al passato come un insegnamento e non come ad una condanna a morte. Continuò a spuntare la pianta fino a rimuovere tutte le punte secche che raccolse tra le mani, si avvicinò ad una delle finestre semi-socchiuse e soffiò via il passato della piccola piantina per permetterle una crescita corretta e genuina. Sfilò i guanti, poggiandoli vicino al vaso, annaffiò la pianta, fino a rendere marrone scuro il terriccio e sorrise. Il suo compito era terminato ed era tempo di uscire di lì; il Dormitorio Corvonero aveva aperto gli occhi.



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Edited by Danielle Gilbert - 31/8/2017, 19:19
 
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Mitchell Lacroix

«L’attesa è un fiore semplice.
Germoglia sui bordi del tempo.
È un fiore povero che guarisce tutti i mali.»

Ognuno di noi nel corso della propria vita, qualcuno prima e qualcun altro dopo, si ritrova in un periodo più o meno buio. Per Mitchell quel momento era giunto forse un po' troppo presto. Che la vita del Corvonero stesse attraversando un periodo buio era ovvio, aveva preso scelte che chiunque dotato di un po' di sale in zucca non avrebbe mai fatto. Infine questa sorta di viaggio tortuoso, si sarebbe dovuto concludere con una scelta che in ogni caso si sarebbe rivelata dolorosa per il ragazzo.
La via d'uscita per il ragazzo c'era. Se qualcuno avesse saputo la situazione in cui Mitchell si era cacciato gli avrebbe detto di spifferare tutto a qualcuno più in alto di lui e chiamarsi fuori. Ma nessuno era a conoscenza del segreto del giovane, e nessuno lo sarebbe mai venuto a sapere. Dopotutto fino ad ora questa scelta di vita non gli aveva causato alcun vero problema. Ma sebbene il Corvonero non fosse a consocenza di ciò che gli sarebbe successo, è risaputo che il destino di chi sceglie la strada dell'oscurità non è sicuramente roseo.

Mesi prima Jenifer, il prefetto della casata di Corvonero era entrata in possesso di una piccola piantina, e la lasciò in sala comune in modo da che tutti potessero averne cura. I mesi passarono e gli adepti di Priscilla, si presero cura della pianta, in modo che non morisse di stenti. Ognuno a modo suo l'aveva curata, ed il tempo aveva fatto il suo corso. La piccola piantina che Jenifer aveva portato in sala comune stava crescendo.
Mitchell non era un amante delle piante, lo aveva dimostrato più volte schifando il corso di Erbologia, ma quella mattina rimase fermo a fissare la piccola pianta ormai cresciuta.
Forse era dovuto al luogo in cui la piantina stava crescendo, o a motivi a Mitchell sconosciuti, ma il suo corpicino esile sembrava crescere storto, o meglio piegato.
«Dev'essere scomodo crescere così» - mormorò il ragazzino osservando il stelo piegato della piantina.
Non sapeva bene perchè, forse un po' gli faceva pena vedere quell'esserino crescere in quel modo, impotente, priva di un sostegno che le "indicasse la via da seguire". O forse in un qualche modo il ragazzo si rivedeva nel vegetale, lasciato crescere senza nessun sostegno.
Il Corvonero prese subito dalla tasca della divisa una matita, la piantò delicatamente nel terreno dietro la pianta. Prese un piccolo elastico che teneva sempre al polso, come una sorta di braccialetto e lo passò delicatamente attorno allo stelo e alla matita, che sarebbe servita come sostegno in futuro per raddrizzare quel piccolo corpicino.
«Se ti lasciano così crescerai bella dritta» - mormorò il ragazzino sorridendo. Prima lasciare la pianta e dirigersi fuori dalla sala comune per iniziare la giornata.
Se ciò che aveva appena fatto fosse effettivamente utile non lo sapeva, solo il tempo l'avrebbe detto, ma la speranza che anche uno come Mitchell fosse nuovamente in grado di fare qualcosa di buono per qualcuno, o come in questo caso qualcosa, era sicuramente un grosso passo avanti.



