I "perchè..."

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. La_scelta
     
    .

    User deleted


    Allora, quando c'era tutto il tempo, ci si chiese perché. E, siccome c'era tutto il tempo, si provò a rispondere. Ma le risposte non cessavano di interrogarci; così molti si stancarono di cercare. Adesso il tempo è finito. Sono rimaste delle parole. Che forse non hanno più niente da dire.


    da "La filosofia in trentadue favole" di Ermanno Bencivenga





    Se a Voi facesse piacere, posterei qui di seguito le favole e potremmo parlarne.
    Grazie
    M
     
    .
  2. La_scelta
     
    .

    User deleted


    Ecco la prima favola, come dal testo stesso. Ce ne sono alcune che amo molto.
    Felice lettura





    La luna


    Una volta la luna non c’era. C’erano uomini che la vedevano, di notte soprattutto, quasi tutte le notti: gli uomini con due gambe. Ma c’erano anche gli uomini con tre gambe e questi la luna non la vedevano affatto, né di notte né di giorno. Così invece della luna c’era una strana malattia che prendeva gli uomini con due gambe e gli faceva venire le traveggole, e vedere una cosa bianca in cielo di notte, quasi tutte le notti. Era una malattia incurabile ma non dava molto fastidio, non aveva altri sintomi e non accorciava la vita. Degli uomini con due gambe non ci si poteva fidare, perché quasi tutte le notti vedevano quella strana cosa bianca che non c’era: bisognava tenerli a bada e non fargli prendere decisioni importanti e mandarli a letto presto. Sotto ogni altro aspetto, però, erano del tutto normali; utili anzi, perché lavoravano sodo e con grande profitto.
    Un giorno saltò fuori un’altra malattia, che prendeva gli uomini con tre gambe. Cominciava con un formicolio alla terza gamba, poi venivano tanti puntini rossi e dopo una settimana si andava al Creatore. Anche questa malattia era incurabile, e si diffondeva molto rapidamente. Dopo un po’ gli uomini con tre gambe sparirono e quelli con due gambe dovettero imparare a fare da soli.
    E’ passato tanto tempo da allora; degli uomini con tre gambe non ci si ricorda neanche più. Quelli con due prendono tutte le decisioni importanti e se qualcuno si lamenta lo mandano a letto presto. E la luna adesso c’è, soprattutto di notte, quasi tutte le notti.

    Da “La filosofia in trentadue favole” di Ermanno Bencivenga.
     
    .
  3. La_scelta
     
    .

    User deleted


    Alloraaaa, Vi è piaciuta questa favola?
     
    .
  4. La_scelta
     
    .

    User deleted


    Vi scrivo la mia interpretazione, personale, ma credo che possano essercene altre.


    Una volta la luna non c'era. Gli uomini con due gambe, secondo me, rappresentano la norma, la regola e anche la prepotenza nel momento in cui intendono condizionare le altrui idee, grazie all'esclusiva capacità che hanno di poter vedere la luna (l'illusione, perchè la luna non c'era).

    Gli uomini con tre gambe son coloro che non accettano imposizioni e condizionamenti, non vedono la luna.

    Significativo il passo "Degli uomini con due gambe non ci si poteva fidare" in quanto questi, vedendo la luna, chiara, di notte, solo loro e non gli altri, potevano imporre il proprio punto di vista. Cosa da evitare , ecco il perchè "bisognava tenerli a bada".

    Credo in definitiva che qui si voglia evidenziare l'essere contro il conformismo, quale strumento che mortifica la fantasia e la libertà individuale.

    Questa favola mi ha fatto pensare ai tanti regimi totalitari passati e presenti.
     
    .
  5. schmit
     
    .

    User deleted


    molto graziosa la favoletta piena di significati simbolici,ma ora sono troppo stanca per commentarla,quindi rimandiamo a domani.
     
    .
  6. La_scelta
     
    .

