Esiste un topic riguardante il neofolk, ma il folk "classico" e tradizionale non se lo caga nessuno. Ecco, in questo topic possiamo parlare della musica popolare di qualunque nazione/pianeta. Ad esempio, quali suoni tradizionali vi hanno più affascinato? Band/artisti? Se poi vogliamo si può parlare pure di gruppi influenzati in maggiore o minor misura dal genere. Particolarmente interessanti sono, a mio avviso, il folk di matrice celtica (il ceppo irlandese è il migliore) ed inglese, ma anche frange più complesse (ma non troppo) come quella del prog.
Uhm, uno dei filoni più sperimentali (e lasciato ingiustamente a morire) della musica popolare americana è quello dell'american primitivism, anche conosciuto come american primitive guitar. Concettualmente si trattava di un approccio compositivo ideato da John Fahey e preso fievolmente in eredità da qualche suo allievo, più in particolare dalle personalità musicali legati alla Takoma Records. Il genere in sé ipotizzava un coraggioso accostamento tra le radici americane (country, bluegrass, ragtime) e la musica d'avanguardia ed ha avuto la sua massima espressione tra la fine degli anni '50 e l'inizio degli '80, per poi andare scemando senza lasciare più nessuna traccia (almeno finchè Jim O'Rourke non decidesse di rispolverarlo, ma questa è un'altra storia). Oltre al succitato Fahey posso consigliare l'ascolto di un genio delle 12 corde, Robbie Basho, e dei più easy listening Peter Lang e Leo Kottke. Se invece avete voglia di imbattervi nella pura sperimentazione chitarristica vi propongo un paio di ascolti quasi d'obbligo: Fantasias For Guitar and Banjo di Sandy Bull e Rainy Day Raga di Peter Walker.
Mi sono imbattuto per caso in John Fahey mentre cercavo qualcosa sul prog folk, ma non mi sono ancora deciso ad ascoltarlo. Sembra interessante, comunque. Gli altri nomi invece non mi dicono nulla, mai sentiti nè ascoltati... provvederò. Per quanto mi riguarda posso consigliare gli stupendi Skara Brae (di cui ho anche aperto un topic poco cagato), ingiustamente trascurati in campo Irish folk ma importantissimi perchè sono stati i primi ad utilizzare armonie vocali, anche a quattro voci e comunque sempre chiare, azzeccate, struggenti, in un album cantato interamente in gaelico irlandese. I Planxty del self titled e del successivo The Well below The Valley sono stati il mio primo amore: veri virtuosi di strumenti come il mandolino suonato da Irvine e l'Irish bouzouki. Dei più tradizionalisti Chieftains invece consiglio l'ascolto del quarto album, l'unico che spicchi per originalità ed abilità compositiva (forse grazie all'entrata dell'arpista Bell), ma si può dire che i primi sei siano tutti ugualmente godibili. La Bothy Band, che vede tra le sue fila Donal Lunny dei Planxty e ben due membri degli Skara Brae, ha pubblicato tre album bellissimi. Gli Altan, esponenti del folk irlandese negli anni '90, sono un ensemble che accoglie uno dei personaggi più importanti in quest'ambito, ovvero quel Daithi Sproule che negli Skara Brae era spiccato per brillantezza esecutiva alla chitarra. I Clannad, prima di diventare quel che sono diventati, hanno pubblicato tre dischi (i primi) freschissimi e moderni, di sicuro più che apprezzabili. Poi boh i Moving Hearts hanno sapientemente mescolato influenze folk, jazz e pop:
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Chissà se qualcuno è interessato al celtic fingerstyle.
Clivage - Regina Astris (1977). Loro sono francesi e prendono influenze soprattutto dal raga indiano, da ascoltare perchè è una delle tante perle nascoste dello psych folk occidentale.
