| Alice Lastrange
Era pomeriggio inoltrato, ormai il buio era calato sul castello e Alice era seduta sul bordo della finestra del suo dormitorio, alle prese con un foglietto e una penna. Era stato un pomeriggio come molti altri, ma anche totalmente diverso, Alice era appena uscita dalla serra di Erbologia quando una figura colpì immediatamente la sua attenzione. Appoggiato ad un albero, poco distante dalla serra numero tre, c'era una ragazzo, forse il più bel ragazzo che Alice stessa avesse mai visto. Il suo ragazzo. Derek era così, non sai mai cosa puoi aspettarti da lui, quando poteva, cercava in tutti i modi di farle delle sorprese meravigliose, e vederlo le rese la giornata decisamente migliore. Alice però sapeva che se lui era li con lei in quel momento c'era una motivazione, sicuramente, come molte altre serate non si sarebbero potuti vedere. Purtroppo tra le lezioni e lo studio e i compiti da prefetto era difficile vedersi spesso, nonostante fossero entrambi della stessa casata, il tempo a loro disposizione era distribuito con il contagocce. Chiacchierando i due ragazzi si allontanarono lentamente dal via vai di studenti che aveva da poco terminato le lezioni, e, appena furono lontani da occhi estranei, si scambiarono un lungo abbraccio. Camminarono ancora e, come aveva pensato, anche quella sera avrebbe passato tutta la notte fuori, a causa dei turni da prefetto. Alice sapeva a cosa andava incontro, stare con un prefetto, e per giunta così bello, comportava sempre parecchi rischi. Ma Alice era così, fondamentalmente gelosa fino al midollo. Lei era di un parere: Derek era suo e nessuno doveva provare in nessun modo a sfiorarlo. Sopportava a stento quelle insulse bambinette di primo, asine giulive che si giravano ogni qual volta che intravedevano il prefetto Corvonero. Una aveva addirittura osato mandargli una lettera d'amore, una lettera d'amore al suo fidanzato, una cosa inaccettabile, tanto che la mattina dopo l'aveva raggiunta e le aveva trasformato tutte le sue cose in piccoli topolini, dicendole: « Su, va con i tuoi simili mia cara! E prova a scrivere un'altra lettera d'amore al mio ragazzo e i topolini saranno solo un dolce ricordo. » Era spietata, forse anche folle, possessiva, a volte addirittura criminale, ma quando la gelosia prendeva il sopravvento su Alice, ella perdeva tutto ciò che la caratterizzava, crollava tutta la sua gentilezza e la sua bontà d'animo, e al loro posto spuntava un mostro d'ira e di cattiveria. Nessuno, doveva portarle via ciò che era suo. Quella volta era stata davvero teatrale, ma per poco non stava per mettersi nei guai, guai da cui, fortunatamente, Jenifer l'aveva tirata subito fuori. Anche vedere Jenifer era diventato difficile, aveva mille e mille impegni e lo studio cominciava a pesare su tutti, lei compresa. Sapeva che la stava trascurando, ma non poteva fare altrimenti. Lei era l'unica di cui poteva fidarsi, l'unica che avrebbe potuta aiutare a difendere ciò che era suo. Doveva capire, non poteva lasciare che Derek se ne andasse libero per il castello, e se aveva del tempo libero doveva passarlo con lei. Ovviamente si fidava di Derek, ma non era facile vivere stretto contatto con tutte quelle ragazze. Era per questa ragione che ogni qual volta che Derek aveva un turno, Alice gli chiedeva: « E con chi saresti di turno stavolta? » Era una domanda più che legittima, infondo Jenifer non era di certo l'unico prefetto donna, ce n'erano altri suo malgrado. Ma Derek non riuscì nemmeno a dire il nome della sua concasata prefetta, che un enorme gufo reale planò lentamente sulle ginocchia della ragazza, che, stanca, aveva deciso di sedersi su un tronco mozzo ai bordi del lago. Sul volto della ragazza si aprì un sorriso infinito, aspettava quella lettera da molto tempo, immediatamente la aprì e mentalmente lesse ciò che vi era scritto:
*"Ciao piccola Alice, come promesso ti ho scritto appena uscita dalla mia ultima missione, so che che è durata tanto e mi dispiace averti fatto preoccupare. Io sto bene, tutto è andato come speravamo, e siamo riusciti nel nostro intento. Mi raccomando non dire a nessuno ciò che ti ho appena scritto, sai quanto sono importanti e segrete queste faccende, non posso scriverti altro. Fai riposare mr. Mikeal ha viaggiato molto, se vorrai risponderci usa un gufo di Hogwarts, sono sicura che ci troverà ugualmente. Con affetto mamma e papà."
