Just a letter, Concorso a Tema: Giugno

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view post Posted on 25/6/2015, 12:48
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Oliver Brior

Just a letter





Era una mattina come tante quando Oliver Brior si svegliò di soprassalto da un incubo con i fiocchi. Da molto tempo non riusciva a prendere sonno né ad addormentarsi, ma quella notte gli era stato possibile perché nei giorni precedenti aveva chiesto aiuto alla nuova Infermiera di Hogwarts, Madama Bastet, la quale gli aveva dato una Pozione come rimedio, oltre che consigli su come risolvere quello strano problema. Il suo disturbo del sonno sembrava essersi volatilizzato nel nulla, lasciando che lo studente di Hogwarts fosse in grado di risposare tranquillamente. Eppure, con il ripristino delle funzioni oniriche erano tornati anche alcuni incubi che Oliver credeva sepolti nella sua Coscienza, nell'angolo più remoto e lontano di essa: sangue, stanze che diventavano sempre più strette, immagini di annegamento e così via avevano popolato i suoi pensieri, facendolo svegliare di soprassalto e con il cuore che batteva all'impazzata. Riacquistato il controllo di sé, il dodicenne era stato per ben mezz'ora nel suo letto, avvolto dalle coperte rosso ed oro della sua Casa di cui tanto andava fiero. Ben presto sarebbe tornato dai suoi genitori per le vacanze estive e cosa avrebbe ricordato di quell'anno scolastico? La bellezza di Hogwarts, dei suoi anfratti più reconditi e della magia che pullulava ovunque? Oppure solo delle lezioni, degli aridi libri che aveva letto, studiato ed imparato a memoria? O, ancora, delle persone conosciute in quel luogo incantato? Furono queste riflessioni a spingere Oliver ad alzarsi immediatamente dal letto. Voleva scrivere qualcosa che avrebbe avuto modo di ricordare una volta rientrato a Cork, nella sua terra natia, quindi quale miglior modo se non quello di spedire una lettera proprio ai suoi genitori? Al ritorno, avrebbe trovato le sue stesse parole ad attenderlo come un vecchio compagno. Certo, avrebbe potuto segnare tutto in un diario personale da custodire nel suo baule scuro, ma l'idea di avere qualcosa di Hogwarts ad aspettarlo nella sua umile abitazione lo rendeva stranamente felice. In più, era da circa una settimana che non scriveva ai suoi genitori, anzi si era perfino dimenticato di leggere l'ultima lettera ricevuta. Oliver approfittò di quella mattinata libera proprio per adempiere a questo compito: scorse le righe elaborate di sua madre e lesse il contenuto del messaggio, in cui gli si chiedeva semplicemente come andassero le cose a scuola e se ci fossero novità o altro.
"Queste sono le tue ultime settimane ad Hogwarts, tesoro, godile al meglio"
La frase conclusiva di sua madre gli aveva lasciato un groppo in gola. Era entusiasta di tornare a casa, anche perché avrebbe avuto modo di raccontare tantissime novità alla sua famiglia, ma il pensiero di non rivedere i suoi compagni di stanza, di malefatte o perfino di classe per tutti quei mesi faceva scendere il suo morale fin sotto le suole delle scarpe. Leggermente rattristato, Oliver si alzò dal letto e si vestì con un semplice paio di jeans, una t-shirt nera a maniche corte e un giacca a vento beige. Prese la bacchetta magica dal comodino, infilandola in una tasca laterale dei pantaloni, poi scovò in un cassetto del mobile citato per recuperare un plico di pergamene, la boccetta d'inchiostro e una piuma ricaricabile, già pronta per il suo uso classico. Con quei semplici oggetti, uscì dalla Sala Comune, dopo aver indossato anche un paio di scarpe rosse, quindi salutò la Signora Grassa a suon di parole cantate, come sempre, e corse fino alla Guferia. Non ci mise più di sette minuti, essendo la Torre Ovest praticamente sulla stessa linea d'aria di quella d'Astronomia, dov'era poco prima. Non appena ebbe messo piede in quello spazio ventilato ed aperto, uno stormo di uccelli strillò come per attirare l'attenzione dello studente. Oliver degnò loro solo di uno sguardo, poi scovò Lady, la sua candida civetta delle nevi, che gli si appollaiò su una spalla. Il ragazzo la accarezzò sulla testolina, quindi le diede una spinta per farla tornare in volo. Lui avrebbe dovuto scrivere una lettera, una semplice lettera carica di sentimenti. Si sedette proprio con le spalle contro il muro freddo e in pietra della Guferia, lontano dagli sguardi indiscreti dei pennuti attorno. A terra c'erano tante cacche di volatili, ma Oliver non ci badò, così come non considerò l'odore non troppo profumato del posto. Estrasse il materiale per la scrittura del suo messaggio e lo dispose davanti a sé, mentre incrociava le gambe come un indiano. Un attimo dopo, dispiegò la prima pergamena sulla superficie ruvida di quel pavimento sporco, trovando un buon punto per non sbagliare la forma delle parole. Del resto, ci teneva ad una calligrafia elegante, tipica delle lezioni di galateo apprese in passato. Intinse la piuma nel calamaio d'inchiostro scuro e iniziò a vergare il foglio con la prima frase, sinuosa nell'aspetto, personale nel suo senso.

