Gli astri si erano allineati in perfetto ordine, nella metaforica volta celeste, in attesa che uno dei loro discepoli più curiosi confermasse l'inizio di danze senza fine. Quello non sarebbe stato un giorno qualunque, non sarebbe stato emblema di una routine senza capo né coda, non per ancestrali figure di Credi in parte dimenticati né, soprattutto, per Rowan in carne ed ossa. Una decisione era stata presa, un'intenzione era stata portata a termine. Nulla avrebbe vietato al corso degli eventi di esistere, nulla avrebbe frenato la volontà più sincera di colui che aveva offerto un tacito omaggio, anche solo attraverso un singolo e singolare pensiero, alla dea della Conoscenza. Fu lei, Atena, a risvegliarsi per prima da un torpore piuttosto nauseante. Le iridi grigie solcarono le nuvole, volarono in basso e avvolsero l'Orma di Rowan in uno sguardo attento, indagatore, ma non invadente. Mai lo sarebbe stato. Da parte sua, Minerva era curiosa. Non era stata chiamata la sua controparte - appena citata - romana, dedita alla strategia della guerra e allo studio di battaglie e duelli, non era stata contattata nel ruolo di stratega per aspiranti fortunati combattenti. Contrariamente alle sue aspettative, e non senza un pizzico di piacevole interesse, era stata la Saggezza della sua forma primordiale, origine dell'Antica Grecia, a destare la concentrazione del Mago in quell'atollo solitario del Regno Unito. E con la sua benedizione, nascondendo un sorriso, Atena alimentò la scintilla che Rowan aveva acceso con preciso desiderio nell'apprendimento di un nuovo peculiare Incantesimo. Sarebbe stato premiato, lo sarebbe stato veramente.
Non fu necessario un dispendio di energie esagerato per giungere ad una conclusione piuttosto plausibile. Altri Maghi avrebbero specificato fin da subito l'importanza della scelta di un ricordo che fosse completamente ed assolutamente felice, fonte di gioia e di emozione allo stato puro, distinto da tutti gli altri per la sua natura così speciale. Piano piano, come un marinaio alla ricerca del mare più calmo da solcare con la propria imbarcazione, lo stesso Rowan attendeva di percorrere strade migliori in un progresso creativo che suonava come personale avvertimento, oltre che apprendimento. Da lontano, ma non troppo, l'invisibile eppure concreta presenza di Atena scrutava il presente con attenzione. Ad ogni prova, un dettaglio mancava e un altro veniva aggiunto. Ad ogni esperimento, il potenziale cresceva per bene, fin quando i primi risultati danzarono in un vortice luminoso, sinonimo di una riuscita che profumava non di fortuna, ma di impegno e sollievo. Il ricordo era percepibile tra sorrisi, battiti del cuore e sentimenti intensi. Dalla punta della bacchetta magica, altri bagliori argentati si dissolsero rapidamente. Il primo accenno di un perfetto guardiano si formò, per un attimo una coda prese vita dalla luce, ma fu il buio a dominare ancora. Così come apparsa, la candida nebbia si disperse come cenere al vento. La memoria era tra le più intense, occorreva soltanto concentrarsi di nuovo sui movimenti necessari, gli stessi presi in esame fino ad un momento prima. Questione di decisione, come sempre.
La formula dell’incanto è “Expecto Patronum”, essa va pronunciata in seguito ad un movimento semicircolare del polso, eseguito in senso orario. [Manca quest'ultimo passaggio nel tentativo finale, un movimento che avevi seguito nelle prove precedenti, quindi sarà stata distrazione per l'ultimo caso. Ti chiedo allora un altro tentativo, tenendo conto anche del movimento sulla base del ricordo scelto, e ci siamo.]
Quella piacevole sensazione si concretizzò in un bagliore argenteo, una prima forma di Pantrous, ma ancora non era sufficiente. Sentiva di essere entrato in una sorta di sintonia con l'incanto, con il patronus stesso, ma qualcosa era andato storto. «Dannazione» brontolò, mentre sfogliava distrattamente le pagine del manuale. Con il dito cercò le righe che spiegavano come lanciare l'incantesimo e le impresse a fuoco nella sua mente. Ripetè nella sua mente i passaggi essenziali: ricordo felice, movimento semicircolare del polso, formula magica. «Che Atena me la mandi buona». Si convinse che ce l'avrebbe fatta. Doveva farcela. Inspirò ed espirò, controllando che la sua mente forse in perfetto equilibrio. Ripensò allo sguardo di Isabelle, alla morbiba curva della sue labbra, a tutto ciò che la riguardava. Il tempo sembrò rallentarsi, quando con un movimento del polso disegnò un arco di semicirconferenza con estrema attenzione, partendo da sinistra per poi terminare a destra. Chiuse gli occhi e con una voce baritonale, come quando si grida un ordine e ci ci aspetta che venga rispettato, pronunciò l'incanto. «Expecto Patronum!». Il tripudio di sensazioni che la formula gli provocava era della stessa intensità di prima, ma stavolta avrebbe evocato con successo il suo patronus? Gli sembrava di aver eseguito correttamente tutti i passaggi, ma, ormai l'aveva sperimentato sulla propria pelle, la magia era imprevedibile.
