| Quel suo minuscolo appartamento in affitto lo disgustava. Rob non era pretenzioso, una volta che aveva una branda improvvisata e un tetto era contento. L'unica cosa che non sopportava erano posti come quel maledetto buco rinchiuso tra due edifici babbani pieni di… babbani. Maledette scimmie mal evolute che avevano invaso Londra, erano come formiche su un gelato caduto dalle mani di un cucciolo di quei sottosviluppati umanoidi. Ciò che lo rendeva così poco cordiale, a parte la loro appartenenza a una razza inferiore, era il loro urlare tutto il giorno cose senza senso come: “La televisione sta per esplodere!”, oppure: “Mi hanno rubato l’mp3!” Così era uscito a farsi una passeggiata.
I negozi magici era meglio evitarli, non aveva abbastanza Galeoni, il che gli metteva addosso una sensazione strana. Era abituato ad averne sempre a disposizione ma si rifiutava di chiedere qualcosa ai genitori, se non il minimo indispensabile mentre cercava lavoro. Macchine, folla, autobus e taxi, tutti si muovevano freneticamente tra edifici sporcati dallo smog e strade coperte da quello schifo chiamato asfalto. La mascella si era serrata in un'espressione irritata e il passo si era fatto frettoloso ma pesante, come a sfogare a terra il malumore. C'era un posto dove avrebbe evitato tutto ciò: lo Zoo Nazionale. Dopo aver viaggiato tra riserve e zone dove le creature magiche potevano ancora vivere allo stato brado, il pensiero di doverle vedere in recinti, a dar spettacolo, non lo entusiasmava. Eppure era cresciuto tra allevatori e di cose simili ne aveva viste fin troppe, sebbene gli allevamenti avessero scopi diversi dal divertimento dei passanti. Se ricordava bene, in quel posto, le recinzioni erano trasparenti e gli spiazzi molto ampi, quindi gli animali era come se stessero nelle rispettive zone naturali. Non era molto convinto, e spesso si era domandato se qualche creatura non andasse a sfracellarsi il cranio contro una delle pareti invisibili. Qualcuno aveva affermato di sì e più di una volta, difficile dire se la voce fosse di uno zoo rivale, di qualche animalista ciarlatano o semplicemente vera.
Si era fermato per qualche istante a studiare la mappa all'ingresso. Era già stato in quel posto, anni prima, ma ormai aveva dimenticato quasi tutto. Doveva esserci, da qualche parte, una sezione con quelle creature incomprese come le Acromantule e le Chimere. Gli occhi si illuminarono leggermente quando la trovò nel disegno stilizzato. Considerando che, secondo lui, anche il Lord Oscuro era un eroe incompreso, non c'era da stupirsi nel vederlo puntare verso la zona numero tre con un umore via via migliore. Passo prima leggermente innervosito, man mano procedeva si era andato a calmare. Era tra maghi e creature magiche, il suo habitat per farla breve. Si stava guardando attorno, puntando le iridi nere ora su una creatura, ora su qualche ragazzino che gli tagliava la strada mentre correva da un posto all'altro. Indossava un mantello rosso scuro con alamari argento, contro ogni evenienza da instabile tempo londinese, le mani erano in tasca e la destra sfiorava la bacchetta senza farci caso. Essendo la stoffa rossa chiusa a metà petto, non si vedeva molto se non degli anfibi neri, allacciati stretti sopra la caviglia e parte di un paio di jeans strappati, tenuti non aderenti ma nemmeno troppo larghi. Sopra all’allacciatura degli alamari, si intravedeva una camicia non stiratissima, abbottonata fino al collo. Era verde smeraldo scuro e blu notte, a piccoli quadri scuri. Il caos e il chiacchericcio dei suoi simili non gli dava fastidio, non si innervosì nemmeno quando un bambino andò a schiantarsi contro la parte esterna della gamba sinistra, cadendo a terra sul sedere. Dopo qualche istante per ristabilizzare la postura, cercò di passare una mano al monello, con l'intenzione di chiedergli come stesse. Questo si voltò dalla parte opposta, verso un trafelato elfo domestico, rialzandosi velocemente per poi scappare. Il sorriso bonario che aveva riservato a quel piccoletto pestifero sparì, lasciando il posto a un'espressione perplessa nel vedere i due esseri in arrivo. Elfi. Cercavano i castelli o gli edifici di nobili e ben abbienti, non erano proprio innocenti da salvare, avevano i loro tornaconti, altrimenti potevano andare da famiglie più gentili ma meno ricche, eppure le loro condizioni gli davano un po’ da pensare. Le creature magiche e il loro benessere erano pur sempre parte dei suoi principi, inoltre era dell'idea che una persona poteva essere compresa anche da come trattava sottoposti e animali domestici. Anche se sembrava inutile tentare di farli vivere meglio, questo, secondo lui, non giustificava comportamenti troppo violenti e sadici. Non erano babbani alla fine. Dove c'era un elfo indaffarato, anzi due da quel che poteva notare, c'era il suo padrone e, in effetti, qualcuno sembrava imprecargli dietro, seguito da insulti di una voce umana e una animalesca. Non era suo interesse o diritto fare la ramanzina a maghi adulti; nemmeno poteva dar suggerimenti alla coppia elfica, avrebbero ascoltato solo i padroni. Così fece spallucce, proseguendo quel tanto che gli bastò per vedere una Jarvey. Rallentò sorridendo, mentre tendeva l'orecchio, quasi a studiare quanto era stata addomesticata. Era facile scoprirlo, bastava aspettare che aprissero bocca. Più erano osceni, meno il padrone era riuscito a domarli. In quel caso la padrona era una donna e la grossa furetta magica sembrava abbastanza contenuta.
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