intervista alla Binetti:il pd ha fallito

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  1. schmit
     
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    1/2/2010 (8:9) - INTERVISTA
    Il lungo addio della Binetti
    "Il Pd ha fallito"

    Paola Binetti, deputata del Pd
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    «Si è consegnato ad una cultura estranea»
    PAOLO FESTUCCIA
    ROMA
    «Il Pd si è avviato verso il fallimento e ormai non è più la formazione politica alla quale ho aderito». Paola Binetti, non cerca giochi di parole per mascherare la propria amarezza e criticare le candidature regionali siglate e sostenute dai democratici. Il suo è un atto di accusa, il testamento di addio per un progetto, che «non è riuscito a trovare il massimo delle convergenze possibili per costruire un’alternativa di governo».

    «E con la candidatura alla Regione Lazio di Emma Bonino - commenta la parlamentare cattolica - il partito democratico ha abdicato a ogni forma di leadership culturale consegnandosi a quella radicale».

    Onorevole sta già preparando le valige?
    «Il Partito democratico con la scelta fatta si è consegnato ad una cultura estranea alle stesse ragioni della sua fondazione, fallendo così nel suo obiettivo dichiarato, che era quello di mettere insieme una certa e radicata tradizione di sinistra, che aveva cari alcuni temi come la giustizia sociale, la povertà, l’ascensore sociale per tutti, e la matrice di stampo cattolico. Ecco, tutto questo non c’è. Anzi, nella percezione dell’opinione pubblica questa sintesi non si è mai realizzata provocando così solo disagio».

    Un disagio che con il passare dei mesi sembra contaminare, un giorno dopo l’altro, molti cattolici...
    «E non a caso, infatti, il primo a capirlo è stato proprio Francesco Rutelli che è andato via per fondare Alleanza per l’Italia».

    Ma anche l’Udc di Casini lo aveva percepito da un pezzo, allora, non crede?
    «Sia Rutelli che Casini con i loro partiti hanno come punto di convergenza la creazione di un grande centro. Questo mi pare l’approdo più naturale. E non è un caso, infatti, che più il Partito democratico si sposta verso le componenti radicali e più si allontanano gli elettori».

    E quindi lei sta già pensando ad un nuovo approdo verso il Centro. Ma con Casini o con Rutelli?
    «Io credo che anche l’Udc debba ripensarsi in un modo nuovo. E da questo punto di vista la componente di Pezzotta è importante per condurre verso un rapporto con l’Api di Rutelli teso a generare un soggetto politico forte, capace di parlare al Paese».

    Da anni si parla di grande Centro ma poi non se ne è fatto mai nulla...
    «Rutelli nella sua assemblea di Napoli ha annunciato che Api diverrà il primo partito d’Italia. Sarà un sogno, una utopia? Forse, di certo intercetta, però, un bisogno forte da parte dell’elettorato».

    Dunque, lei ci crede ed è pronta al grande passo...
    «Io penso che il Pd stia attraversando una crisi profonda, molto grave che si legge anche nei comportamenti alla Camera, tra i banchi dell’emiciclo, nei volti dei colleghi. I segnali sono fortissimi. Basta scorrere certi articoli, alcune interviste come quelle di Castagnetti, Merlo o Maria Pia Garavaglia per percepire il forte e crescente disagio verso certe scelte».

    Insomma, è proprio la fine di un percorso?
    «Io ho chiesto di sapere, ma le risposte ancora non mi sono state date, se il Pd è ancora il Pd o è un oggetto geneticamente modificato. Se queste risposte non arrivano o saranno insufficienti ne trarrò le conseguenze. Del resto, la mia presenza in politica nasce come riaffermazione di certi valori, di certe convinzioni, ma soprattutto, di una prospettiva per la realizzazione di questi principi».

    Valori e principi che invece a suo modo di vedere albergano nel Centro...
    «La mia prospettiva è certamente quella. Un centro pulsante, vivo, più moderno. E da questo punto di vista mi auguro davvero che Rutelli e Casini si mettano insieme per dare via ad una formazione capace di dire al Paese che c’è uno spazio e un luogo per pensare la politica in modo diverso. Mi sembra importante, ma non soltanto per me ma per tutti gli elettori».

    E i cattolici come si esprimeranno nel Lazio?
    «I cattolici certamente esprimono una loro laicità nelle scelte. Ma dovranno avere grande consapevolezza sapendo con il loro consenso a chi e con quale progetto consegnano le chiavi della Regione Lazio».

    da La Stampa
     
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