NORVEGIA: IL NAMSEN

Anno 1992

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    CHIUSA DI SAN MICHELE

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    NORVEGIA: IL NAMSEN

    Tra tutti i pesci che si possono insidiare con una canna l'unico che deve essere sempre considerato un trofeo, indipendentemente dalla sua taglia, è senz'altro il Salmone Atlantico. Spesso anche un solo esemplare "riempie" la settimana di un pescatore. C'è salmone e salmone D.O.C., come si usa dire nella pubblicità: diffidate delle imitazioni. Certamente anche il Salmone del Pacifico è un pesce splendido, un'emozionante cattura ma non è paragonabile al cugino occidentale. Conosco decine di pescatori che si sono stancati di salmoni dell'Alaska e della British Columbia, ma non ne conosco di "sazi" di Salmo Salar.
    Come disse quel tale quando gli morì la suocera e vennero a chiedergli di pagare le spese del funerale: "Ogni cosa bella ha il suo lato spiacevole". Allo stesso modo, la pesca al salmone è anche tortura fisica, psicologica ma soprattutto economica. Per avere, infatti, dei risultati occorre stare ore e ore sul fiume, macinare centinaia se non migliaia di lanci, spesso con condizioni difficili (vento, freddo, pioggia). Non esistono scorciatoie: più tempo la nostra esca rimane in acqua, maggiori sono le probabilità di agganciare il salmone. Occorre, tra l'altro, pescare nei diversi momenti della giornata: mattino, sera, con il sole a picco oppure quando una nuvola lo copre. Ogni minimo cambiamento della temperatura dell'aria o dell'acqua, delle condizioni di luce o di chissà quale accidente può far scattare qualche molla nel cervello del pesce e farlo mordere la nostra esca. Insistere permette di prendere quel salmone appena risalito dietro a quel sasso, dove non c'era niente fino ad un attimo fa. La tecnica di pesca è relativamente semplice. Esistono poi parecchi trucchi, malizie e convinzioni personali che le esperienze sui fiumi fanno nascere in ogni pescatore. Il metodo più comune è di lanciare attraverso la corrente a 45 gradi "downstream" (verso valle) ed aspettare che il pesce si agganci da solo recuperando leggermente oppure lasciando derivare la lenza. Usando la mosca talvolta occorre correggere la corsa della coda di topo. Come artificiale una volta si usava solo il devon di legno ora si vedono sempre piu' spesso pescatori che usano Rapala ed ondulanti piu' o meno pesanti (Toby, Crocodile, Daredevil).
    Psicologicamente si è in uno stato pressoché continuo di frustrazione. Il fiume sembra essere completamente morto oppure i salmoni saltano da tutte le parti e non mordono, nessuno aggancia niente oppure "prendono" solo gli altri o anche, come si dice in gergo, "mangiano corto". Soprattutto non esistono regole! Si pesca l'acqua sperando che passi quello inferocito, peschi tre ore in una pool, ti fermi a riposare per un minuto, arriva il cretino di turno, fa un lancio schifoso e lo senti urlare con il pesce in canna (chi mi sfila il salmone da sotto il naso è sempre irrimediabilmente il cretino di turno).
    Oggi un fiume discreto è raro come un veneto astemio, imbattersi poi nella settimana buona equivale a trovare un politico onesto. I corsi d'acqua che "portano" salmoni sono sempre gli stessi, anzi sono in costante diminuzione per le solite cause, i pescatori aumentano e chiaramente, per legge di mercato, questo ha fatto lievitare, anzi esplodere, i prezzi per i permessi o l'affitto delle beat piu' o meno in tutto il mondo. Ecco la "tortura" economica. E quando sei ormai preso nell'ingranaggio la cosa si risolve in un "buco nero" finanziario. Ma lasciatevelo dire: non esiste tonno, luccio o silver che ti possa dare le sensazioni che ti fa provare il salmone.