Emmett Brior - Louise Brior
Cucina, tavolo centrale
35, Sullivan's Quay
River Lee, Contea di Corcaigh,
Irlanda




Aveva appena finito di scrivere l'indirizzo di casa, quando una farfalla solitaria, indisturbata e invisibile agli occhioni degli uccelli della Guferia, volteggiò esattamente ad un centimetro dalla sua mano destra. Oliver la guardò dispiegare le sue ali, quasi a voler dimostrare di essere pronta a leggere a sua volta le parole provenienti dal cuore del Grifondoro. Questi sorrise, lasciando fluire tutto il suo stato d'animo attraverso la lettera che cominciò ad elaborare.

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Cara Mamma, caro Babbo,
chiedo scusa per non aver dato mie notizie fino ad oggi. Purtroppo non ho avuto assolutamente un attimo di tempo, essendo stato impegnato con gli ultimi esami, le ultime lezioni e altri impegni di cui vi aggiornerò presto. Adesso sono più libero e ne approfitto per rispondervi. Nella vostra ultima lettera, se ricordate, mi avete scritto di godere al meglio la mia permanenza ad Hogwarts prima del rientro. Ormai manca poco, ben presto varcherò di nuovo la porta di casa, lasciando le mura di questo castello, almeno per quest'anno. Ne sono felice, perché così avrò modo di parlare con Elijia, Patrick e Robert, che non vedo da moltissimi mesi; potrò parlare con zio Albert di un libro di Astronomia che ho avuto occasione di leggere qui, avendolo ricevuto in prestito dalla professoressa di questa disciplina; potrò ridere mentre tu, Babbo, impazzirai per l'esercito di Gnomi e Fate Mordaci presenti in giardino... a proposito, durante una lezione di Pozioni ho preparato un Doxicida che sarà utile al nostro caso! Dicevo: potrò fare un sacco di cose e non vedo l'ora, credetemi; soprattutto, non vedo l'ora di abbracciare voi due (e anche di vedere zia Adeline dare di matto per il mio fisico che vede sempre sciupato, sebbene le cucine di Hogwarts saprebbero tener testa anche alle sue torte alla cannella). Farò questo ed altro ancora, mettendo una pietra sulla nostalgia che mi attanaglia. Eppure, il mio cuore non sembra dello stesso parere: mentre scrivo, penso anche all'altra faccia della medaglia. Non appena salirò sull'Espresso di Hogwarts che mi porterà a Londra, purtroppo avrò abbandonato il castello e tutti i miei amici: il viaggio di poche ore sarà l'ultima occasione per parlare e divertirmi con loro, per poi salutarci e darci appuntamento al prossimo anno scolastico. Questa cosa mi rende triste? Sì, moltissimo. Non fraintendetemi: adoro l'idea di rivedervi e di rientrare a casa, ma allo stesso tempo mi addolora lasciare un luogo così pieno di ricordi felici. Se penso al mio primo giorno ad Hogwarts, ecco, mi viene da ridere! Quanto sarò stato buffo in Sala Grande con il Cappello Parlante in testa, e quanto sono stato orgoglioso quando quello strano e vecchio oggetto magico mi smistò nella Casata dei Grifondoro! Come recita il motto? Grifondoro una volta, Grifondoro per sempre... anzi, no, scusate, questa è la versione breve di Ace, il nostro Prefetto nonché mio compagno di stanza. Il concetto è lo stesso: adoro essere parte integrante di questo gruppo; ho sempre lavorato sodo per ottenere risultati positivi e punti a non finire per la Coppa di fine anno: chissà chi vincerà, al momento siamo primi in classifica e spero che sia lo stesso anche alla conclusione della nostra consueta gara scolastica. Non per qualcosa, ma lo meritiamo. Un giorno Violé - un'altra ragazza della nostra Casata - mi chiese cosa volesse dire per me essere un Grifondoro. Non le seppi rispondere, Mamma. Ti rendi conto, Babbo? Tuo figlio, che ha la parlantina veloce, non fu in grado di dare una risposta ad un quesito così semplice. Ci sono tante, troppe cose da dire: essere Grifoni significa essere persone coraggiose, Cavalieri nobili dediti alla salvezze di fanciulle in pericolo, rinchiuse in Torri altissime custodite e controllate da feroci Draghi! Essere Grifondoro vuol dire sentirsi vivi, membri attivi di un mondo volto al Bene supremo... vuol dire essere amati e anche rispettati, potete capirmi. Per me è davvero un immenso orgoglio appartenere a questa Casata, anzi sono stato più che soddisfatto del verdetto del Cappello Parlante. Tra l'altro, sapete, quest'anno i Prefetti e la nostra