    User deleted


    IL PROBLEMA DEL QUATTRO

    Un giorno il numero quattro si stancò di essere pari: I numeri dispari, pensava, sono molto più allegri e spiritosi. E si stancò di quella sua forma un po’ insipida a sediolina: Guarda il sette, si diceva, com’è svelto ed elegante, e il tre com’è tondo ed arguto, e io invece sono tutto pieno di angoli e privo di personalità. E si stancò di essere due + due, che tutti lo sanno e anzi quando vogliono dire una cosa che sanno tutti dicono: “Quando fa due più due?”. Sognava di essere un numero lungo e difficile, di quelli che te li dimentichi sempre e se li vuoi sommare devi prendere carta e matita.
    Certo era un bel problema, perché non è che il quattro volesse diventare un altro numero, che so io ? il 5 o il 1864372: lui voleva essere lui, rimanere se stesso, eppure voleva anche essere come il 5, dispari cioè o come il numero lungo e difficile. E sembra proprio che il 4 non possa essere dispari e non possa essere lungo e difficile, oppure non sarebbe il 4. Sarebbe un’altra cosa e lui non voleva essere un’altra cosa: voleva esser lui, solo un po’ diverso.
    Un problema così il 4 non sapeva risolverlo. Forse non aveva neanche una soluzione. Se ce l’aveva però il Grande Matematico doveva saperla. Così il 4 andò dal Grande Matematico e gli espose il suo caso. Il Grande Matematico sorrise. Anche lui una volta avrebbe voluto essere diverso: non un altro, ovviamente,perché voleva rimanere se stesso, ma un po’ più simile al Grande Ballerino o al Grande Tennista o al Grande Centravanti. Anche lui quindi aveva avuto il problema del 4 e sapeva come affrontarlo. Lo fece sedere per terra (una sedia sarebbe proprio stata inutile! e cominciò a parlargli.
    - Vedi, quattro - disse - non c’è bisogno di diventare diverso, di essere dispari, per esempio, oppure lungo e difficile. Non c’è bisogno perché tu sei già diverso, anche se non te ne rendi conto: A te sembra di essere una stupida sediolina che fa 2 + 2 e tutti lo sanno e invece ci sono in te cose che nessun altro numero ha, cose molto speciali. Per esempio tu sei:
    2 + 2 ma anche 2 x 2 e anche (qui andiamo sul difficile) 2 alla seconda. E questo è un fatto del tutto straordinario: 3 + 3 non è anche 3 x 3 e certo non è 3 alla terza. Oppure prendi quest’altra (4 x 4) + (3 x 3) = (5 x 5), il che vuol dire che 3 - 4 e 5 sono una famiglia di numeri pitagorici consecutivi e di famiglie così non ce ne sono altre.
    A questo punto il 4 era un po’ confuso e pregò il Grande matematico di smettere. Quella faccenda dei numeri pitagorici non la capiva proprio e voleva pensarci su, perché gli sembrava importante. Se ne andò e da allora è sempre lì che conta. Ha capito i numeri pitagorici e molte altre cose ancora e ogni giorno scopre di essere più diverso.

    da "La filosofia in trentadue favole" di Ermanno Bencivenga

    Edited by La_scelta - 25/10/2006, 17:56
     
    .
  7. schmit
     
    .

    User deleted


    allora siamo tutti quattro...basta rendercene conto...
     
    .
  8. scleva
     
    .

    User deleted


    Questo sfata la diffusa notizia che 3 sia il numero perfetto....
     
    .
  9. La_scelta
     
    .

    User deleted


    Ognuno di noi possiede delle qualità che nessun altro ha; sono cose speciali, basterebbe soffermarsi per poterle cogliere.

    Questa favola è anche un invito ad accettarsi quali si è.

    Grazie!
     
    .
  10. La_scelta
     
    .