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Il celtic fingerstyle ormai non mi appassiona più di tanto, ho ascoltato Franco Morone, Steve Baughman ed un paio di raccolte. Ma in ogni caso John Renbourn dà le piste ancora oggi al 90% dei chitarristi acustici.
Clivage - Regina Astris (1977). Loro sono francesi e prendono influenze soprattutto dal raga indiano, da ascoltare perchè è una delle tante perle nascoste dello psych folk occidentale.
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Il celtic fingerstyle ormai non mi appassiona più di tanto, ho ascoltato Franco Morone, Steve Baughman ed un paio di raccolte. Ma in ogni caso John Renbourn dà le piste ancora oggi al 90% dei chitarristi acustici.
Ma io ti adoro, tipo. Ho ascoltato l'introduzione e... boh, non voglio rovinarmi la sorpresa ed ascoltare l'album. Dev'essere veramente una perla. I francesi cominciano ad essermi simpatici.
Io mi ero messo pure a studiarlo, ma per mancanza di tempo (e anche voglia, lo ammetto!), l'ho tralasciato parecchio... Renbourn è sicuramente il "trobadour" per eccellenza del XX secolo e oltre. A proposito di Baughman:
Mi piace molto il folk tradizionale irlandese e scozzese. Tra i miei gruppi preferiti potrei citare Planxty, Chieftains, Bothy Band, Silly Wizard, Dubliners e De Dannan. Devo essere nel mood giusto, ma se sono in vena le immagini evocate mi portano spesso a sognare ad occhi aperti.
In presentazioni si discuteva dell'individuazione di un folk "puro".
CITAZIONE (Quintus Horatius @ 4/7/2013, 01:45)
CITAZIONE (rødforskyvning @ 3/7/2013, 04:46)
Perché non dovrebbe? Il folk non è circoscritto a un contesto storico più di quanto lo sia a un'area geografica, e una ballata popolare trascritta del 2013 è "pura" tanto quanto quella che 600 anni fa l'ha generata, a meno che uno non voglia mondare la musica di ogni elemento non tradizionale che vi sia finito dentro, esigenza peraltro che si può facilmente mettere in discussione salvo che uno nutra un interesse "filologico".
Una risposta decisamente interessante. Abbandonando ogni riferimento filologico si perde giocoforza di vista l'aspetto formale, di conseguenza la pratica di ascrivere il folk nell'alveo di quelle espressioni culturali proprie di una determinata area, ma non precisamente identificabili, diviene evidente. Anche se concetti quali le "radici di un popolo" o "lo spirito di una regione" non fossero mere edificazioni metafisiche operate a posteriori, nessun preciso criterio potrebbe assicurare che una data creazione vi appartenga. La ricerca musicologica, concentrandosi sulla forma, trascura taluni aspetti meta-musicali, ma non i mutamenti culturali che accompagnano ogni composizione. Così, ove possibile, mediante l'identificazione di elementi spurii (una progressione armonica mai rilevata prima, elementi mutuati da altri orizzonti culturali e religiosi presenti nel testo etc) si può azzardare una cronologia, tentare di scoprire se vi siano stati o meno incontri fra diversi popoli, culture etc.
