Una donna e la sua arte

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Maol
TOPIC_ICON3  view post Posted on 4/1/2007, 17:39




Sono in molti a credere che creare arte sia prerogativa maschile. In realtà non è così. Dal lungo elenco di nomi femminili che compaiono nelle cronache a partire soprattutto dal Cinquecento in poi (Lavinia Fontana, Marietta Robusti, Fede Galizia Elisabetta Sirani, Sofonisba Anquissola, solo per citarne alcune) emerge quello di Artemisia Gentileschi, figlia primogenita di Orazio pittore pisano, amico e seguace di Caravaggio, una donna che infranse tutte le regole del tempo per affermare la propria libertà e la sua passione per l’arte.
Artemisia nasce a Roma nel 1593 in un ambiente ricco di ingegno artistico e in una città che, tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento, subisce un grandioso rinnovamento urbanistico per essere trasformata nel centro del cattolicesimo rinnovato dalla Controriforma che si oppone alle eresie di Lutero. Roma è in questi anni un immenso cantiere a cielo aperto e meta di artisti provenienti da ogni dove sicuri di trovare protettori e commissioni. Vi giungono Caravaggio, Rubens, Guido Reni, i Carracci e molti altri in un clima concorrenziale spietato, spesso basato più sulla corsa al guadagno che al prestigio intellettuale. Avviata alla pittura dal padre che intuisce il suo straordinario e precoce talento, a 17 anni Artemisia subisce violenza da Agostino Tassi, anche lui pittore e fidato amico di famiglia, personaggio equivoco e già coinvolto in precedenza in atti di libidine. Ne segue un processo per stupro che durerà diversi mesi e di cui si sono conservati gli atti dai quali emerge l’immagine di una donna tenace, passionale, per nulla incline a vestire i panni della remissività solo perché nata femmina. Già il fatto di aver denunciato il suo stupratore dà l’idea della sua grande forza interiore in un secolo in cui la violenza sulle donne era la norma. Artemisia non fu solo ascoltata in qualità di testimone ma fu anche messa a dura prova dalla tortura, (lo schiacciamento dei pollici, che avrebbe potuto impedirle, lei pittrice, di usare le dita per sempre) per sapere se diceva la verità dato che l’uomo che lei accusava si proclamava del tutto estraneo alla vicenda; fu inoltre sottoposta a visite ginecologiche in pubblico, umiliata nella sua femminilità. Ma lei non si arrese e nel 1612 vinse finalmente il processo e Agostino Tassi fu condannato anche se trascorse in carcere solo otto mesi. Lo scandalo comunque fu grande, per l’epoca non essere sposata e non essere vergine anche se ciò non dipendeva dal suo comportamento, corrispondeva in qualche modo ad una condanna sociale e alla pittrice non restò che lasciare Roma e stabilirsi a Firenze, prima tappa di una lunga serie tra cui Genova, Roma, Napoli e Londra. Accettò un matrimonio riparatore con Pietro Antonio Stiattesi, pittore come lei ma di scarso talento, dal quale ebbe una figlia, ma Artemisia era donna troppo fiera, indipendente e conscia del suo valore intellettuale per soggiacere al predominio maschile che il Seicento imponeva e i due presto si separarono. Protetta dalla potente famiglia dei Medici e amica di Galileo Galilei, unica donna ad essere accolta nel 1616 nella prestigiosa Accademia d’Arte fiorentina, la pittrice trascorse a Firenze anni fecondi dal punto di vista artistico e pieni di grandi soddisfazioni.
Tra le sue opere ricorre spesso un soggetto, “Giuditta che decapita Oloferne”. Una delle tele che narra la storia biblica dell’eroina ebrea è conservata agli Uffizi di Firenze ed è databile al 1620 circa. La storia biblica racconta di come Giuditta decapitò Oloferne, comandante dell’esercito assiro, perché minacciava gli ebrei di Betulia. La scena è assai cruda: Oloferne è colto nel sonno, immobilizzato da Giuditta e la sua serva introdottesi di nascosto nell’accampamento nemico. La giovane donna ha lo sguardo determinato, tiene bloccata la testa dell’uomo, con l’altra mano impugna la spada, si tiene a distanza quasi volesse evitare che i fiotti di sangue sporchino il suo bell’abito di seta gialla. Sul volto calma, ma anche determinazione.
Molti critici hanno ravvisato che le fattezze di Oloferne combaciano con quelle che le cronache dell’epoca ci hanno tramandato di Agostino Tassi. È la vendetta di Artemisia che ha voluto rendere immortale il dolore e l’umiliazione subita nell’unico modo che aveva a disposizione: la sua arte.

 
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vwgolflover
view post Posted on 5/1/2007, 22:30




mi pare che abbian fatto anche un film su di Artemisia..oltre che un romanzo..Sul libro di leggende e misteri a Roma,viene citata..è una storia molto affascinante..sulle pittrici da te nominate,mi pare di aver visto qualcosa di Sofonisba Anquissola..mi pare facesse parte dei caravaggeschi (come i fratelli Campi,per esempio..)..ritrattista,paesaggista,autrice di nature morte..
 
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1 replies since 4/1/2007, 17:39   55 views
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