~ Il bianco è l'essenza di cui il nero è l'assenza;

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view post Posted on 9/1/2017, 15:34     +1   +1   -1
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entropia.

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Síður Anda





Iniziare a scrivere la pagina di un diario è la cosa più bizzarra che mi sia capitata di fare da quando è iniziata questa mia nuova vita. Ed è già sufficientemente strano adattarsi dal non avere nulla, nemmeno ciò di cui si ha bisogno per sopravvivere, ad avere molto di più di quanto è necessario. A volte, non so nemmeno che farmene di tutte le cianfrusaglie di cui gli altri si riempiono la vita senza averne mai abbastanza: i vestiti, ad esempio. Perché la gente prova questo incontrollabile bisogno di averne un'infinità di tipi tanto diversi? E perché, a un certo punto, smettono di indossare un capo che è ancora perfettamente intatto? Grimilde ha bofonchiato qualcosa sull'espressione della personalità attraverso l'abbigliamento, ma, parlandone a tu per tu con te - strano spirito che infesta questo diario e sembra disposto ad ascoltare le mie paturnie, cosa di cui ti ringrazio a proposito! -, posso ammettere di non aver capito un accidente di quello che significa. Per me, i vestiti servono a coprirsi dal freddo e ad evitare di mostrare il proprio corpo a tutti.

Ad ogni modo, caro diario e spirito annesso, siete il regalo più bizzarro e insieme interessante che abbia ricevuto questo Natale. Per una qualche ragione, siete deputati a conoscere i miei segreti più intimi e vi distinguete per questa strana proprietà da qualsiasi altro quaderno. E' strano che a donarmelo sia stato un mezzo estraneo, non trovate? E' merito dell'amico di Grimilde - a proposito, lei pensa ancora che io sia così stupida da non aver capito cosa succeda tra loro - se mi trovo qui, tra le colonne del cortile esterno di Hogwarts, a scribacchiare come una matta nel freddo pungente di Gennaio. Non avete idea di quanto io sia lieta che nessuno possa leggerlo, questo scritto, perché sarà pieno zeppo di errori grammaticali dettati dalla foga, ma va bene così. Su un diario si scrive di getto, no?

Allora, penso sia opportuno parlare un po' di questi ultimi quattro mesi a Hogwarts. Sono stati pazzeschi!!! Non riesco ancora a credere che questa sia diventata la mia vita, quando fino a poco più di tre anni fa morivo di freddo e fame a Borgarbyggð. Non solo, ma ero pure considerata la pazza del villaggio, quella da evitare perché attorno a lei accadevano sempre cose strane. Oh, ero anche una cleptomane, una bugiarda, una strana creatura rifiutata dal mondo! Qui, invece, non solo sono ordinaria ma, potenzialmente, perfino straordinaria. Per carità, le lezioni sono estenuanti, il carico di compiti da spingerti a saltare giù dalla Torre di Astronomia e alcuni studenti una spina nel fianco, ma ognuno di questi aspetti poco piacevoli vale la pena di vivere in questa scuola. Non mi sono mai sentita a casa e in pace con me stessa come da quando mi sono trasferita nel castello. Tornare a Londra da Grimilde per le feste natalizie ha avuto un sapore così dolceamaro che sono riuscita a stento a mascherare la mia smania di tornare. C'è qualcosa di rassicurante in queste mura, qualcosa che rende questa vita veramente mia senza farmi sentire un ospite. Non che questo dipenda da Grimilde, è chiaro, ma le devo talmente tanto per ciò che ha fatto per me da sentirmi continuamente obbligata nei suoi confronti. E questa smania di farmi da madre... Se solo capisse quant'è doloroso per me toccare quel tasto! Se solo capisse che non dipende da lei e dal numero di sforzi che fa cambiare questo aspetto di me!

La verità è che il cambiamento mi spaventa. Quello personale ed emotivo, intendo. Quel giorno di tre anni fa, quando il dr... Lascia perdere! Si sta alzando un vento tremendo e, ad essere sincera, non sono ancora pronta a mettere per iscritto certe cose. Al momento, è meglio lasciarle dove stanno. Dalle mie parti, si diceva che a disturbare troppo il mostro della laguna si finisce per essere mangiati.

A presto,
Nieve


P.S. Ho deciso di rivolgermi a te/voi con il nome Síður Anda, che in islandese significa "spirito delle pagine". Così, per comodità.
 
