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  1. magnific
     
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    Howard Schmidt, ex uomo di Bush,
    a capo della task force sulla sicurezza
    WASHINGTON
    Il presidente statunitense Barack Obama ha scelto Howard A. Schmidt, ex consulente dell’amministrazione Bush, come coordinatore della sicurezza informatica nazionale. Lo riporta il Washington Post.

    L'esigenza di nominare un responsabile per la "cybersicurezza" era diventata particolarmente urgente in considerazione della vulnerabilità ad attacchi informatici dei sistemi bancari, militari e delle comunicazioni in generale. L'ultimo e più eclatante episodio in ordine di tempo era stato l'oscuramento di Twitter da parte di alcuni hacker iraniani.

    Secondo quanto rivela il New York Times, dopo un lungo braccio di ferro tra interessi politici, militari, di intelligence e d'affari, è stata decisa la nomina di Howard Schmidt. Il "cyberzar", come è stato definito, farà capo al National Security Council, il principale organo che si occupa delle questioni di sicurezza nazionale, e avrà l'opportunita di riferire direttamente a Obama.

    Lo stesso presidente ha spiegato al New York Times che «nell'epoca dell'informazione, uno dei nostri più grandi punti di forza - comunicare a un ampio spettro di utenti attraverso la Rete - può diventare una delle nostre più grosse vulnerabilità». Il compito principale del nuovo funzionario sarà dunque quello di «dissuadere, prevenire, rilevare e difendere» dai cyberattacchi.

    Schmidt ha una lunga esperienza nel campo della sicurezza. Oltre ad essere presidente dell’Information security forum (Isf), un consorzio noprofit di 300 grandi corporazioni ed organizzazioni pubbliche impegnate in attività di cybersicurezza, è un veterano dell'Areonautica statunitense e dell'Fbi. Ha inoltre ricoperto la carica di capo della sciurezza informatica presso "Ebay" e di funzionario della sicurezza nella Microsoft. Nell'amministrazione Bush è stato vice presidente del "Critical Infrastructure Protection" (CIP) e consulente per la cybersicurezza.


    da La Stampa
     
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  2. schmit
     
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    Casini:non importa con chi ci si alla l'importante è riprendere il potere...

    L’orizzonte in vista delle amministrative è a 360°: disponibile a patti elettorali sia a destra che a sinistra purché ci sia un ritorno in poltrone Strumenti utili Carattere Salva l'articolo
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    aiuto Roma - Una linea chiarissima: in Piemonte col Pd, in Campania col Pdl, in Umbria col Pd, in Puglia forti simpatie per il Pdl, ma anche per il Pd, in Veneto bene Galan ma mai col Pdl, in Calabria contro il Pd e contro il Pdl, in Toscana da soli, in Lazio faranno sapere. Il partito di Pier Ferdinando «Pierfurby» Casini è il difensore civico del focolare domestico ma quando si tratta di elezioni va a letto con tutti, purché ci sia la convenienza. Lì nelle segreterie dell’Udc siedono i massimi esperti in calcoli probabilistici, roba da dottorato in matematica pura, perché c’è da capire quante chance ci siano di piazzare i propri uomini nei consigli regionali a seconda dell’alleato. Nella logica democristiana delle «alleanze variabili», simili alle convergenze parallele, l’Udc potrebbe così presentarsi alle regionali con un mosaico di abbinamenti elettorali a dir poco creativi. I centristi casiniani stanno riuscendo nell’impresa di trovare formidabili differenze tra il Pdl del versante ligure, quello di Foggia e quello di Cortona, stessa cosa nel Pd, linea variabile a seconda delle latitudini. È la geografia che detta le alleanze politiche, come se non si trattasse sempre dello stesso partito e solo qualche centinaio di chilometri di differenza. Eppure per i centristi cambia tutto. Anzi a volte succede che se in una regione il Pdl venga visto come il grande polo riformatore (c’entrerà mica il fatto che lì Berlusconi è dato per vincitore?), altrove si pensi lo stesso del Pd, e altrove di nessuno dei due. In Calabria l’Udc ha diffuso un comunicato in cui sottolinea l’equidistanza tanto dal Pdl quanto dal Pd, «che incarnano a nostro avviso un bipolarismo mai compiuto anzi superato dalle diatribe interne». Più che di equidistanza però si dovrebbe parlare di equivicinanza, un po’ qui e un po’ là, un colpo al cerchio e uno alla botte.

    La partita in Piemonte per esempio sembra essersi risolta con l’appoggio alla candidata piddina Mercedes Bresso in cambio di un bell’assessorato alla Sanità, già prenotato dagli uomini di Casini. In Lazio invece l’Udc non ha ancora scoperto le carte, ma non ha nascosto una forte simpatia per la Polverini, candidata del Pdl, e anche in Campania i casiniani pensano un gran bene del Pdl, ma difficile sia amore disinteressato. Basti dire, per un quadro completo, che Nichi Vendola in Puglia, il governatore omosex più sinistrorso d’Italia, ora ricandidato alla Regione, sta lavorando a un programma che abbia il sostegno anche dell’Udc, ovvero il diavolo e l’acqua santa. E che poi Fassino sostiene alla luce del sole (24Ore) che il Pd sta lavorando «a una larga coalizione che includa sia Casini sia Di Pietro in almeno sei importanti regioni». In pillole: l’Udc alle regionali potrebbe fare il miracolo di allearsi contemporaneamente con Pd, Pdl e Idv. Quando si dice la capacità di dialogo. Di Pietro e Casini, due leader che fino all’altroieri se ne dicevano delle belle. «La tua è la politica dei due forni» urlava Tonino contro Pierfurby, «Di Pietro fa accuse sgangherate e genera odio, impedisce il dialogo mentre il Paese ha bisogno di riforme» rispondeva l’altro. Ora correranno insieme in diverse regioni, annuncia Fassino. Miracoli della diplomazia politica, sempre che ci sia di mezzo qualche comoda poltrona.
    Il fenomenale camaleontismo elettorale dell’Udc deriva le sue proprietà da quel luogo mitologico a cui sempre si richiama, il Centro, ovvero anche Grande Centro (se deve entrarci qualcun altro), che può inglobare qualsiasi cosa e il suo contrario, moderando le idee per trasformarle in «centrismo», altra parola per dire l’arte del compromesso Dc. Un capitolo a parte, nella serpentina Udc fra centrodestra e centrosinistra, meriterebbe il rapporto tra Casini e Berlusconi. Il leader Udc alterna violente opposizioni al Cavaliere con segnali di rappacificazione, ma lo stesso dualismo c’è con Di Pietro, per non dire del Pd. Qualche settimana fa Casini ha addirittura lanciato l’idea di un «fronte democratico» contro Berlusconi, e l’ipotesi è piaciuta molto non solo a Tonino, ma anche al segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero, anni luce lontano dal centrismo ex democristiano ma ugualmente pronto a sostenere Casini come candidato premier. Però ultimamente l’Udc tende la mano al Cavaliere, o almeno sembra farlo, dà il via libera al legittimo impedimento, appoggia il cammino riformatore. Ma può succedere qualsiasi cosa quando l’Udc è al lavoro, oltre alle alleanze variabili per le regionali. Dipende, di volta in volta, cosa dicono i calcolatori degli strateghi di Pierfurby.

    da Il Giornale
     
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1 replies since 22/12/2009, 10:51   36 views
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