This-order, Concorso a tema Aprile 2016

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view post Posted on 30/4/2016, 14:56
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all that is gold does not glitter, not all those who wander are lost

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Decumano Sud, La Contea 🍁

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Prologo

A noi immortali non piace essere presi sul serio, ci piace scherzare. La serietà, caro mio, è una nota del tempo: nasce, te lo voglio confidare, dal sopravvalutare il tempo. Anch'io una volta stimavo troppo il tempo e desideravo perciò di arrivare a cent'anni. Ma nell'eternità, vedi, il tempo non esiste; l'eternità è solo un attimo, quanto basta per uno scherzo.

- Herman Hesse


Capitolo Uno: L'Esca


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Eloise Lynch
Background

Dopo aver lanciato uno sguardo al corridoio ed essersi assicurata che la via fosse libera, la rossa socchiuse la porta. Le due figure entrarono in silenzio e relegarono il resto del mondo all’esterno con un leggero tonfo.

🔻



Era iniziato tutto qualche giorno prima. Tra uno scherzo e una risata, Eloise e Ophelia si erano intrufolate nell’Ufficio Vuoto del terzo piano. Non era la prima volta che mettevano piede lì dentro, anzi, ormai l’avevano battezzato il loro “Quartier Generale”. Ci progettavano malefatte, parlavano di quello che succedeva a scuola e, nei momenti particolarmente fortunati, si mettevano a fare i compiti.
Ma quella volta era andata diversamente.
Ad attirare la loro attenzione era stato un rumore di passi regolari proveniente dall’esterno. Era bastato uno sguardo d’intesa, e le due Tassorosso si erano avvicinate silenziosamente alla porta, brandendo in mano le loro bacchette. Un breve sussurro, un conto alla rovescia e un incantesimo detto a mezza voce erano stati sufficienti a coordinarsi. «Gambemolli!» avevano sussurrato, e la povera vittima fuori dalla porta si era accasciata per terra e aveva ripreso l'uso delle sue gambe solo alcuni momenti dopo. Appena ne era stata in grado, si era allontanata in fretta e furia.
In principio a Eloise era sembrato un caso fortuito, un simpatico aneddoto che avrebbe raccontato da lì alla fine dei tempi, ma Ophelia ci aveva visto qualcosa di più grande. Aveva iniziato a progettare di farlo ancora e l’aveva convinta a tornare. Tempo due giorni, ed era diventato il loro passatempo: in ogni istante libero, in ogni momento della giornata in cui avevano il permesso per stare fuori dalla Sala Comune, andavano appostarsi dietro alla porta e attaccare gli ignari passanti.
Il gioco si era presto evoluto. Erano partite dall’orecchio attaccato al legno della porta, erano passate al bicchiere sgraffignato in Sala Grande e infine si erano decise a comprare due paia di Orecchie Oblunghe, comodamente procurate da Eloise ai Tiri Vispi Weasley. Se da un lato l’evoluzione tecnologica era avanzata con tempi lunghi, lo stesso non si poteva dire per la narrazione che aveva iniziato a svilupparsi attorno al corridoio del terzo piano. Convinti del fatto che la porta di quell’ufficio vuoto fosse sigillata, i più ingenui non riuscivano a risalire alla fonte di quelle strambe fatture che parevano capitare a tutti quelli che passavano di lì.
Qualcuno suggeriva che Pix avesse imparato a diventare invisibile, altri dicevano che ci fosse un’infestazione di creature invisibili che attaccavano gli arti inferiori delle persone, ma i più parlavano di una maledizione che incombeva sul corridoio.
Le stesse Lovelace e Lynch cercavano di alimentare il fumo attorno a quella storia. Era solo la sera precedente quando, davanti al focolare in Sala Comune, avevano casualmente iniziato a confabulare sull’argomento, pronunciando qualche esclamazione ad alta voce, attraente come le briciole di pane per i fiabeschi Hansel e Gretel. Ed era sicuramente una coincidenza il trovarsi vicine a un gruppetto di primine che non aspettava altro che saperne di più.
La loro messinscena aveva funzionato. Piccole api attirate dal nettare, le giovani giallonere erano cadute nella loro trappola. Ophelia ed Eloise avevano convinto le primine di aver sentito Gazza chiedere consigli alla Bennet in merito alla questione. «È una faccenda assolutamente segreta» aveva sottolineato la rossa. Sembrava che nessun componente del corpo insegnanti fosse in grado di affrontarla, e che fosse necessario mantenere la massima segretezza per evitare che iniziasse ad esserci uno scontento tra i genitori degli alunni.
Erano rimaste lì, le Tassine, con i loro sguardi intelligenti e fiduciosi. Melody, Thalia, Myrthe e Aschling. Chiedevano dettagli, azzardavano ipotesi, ma ancora meglio: avevano creduto alla loro storia. Eloise le aveva guardate, e non aveva potuto fare a meno di provare un principio di senso di colpa per quello che stavano facendo: stavano mentendo spudoratamente, le stavano convincendo del falso, mentre queste gettavano la loro fiducia nelle loro braccia.
La Lynch non aveva mai avuto grandi remore a mettere gli altri in situazioni imbarazzanti, pericolose o divertenti. Non si era mai chiesta come avrebbero reagito, perché il suo metro si basava solo su se stessa. Ma davanti a quegli sguardi innocenti, davanti a quelle fanciulle poco più giovani di lei, aveva provato un sentimento nuovo: senso di protezione. E per fortuna se ne era accorta in tempo per scacciarla via e relegarla a una zona remota dell’area dedicata ai sentimenti.
È solo uno scherzo, si era detta. Questione chiusa, finita, caput. Qualsiasi sentimento di pietà era stato rimandato ad altre occasioni. Dopo tutto quel teatrino, non restava che dare la mazzata finale e attirarle nella tana del lupo.
«Questa questione è strana...» Aveva affermato sovrappensiero, con lo sguardo vacuo. «Mi viene quasi voglia di andare a dare una controllatina.»