Caposcuola hanno fatto sì che potessi festeggiare il mio dodicesimo compleanno in Sala Comune: Versus, una mia cara amica nonché concasata, ha portato tante Burrobirre - ma quel gusto spettacolare è dato dallo zenzero? Chissà, devo chiedere a zia Adeline - e abbiamo festeggiato insieme a suon di musica e con dolci di Mielandia. Ho ricevuto anche un sacco di regali, come vi scrissi tempo fa. Perfino Zoey, la Caposcuola, mi ha fatto gli auguri e mi ha offerto un acchiappasogni di fattura nativo-americana di un intenso color azzurro e cuoio: l'ho appeso alla testiera del letto e mi dispiacerà staccarlo per portarlo a casa. Mi dispiacerà salutare il mio dormitorio: la sera è sempre bello ritrovare i miei compagni di stanza e parlare con loro fino a tarda notte del più e del meno. Peter è arrivato da poco, ma è davvero simpatico, così come Fabio, un ragazzo di origini italiane che zio Albert adorerebbe per l'accento raffinato! E poi c'è Fred Zoungla, quello che ormai considero il mio migliore amico in tutto e per tutto. Sono tanto orgoglioso del nostro rapporto, perché è stato sincero fin dal primo momento. La mente sembra un vortice di pensieri quando ricordo tutte le avventure trascorse insieme quest'anno: l'acquisto di Puffole Pigmee e la scelta dei loro nomi; l'attacco al Molliccio durante una lezione di Difesa Contro le Arti Oscure; l'esplosione nell'aula di Pozioni di un calderone per via di un eccesso di Bava di Martinaccio; i momenti passati accanto il camino della Sala Comune, spesso fradici per la pioggia; l'allenamento di Quidditch e le selezioni per entrare in squadra - incrocio ancora le dita!; la ricerca delle cucine di Hogwarts con Helen e Mary, due ragazze Tassorosso troppo simpatiche o, ancora, il gioco a nascondino in giardino con Violet e Alice, due Corvonero davvero incredibili. Insomma, c'è così tanto da raccontare e c'è così tanto da vivere ancora qui al castello... il tempo si è ridotto a pochi mesi nel giro di un istante. Vorrei ritornare al giorno in cui presi la torta di compleanno da condividere con tutti i miei concasati, mentre accendevamo i fuochi d'artificio da stanza e mentre sentivo e vedevo i miei amici cantare "Tanti auguri, Oliver!" in coro. Sono così orgoglioso di loro, Babbo. Sono così felice di averli conosciuti! E i professori, poi? Per tutti i Lepricani della Fortuna, ci sarebbe da scrivere un romanzo intero, non una lettera. Ci sono insegnanti davvero pazzi, credetemi: alcuni assegnano pergamene di ben dieci pagine! Altri sono gentili, cordiali e tutti, davvero tutti, molto preparati. Ci sono discipline che mi fanno emozionare fin nel profondo: Pozioni, ad esempio, è un'arte straordinaria (Mamma, hai ragione, non serve la bacchetta magica, che cosa strana!) e poi Difesa, Incantesimi, perfino Storia della Magia mi ha conquistato. Il mio cuore, però, è rivolto alla professoressa di Astronomia, un corso che non vedo l'ora di seguire. Madama Argentea Hale è una signora che sprizza gioia e classe da tutti i pori: pensate, è Francese! Zia Adeline potrebbe venerarla, perché conosce il bon ton come tutti noi in famiglia. Mi ha prestato un libro straordinario e ho avuto modo di incontrarla in diverse occasioni, tutte piacevoli. Dice spesso di essere orgogliosa di me, Mamma. Orgogliosa di tuo figlio, ci pensi? Eppure non ho fatto nulla di noto, sono solo stato me stesso. Ricordo ancora una sua frase: "Mi fido di lei. Vada, signor Brior, e conquisti il mondo". Fiducia! Madama Hale ha fiducia in un semplice e banale studente del primo anno... per me significa molto, perché qualcun'altro crede in me, non soltanto voi. Credere nella mia persona, nelle mie capacità, nei miei progetti e in tutto il resto è davvero una cosa che mi rende orgoglioso, che mi fa esaltare. Non deluderò né Madama Hale né voi, posso assicurarlo. Farò vedere a Rose, quella stupida megera, che "il figlio dei contadini" possa avere successo nella vita, perché istruito al Bene e all'educazione. Forse risulterò ripetitivo, ma non importa: vi renderò orgogliosi dell'unico figlio che vi sia stato concesso. Ero alla Torre d'Astronomia con Karen, una ragazza Tassorosso a me molto cara, quando mi disse una frase che non dimenticherò mai: "Anche tu sembri una persona solare, simpatica ed intelligente. Il fatto che ti trovi quassù insieme a me dimostra la nostra affinità". Ecco, queste caratteristiche mi rendono Oliver Brior, studente Grifondoro, stimatore dell'amicizia e dei valori della vita: se ho fatto questa impressione, è merito vostro, solo vostro. Rose non avrà mai ragione: del resto, cosa ci si aspetta da una persona che ha trattato così male Dalis?