Finalmente, mamma e papà sono al sicuro, che notizia meravigliosa* Era felice, Alice era tremendamente felice, ma non poteva far trasparire assolutamente nulla, era anche troppo che la informassero, per questo quando notò lo sguardo curioso del ragazzo affianco a se, subito si agitò e si alzò di scatto. Strinse forte la lettera al petto, quasi fosse un peluche, e dopo avergli rubato un bacio, corse in camera sua a distruggere la lettera, come le avevano ordinato mesi prima i suoi genitori.
Pezzi di carta ormai ridotta in cenere fluttuavano al di sopra del fuoco scoppiettante, i minuti passavano e Alice era ancora fissa sui suoi genitori. Jenifer era andata via da un pò e non poteva nemmeno chiederle un parere, lei era l'unica a cui aveva raccontato tutto. Ma adesso lei non c'era e Alice ritornò a fissare il foglietto troppo piccolo per far entrare tutto ciò che aveva voglia di scrivere, ma giusto per quello che era tenuta a dire. Scrisse velocemente due righe, sperava che fossero le giuste parole, poche ma buone. Le rilesse altre due volte e dopo averle rilette per l'ennesima volta, decise di arrotolare il foglietto e spedirlo immediatamente. Scese le scale a chiocciola del dormitorio, era vietato uscire di notte, ma il suo gufo non doveva essere notato da nessun altro; *E poi questi sono i vantaggi dell'avere una migliore amica e un fidanzato prefetto, no?* pensò tra se la Corvonero che silenziosamente saliva le scale che costeggiavano la sala Comune Corvonero. Gradino dopo gradino, salì le scale che conducevano alla vicina Guferia, e una volta raggiunto la stessa vi fu subito all'interno. Scelse il più anonimo gufo che era li, ma soprattutto quello dall'aria meno contrariata; lo chiamò a se e diligentemente esso si poggiò delicatamente sul suo braccio, che aveva posizionato a mo di trespolo. Strinse il bigliettino in un nodo e lo assicurò sulla zampa del docile pennuto, sussurrandogli: « Trova, i miei genitori, Alexandra e Andrew Lastrange, consegnali questo e al tuo ritorno avrai tutti i topolini che vorrai, ma se sono a lezione non far baccano o verremo tutti scoperti. Va ora!» Con un incentivo in più e uno spirito più carico, il gufo partì immediatamente e quando varcò l'immensa finestra Alice vi si avvicinò allo stesso modo.
Il silenzio regnava sovrano in quella notte, ma qualcosa non quadrava, c'erano delle voci in lontananza, sembravano quasi provenire dall'alto. Un pugno allo stomaco colpì la ragazza, che subito iniziò a sudare freddo, possibile che fosse davvero la voce di Derek quella che aveva appena udito? Ed era altrettanto possibile che fosse insieme ad una ragazza? No, Alice non poteva crederci, era spaesata, ma doveva assolutamente controllare. Subito uscì dalla Guferia e proseguì le scale che portavano fin sopra la torre di Divinazione, vide che la porta non era chiusa del tutto, e silenziosamente vi si avvicinò. *No, no non è possibile* pensò immediatamente Alice, quindi era questo che faceva mentre era di turno? Portava a spasso per il castello qualche ragazzina in cerca di morte? Il panico, l'agitazione, uno strano senso di adrenalina e energia che le portavano il cuore a battere all'impazzata. Tremava, aveva paura di scoprire cosa stava accadendo dietro quella porta, non riusciva a stare nemmeno in piedi, si appoggiò al muro e si mise le mani nei capelli mentre tentava di respirare lentamente, ma invano. Quando la ragazza parlo di nuovo, Alice non sapeva se esserne sollevata o spaesata. Non era una voce sconosciuta, ma al contrario decisamente ben nota alle orecchie della ragazza. *Cosa diavolo ci fa Jenifer li con lui?* pensò d'un tratto infuriata Alice. Sarebbe rimasta li, in ascolto, prima di qualsiasi azione avrebbe dovuto avere delle prove, o avrebbe perso una, se non due, delle persone che amava di più al mondo. Si diede uno slancio e si staccò da quel muro su cui sembrava essere incollata, e, ancora tremante, si avvicinò alla porta dalla quale adesso riusciva a riconoscere, e ad ascoltare, benissimo le due figure all'interno. Con lo sguardo mortificato e il cuore in attesa, Alice fu circondata da un alone di gelosia, attendere, osservare, ascoltare, e forse soffrire, era questo quello che Alice doveva fare.
Come geloso, io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero di esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l’altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri. (Roland Barthes)
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