🔻



Eloise e Ophelia stavano lì, acquattate, ad aspettare il passaggio di qualche ignara vittima. Avevano le Orecchie Oblunghe ficcate nelle loro orecchie e cercavano di cogliere qualsiasi movimento. La rossa sogghignava, pregustando il momento in cui sarebbe avvenuto: l’esca che avevano gettato avrebbe attecchito?
All’improvviso, un rumore di passi. La risposta era affermativa.

I accept chaos, I'm not sure whether it accepts me
Bob Dylan


Istruzioni per l'uso.
Le Orecchie Oblunghe sono state acquistate da Eloise ai Tiri Vispi (nel topic degli incassi potrete trovare la voce associata). Le persone coinvolte sono state avvertite e hanno approvato l'utilizzo dei loro pg. L'uso è sconsigliato in caso di gravidanza, tosse grassa e insufficienza renale.

 
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view post Posted on 30/4/2016, 15:54
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I am the mon[Ƨ]ter you created.

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Capitolo Due: La Trappola



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Ophelia A. Lovelace




Due mondi divisi da una semplice porta. In uno, vi è una ragazza del primo anno, assorta tra i suoi pensieri, scuola, amiche, famiglia, compiti, cose da fare. Si riusciva solo a sentire il suo passo tranquillo, scandito dal piccolo tacco delle scarpe dell’uniforme scolastica che echeggiava in quel corridoio solitario e antico. Poco distante da lei, dietro una semplice porta, c’è un altro mondo. Composto da due bizzarre tassine, accovacciate dietro una porta schiusa, in quella che doveva essere l’Ufficio Vuoto scoperto da Eloise tempo prima, poco lontano dalla bambina. Stavano commettendo uno scherzo già eseguito, conoscevano i tempi, le attese, il momento giusto e l’incanto da eseguire. Nessun intoppo dal punto di vista tecnico, ma qualche incertezza a livello emotivo: quel giorno avevano chiacchierato con alcune primine, nonché concasate, raccontando della “leggenda del corridoio del Terzo Piano” , istigandole alla curiosità, pompando un mito del tutto inesistente. E quando le bambine ci stavano davvero credendo, si sentirono un po’ colpevoli, e da una parte ci sperarono che quella sera fosse passata una di una casata diversa.
Invece si sbagliarono di grosso.
La rossa era appiccicata alla porta leggermente schiusa, concentrata sul suo paio di Orecchie Oblunghe per percepire ogni movimento, cambio di andatura, tipo di scarpe, tentando di ottenere qualsiasi tipo di informazione sulla prossima preda senza effettivamente vederla. Mentre la mora stavolta decise di ampliare la loro strategia, controllando dalla serratura della porta chi è la futura vittima della loro malefatta. Entrambe con le bacchette alla mano. La figura avanzava, si scorgeva man mano di più. Era piccola, dai capelli ramati. Oh, ce ne fossero state poche di primine dai capelli ramati, se non metà castello. I passi si fecero sempre più insistenti, man mano più precisi. La bambina teneva le mani nelle tasche della gonna, una delle