Ufficio di Tristan Von Kraus, Medimago

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Laughing Mantis
view post Posted on 23/7/2015, 15:41




Il giorno successivo ad aver ottenuto il posto come Medimago al San Mungo, grazie alla concessione di colei che si era definita il "sole" di quella struttura, Tristan si recò subito nella stanza indicatagli, preposta a diventare il suo ufficio personale.
Non era particolarmente eccitato, in quanto aveva sempre posseduto una stanza tutta per se, dunque non c'era aria di novità; arredare un ufficio gli era sempre piaciuto comunque, anzitutto perché stare in luoghi dove non vi erano segni distintivi della sua persona, non lo avrebbero fatto lavorare bene. Poi perché per quelle che erano le sue..."pratiche" private, necessitava di oggetti e spazio, secondo i suoi personalissimi criteri d'estetica e funzionalità.
Innanzitutto chi entrava lì doveva sentirsi a disagio: quella non era casa sua e dunque, essere trattato come un ospite già soltanto dall'impronta della stanza, era il primo passo per un ottimo arredo.
Grazie ai fondi economici della sua famiglia, poté cominciare dal pavimento scegliendo ovviamente il meglio: un parquet con legnami lavorati sapientemente per renderli più lucenti e distinguibili; frassino scuro, il più costoso che c'era.



Quello avrebbe reso l'ambiente più caldo, ma sicuramente più scuro. Secondo degli studi effettuati in prima persona da Tristan, la luce non era salubre ai fini di una buona conversazione o di una visita ad un corpo malato.
Al centro della stanza, come ornamento essenziale per evitare il fastidioso "toc toc" dei tacchi sul parquet, era stato posto un tappeto persiano d'importazione, grande 1/3 della stanza, che lasciava ben intravedere il resto del pavimento.



Perfettamente di fronte all'entrata della porta in legno di frassino scuro come il pavimento, un'enorme scaffalatura in legno, lavorato ed intarsiato a mano in Francia; ai due lati scaffali pieni di libri riguardanti l'anatomia umana ed animale; tomi di medicina e chirurgia, enciclopedie mediche e tutto ciò che potesse riguardare i metodi di cura del passato e del presente babbano e magico.
Al centro, in alto, il ritratto di Mungo Bonham, fondatore dell'ospedale dove Tristan si ritrovava finalmente ad..."operare" ed uno dei primi grandi guaritori nella storia magica.
Il ritratto era posizionato in una cornice molto importante in legno massello, con velli e decorazioni in oro massiccio; ai lati due candelabri in ottone con delle candele accese che mettevano in evidenza -nell'oscurità della stanza- il quadro inquietante che dava gli occhi proprio verso chi entrava.
Al di sotto, sul piano quasi del pavimento, un camino con cornice esterna in marmo color smeraldo, italiano ovviamente; l'interno in pietra scura, per non permettere una dispersione di calore.
Le pareti erano verde scuro, in abbinamento con lo stile dei legnami presenti nella stanza.

Ecco come appare indicativamente:


Tavole anatomiche disegnate da Tristan in persona erano appese alle pareti, in cornici altrettanto vistose ed importanti, tutt'intorno alla stanza:



Appena entrati sulla destra, vi era una finestra che dava su un esterno non meglio precisato, in quanto le enormi tende opache, chiuse, permettevano un minimo passaggio di luce.
Sulla sinistra invece, un lettino da ospedale, dover Tristan poteva dare un primo sguardo ai pazienti che si affidavano alle sue cure.



Le candele veleggiavano per la stanza, regalando una flebile luce su tutta l'area.
La scrivania, invece, posta davanti al caminetto era in stile barocco spagnolo, più chiaro rispetto all'ambiente circostante, ma sicuramente più elegante e di maggior risalto.



Di fianco alla scrivania (entrando e trovandosela di fronte, lo si può trovare sulla sinistra) vi è un mappamondo sorretto da Atlantide, artigianale e risalente al primo Novecento. All'interno, solo le migliori bottiglie di Ogden stravecchio.
Atlantide, punta verso la porta d'ingresso, con espressione tra il sofferente ed il rabbioso.



