Letters to Helen, Concorso a Tema: Marzo

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view post Posted on 30/3/2016, 16:28
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• Guferia, 1 pm •
Era una splendida mattina primaverile e nulla lasciava presagire il contrario: il Sole salutava qualsiasi ignoto passante dall'alto di un cielo frizzante, azzurro come non mai, senza neanche uno sprazzo di nuvola grigia a fare da contorno; la luce, libera dai lacci del buio e della notte, riverberava la sua potenza sull'intera Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, illuminando i vasti giardini, le cime elevate degli alberi secolari della Foresta Proibita e le stesse finestre dei vari piani dell'imponente castello. Anche in Guferia, nella lontana Torre di Divinazione, alcuni raggi ribelli erano riusciti a filtrare dall'arco di pietra antica che affacciava sulla natura spettacolare di quel giorno: diversi rapaci volteggiavano in tutta tranquillità a destra e sinistra, inclinando e aprendo le loro ali come se volessero abbracciare l'immane volta celeste; altri erano appisolati sui loro trespoli sporchi, chi intenzionato a sonnecchiare dopo una notte trascorsa alla ricerca di roditori da mangiucchiare, chi desideroso di scoprire cosa stesse combinando quel giovane studente venuto a disturbare la quiete della loro abitazione da ore e ore. In effetti, il fruscio delle piume che sfilavano con il soffio del placido vento dell'esterno si univa al suono quasi ritmico, preciso, scandito, proveniente dalla zona più lontana dell'ampia sala. Un ragazzo dai capelli ricci, scossi e di un intenso castano sembrava completamente assorto nel lavoro che stava svolgendo. Ad una rapida occhiata si sarebbe detto che fosse sul punto di scrivere una lettera, d'altronde quale altro motivo poteva spingere un alunno di Hogwarts a far visita di un luogo solitario come la Guferia? L'odore pungente, miscuglio di cacche, rifiuti e strane carcasse non identificate, aleggiava ovunque, si posava sulle pareti di tufo per poi avvolgere i pennuti incuriositi; per una persona come Oliver Brior, dedito al galateo fin dal primo vagito al seguito della sua nascita, non sembrava essere un luogo tanto interessante quanto opportuno: eppure, era noto ai più della sua fitta corrispondenza epistolare sia con membri della stessa Scuola sia con amici e parenti che vivevano da tutt'altra parte, in città o contee troppo lontane per poter essere raggiunte a piedi. Ma le risposte alla lettera di sua madre così come a quella di suo cugino Elijia erano state spedite poco prima con l'ausilio della candida civetta delle nevi di nome Lady, l'animale da compagnia che aveva attirato l'attenzione del Grifondoro fin dal primo istante in cui lui aveva messo piede nel Serraglio Stregato, a Diagon Alley; inoltre, era ormai l'una, tempo di pranzare, quindi i motivi della permanenza del Caposcuola in quell'anfratto senza ordine si riducevano notevolmente. Da vicino non pareva aver fretta di voler andare via, però; era seduto dietro una scrivania di legno, la classica postazione di chi preferiva scrivere poche righe a qualche familiare esattamente in Guferia, senza prepare una risposta in Sala Comune: una boccetta d'inchiostro, qualche piuma già ricaricata, un plico di pergamene e un album da disegno rappresentavano la descrizione di quel momento. Accanto, quasi allontanato in un angolo del mobilio, c'era un torsolo di mela addentata, segno che la fame si fosse presentata, ma senza estreme conseguenze: da "quando" il giovane Mago si fosse dato alla frutta, invece dei dolci, poi, era un mistero ancor più grande. Ciò che lasciava perplessi forse addirittura gli stessi Gufi nei paraggi, in effetti, poteva essere quella collezione in bella mostra di matite, pennelli e gessetti colorati. Che Oliver fosse appassionato delle arti era cosa conosciuta, che fosse impazzito e avesse deciso di mettersi a disegnare in Guferia ad un orario non tanto consono, ecco, quella era un'altra storia. La riflessione che il ragazzo aveva fatto quella mattina non era stata tanto complessa, ritenendo che verso pranzo quasi nessuno si recasse solitamente alla Torre di Divinazione e di conseguenza in quel locale: pausa, tranquillità e meravigliosa pace, questi erano gli ingredienti perfetti per dedicarsi all'opera del disegno. Pochi pastelli e tante matite dalle punte affusolate aiutavano il Caposcuola nel suo lavoro, anche se ormai non restavano che gli ultimi ritocchi da fare.