due teneva quasi sicuramente la sua di bacchetta. Probabilmente non era proprio lì per caso, aveva perso una scommessa? Semplice curiosità? Un appuntamento proibito proprio lì? In quell’istante , tutte e tre stavano rischiando, avevano già superato il coprifuoco da un po’. Per non parlare di tutti gli scherzi precedenti, più l’eventuale possibilità di beccare prima o poi qualche Prefetto, o ancora peggio qualche Caposcuola! Non gliel’avrebbero fatta passare di certo liscia a quelle due.
La bambina era sempre più vicina, altri 10 passi ed era praticamente a tiro. I respiri dietro la porta quasi si fermarono dall’adrenalina in corpo e dall’attesa di gustarsi il momento fatidico. Quando la sua compagna era pronta a prepararsi con i ghigno disegnato sulle labbra, la Lovelace tentò di imitarla, quando tutti i suoi muscoli facciali si rilassarono di botto, la curva delle labbra si abbassò del tutto, il braccio teso tornò morbido verso il basso.
<< Memory…. >>
Bisbigliò colpevole.
L’aveva vista in qualche festa scolastica o ritrovo nella Sala Comune, era solo riuscita ad attirarla nella pantomima che avevano creato. Era andata così, anche lei una tassina come loro. Voleva divertirsi ma non...prendersi gioco di lei. Se fosse stata una persona qualunque, non ci sarebbe stato un legame visivo, non si sarebbero mai visti, tutte le persone in precedenza erano sconosciute ai loro occhi, potevano solo dire “un passo maschile” “un passo frettoloso di qualcuno in ritardo” “il passo di 3 ragazze” “qualcuno sta cercando qualcosa”, e nient’altro. Adesso no, era diverso, avrebbero rivisto quel visetto innocente con la consapevolezza di avercela portata loro. Colpevoli di, in caso di scoperta da qualche parte di un superiore, di beccarsi doppia punizione o doppia perdita di punti Casa.
*Ti prego fermati*
Si girò verso la Lynch e con veloci cenni di mano scelsero un incanto diverso dal solito. Alzò le due mani a pugno, appoggiandole sopra la testa, per poi stendere solo gli indici e curvarli verso l'interno: dovevano essere due corna, e da come li aveva mimati sembrava che collega avesse compreso bene.
Ophelia tornò di scatto all’occhiello della porta e notò che non solo Memory era ormai a zona di tiro, ma si stava veramente avvicinando troppo alla porta, rischiando di beccarle! Il tempo ormai era scaduto, e la tassina aveva fatto il passo più grande della gamba.
* Mi dispiace piccola… *
< Cornus >
Pronunciarono entrambe. La bambina, dallo stupore indietreggiò di scatto, mugulando qualcosa. Pensava di tornare di nuovo, dalla fonte di quello strano incanto. Qualche passo, poi si bloccò come di marmo. D’un tratto non c’era più spazio né per la curiosità né per i sensi di colpa, il silenzio era sovrano.
Memory indietreggiò, con la testa rivolta verso la fine del corridoio del terzo piano. Un paio di secondi con gli occhi fissi, successivamente si voltò, e iniziò a correre esattamente da dove era venuta, visibilmente spaventata e impacciata.
Un nuovo rumore di passi.
Chi sarebbe stato stavolta?