    Per il pescatore di salmoni, la Mecca è rappresentata dai grandi fiumi norvegesi che riservano i veri giganti: Aroy, Orkla, Jolstra, Gaula, Laerdal, Tana, Vosso. Sono tra i migliori del mondo e i miliardari d’ogni Paese fanno a gara per il privilegio di affittarne le beats. I ricchi ed i nobili inglesi ci vanno da oltre 150 anni e tuttora sono proprietari dei diritti di pesca in molti di quei fiumi. I duchi scozzesi di Roxburgh, proprietari di gran parte del Tweed, furono proprietari dell'Alta dal 1860 fino alla seconda guerra mondiale. Qui il duca fece registrare il piu' alto numero di catture: nel 1860 prese a mosca 39 salmoni in una notte alla Sandia beat. Le cifre dell'Alta, l'unico di cui esistono registri da quasi due secoli, indicano ad esempio che nel 1959 furono catturati 448 pesci di cui solo 65 furono sotto le 15 lbs (due soli sotto le 10). Sopra le 30 libbre furono catturati 47 pesci, di cui tre oltre le 40 ed uno oltre le 50 (un impressionante peso medio di oltre 22 lbs.). Oltre a questi nomi famosi la Norvegia conta altri 300 fiumi da salmoni che possono essere raggiunti dai comuni mortali a prezzi abbordabili. Molti di questi sono piccoli corsi d'acqua dove si possono catturare pesci di taglia minore, talvolta in quantità notevoli rispetto ai grandi fiumi. In ogni modo è mia opinione che un salmone, piccolo o grande che sia, per la difficoltà di cattura e per la sua bellezza, deve essere considerato sempre al pari di un leone o di un bufalo per un cacciatore. La Norvegia dà ancora i più grandi esemplari ed anche se gode di questa prerogativa, come in tutti i luoghi da salmoni, ci sono anni più o meno buoni. I fattori negativi che portano ad una diminuzione dei pesci possono essere gli eccessivi prelievi fatti dalla pesca commerciale o l'inquinamento dei mari, l'insorgere d’epidemie e parassitosi oppure l'aumento progressivo delle foche (ora ovunque protette) agli estuari che falcidiano i branchi nell’attesa delle condizioni giuste per risalire. Anche se il trend è verso un costante e lento peggioramento e parecchi pescatori dicono che i bei tempi sono ormai storia talvolta, per misteri insondabili della natura, i fiumi brulicano letteralmente di migliaia di pesci. Inoltre, anche in Norvegia come in Scozia ed Irlanda, sulla scia di Canada ed Islanda, molta gente comincia a comprendere che un salmone catturato con sistemi professionali rende all'economia del luogo un decimo di quanto renderebbe lo stesso catturato a canna dal turista/pescatore e quindi stanno aumentando le iniziative per riportare i fiumi alla passata ricchezza.
    Una mia uscita recente fu sul Namsen in Norvegia, a nord di Trondheim. Eravamo partiti a mezzogiorno da Milano ed arrivati, quattro aerei dopo, alle 20 a Namsos. Ci attendeva per farci da guida Thornbjorn Tufte, giornalista e scrittore famoso in tutta la Norvegia (ha pubblicato oltre dieci libri sulla pesca in questi luoghi). Appena arrivati all'hotel notai che il barometro segnava "gran secco". Intanto continuava a diluviare ed il fiume era uscito dall'alveo ed aveva già allagato alcuni prati. Da due giorni pescavamo sotto il diluvio e i livelli delle acque erano due metri e mezzo sopra di quelli normali per quel periodo. La prima mattina ognuno di noi aveva agganciato un salmone pescando dalla riva e, tanto per non far torti a nessuno, l'aveva perso; poi le condizioni erano peggiorate del tutto ed eravamo andati "per trote". Quando l'acqua inizio' ad abbassarsi riuscimmo a fare qualche cattura, non eccezionale, e Franco perse il "salmone-della-sua-vita". Lo vidi passare giù, urlando, da una rapida mentre il suo rematore cercava di tenere diritta la barca. Franco faceva esercizi d’equilibrismo mentre reggeva con due mani la canna piegata. Il salmone, come un TIR impazzito, zigzagava scendendo il fiume alla velocità della luce. In questo vorticoso carosello riuscì anche a fare del "tailwalking" (camminare sulla coda), un paio di salti, giusto per farsi ammirare in tutta la sua potenza. Il cast al completo raggiunse poi un'ansa tranquilla e Franco sbarco' per continuare la battaglia sulla terraferma. Era iniziato finalmente lo "sporco lavoro", l'estenuante tira e molla che si esaurisce solitamente con il pesce stremato sulla riva. Tutto andò avanti ancora per un quarto d'ora, con fughe sempre piu' brevi. Poi il pesce fece un ultimo impressionante salto, arrampicandosi oltre un metro per aria, e ricadde sulla lenza che schiocco' tristemente. Fine dello spettacolo. Franco aveva le lacrime e la guida rigirava il coltello nella piaga dicendo che senz'altro passava le 35 lbs. e quest'anno nessuno ancora ne aveva presi di grossi cosi'.