Si trattò di secondi, non di più. Un'intensa quanto rapida riflessione, l'idea di dover ripercorrere un passaggio del tutto semplice, non dettato in alcun modo dall'incapacità emotiva, la prerogativa più importante per la riuscita dell'Incantesimo preso in esame; non fu necessario percorrere l'ennesimo procedimento fin dal principio, ripescando il libro che aveva permesso allo studio di divenire concreto, attirando la benevolenza della dea della Conoscenza. Tutto era chiaro, perfino l'errore sì piccolo da sembrare fonte di pignoleria vera e propria. Ma Atena non demordeva, né lo avrebbe fatto Rowan. Non c'era margine di compassione in un apprendimento, mai ci sarebbe stato. Perché se nel presente il giovane Mago ispirava lo spirito ancestrale e, al contempo, si lasciava ispirare dallo stesso, era pur vero che ovunque non sussistesse pericolo alcuno da far partorire un'offensiva legata ad un Patronus. Tale magia, di un livello così valido e alto da non essere guadagnato dalla maggioranza del volgo, non ammetteva alcuna reticenza, né nella forma, né nella realizzazione, né nell'intensità. Era un dato di fatto. Un fatto.
In principio fu un solo Ricordo. Tante sfumature, amabili incontri di pensieri tra pensieri, sensazioni che invitavano altri sentimenti profondi, mai nascosti definitivamente, ad un matrimonio degno di attenzione. Atena, che mai sarebbe andata via fin quando l'Adepto non fosse riuscito nel suo intento, ancora attendeva, ma sul suo diafano volto un sorriso già tingeva di rosso quelle labbra increspate da una pazienza infinita, tratto dominante nella sua stessa natura. Poggiò l'Egida nell'esatto momento in cui le fu chiaro - assolutamente chiaro - che il Guardiano di Rowan Havilliard fosse pronto a plasmarsi in un'autentica forma. Cosa avrebbe potuto il suo Orrido Scudo, emblema di Medusa, contro la potenza dell'amore, della felicità, delle memorie piacevoli? La nebbia si disciolse e i filamenti divennero compatti, più concreti di quanto non fossero stati per davvero fino ad un attimo prima. Si avvicinarono e allontanarono in una danza la cui origine era data dalla punta della bacchetta magica dell'Incantatore, fin quando fu del tutto evidente una coda, poi un corpo, infine un capo leggermente schiacciato in avanti, il muso sempre più simile ad un becco. Era un volatile, i Cieli avrebbero protetto per sempre quel Mago sì interessante? La conclusione non era ancora arrivata, poiché altre ali si stagliarono nette nel bagliore argenteo, fin quando il cetaceo non giunse alla Luce dalla Luce. Atena sorrise, non avrebbe potuto fare altrimenti; ancora una volta, lo scontro e l'incontro con Poseidone, dio dei mari, diveniva collante perfetto per un'altra persona, un'altra anima, quella di Rowan. Non solo il cielo, ma anche l'oceano avrebbe rappresentato la sua protezione migliore. Un salto verso l'alto, un tuffo verso il basso: un'onda che mai si increspava, che sempre avrebbe rappresentato un confine che Rowan, rispetto ad altri, avrebbe saputo e potuto varcare senza ferirsi. Lui che si sentiva fallato avrebbe dunque potuto sentirsi rinato. Il Delfino brillò intensamente, solleticando le mani del Mago, il rostro - quel muso sì lucido e divertente - a carezzare il petto di colui che l'aveva chiamato e richiamato, rendendolo un simbolo strettamente personale più di quanto creduto. Un movimento della coda nell'aria sì chiara e il Patronus sparì in un ultimo forte bagliore, certo da quel momento di ritrovare sempre la strada dal cuore di Rowan.
Ottimo lavoro, bravo. Incantesimo appreso, puoi aggiungerlo in scheda.