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Alice Lastrange

«L’attesa è un fiore semplice.
Germoglia sui bordi del tempo.
È un fiore povero che guarisce tutti i mali.»

Seduta sul suo banco Alice prendeva gli ultimi appunti di quella lezione, l'orologio al suo polso segnava l'avvicinarsi dello scoccare dell'ora, segno che presto tutti i presenti si sarebbero alzati per procedere con il resto della loro giornata, che per la corvonero comprendeva solo una capatina in biblioteca e un intenso pomeriggio di studio. Con l'arrivo delle temperature più miti e con l'allungarsi delle giornate, molti studenti preferivano uscire all'aperto, ed Alice avrebbe approfittato proprio di questo per sistemarsi comodamente in sala comune.
Come aveva previsto, poco dopo, tutti si alzarono, lei compresa, e senza nemmeno accorgersene si ritrovò a camminare a passo lento tra gli enormi scaffali della biblioteca. Ripensava a tutto quello che avrebbe dovuto fare mentre con la punta delle dita accarezzava dolcemente il dorso dei libri che, ordinati, risiedevano sullo scaffale su cui Madama Pince le aveva detto di cercare. Le sue mani si fermarono solo quando il titolo da lei cercato fu visibile, staccandosi da essi per dirigersi poco distante, dove quel tomo dalla copertina rilegata in cuoio risiedeva comodamente. Riuscì a prenderlo senza troppo sforzo, alzandosi di poco sulla punta dei piedi. Era impressionate quanto fosse cresciuta, ricordava ancora la prima volta che era entrata in quel luogo ricolmo di libri, le era sembrato ancor più grande di quel che era, immenso da far girar la testa.
Con la borsa a tracolla e il libro stretto tra le braccia risalì uno ad uno gli scalini ripensando alla prima volta che era stata nel castello, a tutte le emozioni che aveva provato, ancora palpabili sulla sua pelle. Su in cima alla torre di divinazione, celata dietro una comune porta, in alto ad una scala a chiocciola, vi era la sala comune Corvonero, con la testa tra le nuvole le sembrò di arrivarci in poco tempo, infondo erano ormai anni che, scalino dopo scalino, risaliva tutte quelle rampe.
Sbattendo il batacchio incantato in bronzo, a forma di aquila, ricevette l'ennesimo indovinello che risolse in poco meno di un minuto.