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view post Posted on 11/3/2017, 14:00     +2   +1   -1
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E' scortese da parte mia ammettere di aver scordato la tua esistenza? Ebbene, se anche fosse, questa è la verità. Non avevo alcuna memoria di possedere un diario, finché non ho trovato Ania intenta a mangiucchiare un angolo della copertina e a scalciare come un piccolo coniglio inferocito sul dorso. Mi perdonerai, Síður Anda, per la mia scortesia? E mi perdonerai se non posso fare a meno di ridere e di sentirmi ridicola nel parlarti come se fossi qualcosa di senziente? E' tutto ancora così nuovo - tu sei ancora così nuovo - che la mia mente fa fatica a mettersi al passo coi tempi. Se ci penso, mi chiedo come mai mi risulti così ostico: da sempre, non ho desiderato che scoprire cose nuove, eppure, adesso che ne ho l'opportunità, mi trovo ad arrancare per mia esclusiva colpa. E', per farla breve, come se avessi deciso di trascinarmi dietro il peso della mia vita passata, sicché, per quanti passi avanti io possa compiere, il gravame legato alla caviglia mi ricorda costantemente, tramite dolori muscolari, che non sono ancora andata avanti. Non del tutto, almeno.

E' già Marzo, Síður Anda, sai? La neve si è sciolta, il freddo si è fatto meno spavaldo e la natura sta lentamente rinvenendo dallo stato di letargia che l'aveva presa con l'inoltrarsi dell'autunno. Hogwarts sembra un'anziana donna dai modi eleganti che, anziché stiracchiarsi dopo un periodo di così lunga immobilità, si limita a sbattere le palpebre e a farsi bella, ma senza avere fretta. E' un aspetto del castello che non avevo ancora visto: perde un po' di misticismo, certo, eppure rimane di una bellezza tutta sua. Mi è mancato nelle settimane che ho trascorso lontana da qui... Ah già, non te ne ho parlato! Perdonami per questa dimenticanza. Rimedierò seduta stante! Grimilde ha avuto la bontà di accondiscendere alla mia richiesta di tornare a Borgarbyggð e lì ho visto più chiaramente la direzione che ho preso dopo gli eventi di tre (quasi quattro) anni fa: sono un po' ammaccata, tutto qui, e lo sono di quelle ferite nella cui completa guarigione non puoi sperare. Dovrò portarmi dietro ciò che è stato, ciò che ho affrontato e sperare di capire cosa significhi per me. La verità è che, nonostante ami Hogwarts, continuo a sentirmi profondamente fuori posto e diciamo che le cose, dopo un primo miglioramento, sono precipitate ancora una volta. Gli incubi sono aumentati, forse esacerbati dallo stress scolastico, forse dalle ulteriori domande che ho cominciato a pormi.

Vorrei scoprire chi sono i miei genitori, Síður Anda, vorrei capire a chi appartengo. E' davvero così sbagliato come credo? Ogni volta che mi sfiora il pensiero di questi due sconosciuti, percepisco una fitta di senso di colpa stringermi lo stomaco e desisto immediatamente: sento di fare un torto a Ỳma e a Grimilde soltanto ad avere un desiderio simile. Che bisogno c'è di scavare nel passato, quando ho tutto ciò che ho sempre desiderato? Una casa, un'istruzione, un posto in cui sentirmi me stessa, degli amici, un gatto, vestiti caldi e cibo a volontà... Se solo ciascuna di queste cose bastasse a farmi sentire meno inconcludente, Síður Anda! Guardo lo specchio e vedo riflessa un'incognita, un esserino che si muove in tutte le direzioni senza prenderne una che la soddisfi. Come posso guardare al futuro, come posso sperare di muovere dei passi in avanti, se non so qual è il mio punto di partenza? Sarebbe come pretendere di castare un incantesimo solo pronunciandone la formula, senza conoscere i giusti accenti o i movimenti necessari ad eseguirlo. Il risultato sarebbe esattamente quello in cui mi trovo io al momento: un nulla di fatto. Forse, se mi sta tanto a cuore la questione, dovrei cominciare a muovermi per risolverla, ma il fatto è che non so a chi rivolgermi. L'unica persona su cui sento di poter contare è Grimilde, eppure non oso nemmeno pensare ad un colloquio con lei. Le spezzerei il cuore per l'ennesima volta e non potrei sopportarlo. Ma, allora, chi? Chi potrebbe aiutarmi a scoprire qualcosa di me? Come si possono trovare informazioni su una bambina abbandonata, nel bel mezzo di una tormenta di neve, sul ciglio della porta di casa di una vecchina? Non ho nulla della persona che mi ha abbandonata, se non la coperta in cui mi ha avvolta per proteggermi dal freddo. La guardo dal davanzale da cui sto scrivendo e vedo Ania rannicchiata su di essa; e so che non dovrei crogiolarmi nell'idea che quello sia stato un gesto di tenerezza nei miei confronti, ma non posso farne a meno. E' così logora, Síður Anda, che mi ricorda me stessa e come mi sento: logorata dal dubbio, dall'incertezza, dai ricordi terribili del mio passato. Sono una piagnona noiosa, me ne rendo conto, e mi dispiace di assillarti con le mie paturnie, ma scriverlo mi aiuta a non nascondere la testa sotto la sabbia.