disegni

Nonostante sua madre gli avesse insegnato la maestria della pittura, il fascino delle tempere e le sottili differenze fra le sete di ogni pennello, Oliver era più propenso a concentrarsi sull'arte del disegno, soprattutto del ritratto. Se poi come soggetto delle sue raffigurazioni sceglieva Helen, la persona che più amava in tutta Hogwarts e non solo, il binomio si palesava con estrema perfezione. La matita scura tracciò gli ultimi contorni delle labbra sulla pergamena bianca posta come un panno sulla scrivania della Guferia. Il volto della studentessa era stato delineato con esattezza e rigorosità, ai lati si scorgevano diverse cancellature, segni di una ricerca paziente di quella che Oliver considerava vera e propria bellezza. La studentessa Tassorosso, chiodo fisso della sua mente e del suo cuore, aveva avuto un impatto talmente profondo su di sé da avergli mozzato il fiato al pari di un'ora di apnea nel fiume Lee, in Irlanda: certo, il collegamento con quel corso d'acqua di fronte la sua dimora natia nella Contea di Cork non aveva tanta logicità, ma Oliver adorava porre delle assonanze fra le cose che più attiravano la sua passione, fra le cose che più lo avevano entusiasmato. Il paesaggio irlandese si sposava con l'incanto dato dalla figura di Helen: la ragazza gli ricordava le Giunchiglie che crescevano, rigogliose, accanto le rive del fiume tanto familiare, poiché avevano la stessa musicalità, la stessa sinfonia in grado di urlare e calmare. Una Giunchiglia Strombazzante era definita tale soltanto per la sua capacità di stordire un nemico, quando si ritrovava ad essere strappata dal grembo materno della terra: era un attacco, un modo per proteggersi; a pensarci bene, Helen non aveva stordito anche lui, un Grifondoro ribelle in giacca e cravatta? Helen era... Si fermò, ponendo un ultimo segno con la punta di una matita sottile, riempiendo uno spazio vuoto intorno la pupilla della sua raffigurazione. Un attimo dopo, mentre la luce del sole continuava a splendere intorno, Oliver la seguì in maniera indisturbata, lasciandosi cullare da quel tepore senza eguali; intinse una piuma nella sua boccetta d'inchiostro, ricaricandola, quindi recuperò dal tavolo una pergamena libera, intatta, spostando i disegni di lato per farle spazio e stenderla dinnanzi a sé. Quindi, sulla scia dei suoi stessi ricordi, cominciò a scrivere.

