| versus zero |
| | Era stata una giornata tutto sommato pacata, niente avvenimenti importanti o interessanti. Decisamente noiosa. A lezione avevano fatto cenno a un incanto che conosceva già, non le sembrava molto utile, ma chi poteva dirlo? Nel pieno di una battaglia un incanto idiota poteva sorprendere un gigante. Certo, non era ancora tanto esperta da sperare di farlo, i suoi erano solo vaneggiamenti e sogni a occhi aperti, però era divertente pensare a un gigante che scivolava grazie a un semplice incanto basico. Che follie, ok che la magia permetteva cose impensabili ai babbani, ma stava decisamente esagerando. O forse no, doveva studiare qualcosa. Così aveva passato il resto della giornata a disegnare possibili schemi assurdi, insensati e disordinati per uccidere chissà che bestia nemmeno esistente: i danni provocati da undici anni con fumetti, televisione e un padre più perso via di lei. In tutto questo si era dimenticata di far i compiti, pace, poco male, ne avrebbe fatti di più il giorno dopo. Che fine aveva fatto quell'ansia da “Devo studiare, devo studiare tanto!”? L'avrebbe ovviamente assalita il giorno dopo, così imparava a non procrastinare. Aveva un sogno o no? Che stava combinando? Stava facendo la dodicenne dispersa in sogni, anche se un po' violenti o sadici, pieni di creature che saggiavano chissà che schema assurdo ed insensato.*Se evoco delle banane, poi lui ci scivola... cavoli non so ancora evocarle però... magari con un Diffindo... ah cavoli è ora di cena.*Così si era diretta in Sala Grande con qualche concasato, chiedendo ora uno ora all'altro se conoscevano qualcosa per far precipitare banane dal cielo. Stranamente nessuno rise, sembrava esistere qualcosa di simile ma non era ancora alla sua portata, così passò la cena tra progetti di gruppo e altre assurderie, finché non si ricordò di un impegno serale. Niente viaggi nel passato, sarebbe stato qualcosa di molto più pacato, un incontro tra musicisti che l'emozionava ugualmente. Ovviamente non si sarebbe mai esibita davanti a tutti, non prima di esser sicura di aver raggiunto un livello accettabile. Era molto pretenziosa con se stessa, con la musica diventava estremamente seria, quindi, sebbene non fosse proprio impedita, non voleva mostrare quel poco che sapeva. Si diresse passo spedito al dormitorio, un cambio veloce di abito e via, mancava solo il basso, conservato con cura nell'apposita custodia in pelle, lo appese al braccio destro mentre la mano lo reggeva saldamente per il manici. Ogni giorno lucidava quel suo tesoro, l'oggetto con più valore che aveva. Per lei quello strumento era più importante della bacchetta, degli anfibi, della sua faccia. Considerando il suo amore per gli anfibi, il suo istinto di autoconservazione e l'importanza che dava alla bacchetta, era facile intuire quanto valesse. Materialmente era un basso basico, nero, senza niente di che, di seconda mano, incantato per funzionare senza amplificatori ed elettricità. Emotivamente era la prima conquista personale, la rappresentazione della sua più grande passione, il suo passatempo preferito, la cosa che la rilassava di più. Il suonarlo era il momento in cui era davvero se stessa, in cui perdeva ogni curiosità per il mondo esterno o viaggione mentale sfiancante. Erano solo lei e lui. Senza tutta la strumentazione collegata in modo opportuno, sembrava aver un suono più tenue, niente cui un Sonorus non potesse rimediare. Doveva andare nel secondo piano nel ufficio di... di... Argento. No, era una donna. Argenta. Argentea! Giusto, stava... eccolo, doveva essere quello aperto da cui fuoriusciva uno sprazzo di luce e un vociferio ancora vago. Era felice di quella iniziativa, a quanto pare era stata organizzata da una sua vaga conoscenza, quella giovane bizzarra aveva avuto una splendida idea, qualcosa che non avrebbe mai immaginato. Nella scuola babbana c'erano lezioni di musica, spiegate in modo talmente noioso che rischiava sempre di perdere interesse in merito. Per fortuna quelle del padre erano tutta un'altra storia. Racconti di ragazzi pazzoidi, ribelli e rockettari vari, insomma, niente di meglio per stuzzicarle la curiosità. Chissà i maghi come affrontavano il tema, non vedeva l'ora di imparare, magari vedeva qualche strumento magico. Una chitarra spaziale, un flauto vivo. Stava di nuovo partendo per la tangente, rischiava di diventare un caso clinico. C'era già qualcuno, disposto in una serie di poltroncine color ghiaccio a semicerchio. Tutte puntavano alla cattedra, dietro la quale vi era accomodata una donna che non conosceva. L'aveva già vista? Sì? No? Al tavolo degli insegnanti magari, eh, che ne pensi, stordita? Una professoressa tra gli insegnanti, geniale pensata, chissà come ci era arrivata. Tra volti più o meno conosciuti, capelli rossi, mori, biondi, abiti neri, eleganti o meno, righe bianche, mobilia varia e blablabla, una chioma attirò i suoi occhi, facendole dipingere le guance con un lieve rossore. Un mezzo sorriso le si stampò in faccia. Ovvio, lei cantava, giusto? Non era assurdo incontrarla proprio lì. Febbricitante per l'idea di seguire delle lezioni proprio con lei, prese posto vicino ad Audrey con molta (finta) nonchalance, aspettando che spostasse le sue cose, sempre se la voleva accanto, altrimenti avrebbe occupato il posto adiacente, posizionando con cura la voluminosa custodia davanti a sé, manco fosse un cucciolo da tener d'occhio. Si sporse leggermente, guardando la ragazza con interesse. Che strumento aveva con sé?Buonasera! Disse più rivolta a lei che al resto della classe con un tono più allegro del solito. La lezione iniziò con presentazioni, ringraziamenti e nozioni varie, tra appunti e sbirciate verso la Verde-Argento, non prese parola, almeno non all'inizio, limitandosi ad ascoltare con interesse quello che avevano da dire o chiedere gli altri. Non per timidezza, forse un po', più per il fatto che le motivazioni per la quali amava la musica erano molto personali e non le avrebbe divulgate come se nulla fosse nemmeno ad amici, figurarsi a sconosciuti. Trascina con sé: Inventario attivo + basso elettrico prelevato dal passivo Outfit:
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