The Hardest Choice, Concorso a Tema: Giugno 2017

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view post Posted on 28/6/2017, 20:23
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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« Indecision and reveries are the anesthetics of constructive action.»- Sylvia Plath


Un alito di vento fresco entrò all'improvviso attraverso le bifore, disposte lungo il corridoio scoperto ed il suo tocco gentile sfiorava il suo viso giovane e pallido. Come la carezza amorevole di una madre, la brezza spostava i capelli vermigli, sciolti sulle spalle, facendoli ondeggiare appena al ritmo di ogni passo.
La Torre di Divinazione non era mai stata tanto lugubre ai suoi occhi come in quel preciso istante. Il muro di pietra, fresco e ruvido, scorreva sotto le sue dita, mentre procedeva in silenzio in quel corridoio vuoto, il braccio sinistro sollevato a cercare il contatto con la parete.
Di lì a poco, si sarebbe affacciata piano piano alla Foresta Proibita, attraverso una balconata in cui era stata più e più volte.
Le punte degli abeti, di altezze diverse ed immobili alle sollecitazioni della brezza leggera, contribuivano al riaffiorare dei ricordi, mentre il sole al tramonto illuminava appena il suo viso.
Raccontava a se stessa di aver intrapreso quell'abitudine per rilassarsi, per evadere dalla normale vita scolastica e dalle ronde serali, ma la verità dietro quella singolare occupazione si celava dietro ben altre motivazioni.
Ogni sera dopo il termine delle lezioni tornava di fretta nella Sala Comune, depositando libri ed appunti, percorrendo poi la strada a ritroso, fino a quella Torre. Nessuno avrebbe sospettato che giungere sin lì avesse uno scopo preciso: chi non si sarebbe beato della visione della Foresta Proibita dopo il termine dell'orario di lezione? Chi, con le prime calde giornate di inizio estate, non avrebbe apprezzato sinceramente la frescura di quelle altezze?
Aveva una giustificazione per ogni cosa, l'aveva studiata bene, e mentre la luce del giorno diminuiva d'intensità, il suo sguardo gelido e fisso non smetteva di osservare un punto non meglio definito di fronte a sé.
Portò entrambe le mani sulla balaustra, appoggiandosi ad essa con tutto il proprio peso, sospirando dubbiosa.
Presto sarebbe tornata a casa, il viaggio in treno trascorso in compagnia di Fiona e Matthew. Avrebbe ascoltato la metà delle loro chiacchiere e per la metà del tempo avrebbe riflettuto sull'eventualità di non udire più la risata della sorella o lo sbuffo del cugino ad ogni sciocca battuta della ragazza.
Il tempo giocava un ruolo fondamentale in quel gioco pericoloso, eppure l'assurda consapevolezza di quel ciclo continuo, sempiterno, che niente e nessuno avrebbe potuto arrestare - nemmeno lei - la consolava. Chi avrebbe potuto darle contro in una simile situazione?
Giugno volgeva al termine, l'autunno sarebbe giunto in un battito di ciglia e, con esso, forse tutto il suo mondo sarebbe cambiato.
C'era stato un tempo in cui i venti caldi avevano assunto per lei un significato ben preciso: attraverso la brezza, sebbene la sua dimora si trovasse in aperta campagna, il profumo di salsedine raggiungeva le sue narici, inebriandola e facendola sorridere estasiata. Percepire il mutamento climatico e scorgere le prime foglie tingersi di giallo e rosso aveva sempre rallegrato il suo umore, forse perché zia Ellen non vedeva l'ora di raccogliere alcuni dei frutti del suo lavoro. Il suo sorriso contagioso l'aveva influenzata e l'autunno, con le prime piogge, era diventata la sua stagione preferita.
Ora, però, tutto era cambiato.
Qualcosa era stato seminato, certo, e prima o poi sarebbe stato raccolto.
Qualcuno avrebbe scelto che cosa prendere e che cosa lasciare.
Più tergiversava, nel comunicare le proprie preoccupazioni, e più il tempo sembrava prendersi gioco di lei, correndo veloce e lasciandola impreparata.
Zia Ellen usava una specie di aforisma babbano quando rifletteva su quel genere di questioni, come se l'aiutasse ad accettare placidamente ciò che il Fato avrebbe scelto per lei.