    User deleted


    Gli odori

    Una volta gli uomini sentivano gli odori dov’erano, come con tutte le cose che sentivano. Sapete come succede con rumori, sapori e tutto il resto: il rumore del treno lo sento dov’è il treno, non nelle orecchie, e il gusto del lampone lo sento sulla lingua perché è lì che sta il lampone. Il sole lo vedo nel cielo, non negli occhi, e il morbido del tappeto lo sento sotto i piedi perché i piedi ci stanno sopra. Ecco, allo stesso modo gli uomini sentivano l’odore di una rosa, là dov’era la rosa:
    se la tenevano in mano sentivano un odore vicino, e se invece era a dieci passi di distanza e un po’ spostata a sinistra sentivano un odore a dieci passi, un po’ spostato a sinistra.
    Ma non poteva durare. Tutto funzionava a meraviglia finché si trattava di rose e lamponi, ma c’erano grossi problemi con le cose che puzzano. Se una cosa non voglio vederla mi basta girarmi dall’altra parte, e se qualcuno fa un rumore fastidioso posso pregarlo di smettere. Se non mi piacciono le prugne non le mangio, e se la pentola scotta basta non metterci le mani su. Con le puzze, però, girarsi dall’altra parte non serviva, o tenere le mani in tasca, o chiedere gentilmente di fare un buon odore. Così, siccome di puzze ce n’erano tante, gli uomini vivevano una vita infelice, dominata dal fetore.
    Fu per questo che , quando uno di loro vinse una lotteria e gli concessero tre desideri, l’uomo non ebbe dubbi. Da allora gli odori si sentono tutti nel naso, anche se sono altrove. Se una puzza ci dà fastidio basta avvicinare al naso un fazzolettino imbevuto di acqua di colonia: la puzza rimane fuori e noi possiamo continuare a vivere felici e contenti.

    Da.. “La filosofia in trentadue favole” di Ermanno Bencivenga.
     
    .
  11. schmit
     
    .

    User deleted


    da dove prendi tutte queste favolette? Quello che apprezzo di queste favolette è la semp'licita' di esposizione per un argomento cosi' riflessivo sulla vita.
     
    .
  12. La_scelta
     
    .

    User deleted


    Mi son casualmente imbattuta in questo testo, un giorno in libreria; ero lì in cerca di un altro libro.

    Condivisi subito il pensiero di apertura al testo e divenne mio. Leggo e rileggo le favole e trovo sempre qualcosa che prima non avevo notato.

    Se me ne darai l'opportunità, vorrei postarle, così come son nel testo. Parecchie già le ho riscritte in word.

    Una favola sola è presente in internet.

    Ho preso in seguito altri testi dello stesso autore; è diventato insomma il mio autore preferito.

    Grazie
    M

     
    .
  13. La_scelta
     
    .

    User deleted



    IO

    C’ero una volta io, ma non andava bene. Mi capitava di incontrare gente per strada e di scambiarci due parole, e per un po’ la conversazione era simpatica e calorosa, ma arrivava sempre il momento in cui mi si chiedeva “chi sei?” e io rispondevo “Sono io” e non andava bene. Era vero, perché io sono io, è la cosa che sono di più, e se devo dire chi sono non riesco a pensare a niente di meglio. Eppure non andava bene lo stesso: l’altro faceva uno sguardo imbarazzato e si allontanava il più presto possibile. Oppure chiamavo qualcuno al telefono e gli dicevo “Sono io”, ed era vero e non c’era un modo migliore, più completo, più giusto di dirgli chi ero, ma l’altro imprecava o si metteva a ridere e poi riagganciava.
    Così mi sono dovuto adattare. Prima di tutto mi sono dato un nome e se adesso mi si chiede chi sono rispondo:”Giovanni Spadoni”. Non è un granché, come risposta: se mi si chiedesse chi è Giovanni Spadoni probabilmente direi che sono io. Ma chissà perché , dire che sono Giovanni Spadoni funziona meglio. Funziona tanto bene che nessuno mai mi chiede chi è Giovanni Spadoni: si comportano come se lo sapessero.
    Invece di chiedermi chi è Giovanni Spadoni gli altri mi chiedono dove e quando sono nato, dove abito, chi erano mio padre e mia madre. Io gli rispondo e loro sono contenti. E forse sono contenti perché credono che io sia quello che è nato nel posto tale e abita nel posto talaltro e che è figlio di Tizio e di Caia e padre di questo e di quello. Il che non è vero, ovviamente: non c’è niente di speciale nel posto tale o talaltro, o in Tizio e Caia. Se fossi nato altrove, in un’altra famiglia, sarei ancora lo stesso, sarei sempre io: è questa la cosa che sono di più, la cosa più vera e più giusta che sono. Ma questa cosa non interessa a nessuno: gli interessa dell’altro e quando lo sanno sono contenti.
    Una volta c’ero io e non andava bene. Adesso c’è Giovanni Spadoni, che è nato a X e vive a Y e così via. E io non sono niente di tutto questo, ma le cose vanno benissimo.