Edited by Laughing Mantis - 28/7/2015, 16:49
 
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view post Posted on 29/7/2015, 10:07
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Era una mattina di fine luglio quando Ekaterina, senza preavviso, varcò le soglie del san Mungo. Dopo nemmeno dieci passi un pensiero esplose nella sua testa * quando sarò sul punto di...* non voleva nemmeno ammettere la possibilità di morire, non ci aveva mai pensato. Era convinta sarebbe esistita per sempre, eternamente. *quando sarò sul punto di... Di morire * riprese* voglio essere lasciata in casa mia. Non ho intenzione di finire in questo sanatorio da campo *
Non voleva essere un insulto all'istituzione San Mungo, lei odiava ospedali, gli ospizi e compagnia cantante. L'aberrava anche solo l'idea di essere ospitata in una di quelle camere asettiche e essere attorniata da infermieri che le avrebbero addolcito la pillola dicendole che tutto sarebbe andato bene. La sua famiglia non si sarebbe presentata. Figurarsi, forse si sarebbero fatti vivi una volta solo per assicurarsi fosse messa male.
A questo punto, dopo una premessa così critica contro le aziende ospedaliere chiunque si sarebbe chiesto come mai Ekaterina Elena Obraztsova che, a detta di tutti, godeva, pur troppo, di ottima salute saliva la mesta scalinata del San Mungo, si presentava all'ingresso, veniva ammessa e condotta all'ufficio di Tristan von Kraus.
Un consulto medico? Una grave malattia misteriosa che avrebbe fatto gioire una serie di uomini e donne numerosissima?
La rigida, vecchia, elegantissima - vittoriana - Cariatide era in visita al nipote.
Prima di bussare si fermò ben bene a ricordare l'ultima volta che aveva visto Tristan. Era stata in Inghilterra 10 anni prima quindi il nipote doveva avere circa quindici anni all'epoca. Sperò si ricordasse tutte le formule con cui salutarla e parlarle, si ricordasse che odiava la maleducazione più del vaiolo di drago e che la ragione pendeva sempre da un braccio della bilancia: La sua. Tristan era sempre stato il pazzo tra i due cugini, Vagnard era più misurato, però, era anche quello che si lasciava più facilmente andare a impeti facili da scoprire. Tristan, invece,covava una sempiterna vena di follia che però era facile a vedersi, specialmente per una nonna. Perché una nonna sa. Guardò intensamente la porta in legno scuro, poi si specchiò nella lucida targhetta della porta che recava il nome di suo nipote, bussò tre volte e fece scattare la maniglia nel suo giro.


Buongiorno Nipote Tristan

Sentenziò.

Sei ancora ad oziare tra le tavole anatomiche oppure hai già avuto un paziente paziente?

Disse con tono più ironico di quanto volesse
 
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Laughing Mantis
view post Posted on 29/7/2015, 21:28