piuma

«Mi trovo in Guferia, uno dei luoghi più belli, solari e tranquilli dell'intera Hogwarts. E credimi, vagante lettore, nessuno cercherebbe volentieri la pace, qui al castello, se non un Grifondoro come me che si trova perennemente alle prese con il pazzo Armando. Sì, proprio Dippet, quel Preside del passato che continua a disturbare perfino nel presente, allargando i suoi orizzonti e le sue sottili imprecazioni da una cornice preziosa sul camino della nostra Sala Comune. Digressioni a parte, dicevo di essere in Guferia, accerchiato da pennuti incuriositi, che di tanto in tanto lanciano occhiatacce infastidite verso la mia persona: forse non dovrei essere qui, forse dovrei essere in Sala Grande a rifocillarmi insieme ai miei concasati, chiedendo a Fred di passarmi una salsiccia e a Flaminia di aumentare la dose di patate al forno nel mio piatto; al contrario, ho mangiucchiato una mela verde rubata dalla tavolata stamattina a colazione, recandomi subito in questo posto non proprio profumato per disegnare la mia Helen, per parlare di lei, per esprimere su carta, nero su bianco, i miei sentimenti per lei. Cosa ha fatto questa ragazza sul mio cuore? Quale magia ha dalla sua, allora, per aver attirato ogni fibra del mio spirito? Mi sento un naufrago, sono letteralmente attratto da lei e non riesco a capacitarmene. Non che non sia corrisposto, anzi, ammetto con piacere di aver instaurato una profonda relazione con Helen, ma forse sono troppo stupido - mio zio Albert direbbe di coccio - per comprendere quanto stia accadendo. Se Elijia leggesse queste parole, non smetterebbe neanche un istante della sua vita di prendermi in giro, avrebbe dalla sua una lettera che sancirebbe una vendetta eterna nei miei confronti. Se la leggesse Helen, ecco, magari ne sarei contento o magari no, perché sarei troppo imbarazzato per parlarne ad alta voce. La scrittura non è il collegamento dell'anima alla realtà? Mi sembra che qualcuno lo abbia detto a lezione, forse il professor Peverell durante uno dei suoi sproloqui storici. Eppure, lettore immaginario, mentre disegnavo il profilo di questa ragazza impossibile, i miei pensieri si sono rivolti anche verso il fiume Lee, quello che al giorno d'oggi ritengo essere con certezza il luogo da me preferito in assoluto, in tutto il Mondo, perlomeno tra le zone visitate ad ora. Helen è come il fiume Lee: sa cantare, ha una voce melodiosa, spesso mi ricorda lo scroscio delle onde del corso d'acqua citato; Helen sa suonare uno strumento, ma non uno qualsiasi: è in grado di suonare un flauto dolce, non potrebbe essere il contrario; è frizzante, ecco, questo è l'aggettivo giusto, perché se dovessi descriverla con un sapore, direi menta piperita, quella che cresce proprio sulle rive del fiume Lee. Helen è bella da morire, su questo non ci piove: è incantevole, come se racchiudesse fuoco e ghiaccio in un'unica essenza. Gli occhi sembrano essere ambrati, hanno una sfumatura di azzurro che contrasta e si abbina, allo stesso tempo, con i capelli fiammeggianti: Helen è fuoco, mio lettore, ma è anche ghiaccio. Timida e riservata a volte, allegra ed entusiasta altre ancora: non c'è un confine da tracciare nella sua persona, perché Helen è talmente bella da poter essere tutto e tutti, senza fine, senza inizio. Sono follemente innamorato, non ho dubbi al riguardo, e per quanto sia un Grifondoro in toto, ammetto di non aver sempre avuto il coraggio di dichiararlo ai quattro venti. Vorrei che la Sala Comune dei Tassorosso fosse scossa dalla mia voce così da far sì che la stessa Helen sentisse quanto io sia innamorato di lei. E non mi stancherei mai di dirlo: sono innamorato di Helen McKay. Sarebbe bello, vero, poterlo gridare senza paura di essere giudicati, senza timore di risultare fuori luogo, senza nutrire l'idea di essere sbattuti in un reparto psichiatrico del San Mungo? Non sarebbe incredibile vedere la Bellezza di fronte a sé e poterla toccare, viverla, descriverla, presentarla anche agli altri? Ecco, lei è Helen, lei è la Bella di cui ti parlavo, o lettore: guardala, non è straordinaria? Desidero realizzare qualcosa del genere, nella speranza che i miei pensieri non siano segreti e misteri soltanto. Vorrei poter essere sentimentale senza freni o paletti che mi impongo da solo e che mi lascio imporre, per di più, dagli idioti di turno. Amo la bellezza, amo scorgerla in una canzone, in un disegno, in una persona amata, perfino in un sassolino che si infila nelle scarpe durante una lezione di Erbologia e l'altra: e allora? Perché non dirlo ad alta voce? Perché si ha paura. Di chi si ha paura, mi chiedo, senza trovare risposta. E forse non è strano scoprire che numerosi studenti, anche ad Hogwarts, abbiano un Diario personale: è forse l'oggetto che più popola i bauli di ciascuno di noi, perché è facile porre un'idea o una riflessione nero su carta, è troppo facile. Ma ad urlare, invece, quanto coraggio ci vuole? Vorrei prendere Helen per mano, condurla sulle rive del fiume Lee e farla girare tra le mie braccia. Gira, Miss McKay, gira veloce! Danza, Miss McKay, danza con grazia! Un vortice di fuoco, i capelli rossi come le fiamme scoppiettanti del camino più caldo della Sala Comune Grifondoro, e poi un sorriso ancora più scottante, talmente forte da bruciare divisa, maglietta, amuleti protettivi e la stessa pelle, giungendo fino al cuore. Quanto è bella, Helen, quando ride. In particolare, amo quando scoppia a ridere, perché è così onesta da pensare con certezza che il Bene esista, che l'Oscurità non nasca né potrà mai nascere. Helen è la luce, perché non potrebbe essere altrimenti. E anche l'inquietudine che cova nell'anima, quella patina di tristezza che riaffiora sul suo bel volto, è qualcosa che ho imparato ad apprezzare: silenzi, imbarazzi e preoccupazioni che si uniscono e si plasmano, tutto questo pure mi piace, perché è singolare, è unico, è parte di Helen. E' parte di me, ormai. Helen ha comprato un'Armonica Rallegrante, perché ama divertire prima di divertirsi. Helen lotta con me per gli Elfi Domestici, perché rivolge l'attenzione agli altri prima che a se stessa. Helen cesella la Bellezza nel suo spirito, perché risplende di innocenza, gioia e fiducia. Mi sono innamorato di lei, mio lettore, perché Helen non solo è incantevole, ma è viva come non mai. Helen è come il fiume Lee, perché disegna la Bellezza più grande che abbia mai visto. Non so come andrà a finire, non so che strada farà questa lettera: forse la straccerò, forse la getterò tra le fiamme del camino al ritorno in Sala Comune o forse renderò l'inchiostro invisibile con una simpatica formula. So di amare Helen McKay, però, perché sono perdutamente, follemente e inconsciamente innamorato della sua Bellezza.»