«Così è troppo facile, la prossima volta voglio qualcosa di più interessante, sappilo!» scherzò la giovane corvonero, consapevole che il povero battacchio non avrebbe potuto replicare a tale provocazione. Oltrepassò la porta e fu subito in sala comune, fortunatamente la trovò semi deserta come aveva sperato poco prima, e, così come il resto della stanza, anche il tavolo era libero, pronto per essere riempito da tutti i suoi libri.
Uno ad uno furono sistemati ordinatamente e in base a quello che si era prefissata di fare quel pomeriggio. Si allontanò da essi per osservare il suo lavoro, stiracchiandosi un pò prima di dedicarsi completamente a loro. Distese le braccia il più possibile, facendole tornare poco dopo al loro posto, ma nel farlo colpì distrattamente qualcosa alle sue spalle. L'urto la fece girare di scatto, e disperata già immaginò l'oggetto rompersi al suolo. Lo afferrò saldamente con entrambe le mani, fermando il suo moto verso il pavimento poco prima che si infrangesse al suolo. Il profumo che spigionò a quell'imprevisto movimento fu subito riconoscibile. Era da tempo che non vedeva quella bellissima pianta, o meglio, la vedeva tutti i giorni passandoci davanti, ma con l'andare del tempo le cure e il tempo da dedicarle erano nettamente diminuite poiché rigogliosa cresceva da sola. Guardandola, in quel momento di esagitazione inaspettata, era bellissima, cresciuta tra le mani dei cari adepti di priscilla, che amorevolmente l'avevano aiutata a crescere e a diventare la bellissima pianta che è ora. Fiori qua e la erano quasi del tutto sbocciati, tranne uno, che sembrava tentennare sul da farsi. Poggiandola delicatamente su quella che da sempre è stata la sua casa, vide qualcosa di meraviglioso accadere sotto i suoi occhi. Timidamente il colore acceso del bocciolo emergeva sovrastando il verde che fino a poco prima lo aveva protetto e aiutato a crescere. Sorrise ripensando a quanto quel guscio fosse tanto simile alla sua famiglia, che da sempre le era stata accanto, proteggendola sin dall'inizio ed aiutandola a sbocciare con il passare del tempo, seguendola passo passo ma senza mai imporre nulla. Era splendido, bellissimo e pieno di nuova vita, pronto per illuminare con i suoi colori qualunque luogo. Un pò come lei che, da bambina qual'era quando era arrivata li ad Hogwarts, ora era pronta per seguire con responsabilità e passione la strada verso il futuro. Lei che era cresciuta attraverso le esperienze e le amicizie create in quelle mura, che, come le radici di quella pianta, con il tempo si erano aggrappate al suolo, diventando fonte di vita ed energia.
Si allontanò di qualche passo, osservando da lontano il capolavoro a cui aveva appena assistito nella sua interezza. I fiori creavano una cornice eccentrica e meravigliosa della vita dell'arbusto, li osservò estasiata per qualche minuto, prima di dirigersi verso la prima fonte d'acqua più vicina. Vi riempì un piccola brocca e con essa tornò dove la pianta, maturata e rigogliosa, aveva iniziato la sua vita, superando i suoi ostacoli più grandi. Scostò le rigogliose foglie per poter abbeverare il terreno sotto di essa per dare sostegno e forza alla stessa. Una mamma chioccia che si prende cura del proprio figlio, esattamente come la sua famiglia aveva sempre fatto con la loro piccola Alice, incoraggiandola e spronandola a diventare quello che ha sempre voluto essere. Tastandone la terra, smise di immettervi altra acqua quando quest'ultima fu abbastanza umida, consapevole che ormai matura, era capace di vivere la sua verde vita da sola, e che era pronta per proseguire il suo cammino con la sola forza di se stessa.
Seguendo il suo esempio anche Alice avrebbe fatto lo stesso. Era riuscita a superare i suoi momenti bui, riaprirsi al mondo e tornare a risplendere raggiante, dando il meglio di se in tutto. Si era lasciata abbattere, aveva lasciato che un'evento la allontanasse da tutto e da tutti, rinchiudendola in un muro che si era auto costruita con la speranza di non soffrire ancora. Ma era inutile, prima o poi la vita torna a farsi sentire, e non vi è altra scelta che rispondere, abbattendo tutti i muri, schiudendo il bozzolo che ci ha protetto per tanto tempo, e tornare ad essere la Corvonero che la casata aveva bisogno. Nonostante avesse abbandonato la carica da prefetto questo non le impediva di essere quel punto di riferimento di cui tutti hanno avuto bisogno nella proprio vita, un punto stabile. Che sai che c'è se ne hai bisogno ma che ti lascia libero di agire con la tua testa e di sbocciare a tua volta. Con uno sguardo dolce salutò la tanto amata pianta, era ora di proseguire, di andare avanti consapevole che tutto è possibile e che concentrandosi sullo studio e vivendo a pieno la sua vita avrebbe reso se stessa migliore.




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view post Posted on 31/8/2017, 15:01
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♥ Non piangere Nishimiya sai poco fa ti ho parlato in un sogno, mi sembrava di aver rinunciato a molte cose, ma non è così. Ho sempre pensato come te Nishimiya...♥

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Violet Wilson

«L’attesa è un fiore semplice.
Germoglia sui bordi del tempo.
È un fiore povero che guarisce tutti i mali.»

Ogni tanto fare il punto della situazione poteva solo fare bene e Violet si ritrovò a pensare che, in fondo, non era poi cambiata tanto rispetto alla sua entrata ad Hogwarts. Non le sembrava di aver fatto grandi progressi e nemmeno di aver raggiunto grandi obiettivi ma forse aveva solo aspettative un po’ troppo alte.
Era seduta al tavolo in sala comune con tutti i suoi libri aperti, il foglio bianco davanti a lei e la piuma in mano ma la testa era altrove, stava danzando sulle note della musica che per sua grande fortuna era diventata parte integrante della sua vita grazie al club. Si ritrovò a sorridere.