Quel giorno, scartoffie.
Ecco cosa stava firmando Tristan, leggermente chinato sulla scrivania, picchiettando leggermente con una piuma scura, senza essere troppo aggressivo sul foglio di pergamena, rigido e che spiccava per il suo color sabbia, all'interno dell'oscurità della stanza. Le poche candele che lentamente volteggiavano in aria, regalando a quello studio più un'aria da cimitero che da istituto, "illuminavano" la scena, aiutando il Von Kraus a non mettere firme dove non serviva.
Era ben attento, quel lavoro -come normale che fosse- richiedeva qualche modulo da inviare presso l'amministrazione del S. Mungo, Ephigenia non avrebbe mancato certamente di ricordargli quanto il suo posto lì dentro era fragile...se avesse cominciato a sgarrare dal primo momento, certo la sua carriera sarebbe stata breve.
Si sarebbe aspettato di tutto quel giorno, anche di dover cambiare il pannolino a qualche bimbo influenzato, ma mai della visita che di lì a momenti avrebbe fermato il tempo. Ed il suo cuore, per primo.
I tre tocchi alla porta ebbero appena il tempo di fargli alzare lo sguardo dalle scartoffie, e nel mentre si apprestava a pronunciare un'inizio di "Avan..." ecco che una sagoma faceva ingresso nel suo studio scuro. Le candele si fermarono, il fuoco di queste fu perfettamente dritto e le tende che ricevevano spiragli di vento dalla finestra socchiusa ed oscurata da un paio di veneziane in legno, si immobilizzarono, come se un'entità le avesse bloccate di colpo.
Gli occhi di Tristan erano fissi e non notarono quello che succedeva nella stanza, perché il cervello metabolizzò rapidamente chi fosse quella donna. Le gambe, come per istinto, lo fecero alzare dalla poltrona. La schiena, fece il resto, tendendosi meglio di un uomo col busto imprigionato.
Il gessato che indossava, grigio a righe bianche, parve improvvisamente stretto; la camicia violacea cominciò a stringere sul collo ed il nodo della cravatta verde (in puro abbinamento con i capelli) si strinse ulteriormente, tant'è che per un secondo a Tristan parve di soffocare.
Il sorriso schizzofrenico che contraddistingueva le labbra vermiglie, si spense a poco a poco, diventando una lama. Le sopracciglia si inarcarono leggermente e dalle corde vocali, oppresse da un nodo che non c'era, Tristan riuscì solo a dire:
-M...m...mia Signora...-
Era sorpreso. E si vedeva. E si sentiva.
Quella donna, sua nonna, era proprio di fronte a lui in quel momento ed il ragazzo era sicuro che non si trattasse di un'allucinazione dovuta a qualche fumo di pozione inspirato durante la preparazione di una di queste. Lei, la donna più rispettata e temuta della sua famiglia, era lì che sarcasticamente gli chiedeva se fosse ancora perso tra le sue tavole o avesse già ricevuto.."pazienti".
Lei sapeva. Sapeva tutto, Tristan riuscì a leggerglielo in una frazione di secondo in faccia.
Negli anni in cui non l'aveva vista, pur ritornando in Germania a casa sua, non aveva mai avuto modo di incontrarla; aveva udito storie su di lei...nulla che la sua famiglia gli avesse mai confermato, ma quello che si diceva, aveva fatto drizzare i capezzoli anche di Tristan, che non aveva remore ad inserire un dito nell'occhio di un essere umano ancora vivo.
Lei era lì, rigida, elegante, imponente, seppur non importante fisicamente...e nel buio, nell'oscurità, Tristan avvertiva la sua presenza addosso.
Un colpo di tosse voluto, cercò di ricomporsi, ma per quanto sforzasse i muscoli, essi non gli permisero di muoversi; così rimase impalato, fermo, dritto. Con un cenno della mano predispose una delle due poltrone poste di fronte alla scrivania, in modo da farla accomodare dove più ella gradisse.
Non riuscì ad emettere alcun fiato, i muscoli erano di pietra e l'improvviso bisogno di attaccarsi ad una bottiglia di ogden, il più vecchio che aveva, cominciò a farsi sentire tra le labbra, secche ed impastate, tutto d'un tratto.
 
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view post Posted on 29/7/2015, 22:28
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Gli occhi azzurri dovettero faticare un attimo a prendere abitudine del buio che contrastava con la luce estiva che regnava all'interno di tutto l'ospedale. Poi cominciò a cogliere dapprima forme, poi figure, infine, abituatasi, ebbe la visione completa. Suo nipote, in piedi e immobile come una statua, come piaceva a lei, che la osservava con quello sguardo meravigliosamente colmo di emozione... Sentiva forse un vago profumo di paura, forse?

Sono venuta a congratularmi, Nipote Tristan! Non ti avevo avvisato sarei stata a Londra per qualche tempo? Che sbadata! Comunque ho saputo che hai affrontato Ephigenia. Non ho mai avuto personalmente il piacere di conoscerla ma ne ho sentito parlare splendidamente!