*Si raccoglie ciò che si semina.*
Non era certa di aver compreso tutte le sfumature di significato di quell'affermazione, eppure anche in quell'occasione, quella frase calzava a pennello. Peccato che la sua razionalità le imponesse di scegliere, di decidere e di farlo in fretta.
Su quella Torre molti mesi addietro, una verità era stata gettata ai suoi piedi. In quel luogo il suo sguardo al futuro era cambiato. Aveva abbracciato la novità come una sfida, all'inizio, come se avesse davvero potuto aver voce in capitolo.
Come si fermava il Tempo?
Quella domanda le ronzava nel cervello come un mantra, continuamente ed instancabilmente, ovunque andasse. Non importava che fosse dietro al bancone di Zarathustra, servendo un generico cliente, o nel bel mezzo di una ronda serale, prima di lasciarsi andare ad un sonno profondo e disturbato o, ancora, durante un esercitazione di Incantesimi. Non era pronta a rispondere a quella domanda, non era pronta a recidere il legame invisibile con quel possibile futuro. Il quesito successivo, tuttavia, riguardava solamente lei: era pronta a raccogliere ciò che i suoi avi, nell'ingenuità o nella crudeltà - alternative, queste, ancora ignote - avevano seminato prima che lei stessa venisse alla luce?
Sapeva di dover rischiare e gettarsi alla ricerca di risposte più complete e soddisfacenti, eppure aspettare il momento propizio ed un'occasione migliore non sembrava tanto sbagliato.
Connor raccomandava sempre di non agire con avventatezza, ma solo in seguito ad un'attenta valutazione: stava a lei, quindi, scegliere il frangente più adatto in cui agire? Recidere il legame con il suo futuro, rifiutando la profezia e tutte le sue scoperte oppure abbracciarlo prima del tempo?
Fu con un gesto di stizza che si allontanò dalla balaustra, voltando le spalle alla Foresta ed alla luce del tramonto, una ciocca di capelli rossi sul viso ed il battito del cuore appena accelerato.
Secondo Peverell le profezie erano solo parole, una descrizione approssimativa di un futuro possibile ed affatto certo. Se avesse scelto di credere a quella versione, recidere il suo collegamento con quanto scoperto fino a quel momento sarebbe stato semplice.
Il tempo scarseggiava, una nuova estate ed un nuovo autunno sarebbero arrivati, perpetrando il ciclo continuo iniziato la notte dei tempi. E, con esso, nuove decisioni critiche si sarebbero poste dinnanzi a lei, una sedicenne impreparata ed inconsapevole.
Stava a lei decidere come agire, questa era la sua unica certezza e, allo stesso tempo, la sua condanna.
Non si voltò più in quel saluto abituale alla Foresta, lasciandosi la luce del giorno alle spalle, mentre a passo deciso percorreva la via a ritroso a passo cadenzato.
Forse il giorno in cui Oliver l'aveva aiutata a capire, pronunciando quella profezia, non era il momento giusto per compiere una scelta. Ora, invece, alla soglia della maggiore età, le responsabilità si addossavano le une sulle altre, non senza la sua disapprovazione.
Aveva scelto con consapevolezza di attendere il momento più adatto per agire. Non esisteva un come e un quando, ma per la prima volta dopo un tempo che le era sembrato infinito aveva scelto di non tornare più lassù. Era giunto il momento di porre fine ai ripensamenti, alle elucubrazioni più disparate. La decisione era già stata presa e, con estrema soddisfazione, lei l'aveva capito. E benché preferisse di gran lunga ricordare i giorni felici e spensierati, quando l'unico problema era trovare un posto in cui trascorrere cinque minuti di solitudine e raccoglimento, adesso tutto ciò che contava era il sacrificio.
Il suo e quello dell'intera famiglia.




 
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