In the midst of chaos, there is also opportunity.
Sun-Tzu



Edited by Giuky93 - 30/4/2016, 22:05
 
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view post Posted on 30/4/2016, 20:48
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Sometimes I can feel my bones straining under the weight of all the lives I'm not living.

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Capitolo Tre: La Lezione



Niahndra Alistine
Background

«Maledizione del Terzo Piano?» Lo scetticismo nella sua voce era palese e anche se non fosse stato abbastanza il sopracciglio inarcato e il naso arricciato avrebbero fugato ogni dubbio.
«Ti dico di sì!» Insistette la compagna di corso con un certo impeto. «Ho sentito un gruppetto del secondo anno che ne parlava. I primini hanno il terrore di avventurarsi per quel piano.»
Ad onor del vero, Niahndra Alistine, in tutti gli anni passati ad Hogwarts ne aveva sentite tante di stramberie eppure nessuno aveva mai tirato fuori questa trovata della Maledizione del Terzo Piano; e anzi a dirla proprio tutta, le sembrava solamente un’altra di quelle sciocche scuse per bigiare le lezioni della Bennet, la cui aula si trovava proprio su quel piano.
In ogni caso a lei non era mai capitato niente di strano, non aveva mai neppure avuto troppi problemi con Pix dopo il tiro mancino che lei stessa gli aveva tirato, e dunque la questione finì ben presto nel dimenticatoio, sepolta sotto miliardi di altri pensieri.
Quando tuttavia aveva sorpreso un paio di primine di Grifondoro correre giù per le scale con le lacrime agli occhi perché un qualche misterioso essere aveva pensato bene di far crescere loro due bei dentoni da castoro, il Prefetto aveva capito che forse sarebbe stato meglio affrontare la situazione di petto. Con un colpo di bacchetta aveva ripristinato l’aspetto originario degli incisivi delle giovani, in seguito si era informata circa il luogo preciso in cui questa misteriosa entità si divertiva a seminare terrore.
Qualunque cosa fosse - prima di informare un Caposcuola o un insegnante - era necessario rendersi conto della portata del problema; non capitava di rado infatti che qualche fantasma burlone si svagasse a discapito di alcuni studenti, oppure che oggetti stregati si mettessero a perseguitare i più piccoli, Hogwarts era abbastanza famosa per questi piccoli incidenti che in un luogo in cui si sperimentava magia erano all’ordine del giorno. Eppure erano all’ordine del giorno, come in tutte le scuole - babbane e non - anche le bravate degli studenti, scherzi innocui o veri e propri episodi di singolare incoscienza e lei era in genere una che non perdonava. O quanto meno, era quello che le piaceva lasciar credere.
In ogni caso si era messa in testa di far luce sulla faccenda il prima possibile e dunque, poco dopo, eccola a salire le scale con aria risoluta; infilò la mano nella tasca della divisa ed estrasse la fedele bacchetta più per uno scopo difensivo che altro. Aveva da poco superato la porta dell’ufficio della professoressa Goodheart che una ragazzina le si fece incontro a gran velocità in un turbine di capelli color mogano e mantello svolazzante; ne scorse il volto solamente di sfuggita, ma le parve di riconoscere una giovane concasata sempre molto sulle sue ma che aveva imparato ad apprezzare, probabilmente non l’aveva salutata perché non l’aveva vista - suppose - dato che le era sempre sembrata una personcina molto corretta e l’unica spiegazione che seppe darsi fu quella che anche Memory, come già troppi ragazzi, era stata vittima della Maledizione.