Disse con disinvoltura che strideva con l'evidente stupore causato nel nipote. Dalla rigidità del suo corpo traspariva tutta la sorpresa, lo sbigottimento che quella inaspettata visita gli causava. Amava fare quest'effetto e si sentì, nel profondo, estremamente lusingata. Tanto che, con passo sicuro, si accomodò su una delle poltrone posizionate davanti alla scrivania.
Inizialmente non aveva intenzione di fermarsi a lungo, si ricredette. Osservò bene il giovane nipote. Capelli verdi. Cravatta verde su camicia viola e gessato. Suo nonno l'avrebbe menato pesantemente. E lei avrebbe finito l'opera. Si diceva, talvolta tra parenti e amici, che con alcuni semplici incantesimi fosse capace di strappare la pelle dalla schiena a lembi. Non si era mai vantata troppo e non aveva mai esagerato i propri meriti. I capelli verdi.
Lo sguardo della donna, una volta poggiata la borsetta in coccodrillo, tornò nuovamente lì.
Un braccio si fermò in grembo l'altro sul bracciolo della sedia. Le labbra si schiusero e ne uscì la fiele.


Tuo padre mi diceva che da piccolo avevi la mania del buio. Speravo te ne fossi liberato. Da l'idea di essere piuttosto malsano questo ufficio, gradirei avere luce solare, fosse possibile.

Poi aggiunse

È bello vederti, Tristan. Malgrado i capelli verdi. Tuo nonno è fortunato ad esser morto e non dover vederti così conciato.

Si guardò intorno notando la finezza dei particolari dell'ufficio. Le pareva di aver già visto alcune di quelle forniture in una delle ville Von Kraus, forse il mappamondo con Atlante, forse il tappeto che silenziava l'adorato rumore dei tacchi sul legno. Tutto, notava, estremamente costoso, tutto estremamente classico. Tristan poteva ritenere di avere il placet della Cariatide per l'arredamento dell'ufficio.
Sorrise secca nel guardarlo e nel constatare che quella vena di pazzia sottesa era diventata, col passare del tempo, un fiume che colmava e pervadeva l'animo del giovane tormentato.
Era diventato come suo nonno. Un meraviglioso pazzo invasato alla ricerca di chissà cosa. Avrebbe seguito la via di famiglia, probabilmente, andandosi a far ammazzare in un combattimento per il signore oscuro di turno, come suo nonno, più o meno.


Allora come ti trovi qui al San Mungo? Hai già avuto modo di dilettarti con qualche paziente? Ricordo che una volta mi dissero che era sparito qualche paesano dai dintorni della Villa, immagino fosse caduto in una delle gole montane. Dovrebbero fare attenzione a sparire, questi villani, chi ci manterrebbe la tenuta se si estinguessero?

Ora aveva terminato tutte le raccomandazioni che una nonna modello fa al suo nipote modello. In un capovolto sistema di valori malsani.
 
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Laughing Mantis
view post Posted on 31/7/2015, 14:03