”Almeno a livello musicale sono riuscita a fare qualcosa e aportare avanti un progetto: i The Wizard Voice sono il mio orgoglio…”


Ripensare a quando era salita sul palco con i suoi amici le faceva palpitare il cuore ma capiva anche che non poteva ruotare tutto intorno a quello. Fingeva di essere soddisfatta di sé stessa alla vista degli altri ma in realtà non era così.

"E pensi di aver raggiunto i tuoi obiettivi?"


Alla domanda del suo alter ego, Violet voltò lo sguardo verso la finestra dove, sul davanzale, era pigramente appoggiata la pianta che aveva portato Jenifer un po’ di tempo fa. Si erano dati tutti da fare per farla crescere e per prendersene cura e anche lei l’aveva annaffiata più volte, si era anche ritrovata a leggerle qualche favola, un po’ come si fa con i bambini, certe volte le sembrava che quel piccolo futuro albero potesse capirla meglio di quanto fossero in grado di fare tutti gli altri.
Con delicatezza appoggiò la piuma sul tavolo per alzarsi e andare verso il piccolo arbusto.

«Al contrario di me tu stai crescendo molto in fretta, vero?»


Chiese con un sorriso e accarezzando con delicatezza una delle sue foglioline. Inizialmente distratta non si era accorta che alcuni boccioli stavano facendo capolino aprendosi delicatamente e iniziando a rivelare i loro sgargianti colori. S nasce, si vive e si muore ma per quanto possa sembrare un circolo naturale nessuno pensava mai su quanto fosse fantastico e prodigioso, più della magia stessa.
Lentamente iniziava a fiorire, chissà se era la prima ad aver visto i frutti dell’impegno di tutti. Prese una sedia per potersi accomodare accanto alla finestra e appoggiarsi al davanzale con le braccia incrociate per accostarci poi il volto e guardare la pianta di traverso.

«L’impegno nel prendersi cura di te è davvero servita…i tuoi fiori sono bellissimi!»


Sorrise con fare triste chiedendosi quando i suoi fiori sarebbero finalmente nati. Lei, al contrario di quello che aveva davanti, si sentiva un arbusto sterile. Non era diventata particolarmente potente, intelligente, furba o importante.

"Ma che paragoni fai?"


”Cosa vorresti dire?”


"Le piante crescono molto più velocemente di voi esseri umani. Vi siete tutti impegnati a prendervi cura di questo piccolo arbusto e lui stesso si è dato da fare per crescere e mostrarti queste meravigliose gemme ma non devi avere dubbi: prima o poi anche tu sboccerai."


Non ne era tanto convinta, per quanto sembrava impegnarsi in tutto non si sentiva migliore di prima.

"Vogliamo davvero fare un elenco? Hai imparato un sacco di incantesimi nuovi, hai tenuto testa a Priscilla durante quella pazza nottata in sala comune, sei riuscita a strappare un voto particolarmente alto a Peverell, sei diventata più sicura di prima e, soprattutto, sei diventata prefetta. Io ne sono convinta V: presto anche noi vedremo i meravigliosi frutti che cresceranno dal tuo impegno.”


Ancora una volta accarezzò la piccola pianta e fra tutti i piccoli fiori ne vide uno che non era ancora sbocciato.

”Guarda…questo è in ritardo…”


"Già…però quando sboccerà sarà sicuramente il fiore più bello di tutti."


Violet era quasi commossa dalle parole di Lucy, non la credeva capace di tanto sentimento e trasporto ma forse su qualcosa aveva ragione. Anche lei aveva contribuito nella crescita della pianta e, in fondo, quei bellissimi fiori che stavano sbocciando, erano anche merito suo e del suo impegno.
Alzò la testa tenendo le braccia appoggiate sul davanzale.