Ti lascio sulla scia di un rumore di passi, Síður Anda. Una delle ragazze dev'essere di ritorno dalle lezione, perché sento le scale riecheggiare di un'andatura strascicata. Ti aggiornerò il prima possibile... Sì, sì, lo so che l'ho detto anche la scorsa volta, ma in questo caso prometto di mantenere la parola. Sento di averne bisogno, di avere bisogno di te e del tuo orecchio gentile.

Grazie,
Nieve

P.S. Ti lascio una foto di Ania, bellamente spaparanzata sul letto. Custodiscila con cura, perché lei mi è vicina al cuore.
 
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view post Posted on 23/7/2017, 10:39     +1   -1
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Le mie promesse valgono poco o nulla, non è così? Pare sia una costante della mia vita: m'impongo, batto i piedi e, un istante dopo, è tutto finito. In realtà, io non giuro mai, Síður Anda, non con l'intenzione di mantenere davvero i propositi ai quali tributo fantomatica devozione. Sono così intollerante a qualsiasi forma di imposizione che perfino le mie finiscono per spingermi all'insubordinazione. E' più corretto, dunque, dire che giuro al solo fine di spergiurare. Ha senso? Probabilmente sì. Più di quello che mi accingo a mettere per iscritto da qui in poi. Spero che almeno tu voglia perdonarmi per l'incostanza con cui ti cerco. Non credo di poterti dare di più...

Siamo al capolinea di un anno che non riesco a immaginare più disastroso di così. Ho rovinato tutto, come al solito, e non sono sicura di poter rimediare, ancora una volta. Ho perso una delle persone che avevo più care al castello, una delle persone più care che abbia mai avuto in assoluto a dire il vero. E per cosa, poi? A mano a mano che i giorni passano, le ragioni che, all'inizio, mi rendevano così risoluta nella mia decisione - orgogliosa e tronfia come non sono mai stata - perdono d'intensità e tutto quello che riesco a percepire è un'enorme, intollerabile voragine all'altezza del petto. Là dove stava (e sta ancora, evidentemente) tutto il mio affetto per Oliver, c'è un vuoto che non riesco a riempire, o a ignorare, neppure a giustificare. "Si è comportato in maniera meschina, ha esagerato, mi ha umiliata" continuo a ripetermi, mentre le immagini della torre di astronomia si succedono davanti ai miei occhi con la ripetitività di un film che comincio a odiare e mi rendo conto che, di quella sera, ricordo solo lui e il momento che ci ha separati. E lo penso, penso ancora che abbia sbagliato. Solo che, dopo i primi giorni di spavalderia e boria, quando il mio petto era così gonfio che avrei potuto urtare chiunque senza sentire dolore, una sensazione strisciante, fastidiosa si è insinuata dentro di me e non sono più riuscita a scrollarmela di dosso. Dove sono la rabbia e l'orgoglio, Síður Anda, quando incrocio Oliver per i corridoi o in Sala Comune e ho come l'impressione che il cuore voglia uscirmi fuori dal petto? Dov'è l'indignazione quando incappo nel suo sguardo e, nel distogliere il mio, una morsa mi prende lo stomaco fino a cancellare ogni traccia di appetito? Non mi sono mai sentita più strana, sciocca e sbagliata di così.