* Meglio non pensarci, anzi mi scuso per questo tetro richiamo. Mamma, Babbo, questa lettera era nata come una semplice risposta ad un vostro messaggio, ma è diventata un papiro. Vorrei trovare una frase perfetta per concludere, una di quelle citazioni che possano avere un effetto poetico, ma al momento non me ne viene in mente nessuna. Voglio soltanto dirvi, ancora una volta, di quanto io sia fiero della mia famiglia e di quanto io abbia reso voi orgogliosi di me, cosa che continuerò a fare per sempre. Hogwarts è una seconda casa, dove ritrovarsi nei sotterranei nel pieno della notte con Versus e Karen e una caviglia slogata non è altro che l'inizio di un grande divertimento; dove l'Infermeria diventa un circolo culturale grazie a Madama Bastet, la nuova dottoressa di origini egiziane che mi ha spiegato leggende incredibili del suo popolo; dove gufi, civette e altri pennuti riescono a scovare il destinatario di una lettera quasi per magia; dove seguire una lezione significa apprendere la Vita in tutte le sue forme; dove le tue passioni sono accettate, senza condizioni né dubbi. Hogwarts è un luogo magico, non solo perché si studia stregoneria o arti simili: si tratta di un castello dove festeggiare il proprio compleanno sia fattibile, perché ci sono persone pronte a rubare scorte di cibo dalle Cucine solo per te. Avrei tanto altro da dire: la mia amicizia con Fred, la bellezza dei tramonti in giardino, ammirati mentre suono la chitarra... o anche l'incontro con Leah, una ragazza Tassorosso talmente bella e solare da esserne rimasto colpito fin nel profondo (tra l'altro, è una cantante e ama i Queen, Babbo! Quella band Babbana che adori anche tu!). Oppure dovrei scrivere del mio lavoro alla Gazzetta? Cavolo, ho incontrato dal vivo Celestina Warbeck, il mio idolo indiscusso! Io, Oliver Brior, ho incontrato la Strega Cantante più famosa di tutti i secoli! E ho preso un caffè con lei al Paiolo Magico: mi sento male al solo pensiero. E le giornate trascorse da Evviva lo Zufolo, il negozio di musica di Londra? Meraviglioso: ci sono strumenti spettacolari, un'intera sezione dedicata alle chitarre classiche ed elettriche, alcune capaci anche di cambiare colore dei capelli o di volteggiare senza ostacoli nell'aria. E i violini che rendono tristi o felici gli ascoltatori con i loro suoni? Mamma, devi visitare questo posto, lo adoreresti! C'è così tanto da narrare, così tante storie e così poco tempo. Ci sono altri infiniti libri, altre numerose pagine bianche da riempire, eppure fra poco tempo lascerò il castello. Non ho neanche conosciuto il Guardiacaccia, un desiderio nato dopo tutte le avventure descritte da Elijia! (Non credo che sia un Gigante, però. El tende ad ingigantire le cose, nel vero senso del termine). Persone da incontrare, luoghi da scoprire, aule nascoste e volumi da leggere in Biblioteca: tutto questo, mi manca tutto questo. Ma, come recita spesso zia Adeline, "tempo al tempo": in effetti tornerò di nuovo ad Hogwarts per il mio secondo anno, sistemerò le mie cose nel mio incredibile dormitorio e abbraccerò gli amici che mi sono mancati. Ci saranno occasioni a non finire: la mia avventura è appena iniziata. Grazie per l'attenzione e scusate per questa lettera lunghissima, dettata dalle mie emozioni e dal mio orgoglio di appartenere ad ad una scuola così raffinata. Il bon ton riecheggia la sua eco in ogni angolo di queste mura e perfino i fantasmi riescono a percepirla. C'è eleganza ovunque, miei cari: vostro figlio non potrebbe che esserne estasiato. La mia riconoscenza per aver scelto un percorso di studi quale quello di Hogwarts sarà eterna: sono soltanto all'inizio, ma mi sembra di aver trovato il mio posto nel mondo. E mentre scorgo questa farfalla colorata che volteggia attorno il mio capo, posso dirvi di essere felice come non mai. Ci vediamo presto, così potrò raccontare tutto dal vivo. Nell'attesa, porgete i miei saluti agli altri membri della famiglia.