    Nel Namsen sono state catturate nel 1989 piu' di 25 tonnellate di salmoni da pescatori "sportivi" e nel 1990 sono state sfiorate le 40, ponendo questo fiume al primo posto per generosità in Norvegia. Ogni anno sono catturati diversi esemplari da 25 chili ed il record per questo fiume è di 31,5 (69 lbs.). Questa caratteristica, oltre al fatto che esiste una buona organizzazione sia per la pesca sia per la sistemazione, spiega come mai da piu' di 100 anni arrivino su queste rive pescatori da tutto il mondo. Per poterci pescare in giugno occorre una prenotazione di mesi se non addirittura dell'anno precedente. Questo accade perché normalmente i pezzi da novanta, i trofei oltre i quindici chili, sono i primi a risalire e quanto piu' sono freschi tanto piu' sono nervosi e propensi a mordere.
    I salmoni risalgono il Namsen per piu' di 50 chilometri dalla foce. I primi pesci iniziano ad arrivare dal fiordo ad aprile ma il grosso della risalita è solitamente verso gli inizi di giugno mentre a luglio partono i grilse. Va ricordato che il peso medio di un grilse qui equivale a quello di un salmone adulto in Islanda (3/4 chili). La stagione di pesca inizia il 1 Giugno e va fino alla fine d’agosto; dopo il 15 è consentito pescare solo a mosca. Dal 1 maggio si può comunque pescare nel Biora, un affluente del Namsen. L'apertura anticipata di questo tratto è dovuta al fatto che le sue acque sono piu' calde. Questo affluente ha diverse pools dove sostano i salmoni ed è particolarmente adatto per pescare a mosca. Per chissà quale questione genetica i pesci catturati nel Biora sono mediamente piu' grandi e tozzi di quelli del fiume principale. Quello che è strano è che non è stato mai catturato un salmone del Biora nel tratto che percorre nel Namsen: probabilmente non fa soste dal mare alle prime pools dell'affluente.
    Le trote di mare entrano nel fiume dalla meta' di luglio in poi. La pesca nel Namsen, durante la prima parte della stagione, si fa principalmente dalla barca con il metodo dell'harling poiché in questo periodo i livelli sono quasi sempre alti per lo scioglimento delle nevi. Piu' tardi, generalmente dall'inizio di luglio, l'acqua scende notevolmente, rendendo possibile la pesca a spinning da entrambe le rive. In agosto si creano le condizioni ideali per pescare a mosca, tra mille correntine e pools da esplorare. L'esca principe per l'harling è il wobbler, come qui chiamano il rapala. Si pesca dalla barca e due o tre artificiali (wobbler, ondulanti o mosche) vengono lasciati fluttuare nella corrente a circa venti metri. Il rematore conduce la barca, con la prua verso monte, lentamente da una riva all'altra, scendendo la corrente di un metro o due ad ogni passata. Il pescatore, rivolto a valle, controlla le canne, cura che le lenze non s’intreccino e verifica il corretto funzionamento degli artificiali. In questo modo si perlustra tutto il fiume. L'abboccata è inconfondibile: un colpo alla canna ed il salmone sfila dieci, venti metri di lenza, ferrandosi da solo. Non è certo una pesca molto sportiva o che richiede una tecnica sopraffina, ma è un metodo che rende molto in tutte le condizioni e permette, anche a chi non ha molta esperienza, di agganciare e non perdere gli esemplari più grandi: può essere praticata da chiunque dagli otto agli ottant’anni. Occorre naturalmente una certa abilità, unita a fortuna, per giostrare il pesce quando il mulinello inizia a gemere e gracchiare, ed il salmone spara via per cento metri. In quel momento l'esperienza del ghillie/rematore nel maneggiare la barca diventa un gran vantaggio. La classica "fortuna del principiante" compensa in quei frangenti la mancanza d’abilità da parte di qualche pescatore.
     
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