Finalmente, dopo tanto tempo, sua nonna si presentava. Arguta, pungente e non in superfice. All'apparenza Tristan avrebbe potuto dire che quelli erano i tipici atteggiamenti di una donna anziana con le meningi non perfettamente funzionanti ed il vizio di parlare troppo.
Purtroppo in quel caso doveva contraddirsi. Sua nonna parlava con infinita coscienza e senso delle cose: qualunque cosa ella diceva, era perfettamente soppesata e detta per uno scopo o perché semplicemente le andava...la cosa ancora più stupefacente è che, ad ogni frase sembrava riportare qualcosa che si trovava fino ad un secondo prima solo nella testa di Tristan.
Cos'altro era, se una strega? E che strega, d'altronde. I suoi passati al Ministero Tedesco venivano ancora decantati in casa, al pari del suo essere schifosamente spregiudicata ed insensibile.
Il fiore all'occhiello delle nonne.
Era entrata nel suo studio e, prima, arrivata fino a Londra per complimentarsi con lui della promozione a Medimago e sopratutto, disse, di aver affrontato il "sole" (Tristan non riusciva a descriverla in altro modo, Ephigenia). La vide accomodarsi in una specie di posa solenne sulla poltrona dinnanzi alla scrivania e Tristan automaticamente fece lo stesso.
-Devo aver smarrito il Vostro gufo, mia Signora.-
Cominciò Tristan con espressione seriosa; la più grossa fatica la stava facendo dentro di se, rimanendo calmo e cercando di dimostrare professionalità e serietà, in netto contrasto col suo aspetto fisico d'altronde.
-E' una donna di tutto rispetto, devo ammettere. E' stata solo...una formalità.-
Rispose alla donna in riferimento ad Ephigenia. Se avesse potuto evitare il termine formalità, probabilmente se ne sarebbe uscito con "una tortura, una scocciatura" e ad altre parole che potevano ben descrivere i suoi stati d'animo al momento del colloquio.
Con la coda dell'occhio, nel buio e mentre tentava di rimettere a posto quanti più fogli di pergamena possibile, la vide intenta a squadrarlo, una cosa che odiava ma che in quel momento non poteva evidenziare. E sopratutto non con lei.
Subito dopo l'ennesima colata acida sulla sua mania del buio e sul suo ufficio. Tristan alzò la testa ed imitò qualcosa di simile ad un sorriso per una breve frazione di secondo:
-E' solo per mettere a proprio agio i miei clien...pazienti, mia Signora. Le apro subito la finestra.-
Un gesto rapido e le tende immobili si mossero ai lati dell'unica finestra presente nell'ufficio, le veneziane si ridussero in posizione orizzontale, lasciando entrare un'inaspettata luce chiara, simbolo di una buona giornata di mattino estivo; in conseguenza alla folata di vento che accompagnò il tutto, le candele si spensero violentemente, rimanendo tuttavia appese nel vuoto, immobili.
Odiava la luce. Sentiva già gli occhi infastiditi. E poi l'ennesimo commento sui suoi capelli, nonostante però ammise che fosse "bello" vederlo; beh anche per lui era una "gioia"...seppur da qualche tempo (e più...) a quella parte, amava avere al proprio cospetto solo persone che poteva aprire ed esplorare quanto voleva.
Ennesimo sorrisino sforzato e di circostanza.
Tristan non parlava, lasciava che fosse la donna a muovere le prime mosse, in modo da non farle credere che voleva sovrastarla con i suoi inutili pensieri. Sua nonna era come una bilancia rotta: pendeva solo da una parte. Ovviamente si, la sua. Essendo Tristan realmente sorpreso di vederla e nonostante tutto, fiero della sua famiglia, non si sarebbe comportato male, anche per paura di essere cruciato lì sul colpo...una nonna, quella nonna, sapeva bene come punire un nipote discolo.
Tossì, prima di rispondere alle sue ultime domande:
-E' poco che sono qui...al momento ho solo avuto il tempo di sistemare amministrativamente la mia posizione...ed il mio ufficio. La settimana entrante, sarò attivo a pieno regime, per l'ospedale...-
Si interruppe e non poté fare a meno di sorriderle realmente questa volta, all'accenno del paesano scomparso presso la loro tenuta. Come diamine era venuta a saperlo?
Concentrò lo sguardo su di lei, ignorando quell'orribile luce insalubre che illuminava la stanza scura:
-Ha servito scopi più nobili, rispetto al suo, di pulire il pavimento in casa. Ne sono sicuro.-
Sorrise ancora, un sorriso che lentamente si era allargato ed allo stesso modo, tornava a spegnersi.
-Quanto vi intratterrete? Posso esserVi utile in qualche modo?-
La nonna è per sempre la nonna.
 
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view post Posted on 1/8/2015, 08:39
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"Devo aver smarrito il Vostro gufo, mia Signora."
Disse il nipote. Ekaterina, in tutta risposta piegò vagamente il capo verso destra, fissò le iridi azzurre sul giovane e disse:

Probabile
Fu allora che il nipote aprì le ante della finestra e da esse sgorgò una luce frizzante che invase l'ufficio.
Finalmente ebbe modo di vederlo meglio e quindi, senza dar cenno di dispiacersene, scrutò attentamente il giovane nipote. Era tutto suo padre, lineamenti nobili compresi.

