Ricordava bene come il ruolo di Prefetta potesse essere soddisfacente. Occupare quella posizione significava essere una figura d'autorità della scuola, un punto di riferimento, un esempio cui ispirarsi. E lei aveva rappresentato al meglio anche i colori della sua casata, era stata una sorta di modello, un'immagine della buona Serpeverde.
Essere in contatto con tutti quegli individui, tuttavia, era stata una novità per lei, e un motivo di profondo fastidio: ronde stressanti, richiami ai primini più indisciplinati, indicazioni e aiuti a concasati e non.
Era stata costretta, in quel periodo, a scontrarsi con gli esseri che odiava di più: le persone. Odiava la loro scia nauseante di buoni propositi, la loro felicità appiccicosa, la loro voglia di stare a contatto gli uni con gli altri. Era il risvolto negativo della medaglia.
Purtroppo, e per fortuna, tutto ciò era giunto ad un termine. Era stata una piacevole liberazione cedere il posto ad un'altro concasato, tuttavia sentiva un po' la mancanza di quelle ronde che si risolvevano in pianti disperati di ragazzini che avevano oltrepassato il limite orario, o le facce incredule e confuse di quegli studentelli rimproverati per una colpa inventata sul momento. D'altronde doveva pur divertirsi un po', altrimenti chissà che noia sarebbe stata.
Quando la Corvonero che aveva di fronte rispose alla sua domanda, che lei aveva posto quasi come una sfida, Talìa replicò con un sorrisino distorto.
A sfida aveva risposto con sfida. Quell'affermazione, infatti, nascondeva una verità implicita. In dieci minuti, Talìa avrebbe potuto raggiungere il suo dormitorio, con un'andatura normale. Oppure avrebbe potuto scegliere di rimanere lì ancora per un po', per poi mettersi a rischio ed uscire fuori orario proprio davanti ad una Prefetta.
In una situazione normale, la Serpe avrebbe alzato i tacchi, sarebbe tornata in dormitorio e non avrebbe più pensato al piccolo incidente appena avvenuto.
Non quella sera, però. Da qualche tempo, era alla ricerca di qualcosa che stuzzicasse il suo animo, qualcosa che le facesse provare un brivido. Certo scorrazzare per le scale cercando di rientrare in tempo non era proprio il genere di brivido che aveva pensato, ma restare lì qualche altro minuto, sfiorando il limite di fronte ad una Prefetta Corvonero era qualcosa che poteva rivelarsi... divertente, o magari stupido. Chissà che non l'avesse mandata via, senza sottrarle punti, a un minuto prima dello scadere del tempo. Era una piccola prova, un divertimento momentaneo, un passatempo.
Appoggiò la mano sul vetro, iniziando di nuovo a guardare la pioggia.
- Dev'essere stressante sapere che tutti tornano tranquilli al proprio dormitorio dopo una giornata di lezioni e studio... -
E fece una piccola pausa, per poi alzare leggermente il tono della voce. Non voleva lasciare indizi del fatto che anche lei era stata Prefetta, era superfluo in quel momento.
- ...mentre tu sei costretta a girovagare per la scuola, magari invano, in cerca di probabili infrazioni al regolamento.-
A quel punto si fermò, lasciando qualche secondo perché la Prefetta potesse entrare in quello che lei aveva appena detto, ritrovandosi nelle sue parole. Dopodiché, tornò con gli occhi su di lei, dopo aver riflettuto sulla situazione che, col suo scontro improvviso, doveva aver interrotto.
Di solito, le persone che si fermavano e guardavano la pioggia avevano sempre qualcosa che dava dei pensieri, cose su cui serviva riflettere. Una sorta di conferma indiretta l'aveva lasciata la ragazza stessa, quando aveva detto che quella particolare condizione atmosferica, in effetti non così rara in quella zona, l'aiutava a pensare.
La guardò negli occhi, stringendo molto leggermente le palpebre.
- Soprattutto se si hanno dei pensieri che non vogliono saperne di lasciarci in pace. -
Azzardò, tornando ad usare un tono basso della voce. Quell'ultima frase era diretta precisamente alla Corvonero, anche se l'aveva mantenuta sul piano generico. Forse era un modo implicito per saperne di più, anche se in effetti non c'era un perché. Per quale motivo, infatti, doveva interessarsi ai problemi di quella ragazzina? In fondo, aveva ben altro a cui pensare, lei.
Riflettendoci bene, però, forse quella frase era diretta anche a se stessa. Anche Talìa, in quel periodo, aveva dei pensieri che non l'abbandonavano mai, e che iniziavano quasi a darle il tormento. Sapeva bene che non esistevano frasi, o addirittura consigli, che gli altri potessero darle, e oltretutto non era certo lei a chiederne. Talìa era già impenetrabile, per quanto riguardava le sue emozioni, figurarsi se avrebbe lasciato che altri conoscessero i suoi problemi e le indicassero la via per risolverli.
Considerò allora quella frase come un modo per portare avanti la conversazione, un modo per arrivare al limite dell'orario consentito, nulla di più. Forse era la sfera inconscia della sua anima a cercare un appiglio, un riflesso dei propri sentimenti nell'anima di qualcun altro, chiunque fosse, giusto per sentirsi meno speciale, meno unica.