In certi momenti, quando il silenzio della sera cala sulla Sala Comune e l'insonnia mi costringe a cercare il divano davanti al camino, il giogo della mente sul cuore è talmente flebile che sento il bisogno di parlargli e azzardare il tentativo di chiarire la situazione, seduta stante. Mettere fine a questa stupida, dolorosa (per me) guerra fredda e lasciare che tutto torni come prima. E' sbagliato dire che mi manca più di quanto pensassi? Che la delusione non è riuscita nell'impresa di trasformare il mio affetto, mentre la lontananza è stata in grado di acuirlo, esasperarlo perfino? Mi guardo intorno, mentre le fiamme crepitano debolmente nel camino quasi spento, e mi rendo improvvisamente conto che è la sua assenza a turbarmi. Le mie giornate erano costellate di tante, piccole razioni di Oliver che, in passato, davo per scontate ma che, adesso, assumono un aspetto nuovo alla luce della mancanza. Ciò che era casuale e quasi scontato allora mi pare, adesso, prezioso ed insostituibile. Quando non riesco a dormire e penso ai nostri incontri notturni al sapore di silenzio - perché non era necessario parlare, fintanto che avessimo alleggerito con la reciproca presenza il peso delle ragioni da cui originava il tormento -, non posso fare a meno di alzare lo sguardo in direzione del dormitorio maschile. Oramai, ci diamo il cambio. Prima di azzardarmi a fare la mia discesa lungo le scale, getto sempre uno sguardo sulla Sala Comune per accertarmi che non ci sia già lui; e sono sicura che Oliver faccia lo stesso. A volte, non è neppure necessario che mi affacci. Dal silenzio della mia stanza, sento una serratura scattare nel bel mezzo della notte e tanto basta per sapere che si tratta di lui. Significa che, per quella sera, dovrò accontentarmi del davanzale della finestra, sperando che nessuna delle ragazze si svegli e interrompa l'effluvio dei miei pensieri.

Vorrei solo capire cos'è giusto fare, Síður Anda, e scoprire se esiste un modo per scardinare le insicurezze che mi spingono a indugiare. Se ogni cosa è perduta come razionalmente penso che sia, che strada intraprendere per andare avanti? E, se invece esistesse un rimedio alla situazione, di quale si tratta? Sarei disposta a La verità è che, per la prima volta da quando sono a Hogwarts, non penso di poter allineare la realtà ai miei voleri. Tutte le volte che mi decido a prendere il coraggio a due mani e parlargli, ricordo il modo in cui ci siamo guardati in Sala Comune, poco prima di andare a letto, e so, so con assoluta certezza di non potere nulla. E' tutto perduto, Síður Anda. E' andato tutto maledettamente in malora. Vorrei solo che non facesse così male...

Nieve
 
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view post Posted on 14/9/2018, 17:10     +2   +1   -1
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YOU ABUSE THE ONES WHO LOVE YOU



Sei inutile.

E come tutte le cose inutili finisce che vieni usato più di quelle che servirebbero davvero.
Sei oggettivamente il regalo più stupido che mi sia mai stato fatto.
Che me ne faccio di un quadernetto rilegato per scriverci i miei pensieri? E che se ne fa un quadernetto dei pensieri di una ragazzina più stupida di lui? Ti ho pure dato un nome… Dio! Non penso si possa essere più patetiche di così. Forse, dovrei prenderlo come un segnale: sapevo che, prima o poi, sarebbe finita in questo modo, quindi mi sono trovata un compagno stupido quanto me capace di darmi l’illusione di non essere maledettamente, irrinunciabilmente, dolorosamente sola.
Sei talmente inutile che non puoi nemmeno opporti. E devo dire che questo mi piace. Sono stanca delle obiezioni, dei consigli, delle giustificazioni senza senso, delle risposte apparentemente intelligenti, degli ordini… Cielo, gli ordini!

Grimilde pensava di potermene dare, di potermi comandare.
Mi mette sempre così a disagio quando fa così. Ho l’impressione che creda di possedermi, di poter vantare qualche diritto su di me e farlo valere come se fossi una sua proprietà. Mi ricorda costantemente che le devo essere grata per quello che ha fatto per me, e lo sono. Il solo pensiero di trovarmi ancora in quel villaggetto sperduto di bifolchi e ignoranti è sufficiente a tenermi sveglia la notte. Le sono grata per avermi presa con sé e portata in Inghilterra. Senza di lei, non avrei avuto Hogwarts, il lavoro da Safarà, i nonni, Ania, tutto quello che possiedo e mi rende una persona… Ma questa sensazione di doverle costantemente qualcosa, questo debito mi fa mancare l’aria!