Sei sicuro sia per metterli a proprio agio ? Per quel poco che posso saperne di medicina, riterrei più il contrario!
Sorrise sibillina. Un po' persa nei ricordi di quando era stata chiamata per condurre un interrogatorio all'ultimo piano del palazzo del Ministero a Berlino.
Frances, l'accusata, era una sua carissima amica nonché una delle migliori spie britanniche che abbia avuto modo di conoscere. L'edifico ministeriale era poco più alto di tre piani sopra il livello del suolo e le segrete erano poste a dieci piani sotto. Aveva disposto affinché i prigionieri dovessero salire tutti i tredici piani a piedi fino alla sala degli interrogatori. Quello del ministero era definito, dai pochi dotati di umorismo, il palazzo più alto di Berlino. Perché dalle sue prigioni vedevi direttamente Nurmengard. Era un inverno freddo, gelido, lei indossava un caldo cappotto foderato di pelliccia di orso che le avevano regalato a San Pietroburgo, i prigionieri, invece, indossavano una casacca di panno. Quando arrivò nella stanza aprì le finestre e sentì il freddo pervadere la stanza ed attaccarsi alle mani ed al volto. Anche questo era per mettere a proprio agio i clienti, come, per lapsus, stava per pronunciare il nipote.

Mi ricordo, quando gestivo alcuni ... affari... nel ministero di Berlino ero solita tenere le finestre aperte, specialmente d'inverno, per costringere i miei interlocutori fin troppo abili nell'uso della parola fina ad essere un po' più spicci e rapidi.
Ascoltò i vari giri di parole che potevano essere tradotti in poche parole: "Nessun lavoro, solo scartoffie" e "dovevo fare qualche esperimento". Non era sicura fosse stato lui. Malgrado la propria assenza era sempre in contatto con gli elfi domestici delle sue varie proprietà che la tenevano aggiornata su tutti gli sviluppi e su quanto potevano sentire ed origliare di quanto detto dagli ospiti. I servi, sottovalutati largamente, potevano sentire tanto di quello che veniva detto e riferivano tutto alla vera padrona della casa. I suoi occhi e le sue orecchie in giro per le case. Li prestava, li affidava, faceva di tutto perché potessero sentire ogni cosa. Uno aveva scoperto la mancanza di un villano l'altro aveva sentito di Tristan. Uno più uno, solitamente fa due. E Tristan ne aveva dato solo la conferma. Rispose al suo sorriso con uno ancora più tagliente e silenzioso. "Un bel silenzio non fu mai scritto" diceva sempre sua zia Medeé.
Quanto mi tratterrò? Il necessario, direi. Ho appena trovato lavoro al Ministero della Magia. Penso mi troverò a mio agio. Puoi essermi utile? Lo scopriremo passo dopo passo
 
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Laughing Mantis
view post Posted on 6/8/2015, 20:55