Applico alla musica folk lo stesso tipo di ragionamento che applicherei al racconto popolare, al mito e alla fola, visto che la musica e le lettere sono sempre stati veicoli collegati e spesso complementari, e quando dico "racconto" lo intendo a prescindere dal fatto che sia scritto o messo in musica. Hai sicuramente ragione, e inseguire quel pensiero è appunto compito del filologo e del musicologo, nonché dell'antropologo: è un interesse ricostruttivo volto alla comprensione, ed è legittimo. Tuttavia questa ricerca scientifica, oltre a condurre facilmente in errore se usata con l'intento di ripescare la storia nella musica e nelle parole, porta sovente ad accomunare due o più racconti in base alla mera condivisione dello stesso motivo folkloristico. Non è un procedere di per sé senza ragione, ma in un racconto o in una canzone folk può finirci qualsiasi elemento appartenente alla cultura popolare del tempo e non è affatto detto che il ritrovarlo in più racconti o in più canzoni implichi un collegamento tra queste ultime. L'antropologo e il filosofo possono indovinare il significato di questi motivi ricorrenti secondo i loro interessi e i loro studi, e spiegare il perché della piccolezza, il perché di una bimba mangiata da un lupo, il perché dell'andare sulla Luna o il perché della ricorrenza di una progressione e la ricomparsa di un vecchio motivo musicale. Ma accomunare racconti diversi sulla base di un motivo folkloristico ricorrente (un esempio può essere il tema della piccolezza, che viene usato come ponte per collegare Perrault, i fratelli Grimm, Andersen, Swift, Drayton, Shakespeare e perfino Carroll e Omero), che per essere individuato viene isolato dal resto, porta a considerare le opere in base a quel filo conduttore (presunto tale, direi) e metterlo al centro della propria analisi e interpretazione. Sì può anche giungere così a delle informazioni vere, ma sono tali solo per l'interesse che ha suscitato quella ricerca, mentre il racconto, la musica, la fiaba restano estranei a tutto questo nella loro reale essenza, che non risiede nei caratteri comuni, bensì in quelli differenti, cioè la tonalità, l'atmosfera e il significato complessivo dell'opera. In quest'ottica diventa assurdo anche affiancare più varianti di uno stesso racconto. Secondo Perrault Cappuccetto Rosso viene mangiata dal lupo, in versioni più tarde viene salvata dai boscaioli. Non è importante che la bimba sia vestita di rosso e si perda nel bosco, è importante che la versione successiva abbia un lieto fine, e quella precedente no. Insomma, per quanto quel tipo di ricerca scientifica susciti sicuramente e inevitabilmente un grande interesse, ciò che conta davvero non è la ricostruzione dell'ossatura del folklore, bensì il folklore in sé, non so se mi spiego. Trovo che in questo risieda anche l'errore di pressoché tutti i musicisti folk che ho conosciuto: il tentare di ricostruire il passato anziché porsi in continuità con esso. Alla fine della fiera quello che volevo dire è che cercare il folk "puro" e negare l'influenza del tempo (e dei cambiamenti culturali annessi) significa negare il folk stesso.
In presentazioni si discuteva dell'individuazione di un folk "puro".
Applico alla musica folk lo stesso tipo di ragionamento che applicherei al racconto popolare, al mito e alla fola, visto che la musica e le lettere sono sempre stati veicoli collegati e spesso complementari, e quando dico "racconto" lo intendo a prescindere dal fatto che sia scritto o messo in musica. Hai sicuramente ragione, e inseguire quel pensiero è appunto compito del filologo e del musicologo, nonché dell'antropologo: è un interesse ricostruttivo volto alla comprensione, ed è legittimo. Tuttavia questa ricerca scientifica, oltre a condurre facilmente in errore se usata con l'intento di ripescare la storia nella musica e nelle parole, porta sovente ad accomunare due o più racconti in base alla mera condivisione dello stesso motivo folkloristico. Non è un procedere di per sé senza ragione, ma in un racconto o in una canzone folk può finirci qualsiasi elemento appartenente alla cultura popolare del tempo e non è affatto detto che il ritrovarlo in più racconti o in più canzoni implichi un collegamento tra queste ultime. L'antropologo e il filosofo possono indovinare il significato di questi motivi ricorrenti secondo i loro interessi e i loro studi, e spiegare il perché della piccolezza, il perché di una