piuma

Un ultimo punto colò dalla piuma impugnata sulla pergamena fitta di parole. Oliver si ritrovò a trarre un profondo respiro, accorgendosi solo in quel momento di aver trattenuto il fiato per alcuni secondi. Fece scorrere lo sguardo sul foglio posto sulla scrivania, indeciso se rileggere il tutto o semplicemente lasciarlo andare. Ad eccezione di qualche cancellatura, la lettera si presentava con uno stile elegante, frutto di anni ed anni anche di studio di buona calligrafia. Ritenendosi soddisfatto, ma ancor più alleggerito da pensieri che cozzavano l'uno contro l'altro nella sua mente, Oliver attorcigliò la pergamena come se fosse un rotolo di carta, quindi la legò con un filo di corda che aveva portato in precedenza con sé e si alzò dalla sedia per poi stiracchiarsi, riprendendo controllo e circolazione delle sue gambe addormentate. Gli occhi erano accesi di una nuova luce, mentre abbandonava i disegni dietro di sé per avvicinarsi al davanzale dell'arco di pietra della Guferia, quella finestra aperta che affacciava direttamente sui rigogliosi giardini di Hogwarts. Senza pensarci più di una volta, allungò una mano in avanti, mentre dei versi striduli di alcuni rapaci lo sgridavano, come a suggerirgli di spedire la posta secondo la via ufficiale, quindi tramite uno di loro. Ma Oliver non aveva alcuna consegna da fare, Helen sapeva o avrebbe saputo. Mentre le dita della mano si aprivano lentamente, facendo scivolare la lettera sul soffio caldo di Zefiro, il ragazzo si ritrovò ad immaginare il suo ultimo disegno: Helen, la sua Helen, poggiata con eleganza a quella stessa balaustra di pietra antica, mentre con lo sguardo abbracciava la Bellezza che la circondava.

helen

















 
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