Non sono sua.
Non le ho chiesto io di salvarmi.
Non le ho chiesto io di adottarmi.
Non posso riempire il vuoto del figlio che non ha mai avuto.
Non posso pagare il prezzo del tempo e delle occasioni che ha perduto
Non posso nemmeno lasciare che mi schiacci col peso delle sue aspettative.
Non sono come mi vorrebbe.
Non sono nemmeno lei.
Non sono nessuno.

Avresti dovuto vedere lo sguardo che mi ha lanciato quando l’ho sfidata a farmi del male, a strapparmi il piercing con la forza. Aspettavo che lo facesse, che trovasse il fegato di mettere in pratica le sue velate minacce. Volevo che lo facesse. Riuscivo a sentire l’anticipazione del dolore, la mortificazione che segue l’abuso, la paura che ti prende quando non hai la forza di reagire perché sai di essere più debole, la sensazione di estraniamento che ti fa credere di non essere una persona... In effetti, non lo sei, non in quel momento. Non sei assolutamente niente. Vuoi solo che finisca.
Invece, mi ha guardata come se fossi stata io a ferirla, come se non capisse, come se io le avessi fatto del male. Io, capisci? Ha abbassato lo sguardo e si è coperta il viso con la mano. L’ho sentita sospirare dalla distanza. Mentre la guardavo, mi sono detta "Sembra stanca, esausta". Lei, ovviamente. Poi, mi ha chiesto di andare via, di tornarmene in camera. Ma io ho preso la strada per la porta e sono uscita.
Mi sentivo soffocare.

Credi che sia possibile provare così tante emozioni insieme da sentirsi vuoti? Perché è così che mi sento tutto il tempo da quando sono tornata a casa.

Mi guardo allo specchio senza riconoscermi.
Mi stringo senza sentire alcun tocco.
Mi pizzico, ma non provo dolore.
Rido e non sono mai felice.
Taccio, mentre dentro di me tutto si muove e sbatte in preda al caos.
Io sono caotica.

Sono estranea a me stessa. Se m’incontrassi per le vie della città, non mi fermerei a salutarmi. Tirerei dritto e continuerei per la mia strada. La mia vita andrebbe avanti secondo lo stesso copione di sempre, ineluttabilmente.
Vuol dire che hanno ragione a evitarmi, a lasciarmi andare? Gli altri, dico. Tipo Astaroth.

Non voglio tornare a scuola, ma non voglio rimanere qui a casa. Non voglio nemmeno recuperare le mie origini e trovarmi una bella sistemazione in Islanda, se è questo che stai pensando. Non so cosa voglio esattamente. So solo che speravo che questo maledetto piercing mi desse qualcosa di duraturo: un senso di soddisfazione, di completezza; l’impressione di poter cambiare, di poter ricominciare; il coraggio che non ho. Mi ha dato solo la scusa per discutere con Grimilde ed essere guardata come fossi un mostro.
Lo sono?

Mi piace pensare di essere incompresa, sai? Sono gli altri a non capire come sono davvero, oltre la maschera. Che, a dirla tutta, è pure di una qualità da schifo! Non riesco a portarla nemmeno come si deve, mi stanca. Forse, mi dico ogni tanto, i miei momenti di stanchezza — quando la tolgo — non sono altro che un’occasione per lanciare un segnale. Voglio che gli altri mi vedano, che capiscano cosa c’è oltre la superficie e provino la curiosità di conoscermi, di farmi entrare nelle loro vite. Di entrare nella mia.
Ma quant’è egoista la pretesa di essere capita senza volermi spiegare?
Allora, lo faccio… Faccio lo sforzo di aprirmi, di dare un’opportunità agli altri, di levarmela quella cazzo di maschera che a tratti porto e a tratti metto sotto il braccio. E finisce come con Emma, o con…
Finisce male. Finisce sempre male.
Io finisco male.
A volte, finisco e basta.
E, poi, non la smetto mai.
Lo senti dibattersi, il caos che ho dentro?

Sono inutile.


YOU ABUSE THE ONES WHO WON'T



Edited by ~ Nieve Rigos - 13/1/2019, 15:23
 
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