bimba mangiata da un lupo, il perché dell'andare sulla Luna o il perché della ricorrenza di una progressione e la ricomparsa di un vecchio motivo musicale. Ma accomunare racconti diversi sulla base di un motivo folkloristico ricorrente (un esempio può essere il tema della piccolezza, che viene usato come ponte per collegare Perrault, i fratelli Grimm, Andersen, Swift, Drayton, Shakespeare e perfino Carroll e Omero), che per essere individuato viene isolato dal resto, porta a considerare le opere in base a quel filo conduttore (presunto tale, direi) e metterlo al centro della propria analisi e interpretazione. Sì può anche giungere così a delle informazioni vere, ma sono tali solo per l'interesse che ha suscitato quella ricerca, mentre il racconto, la musica, la fiaba restano estranei a tutto questo nella loro reale essenza, che non risiede nei caratteri comuni, bensì in quelli differenti, cioè la tonalità, l'atmosfera e il significato complessivo dell'opera. In quest'ottica diventa assurdo anche affiancare più varianti di uno stesso racconto. Secondo Perrault Cappuccetto Rosso viene mangiata dal lupo, in versioni più tarde viene salvata dai boscaioli. Non è importante che la bimba sia vestita di rosso e si perda nel bosco, è importante che la versione successiva abbia un lieto fine, e quella precedente no. Insomma, per quanto quel tipo di ricerca scientifica susciti sicuramente e inevitabilmente un grande interesse, ciò che conta davvero non è la ricostruzione dell'ossatura del folklore, bensì il folklore in sé, non so se mi spiego. Trovo che in questo risieda anche l'errore di pressoché tutti i musicisti folk che ho conosciuto: il tentare di ricostruire il passato anziché porsi in continuità con esso. Alla fine della fiera quello che volevo dire è che cercare il folk "puro" e negare l'influenza del tempo (e dei cambiamenti culturali annessi) significa negare il folk stesso.
Sei stato chiaro, però ora la questione dirimente è: che cos'è per te il folk? Una sorta di entità hegeliana come lo "spirito"? Un insieme di narrazioni proteiformi, ma eterne? Io mi fermo un passo indietro rispetto alle tue riflessioni, peraltro assai interessanti, concernenti le implicazioni antropologiche e filosofiche e resto ancorato al solido (per lo meno apparentemente, ma non entro nel merito della faccenda) lido della filologia. Tralasciando le questioni metodologiche ed il loro sviluppo (seguaci di Lachmann contro discepoli di Bedier etc), resta un incontrovertibile dato: per quanto soggetta ad errore, la filologia testuale raggiunge nella gran parte dei casi il suo scopo, cioè permettere al lettore di avvicinarsi (sottolineo la parola "avvicinarsi") il più possibile alla fruizione del testo originale. Mediante una serie di raffronti tra codici si tenta la ricostruzione del tortuoso percorso di un'opera, spesso costellata di evidenti difficoltà. Ovviamente si tratta di un'operazione precipuamente conservativa,sebbene richieda talvolta una buona dose di intraprendenza e creatività, non volta alla fondazione o invenzione di alcunché. Ora, dopo questa lunga introduzione, per la quale ti chiedo venia, veniamo al punto nodale: la musica folk. Applicando la stessa prassi metodologica al folk, si possono individuare stilemi comuni, topoi musicali e/o testuali presenti nelle differenti versioni della stessa ballata o in altre coeve (e non, come giustamente notavi tu, anche se il porre in correlazione prodotti culturali assai distanti geograficamente e temporalmente è un'operazione più da filosofo che da filologo). Ciò permette di supporre se vi fossero o meno determinate costanti armoniche, modali, pentafoniche etc in un data area e in un più o meno preciso lasso temporale. Tutte queste operazioni, pur non prescindendo dalla cultura nella sua totalità, sono prevalentemente orientate sull'analisi dell'aspetto formale, cioè l'unico elemento- quasi- certo di cui disponiamo. Quanto più ci si allontana dalla centralità della forma, tanto più il campo d'indagine è ostaggio di fattori metafisici.
Uhm, uno dei filoni più sperimentali (e lasciato ingiustamente a morire) della musica popolare americana è quello dell'american primitivism, anche conosciuto come american primitive guitar. Concettualmente si trattava di un approccio compositivo ideato da John Fahey e preso fievolmente in eredità da qualche suo allievo, più in particolare dalle personalità musicali legati alla Takoma Records.