Come aveva sospettato, Ekaterina non aveva alcuna intenzione di ritornare nella fredda madrepatria o nella Germania che l'aveva "adottata" per poi farla diventare una delle personalità più influenti di tutto il mondo magico.
Per di più la notizia che aveva appena trovato lavoro proprio al Ministero inglese, fu la conferma che la donna non aveva completamente abbandonato il suo desiderio di affermarsi -ancora una volta- su tutti e più. La sua famiglia era da sempre legata ad organizzazioni di magia oscura, ormai Tristan non aveva più sorpresa nel vedere Mangiamorte in casa sua che, fieri del loro essere, si riunivano parlando di convenevoli tutt'altro che "familiari". Da sempre era stato tentanto di seguire quella strada, sopratutto perché convinto che quella carriera fosse la più idonea le perpetuare i suoi studi anatomici, senza che vi fossero regole da seguire.
Ma non era la sede quella, ne il momento per pensarci.
-Beh, diciamo che il buio, seppur in maniera controllata, aiuta ad abbassare i ritmi corporei. Dunque chi vi si addentra, cade in una sorta di rilassatezza naturale...e sa, Mia Signora, nel mio lavoro è tutto.-
Lei sapeva a cosa si riferiva e non c'era bisogno che continuasse.
Quel piccolo aneddoto sulla sua vecchia carriera al Ministero lo catturò: era forse una di quelle storie che tutti nella sua famiglia mormoravano in silenzio, spaventati che un bisbiglio da Lei reputato falso, potesse costargli qualcosa? Probabilmente si, ed era quello il motivo per cui si limitò a sorridere di conseguenza, senza aggiungere nulla.
Due bicchieri in vetro si posarono sulla scrivania, uno dinanzi a Thristan ed uno dinanzi alla donna, a distanza formale, in modo che quando il liquido veniva versato e magari -erroneamente- schizzava, non andasse nemmeno ad avvicinarsi ad una cucitura di quell'abito tanto elegante quanto esoso e che avrebbe potuto irritarla più del dovuto.
Una bottiglia trasparente di cristallo, con un serpente forma di tappo, si posò lentamente di fianco al bicchiere di Thristan; per tutta risposta il Medimago si alzò e brandendo la bottiglia dal fondo, avvicinandola lentamente al bicchiere di sua nonna, ne versò una giusta quantità: un pollice in orizzontale, non in verticale. Lo stesse fece per se.
-Ogden stravecchio Mia Signora, mai utilizzato fin'ora. L'aveva conservato...per un'occasione speciale.-
Sorrise alla donna, impaziente di potersi stordire il dovuto da non soffrire eccessivamente la luce. Poi, sedutosi di nuovo al suo posto, sollevò leggermente il bicchiere, mantenendo gli occhi attenti sulla donna, con quel sorriso largo ed isterico che caratterizzava la sua espressione.
-Che i Vostri nuovi affari possano renderVi più di quelli passati.-
Attese a mano e braccio sufficientemente alti da non sembrare un saluto romano, ma nemmeno un brindisi banale e privo di entusiasmo. Sua nonna al Ministero poteva rappresentare un asso, nel qual caso avesse avuto problemi con...con il suo lavoro.
A quella notizia, mai il suo cuore aveva trasmesso così tanta gioia nel vedere la donna, come in quel momento.
 
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view post Posted on 9/8/2015, 19:39
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La pelle rugosa si tese in un sorriso poco rassicurante in risposta al medesimo gesto del giovane. Significava una sola cosa: si erano capiti, per la seconda volta, e non necessitavano di maggiori spiegazioni.
Ascoltò il brindisi d’augurio. Ricordò quello che aveva fatto nel 75 quando l’avevano mandata come ambasciatrice per una situazione molto complessa. “ Caro Leonid, possa questa assemblea essere terra fertile per una nuova grande pace” aveva detto “ possa, la firma di questi documenti, essere un momento ricordato nei secoli a venire” Leonid aveva bevuto, era caduto come morto, portato fuori città e torturato in modo da renderlo più loquace.

Grazie, nipote, ma ahimé, alla mia età, ho rigide diete da seguire ed un goccio di questo … nettare potrebbe mettere a rischio mesi di morigeratezze!
Trasse un respiro di simulata malinconia
Il mio medico è assai severo su queste cose e penso di temere lui più di quanto lui tema me, d’altronde ci conosciamo da anni, era mio collega al Ministero e si occupava dei dignitari in visita
* O meglio dei prigionieri poco chiacchieroni * avevano una gara aperta sul numero di tocchetti in cui riuscivano a ridurre le falangi dei prigionieri. Era un peccato che un prigionieri l’avesse ucciso a calci nel 1980. Era un buon medico e un meraviglioso carceriere.
La verità era che anche lì potevano aver inserito veleni, Tristan stesso poteva essere complice. Nessuno l’avrebbe catturata.
Sopravvivere a lungo nella sua posizione significava essere affetti da una paranoia di dimensioni bibliche, ogni passo fatto con apparente disattenzione era stato calcolato, studiato nella mente lucida e perversa della donna. Nulla che fosse eccessivamente rischioso era fatto, tutto era previsto in modo da disorientare l’avversario.
Raccolta dal pavimento la borsetta in coccodrillo ne estrasse il famoso portasigarette e il posacenere con le iniziali EvK.

