La Serpe Allegra, Negozio di Pozioni

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Oliver Brior
view post Posted on 28/1/2017, 12:52 by: Oliver Brior
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«Quindi con un solo scatto, BOOM, gli ho rubato il Frisbee Zannuto. Ma dovevi esserci, non so come ci sia riuscito, però ha Trasfigurato quel gioco in una serie di pezzettini, sembravano coriandoli.» O forse non proprio coriandoli, pensò. «Comunque, con l'Incanto Folium si è risolto tutto, non credevo potesse essere utile anche in questo caso, però lo è stato e quei pezzettini sono diventati foglie vere e proprie. Le ho fatte raccogliere una ad una al tipetto, per il Frisbee non c'era più speranza. E meno male, stava distruggendo l'Abete della Sala Comune. Che, a proposito, dovrei anche rimuovere.» Si accigliò, i piedi che continuavano a macinare la distanza dai confini della Scuola di Hogwarts al villaggio magico di Hogsmeade. «Sì, ne devo parlare con Valéry, cioè... con il professor Duchannes, certo. Le Fate diventano sempre più fastidiose, ormai. Pensa, l'ultima volta...» E via così, ricordo dopo ricordo, parola dopo parola. Che Oliver Brior fosse loquace non era affatto un mistero, non per le persone che lo conoscevano. Aveva il dono di saper ascoltare, un dono che aveva acquisito dopo anni ed anni di insegnamenti ferrati nella tenuta di famiglia, la residenza di sua nonna Adeline. Tuttavia, insieme a quel grande pregio, se così poteva effettivamente essere definito, il giovane Mago aveva coltivato allo stessa maniera rigogliosa il difetto di non chiudere bocca per molto, forse troppo tempo. Spesso dosava i suoi discorsi, nel senso stretto del termine, come un autentico dispensatore di informazioni. Era in grado di afferrare al volo quale limite fosse presente in una conversazione di qualsiasi genere, in particolare con gli adulti che aveva incontrato e conosciuto nel corso della sua vita ancora acerba. Sapeva quali tasti toccare per ottenere determinate cose, per spostare l'attenzione altrove, per limare un incontro e spingerlo a proprio favore. Era un oratore vero e proprio, o perlomeno tentava di esserlo, perché il bon ton prevedeva anche un'etichetta del genere. L'intera descrizione, purtroppo, peccava di veridicità quando Oliver era in compagnia di volti amici. E Thalia, la studentessa che quella mattina il Grifondoro aveva invitato per quell'improvviso giro turistico a Diagon Alley, rientrava esattamente in quella categoria, qualcuno avrebbe detto in quella "sfortunata" categoria, giustamente. Il racconto di un ragazzino del primo anno che aveva portato illegalmente ad Hogwarts un Frisbee Zannuto si era esaurito presto, condito da qualche accenno di risata da parte del Caposcuola e qualche dettaglio forse leggermente più narrativo del previsto; stessa sorte sembrava essere stata ottenuta dal secondo episodio appena snocciolato con dovizia di particolari, tanto per cambiare: l'albero di Natale ancora presente nella Sala Comune Grifondoro, circondato da nugoli di Fate scintillanti, tra le quali spiccava Arlette, la Fata del Prefetto Flaminia Evans nonché ormai un simbolo vero e proprio degli adepti di Godric. Stava per gettarsi a capofitto nella descrizione accurata di come Arlette fosse entrata nelle loro vite, ma fortunatamente l'insegna di Madama Piediburro spiccò come un'ancora di salvezza. Almeno per Thalia, s'intendeva. «Dunque, ci siamo. Questo è il sacchetto di Metropolvere, prendine una manciata e scandisci bene la nostra direzione. Immagino tu lo sappia già, ma meglio ripetere.» Non c'era tono di superiorità nelle sue parole, più che altro un accenno divertito, pensando che entrambi - lui e Thalia - fossero nati e cresciuti in una famiglia di Maghi e Streghe. Erano tutti e due Purosangue, la Metropolvere non rappresentava una novità più di quanto potesse esserla una Passaporta. Salutando con affetto Madama Piediburro, che ormai era diventata un volto familiare - anche troppo - per il Caposcuola Grifondoro e per il Comitato intero del C.R.E.P.A., Oliver la ringraziò di nuovo per la solita gentile offerta di utilizzare il suo cammino. Pregò Thalia di andare per prima, suggerendole come indicazione direttamente il nome della cittadella, lì sarebbero spuntati da qualche parte senza dubbio. Subito dopo, sarebbe stato il suo turno. Stringendosi nel cappotto indossato quel giorno, Oliver avrebbe allungato la mano destra sulla sua testa. Un attimo dopo, le dita si sarebbero aperte per rilasciare una manciata di polvere verdastra. Colpendolo come una sorta di antica benedizione, la voce non avrebbe aspettato molto per articolare un'unica direzione. «Diagon Alley!»


In arrivo un'altra donzella, a breve giungeremo al negozio.
 
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