Le bród, do mhac Oliver

Post Scriptum: Dite a zio Albert che la Galassia di Gallifrey cambia coordinate galattiche in base al punto di origine! Madama Hale è stata molto chiara su questo, le ho parlato e ho trascritto alcuni appunti. Ciao!



Oliver pose un punto scuro, quasi una macchia lucente, accanto l'ultima parola scritta sulla pergamena. Aveva riempito sia la parte davanti che quella di retro per concludere il suo messaggio, ma non importava. Deciso a spedire la lettera prima di avere ripensamenti, il ragazzo si alzò in piedi, facendo volare via la farfalla che gli aveva tenuto compagnia per tutto il tempo. Fischiò velocemente per richiamare l'attenzione di Lady e, infatti, un istante dopo la sua civetta delle nevi gli si posò su un braccio. Con rapidi movimenti, il dodicenne arrotolò la pergamena come un cilindro, quindi la legò con un nastro rosso e con un altro di una tinta dorata la strinse alla zampetta del volatile, assicurando che non cadesse via durante il viaggio fino in Irlanda. Estrasse anche un paio di biscotti gufici che Lady beccò e mangiò direttamente dal palmo della sua mano aperta, ancora sporca di inchiostro. Oliver le diede un bacio sulla testolina bianca e poi le sussurrò il consueto indirizzo dei suoi genitori, come se il pennuto potesse ascoltarlo e comprenderlo. Chissà, forse davvero era così. Un secondo più tardi, la civetta spiccò il volo dal grande arco aperto della Guferia, allontanandosi sempre di più dal castello. Oliver avrebbe fatto lo stesso a breve, ma non voleva più riflettere sulla sua partenza: c'erano altre settimane di svago, duro lavoro e divertimento, perché sprecarle? Ripensò ai nastri usati poco prima e si accorse di averne scelto uno rosso e uno oro. Mentre recuperava le sue cose e usciva dalla Guferia, diretto in Sala Grande per mangiare qualcosa, nella mente dello studente apparve la domanda della sua amica.
Cosa significa essere Grifondoro?
Non c'erano dubbi sulla risposta: essere Grifondoro indicava essere orgogliosi di se stesso, del mondo intero e dei regali offerti dalla vita. Tutto questo rendeva Hogwarts stessa meravigliosa per lui, anzi
"faceva di quel luogo uno splendore", parafrasando il motto della sua Casata, che finalmente gli balzò in mente. Sorrise, felice.

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Note al testo
*: Essendo una lettera per destinatari che conoscono già alcune vicende, non ho specificato questo avvenimento; Dalis è un Elfo Domestico, cacciato via da Rose Brior, quella che ormai Oliver non considera più sua zia, dopo un litigio avuto fra questa strega e la sua stessa famiglia, protettrice di creature magiche indifese e non. Dalis si suicidò dopo essere stato licenziato con un calzino, colpevole di non aver salutato nel migliore dei modi un ospite di classe ad una cena elegante.
- Le bród, do mhac Oliver: è Irlandese e vuol dire "con orgoglio, vostro figlio Oliver".
 
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