«Cresci bene, cresci forte. Sono sicura che porterai speranza anche a qualcun altro.»


Si stava ormai facendo tardi ed era ora di andare così la Corvonero le diede l’acqua un’ultima volta prima di prendere le sue cose e allontanarsi in attesa di sbocciare anche lei.



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view post Posted on 31/8/2017, 18:59
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Daddy Ersol Toobl

«L’attesa è un fiore semplice.
Germoglia sui bordi del tempo.
È un fiore povero che guarisce tutti i mali.»

E’ cresciuta.
Rigogliosa e forte, la pianta dai milleuno valori, si è temprata delle energie di tutti gli studenti della casata, assimilandone le singole caratteristiche.
Venature verdi, solcano in maniera implacabile le fronde dell’arbusto, segnandone la storia che silenziosamente è stata raccontata da ogni singolo concasato.
Eppure c’è qualcosa che non si può vedere in quella crescita, qualcosa di invisibile all’occhio umano, che, solo le sensazioni del nostro corpo possono percepire.
Amore, impegno, tenacia. Dettagli infiniti di una casata sono stati trasferiti non solo sui compiti, ma anche sulla natura.
E pensare che quando Jenifer aveva portato quel vaso, lui, si era messo a ridere. Non avrebbe scommesso neppure un zellino sulle cure apprensive dei suoi concasati, eppure lo avevano stupito.

Oramai l’arbusto era grande e grosso. Un po’ come lui, - eccezion fatta per la barba- si era imposto in quella casata trovando il suo posto, alla luce del Sole.
Nel giro di un anno, aveva fatto il percorso che tutti gli studenti dovevano affrontare in quella dura scuola. Da piccolo fuscello, rapido si era inerpicato in aria trovando la strada che maggiormente aggradava i suoi obbiettivi. Era cresciuto, dominando l’aria e rimestando la terra, stabilendo le radici in un suolo che prima per lui era terreno inesplorato e che ora poteva chiamare casa.
Osservando dall’alto verso il basso il ceppo robusto, capendo che tutto ciò non poteva più rimanere in quel vaso, prese la pianta per le frode per portarla fuori dal castello.
Presto Hogwarts sarebbe stata deserta e a quel piccolo essere vivente poteva dare una mano solo la natura con la pioggia e il vento, con il sole e la neve,insomma, finchè morte non vi separi.
L’ignoranza nel come si trattavano quelle piante babbane non creava a lui molti problemi visto che i principi era più o meno quelli di Erbologia. L’obiettivo era curare la pianta fino a che non diveniva forte e autosufficiente.
Spingendo con forza il vaso verso il suo volto, così da far passare gli studentelli lungo la scala a chiocciola, arrivò nel giro di cinque minuti in giardino per pensare solo e solamente una cosa:

*E ora dove lo piazzo?*

I suoi occhi lentamente volteggiavano per il prato verde smerdalo alla ricerca smaniosa di un punto dove tutti sarebbero potuti tornare a trovare quel frutto d’amore e impegno.
Dopotutto, chi nasce lì difficilmente se ne può andare troppo lontano. Un po’ come lui, che sicuramente avrebbe provato in tutti i modi a restare nella scuola dopo averla finita.
Trovando un luogo vicino alla foresta che lo aggradava, abbastanza visibile dalle sponde del lago nero, iniziò a scavare per dare una nuova casa al suo compagno di avventura.
Con forza, centimetro dopo centimetro, scavò la fossa con cura per renderla maggiormente profonda e degna di accogliere l’arbusto.
L’odore di terra impregnava con il suo profumo la sua persona rendendola tutt’uno con essa e un’entità diversa. Presto, il tempo, implacabile e innocente, avrebbe reso lui come quella pianta per poi rendendolo cenere.
I secondi, che pensiamo essere lenti, scorrono velocemente lasciando che la crescita ci stupisca e rattristi allo stesso tempo. Implacabili diventiamo qualcuno e veniamo neutralizzati, lasciando dietro di noi soltanto un mare di lettere e parole.



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