    da "La filosofia in trentadue favole" di Ermanno Bencivenga
     
    .
  14. schmit
     
    .

    User deleted


    ah ah ah...vero la gente ha bisogno di sapere cio' che sei per la societa' ma mai chi sei dentro e che ti distingue da tutti gli altri...

    grazie a te la scelta...hai fatto una buona scelta... :)
     
    .
  15. La_scelta
     
    .

    User deleted


    COSE DA PAZZI



    Un giorno le cose si ribellarono. I fiumi si misero a correre all’indietro, l’acqua si ghiacciò al sole e le pietre si librarono felici nell’aria. Gli uomini non sapevano più come comportarsi. Per un po’ ciascuno di loro pensò di essere ammattito ma poi, quando trovò il coraggio di parlarne agli altri si rese conto che tutti la vedevano allo stesso modo: era dunque il mondo ad essere ammattito.
    Gli uomini decisero di mandare una delegazione a parlamentare con le cose. Si sedettero tutti intorno ad un tavolo senza gambe, bevvero un sorso d’acqua da un bicchiere vuoto e cominciarono a lamentarsi.
    - Non si può andare avanti così – disse l’uomo più anziano e saggio – il vostro comportamento va contro alle leggi di natura ed è quindi irresponsabile e assurdo.
    Di questo passo saremo costretti a dichiararvi tutte un’allucinazione. –
    - Questa è bella – rispose una gomma che invece di cancellare scriveva – chi siete voi per dire quali sono le leggi di natura? Al massimo siete una parte della natura e un’altra parte siamo noi, con quali diritti. Perchè dovremmo comportarci come vi fa comodo per essere giudicate responsabili? –
    - Sospettavo qualcosa del genere- ribattè un uomo più giovane e focoso – la vostra è una vera e propria guerra e come tale va combattuta, non a parole, ma con le armi.-
    - Sì, sì , ma chi vi dice che le armi siano dalla vostra parte? – E, per chiarire meglio, fece partire un proiettile attraverso il grilletto.
    - Un attimo - interruppe l’uomo saggio - non è il caso di farsi prendere dall’eccitazione. Noi non vi abbiamo imposto niente. Vi siamo stati a guardare per secoli e abbiamo visto come vi comportavate: le leggi di natura non sono che un resoconto delle nostre osservazioni. –
    - E’ proprio questo il punto- sbottò un lampadario appeso per terra – ci avete osservato per secoli, avete tratto le vostre conclusioni e adesso non ci osservate più. Ci avete esaurito, neanche più ci vedete e poi avete il coraggio di dire che se non seguiamo le vostre istruzioni non ci siamo davvero. Invece noi ci siamo davvero proprio perché possiamo dar fastidio. –
    Gli uomini erano allibiti – Che cosa dobbiamo fare? – chiese un piccolino dagli occhi dolci, - Certo se continuate così non sopravviveremo. -
    - Non è la vostra morte che vogliamo – rispose per tutti una palla che non rimbalzava –Vogliamo solo un po’ di attenzione. Siamo sempre in grado di sorprendervi e se ve lo dimenticate lo faremo ancora. –
    Su queste parole la seduta si sciolse: le finestre si aprirono e i camini si accesero. Tutto tornò come prima, ma da allora gli uomini guardarono alle cose con più interesse e anche con più timore.

    da "La filosofia in trentadue favole" di Ermanno Bencivenga
     
    .
112 replies since 19/10/2006, 17:53   3420 views
  Share  
.