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| Musica. Un violino suonava solitario una melodia leggera che si levava verso l'alto. Come ammaliata da quel suono sempre più acuto entrò nella stanza con passo felpato. Ricordava quando da bambina sua madre suonava il pianoforte. Lei, che doveva era uno scricciolo, sedeva sul tappetto a gambe incrociate come un indiano, con lo sguardo fisso sulle mani che danzavano un ballo tutto loro tra i tasti bianchi e quelli neri, e non lo distoglieva finché la musica non sfiniva nel silenzio. Non avrebbe voluto disturbare chi stava suonando, anche se inconsciamente anche un solo spettatore inaspettato era già una forma di disturbo. I suoi occhi accarezzarono i diversi strumenti che erano presenti nella stanza, seguendo le note sempre più alte, fino ad incrociare Violet. Si fermò a meno di un paio di metri di distanza. Sapeva che la ragazza suonava, e aveva avuto occasione in un altro paio di situazioni di vederla seduta ad un pianoforte o con il coro. Qualche natale prima le aveva anche regalato un violino, ma era la prima volta che la vedeva con quello strumento. Era davvero brava. Sorrise, presa dei suoni percepiti dal suo orecchio. Immaginava che la corvetta si sarebbe accorta della sua presenza a quel punto ma la cosa l'avrebbe presa alla sprovvista. Ad esercizio terminato avrebbe fatto un cenno con la mano, nonostante reggessero i libri. « Sei.. davvero brava » Un sorriso impacciato. Era vero che era brava, ma insomma.. lei non sarebbe dovuta essere lì. Non era mai stata iscritta al coro e l'aula doveva comunque essere riservata, e altre mille paranoie volarono per la sua testa. Era come quando a Boston sua madre la portava in quel palazzo altissimo e lei doveva aspettare nella hall del tredicesimo piano. Un giorno una segretaria le aveva detto che sull'attico c'era un giardino con gli animali e se voleva poteva andarci...avrebbe badato lei ad accompagnarla e ad avvisare sua madre. Così fecero. Là su sembrava un paradiso, tra i diversi uccelli e gli altri piccoli animali che poteva vedere. Le sembrava immenso, e da curiosa lo girò tutto.. fino ad arrivare al termine, la vetrata che dava sulla strada. Il cuore che le batteva a diecimila con la paura di avvicinarsi, anche se l'ambiente era chiuso e non sarebbe mai potuta cadere. Quando arrivò la madre la vide ferma lì, con la voglia di avvicinarsi a scrutare il panorama ma la paura di muovere un solo altro passo. La prese per mano e la portò fino al bordo. La piccola Jen posò la manina sul vetro, nel vuoto. Solo molti anni dopo, salendo su una scopa aveva capito. Non era per paura di cadere che il suo cuore batteva tanto. Forse, le serviva solo qualcuno che la incoraggiasse ad avvicinarsi alla musica, come quel vetro: tutta quella ammirazione era voglia di fare; il disagio era per il non sapere, per la non appartenenza, per la distanza. Certamente la concasata non avrebbe potuto leggere tutto questo solo dal suo sguardo, ma in un modo o nell'altro si sarebbe potuta dimostrare una valida alleata. « Posso.. insomma, ti darebbe fastidio se restassi ad ascoltare? » Avrebbe chiesto con tranquillità, non preoccupandosi di un eventuale rifiuto. Probabilmente se fosse stata una qualsiasi altra persona nel castello non avrebbe azzardato tanto, ma le due ragazze erano colleghe e buone concasate, non le sarebbe dispiaciuto restare del tempo con lei a sentirla suonare. Perdona Perdona l'attesa e.e
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