Qualcuno ha da consigliarmi qualcosa di Folk dall'estremo oriente? Recentemente ho trovato artisti di diversi generi contaminati dalla musica tradizionale e in qualche modo sono finito ad ascoltare anche artisti di Folk puro, ma per ora sto andando praticamente a caso.
Uhm, uno dei filoni più sperimentali (e lasciato ingiustamente a morire) della musica popolare americana è quello dell'american primitivism, anche conosciuto come american primitive guitar. Concettualmente si trattava di un approccio compositivo ideato da John Fahey e preso fievolmente in eredità da qualche suo allievo, più in particolare dalle personalità musicali legati alla Takoma Records.
sai consigliarmi qualche disco?
Sicuro, anche se in ritardissimo (non avevo letto): John Fahey - The Transfiguration of Blind Joe Death - America - The Yellow Princess
Leo Kottke - 6 & 12 Strings Guitar (questo è più sul country)
Robbie Basho - The Seal of The Blue Lotus - Venus In Cancer - Vision of The Country
Jack Rose - Kensington Blues
Steffen Basho-Junghans - Fleur De Lis
Peter Walker - Rainy Day Raga
CITAZIONE (Vlakorados @ 25/10/2014, 18:13)
Qualcuno ha da consigliarmi qualcosa di Folk dall'estremo oriente? Recentemente ho trovato artisti di diversi generi contaminati dalla musica tradizionale e in qualche modo sono finito ad ascoltare anche artisti di Folk puro, ma per ora sto andando praticamente a caso.
Ecco, qui sono abbastanza ignorantello, ma tant'è. Se per caso ti piace il raga indiano (lo so, non è estremo oriente ma magari potrebbe interessarti) direi di stare soprattutto su Ravi Shankar (sitar) e su Zakir Hussain (percussioni). Prova a dare un' occhiata anche a Lou Harrison e alle sue rivisitazioni sul gamelan, l'orchestra tradizionale indonesiana.
Per il resto su Cina e Giappone ho sempre trovato ben poco, gli artisti puramente folk sono poco reperibili e semi-sconosciuti, al di là di quello c'è un sacco di new age in giro, ma non è assolutamente il mio campo. Sennò non saprei, ci sono gli Yoshida Brothers che sono un duo giapponese molto interessante, loro potrebbero andar bene.
Qualcuno ha da consigliarmi qualcosa di Folk dall'estremo oriente? Recentemente ho trovato artisti di diversi generi contaminati dalla musica tradizionale e in qualche modo sono finito ad ascoltare anche artisti di Folk puro, ma per ora sto andando praticamente a caso.
Ecco, qui sono abbastanza ignorantello, ma tant'è. Se per caso ti piace il raga indiano (lo so, non è estremo oriente ma magari potrebbe interessarti) direi di stare soprattutto su Ravi Shankar (sitar) e su Zakir Hussain (percussioni). Prova a dare un' occhiata anche a Lou Harrison e alle sue rivisitazioni sul gamelan, l'orchestra tradizionale indonesiana.
Per il resto su Cina e Giappone ho sempre trovato ben poco, gli artisti puramente folk sono poco reperibili e semi-sconosciuti, al di là di quello c'è un sacco di new age in giro, ma non è assolutamente il mio campo. Sennò non saprei, ci sono gli Yoshida Brothers che sono un duo giapponese molto interessante, loro potrebbero andar bene.
L'India non l'avevo presa in considerazione ma mi segno quei due nomi per quando ne avrò voglia, stesso discorso per l'Indonesia. Degli Yoshida Brothers ho già ascoltato qualcosa e mi sembrano effettivamente interessanti, per il resto anch'io sono incappato in una marea di roba New Age (pure bella eh, ma non era proprio quello che cercavo). Grazie comunque, farò altre ricerche.