Grand Canyon, Concorso a Tema: Gennaio

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view post Posted on 28/1/2017, 21:10
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Doveva sfogarsi, placare quel guazzabuglio di pensieri che lo stava lentamente logorando.
Senza perdere tempo, salì in cima alla torre di Divinazione ed entrò in una delle poche aule vuote presenti sul piano.
Sapeva che il modo migliore in cui potesse sfogarsi era scrivere, di getto, ma sapeva anche che non poteva tenere per se quei fogli dopo averli scritti.
Dopotutto lui era Daddy Toobl, il ragazzo superficiale di Hogwarts, quello poco incline all’avere pensieri profondi e questa sua immagine doveva rimanere immutata fino alla fine dei suoi giorni.
Non poteva di certo rischiare che i ragazzi del castello denotassero in lui un lato sensibile, un lato debole con il quale fosse più facile deriderlo e metterlo alla gogna.
Si poggiò su un banchetto, armato di piuma e calamaio, quindi iniziò.
Sapeva già il titolo del suo sfogo, così come quello che doveva scrivere. Sarebbe uscito tutto da lui implacabile, senza sosta, semplicemente inafferrabile.




Grand Canyon.


Mi sento vuoto, ma ho uno scopo.
Solo questo mi permette di spingermi oltre le mie possibilità, di impegnarmi in maniera spossante in quello che faccio.
Sono sempre io, sempre il solito ragazzo spensierato, ma sento un vuoto dentro di me.
Cos’è questo dannato buco allo stomaco? Cos’è che mi sta rendendo così malinconico?
I traguardi che ho raggiunto quest’anno sono molti, tutti importanti, ma non mi interessano né mi bastano.
Sento che l’essere un’autorità all’interno del castello, il centro di attenzione per i studenti della mia casata mi gratifica, ma non mi soddisfa.
Per quale motivo non riesco ad accettare quello che ho e quello che ho ottenuto in questi anni?
Il traguardo è importante, ma non quanto credessi.
Voglio conoscere di più, sapere più lingue, aprire i miei orizzonti. Voglio sentirmi dannatamente in pace con me stesso e conoscere l’amore di ogni singolo gesto. Voglio assaporare i momenti, sentire il vero sapore del cibo, così come voglio sapere ogni storia del mondo. Voglio imparare incantesimi potenti e diventare una persona importante, ma anche stare sulla spiaggia e tastare i granelli di sabbia attorno a me mentre il sapore di salsedine mi solletica le narici.
Voglio e vorrò, sempre e per sempre.
E’ per caso una maledizione questa? Un dannato problema che ha la mia testa e che solamente io non riesco ad eliminare?
Ho un interesse più vasto di queste mura, di questo castello fatto di regole e compiti. Ho un sentimento roboante dentro di me, che mi spinge a guardare ogni piatto che si pone davanti a me con un occhio più critico e meno incline ad accontentarsi solamente del dessert.
Certe volte, quando sono solo, mi domando: E’ questo quello che voglio? Ho raggiungo i miei scopi? Tutto ciò mi basta? E la risposta è sempre no.
Sono soddisfatto di me, di quello che ho fatto, ma voglio di più. Anche se i miei successi li ho ottenuti, afferrati con la forza e la grinta che mi contraddistingue, sento che devo accaparrare tutto quello che mi si pone oltre la punta del naso.
Devo sentirmi vivo. Voglio sentirmi vivo. E’ questo lo scopo della mia vita.
Voglio dannatamente scavare all’interno di ciò che mi circonda per capire se posso avere di più, voglio rendermi la vita difficile per sentire l’adrenalina circolare nel mio sangue e inebriare di gioia il mio cervello.
La routine mi vincola spesso a pensare ad argomenti sciocchi, inutili.
Spesso sento di viaggiare con il pensiero su dei binari fin troppo stretti e vincolanti che non fanno per me e che mi porteranno ad una destinazione fin troppo scontata.
Mi capita di sentire queste mura opprimenti, di sentire mancanza d’aria per non avere la possibilità di far saltare in aria i schemi e fare ciò che mi gratifica.
Che con queste domande sia diventato una persona profonda? Che sia diventato un povero insoddisfatto della vita? Non credo.
Credo che questo sia il mio modo di far capire a me stesso che ogni giorno voglio sempre di più, di sottolineare come voglio azzannare la vita e renderla vincolata a me e non viceversa.
Ho una bacchetta, ma in questo caso non so come utilizzarla. Posso eseguirci svariati incantesimi, fare mille trasfigurazioni, ma non mi darà mai quello che voglio perché quello che voglio può venire solo e solamente da me.
Sono come l’acqua che scava nella roccia. Continuò ad andare costantemente nelle più remote profondità di questo mondo, ma non ho ancora raggiunto la vera essenza.
Sto erodendo ciò che mi circonda, assimilando ogni singolo dettaglio, colore e momento vicino a me, ma non ho quello che voglio.
Ogni volta che penso alla mia vita in termini generali mi sento morire dentro. Vorrei gridare, scappare dal mio corpo per trovare quello che veramente mi potrebbe appagare definitivamente.
Respiro lento, mentre scrivo tutto ciò d’un fiato. Respiro lento, perché sento che in questo modo sto assimilando ogni singola particella di ossigeno e di profumo che mi circonda.
Odio essere così analitico e cazzone allo stesso tempo. Odio di voler disperatamente raggiungere una cima che è fin troppo elevata e che nessuno ha mai pensato di raggiungere.
Sono una persona troppo ambiziosa, me ne rendo conto. Potrei essere più calmo, razionale, ma allo stesso tempo sento che facendo così perderei tutto ciò che di dolce c’è nella mia inutile esistenza.
Come potrei vivere senza provare ad ottenere quello che voglio realmente? Come potrei vivere senza eliminare i desideri più reconditi del mio cervello?
Io amo vivere di istinti, sentire il bruciore della pelle per un incantesimo avversario, ascoltare il manico di scopa vibrare quando lo spingo al limite.
Spesso mi chiedo se quando sarò vecchio avrò ancora questi pensieri, se sarò felice e soddisfatto di come ho vissuto la vita. Sono dannatamente consapevole che non arriverò alla cima del mio obiettivo, ma spero di guardare dall’alto e vedere molta roccia erosa attorno a me.
Spero fottutamente che tutto l’impegno, la passione che metto in quello che faccio mi permetterà di guardare il Grand Canyon e rimanerne estasiato, in silenzio.
Voglio la conoscenza nelle vene, il sapere negli occhi.
Voglio che almeno al traguardo ci sia arrivato vicino, pur non essendomici mai lontanamente avvicinato.


Fine.
Respirò a pieni polmoni, consapevole di aver trasferito il peso dei suoi pensieri sulla pergamena.
Senza perdere tempo, aprì la porta dell’aula e salì gli ultimi gradini che lo separavano dalla terrazza che si affacciava su tutta Hogwarts per rimanere ad osservare il tramonto dai colori freddi.
Aveva concluso il suo sfogo, ora doveva lasciarlo andare, come le parole d’altronde.
La mano contenente il foglio si spinse oltre la staccionata lasciando volare il tutto verso la foresta.
La profondità della sua persona non si sarebbe mai rivelata, dopotutto non era il caso di scomodare qualcuno per le sue paure.

 
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