Credi di poter permettere a tua nonna di fumare? I vizi delle vecchie signore son duri a morire, altrimenti temo che il mio desiderio potrebbe costringermi ad uscire. Sono i problemi che accompagnano uno sfizio che dura da sessantasei anni!
Era, non troppo lentamente, diventato un segno distintivo. L’odore del tabacco era piuttosto forte, forse anche cattivo, e si riconosceva a grandi distanza. Il suo ufficio a Berlino era una costante cappa irrespirabile e mefitica che spesso costringeva a tossire gli avventori. Si riconosceva, addirittura, un dossier che giungeva dal suo dipartimento perché olezzava di fumo. Nessuno aveva mai osato chiederle di spegnere la sigaretta, anche perché ai suoi tempi i medici erano i primi che incoraggiavano. “Dà più confidenza”, dicevano, non considerando tutti i rischi che comportava che ora erano ben elencati sui pacchetti che le arrivavano dall’Italia. Per fortuna, delle varie lingue che conosceva, l’italiano era quella che sapeva meno e dunque non si preoccupava di cosa portasse la consumazione di quelle diaboliche … cose.
 
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Laughing Mantis
view post Posted on 17/9/2015, 10:53




Allargando nuovamente il suo sorriso, Tristan posò delicatamente il bicchiere di cristallo alle labbra, sorseggiandone un po' lentamente, passandoselo in bocca e tutto giù. Sebbene avrebbe preferito bere tutto d'un sorso, sapeva quanto la donna avrebbe storto il naso e voleva evitare di apparire come un dedito all'alcol, davanti a quella donna.
Posò il bicchiere inclinando leggermente la testa di lato ed osservandola ancora davanti a se:
-Ha ragione. Che sciocco, avrei dovuto immaginarlo!-
Mea culpa, anche se non c'era nulla di cui scusarsi. Ma doveva, era quello il prezzo da "pagare" per l'averla lì davanti a lui e parlarle.
-Non permettendomi di mettere assolutamente in dubbio le doti del suo curatore, mia Signora, mi permetta quanto prima di dimostrarLe le mie doti. Ora che starà qui a Londra...per un po' di tempo ,avrà bisogno di qualcuno che si prenda cura della sua salute, qualora questa decida di prendersi un po' di riposo inopportuno. Mi tenga in considerazione, La prego, per me sarebbe un onore non da poco.-
Non voleva sapere nulla del suo amico medico: probabilmente dentro avrebbe cominciato a nascergli un certo senso di "invidia" o comunque una sorta di "voglia di essere comunque meglio". Tuttavia, bastava fare due più due per capire che non era un buon samaritano o un gentil'uomo pagato per apportare beneficio al prossimo.
Sorrise ancora affabile alzando leggermente la mano e muovendo contemporaneamente la testa in un cenno d'assenso, alla "richiesta" della donna di poter fumare. Certo, il fraintendimento poteva essere molto facile: non beveva il suo Ogden ma fumava? Quella donna dimostrava una scarsa fiducia per qualunque cosa non fosse presente nella sua vita da almeno quarant'anni ed era stata al contatto con la sua carne per altri trenta. Forse, ancora in quei giorni, non aveva fiducia dei suoi figli. E tuttavia, nonostante le sue "avventure" -presenti nelle storie o di fatto- lei era ancora viva. Anzi, probabilmente nel fiore degli anni, dato che l'esperienza e una certa dose di fascino giocavano a suo favore, nonostante tutto.
-Non permetterei mai ad una mia mancanza di farla uscire, mia Signora.-
Ancora un sorriso ed il bicchiere di cristallo che si alzava nuovamente a mettere un inesistente quanto scarsa protezione a suo favore da quella donna.
 
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8 replies since 23/7/2015, 15:41   444 views
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