*Vediamo di finirla qua.* Più facile a dirsi che a farsi perché mentre ancora era voltata verso la concasata, commettendo il più classico degli errori di distrazione, ecco che l’incanto traditore la colpì alle gambe. *Cosa diamine-* Incespicò. O almeno credette. In realtà non riuscì a comprendere perfettamente le dinamiche, sapeva solamente che di punto in bianco si era ritrovata distesa a pancia in giù, mani e braccia allargate, il mantello che le si era raggomitolato tutto intorno al corpo e - non sapeva come - le copriva pure il volto. Buio. Ma anche senza vedere, intimamente sapeva che quella posa di dignitoso aveva ben poco. Ringraziò l’aura di mistero che si era andata a creare intorno al terzo piano, perché questo significava meno pubblico per la sua figuraccia, eppure la cocente vergogna riuscì a farle peggiorare ulteriormente l’umore; per quanto potesse essere autoironica, Niahndra tendeva a non reggere bene figuracce simili, finiva sempre col sentirsi “estremamente consapevole” di tutto: di sé, del suo corpo, degli occhi puntati, delle risa, dei pensieri, qualunque cosa. Esagerava sempre e qualcosa le suggeriva che fosse colpa del suo ossessivo bisogno di avere sempre tutto sotto controllo, non poteva sopportare l’idea che le sfuggisse qualcosa o - peggio ancora - di mostrarsi incapace: non ci riusciva.
E così, come il più classico degli esseri umani, all’umiliazione sostituiva la rabbia.
«Provaci di nuovo e ti trasfiguro in uno spazzolone da bagno.» La voce era vibrante, controllata a stento; dopo aver inspirato a pieni polmoni ed essersi messa a sedere - senza muovere le gambe, il che era difficile, perché qualcuno aveva avuto la brillante idea di renderle gelatina - si puntò addosso la bacchetta. «Finite.» Secco. Si rimise lentamente in piedi recuperando un certo contegno. «Esci subito e sarò meno severa.» L’idea che si trattasse di un ragazzino, un marmocchio che appena se la fosse svignata sarebbe corso a dire a tutti i suoi amichetti di come avesse gabbato proprio il Prefetto Alistine, le faceva roboare il sangue nelle vene, eppure doveva giocarsi le sue carte e in quanto rappresentante di una carica scolastica non poteva spingersi troppo oltre.
Ma neanche poteva lasciar correre. Si guardò intorno per trovare il posto più strategico da cui il bricconcello avrebbe potuto castare l’incantesimo e le sopracciglia si corrugarono quando gli occhi le caddero sulla porta dell’ufficio chiuso: nessuno aveva usato il locale da anni e fioccavano le teorie su cosa si celasse all'interno. Lei aveva pensato banalmente a banchi e sedie nonostante alcuni sostenessero l'esistenza di botole e passaggi segreti, ora tuttavia si sentiva di scommettere tutto su uno scolaro dal destino molto, molto triste.
Era più cauta adesso, la bacchetta era pronta ad intercettare qualunque offesa; per precauzione si era comunque tolta dal campo visivo, la schiena aderente alla parete - per una volta ringraziava l'assenza di sporgenze sul suo petto - e così strisciò fino alla porta. Sempre senza farsi vedere allungò solamente il braccio armato per puntarlo contro il legno. *Vitreo.*
La superficie scomparve temporaneamente rivelando i visini trepidanti di due primine che conosceva bene. *Tu quoque, Brute...* Aveva ben presente il temperamento vispo di Ophelia ed Eloise, dal momento che condivideva con quelle due pesti la stanza del dormitorio e se da un lato la rincuorava che fossero state loro a sorprenderla distesa sul pavimento, dall'altra la consapevolezza che la avessero deliberatamente colpita la stizziva. *Ab alio exspectes, alteri quod feceris.* (Sì, quel giorno se la sentiva latineggiante, un po' di metagaaaaame!) Ma chi era lei per negare a due giovani il piacere del riso? La bacchetta venne puntata nuovamente, lì dove immaginava si trovassero ancora le due sventurate. *Rictusempra.*
Approfittò del diversivo per aprire con forza la porta ed entrare con un sorriso sardonico. «Vi divertite? Spero manterrete il sorriso anche per tutto il resto del tempo che passerete a pulire le scritte dai bagni delle signorine.» Com'è che aveva detto?
"Provaci di nuovo e ti trasfiguro in uno spazzolone da bagno." Poteva andare peggio, no?

Some people, they just don't get a joke.

 
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